Esercizio del diritto di controllo del socio anche in via d’urgenza
14 Aprile 2017
Massima
Il dettato dell'art. 2476 c.c. riconosce ad ogni socio il potere di agire per dirimere i conflitti sociali, nonché la legittimazione ad ottenere provvedimenti cautelari – come la revoca degli amministratori – con ciò realizzando all'apparenza lo stesso obiettivo conseguibile con lo strumento della denunzia ex art. 2409 c.c. Ne consegue che il diritto di controllo del socio può essere esercitato anche in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c., a condizione che si ricorra in una situazione specifica altrimenti non tutelabile. Devono naturalmente ricorrere i presupposti del periculum in mora e del fumus boni iuris. Il caso
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. i soci di minoranza di una società a responsabilità limitata chiedevano al Tribunale di ordinare all'Amministratore Unico e legale rappresentante della società la immediata consultazione ed estrazione di copia di tutta la documentazione contabile, amministrativa e fiscale. I ricorrenti avevano già avanzato la medesima istanza ai sensi dell'art. 2476 c.c., ma erano stati messi nella condizione di esaminare soltanto parte dei documenti e, di fronte alla richiesta di chiarimenti e di integrazione, non avevano ottenuto riscontro. Questo li aveva spinti a rivolgersi al giudice chiedendo il provvedimento di urgenza. Il Tribunale aveva accolto la richiesta inaudita altera parte, fissando l'udienza per la comparizione delle parti. Nelle more, solo a seguito della notifica del decreto cautelare, i ricorrenti avevano ottenuto accesso alla documentazione richiesta. La società si era, quindi, costituita in giudizio, eccependo, in primis, il difetto del periculum in mora e del fumus boni iuris. Il Tribunale ha accolto il ricorso parzialmente, dovendo modificare l'ordinanza iniziale a seguito dell'accesso intervenuto nel frattempo. La questione
Il provvedimento in esame affronta in maniera completa, analitica e del tutto condivisibile la questione della legittimazione del socio ad avvalersi del procedimento d'urgenza per vedere garantito il suo diritto di informazione e consultazione dei documenti della società. L'art. 2476 c.c. riconosce a tutti i soci un vero e proprio diritto di controllo e il potere di agire in via ordinaria per risolvere i conflitti sociali nonché, in caso di ingiustificato procrastinarsi della possibilità di esercitare tale diritto, la legittimazione ad ottenere provvedimenti cautelari e sommari, senza alcuna limitazione, se non quella, estrema, in cui si abbia la certezza o il ragionevole dubbio che il richiedente si possa avvalere dei documenti o delle informazioni assunte per finalità illecite o lesive della sfera patrimoniale della società (cfr. Trib. Bologna 12 dicembre 2012; Trib. Roma 9 luglio 2009). Ciò in quanto il socio è un soggetto interno alla società, legittimato a conoscere qualunque informazione ad essa inerente, senza alcuna esigenza di riservatezza della compagine. Il controllo attivo del socio sulla governance della società deve intendersi, quindi, esteso a tutti i libri sociali e ai documenti relativi all'amministrazione, anche se presenti presso terzi. La possibilità per il socio di agire in via cautelare e sommaria per la tutela di questo suo diritto sussiste nel momento in cui l'ordinamento non appresti un rimedio tipico per ottenere il medesimo risultato, cioè quando venga accertato che si ricorra in una situazione specifica altrimenti non tutelabile. Ai fini dell'accertamento della sussistenza di questo requisito, la giurisprudenza consolidata ritiene che bisogna fare riferimento al pericolo di pregiudizio che si intende ostacolare, ovvero al periculum in mora (cfr. anche Trib. Firenze, 9 maggio 2002; Trib. Roma 12 marzo 2001; Trib. Como 11 febbraio 1999). Nel caso concreto, il socio richiedente aveva già usato tutti i mezzi ordinari per espletare il suo diritto di controllo, ma senza successo. Esaurite, quindi, le tutele tipiche, al ricorrente, titolare del diritto potestativo di controllo, non restava che richiedere un provvedimento cautelare, avverso il quale la società non aveva la possibilità di sollevare alcuna eccezione, se non quella della pretesa assenza di titolarità del diritto (cfr. anche Trib. Napoli ord. 23 marzo 2009; Trib. Santa Maria Capua Vetere ord. 15 giugno 2007; Trib. Biella 18 maggio 2005; Trib. Civitavecchia 21 aprile 2004). Alla luce di queste argomentazioni, i giudici hanno ritenuto dimostrata l'esistenza del fumus boni iuris, ravvisabile ogni volta in cui il socio si trovi nella condizione di dover agire in via d'urgenza per la tutela del proprio diritto di controllo. Quanto al periculum in mora, esso è in re ipsa, rappresentato dall'ingiustificato procrastinarsi, per volontà altrui, dalla possibilità di esercitare il diritto da parte del socio. Il ritardo, infatti, lede direttamente il diritto di controllo sull'amministrazione della società e l'esercizio dei poteri a questo diritto connessi, sia all'interno della società, che attraverso azioni giudiziarie, quali, a mero titolo esemplificativo, impugnative di delibere, di bilancio, azioni di responsabilità o di revoca verso gli amministratori. Più specificamente, nella fattispecie i giudici hanno rilevato che il ritardo nel consentire al richiedente l'accesso alle informazioni richieste costituisce una lesione al suo diritto potestativo di poter denunciare tempestivamente eventuali irregolarità riscontrate. L'ingiustificato procrastinarsi della possibilità dell'esercizio del diritto di controllo, specie nella sua forma di facoltà di ottenere copia della documentazione relativa