L'azione cautelare di revoca degli amministratori non è strumentale all'azione di responsabilità
02 Ottobre 2017
Massima
L'art. 2476, comma 3, c.c. consente di disporre, anche ante causam, di un strumento cautelare utile a prevenire danni potenziali al patrimonio e all'organizzazione sociale derivanti da gravi irregolarità gestorie.
La domanda cautelare di cui all'art. 2476, comma 3, c.c. va ricondotta nel novero delle misure cautelari anticipatorie, come tali destinate a mantenere la loro efficacia indipendentemente dall'instaurazione del giudizio di merito e dall'eventuale estinzione dello stesso (ex art. 669-octies, commi 6 e 8, c.p.c.).
La domanda cautelare di revoca dell'amministratore di s.r.l. non è promuovibile solo in corso di causa ed in funzione di una domanda risarcitoria, incorrendosi altrimenti nella contraddizione, per un verso, di ammettere uno strumento cautelare inidoneo a tutelare la società proprio con riguardo all'azione di merito rispetto alla quale lo si vorrebbe strumentale, e, per altro verso, di sterilizzarne le capacità di tutela proprio rispetto ai danni potenziali, ovvero gli unici rispetto ai quali esso è effettivamente capace di spiegare tutela cautelare.
L'art. 2476, comma 3, c.c. richiede, perché sia adottato su richiesta anche del singolo socio il provvedimento cautelare di revoca dell'amministratore, che questi si sia reso responsabile di “gravi irregolarità di gestione” (fumus boni iuris) e che l'attualità o la permanenza di tali comportamenti determini quanto meno il rischio di un pregiudizio imminente per l'interesse sociale (periculum in mora). Il caso
Il Tribunale di Milano ha deciso la richiesta di revoca di un amministratore di una società a responsabilità limitata collegata alla possibilità di esperire, nei suoi confronti, azione di responsabilità al fine di conseguire una declaratoria di condanna al risarcimento dei danni per compimento di irregolarità gestorie gravi e quindi tali da arrecare un pregiudizio imminente. In via preliminare ed a fronte di specifica eccezione dell'amministratore, il Tribunale ha statuito l'ammissibilità della domanda cautelare, ancorché proposta ante causam e non in pendenza di un giudizio di merito volto ad accertare la sua responsabilità. Il Tribunale ha poi proceduto alla verifica dei presupposti cautelari del fumus boni iuris (i.e. sussistenza di gravi irregolarità nella gestione) e del periculum in mora (i.e. rischio di pregiudizio imminente per l'interesse sociale), giungendo al rigetto del ricorso sul presupposto dell'insussistenza di sufficienti evidenze probatori. Le questioni giuridiche
La decisione in commento affronta e risolve il tema della portata applicativa della disciplina di cui all'art. 2476, comma 3, c.c. che, come noto, è stata resa oggetto di vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale a seguito della sua introduzione mediante il D. Lgs. n. 6/2003. La norma attribuisce a ciascun socio il diritto di chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione aziendale, l'adozione di un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori. La questione principale che si è posta riguarda l'inclusione di questa particolare ipotesi di revoca tra i provvedimenti cautelari conservativi oppure tra quelli anticipatori degli effetti di una successiva sentenza di merito a cognizione piena. Occorre, in altri termini, comprendere quale sia il rapporto che intercorre tra il procedimento istaurato con l'azione cautelare volta ad ottenere la revoca di un amministratore e l'azione di merito volta a sanzionare la sua responsabilità con contestuale condanna al risarcimento del danno da lui cagionato. Secondo un primo orientamento, sussiste un nesso di strumentalità tra le