all'amministrazione societaria, integra quel periculum in mora che consente la proposizione del ricorso d'urgenza. Per mero scrupolo di completezza, si ricorda che il pregiudizio, che costituisce condizione per la concessione del provvedimento d'urgenza, è doppiamente caratterizzato sotto il profilo temporale ex art. 700 c.p.c.: deve, infatti, trattarsi di un pregiudizio imminente e che rischierebbe comunque di avverarsi durante il tempo occorrente per la tutela ordinaria del diritto. L'imminenza va riferita ad una situazione di pericolo per il diritto che sia oggettiva, involontaria, reale e attuale. Essa fa pensare sia al probabile sopraggiungere in tempi rapidi di una diversa situazione di fatto, sia al perpetuarsi di una situazione dannosa già esistente ed altrimenti rimovibile soltanto al lontano epilogo della causa di merito. Per questo è corretto intravedere in astratto nella cautela atipica tanto una repressiva volta a perseguire situazioni pregiudizievoli ormai in atto o del tutto prodottesi. Quanto alla irreparabilità, questa sussiste quando il danno non sia integralmente rimediabile con le tecniche risarcitorie in equivalente pecuniario o con gli strumenti di reintegrazione in forma specifica: in queste ipotesi la durata del processo cagiona uno scarto intollerabile tra gli effetti finali della decisione di merito e la soddisfazione completa del diritto dedotto in lite. La nozione di irreparabilità postula tre condizioni: i) l'irreversibilità degli effetti del pregiudizio al giudizio dedotto in tutela; ii) l'impossibilità (o grave difficoltà) di conseguire la totale restitutio in integrum del diritto; iii) la mancata realizzazione della funzione che il diritto è chiamato a svolgere dall'ordinamento o nel caso concreto. Accertata la sussistenza dei requisiti tipici del provvedimento ex art. 700 c.p.c., i giudici hanno approfondito anche l'aspetto dell'interesse ad agire, che sussiste laddove il provvedimento richiesto rappresenti il mezzo per ottenere il soddisfacimento dell'interesse primario protetto, leso dal comportamento della controparte o dalle circostanze concrete. In pratica, l'interesse ad agire del socio sussiste quando l'intervento del giudice è il solo modo per tutelare il suo diritto e per ottenere un risultato utile e giuridicamente apprezzabile. In assenza del provvedimento giudiziario, la parte subirebbe un danno (cfr. anche Cass. Civ. 28 giugno 2010 n. 15355; Cass. Civ. 28 novembre 2008 n. 28405). Infine, è stato affrontato il tema, sollevato dalla resistente, dell'abuso del diritto da parte dei ricorrenti. Nella fattispecie, il Tribunale ha ritenuto infondata tale argomentazione, mancando i tre elementi costitutivi dell'abuso di diritto: a) la titolarità di un diritto soggettivo, con possibilità di un suo utilizzo in varie modalità non rigidamente predeterminate; b) l'esercizio concreto del diritto in modo conforme alla legge ma censurabile a una valutazione giuridica ed extragiuridica; c) l'accertamento, sulla base dei due punti precedenti, di una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare e il sacrificio cui è costretta la controparte (cfr. anche Cass. Civ., S.U., 15 maggio 2015 n. 9935). Oltre all'abuso del diritto, i giudici hanno colto l'opportunità per chiarire anche il concetto di abuso del processo, che ricorre quando, violando la buona fede, la correttezza e i principi di lealtà processuale e di giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per raggiungere finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali sono stati predisposti dall'ordinamento.
Osservazioni
Ciò posto, è da ritenersi integralmente condivisibile la soluzione fornita dal Tribunale di Napoli alla questione centrale affrontata nel provvedimento in esame circa la possibilità, per il socio di minoranza, di ottenere un provvedimento d'urgenza per l'esercizio del suo diritto di controllo ex art. 2476 c.c. Del resto, la decisione si inserisce nel filone giurisprudenziale ormai consolidato che consente al socio di minoranza – non solo di società di capitali, ma anche di società di persone – di esercitare il proprio diritto potestativo di ispezione, consultazione e controllo ai sensi dell'art. 2476, comma 2, c.c. attraverso l'instaurazione di un procedimento cautelare d'urgenza proposto nei confronti della società. Ed invero, la concorde giurisprudenza più recente è incline a qualificare la facoltà di consultazione, variamente prevista dalla legge in relazione alle varie tipologie sociali, come vero e proprio diritto soggettivo potestativo, legato alla qualità di socio, e quindi strumentale alla tutela degli interessi del socio come singolo e non dell'interesse sociale, nel senso di interesse diverso da quello dei singoli soci (Trib. Bologna 6 dicembre 2006; Trib. Siracusa 14 giugno 2001). Nella sostanza, il diritto di consultazione consente al socio non amministratore di esercitare veri e propri poteri ispettivi attivi che vanno ben oltre il semplice diritto di informazione passiva (Trib. Novara 9 gennaio 2010). In particolare, il diritto di consultazione è funzionale all'esercizio, da parte del socio non amministratore, del controllo sulla gestione, a sua volta strumentale e indispensabile per la tutela di altri interessi, quali, tra gli altri, l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori. Conclusioni
Da tutto quanto esposto nei paragrafi precedenti, è evidente l'importanza di ammettere il ricorso ex art. 700 c.p.c. per l'esercizio del diritto di controllo da parte del socio, soprattutto per evitare il rischio di subire la reiterazione di illegittimità gestionali in attesa della definizione di un giudizio ordinario. |