due azioni, con la conseguenza che la prima avrebbe sostanzialmente la funzione di impedire o, quanto meno, limitare l'aggravamento dal danno di cui si chiede, con la seconda, il risarcimento. In questa prospettiva e quale logica conseguenza, i comportamenti di un amministratore sono rilevanti ai sensi dell'art. 2476, comma 3, c.c. solo a condizione che abbiamo determinato un danno attuale e suscettibile di aggravamento a seguito della permanenza in carica dei medesimi amministratori (Trib. Roma, 9 novembre 2012; Trib. Santa Maria C.V. 8 maggio 2007, in Soc. 2009, 1146; Trib. Roma 12 novembre 2004, in Giur. it. 2005, 309; Trib. Roma, 22 maggio 2007, in Foro it. 2008, I, 307; Trib. Genova 6 settembre 2005, in Soc. 2007, 77; Trib. Napoli 20 ottobre 2005, in Soc. 2006, 625; Trib. Torino 20 maggio 2010, in Soc. 2010, 381; Trib. Torino 16 dicembre 2013, in Giur. it. 2014, 1941, quest'ultimo dubbioso quest'ultima sulla esistenza della azione di revoca nel merito; Trib. Venezia, 24 novembre 2015; in dottrina Cagnasso, La società a responsabilità limitata, in Tr. Cottino, 2007, 260; Comastri-Valerini, Natura conservativa e funzione inibitoria della revoca cautelare dell'amministratore di s.r.l., in Riv. dir. civ. 2007, 453; Arieta-Gasperini, La revoca cautelare ante causam degli amministratori di s.r.l., in Corr. giur. 2005, 267.). Un secondo e diverso orientamento, include l'azione cautelare ex art. 2476, comma 3, c.c. nel novero delle misure anticipatorie di una sentenza di merito avente ad oggetto la definitiva revoca degli amministratori, adducendo, a supporto, la constatazione per cui il legislatore ha subordinato la concessione del provvedimento cautelare all'accertamento di gravi irregolarità nella gestione e non già all'attualità di un danno. Quale conseguenza, l'azione cautelare perseguirebbe il solo fine della revoca di un amministratore e sarebbe definitivamente svincolata dall'azione di responsabilità che, invece, mira ad ottenere una condanna al risarcimento del danno (Abriani, in Comm. Gabrielli, Milano, 2015, 626; Weigmann, Nota sulla revoca degli amministratori nelle società a responsabilità limitata, in Giur. it. 2006, 545 ss; Rossi, La revoca degli amministratori di S.r.l., Milano, 2012, 213 ss.). Tutto ciò conduce, a livello processuale, a ritenere che il socio ricorrente non debba dimostrare l'esistenza di un pregiudizio risarcibile, ma solamente fornire elementi probatori a sostegno della contestazione di commissione di gravi irregolarità gestionali. Con il che e secondo le indicazioni rivenienti dalla Corte Costituzionale (Corte cost., 29 dicembre 2005, n. 481), la revoca cautelare dell'amministratore sarebbe sostanzialmente speculare alla denunzia al tribunale prevista, per le società per azioni, dall'art. 2409 c.c., avendo quale obiettivo la rimozione dell'organo amministrativo a prescindere dalla circostanza che a questo sia imputabile un danno alla società od ai creditori sociali (Trib. Milano 23 gennaio 2014 in Giur. it. 2014, 1940; Trib. Lucca, 13 settembre 2007, in Giur. comm. 2009, II, 216; Trib. Napoli, 20 ottobre 2005, in Foro it. 2006, I, 1222; Trib. Milano, 12 gennaio 2006, in Soc. 2007, 1010). Osservazioni
Il Tribunale di Milano, nella decisione in esame, muove dal presupposto per cui la previsione della revoca cautelare di cui all'art. 2476, comma 3, c.c. deve essere letta come implicito, ma inequivocabile, riconoscimento della corrispondente domanda di merito avente ad oggetto la revoca dell'amministratore ed aderisce al secondo dei due orientamenti descritti, affermando che la domanda cautelare di revoca di un amministratore presuppone l'esistenza di gravi irregolarità gestionali ed anticipa gli effetti della sentenza di merito a prescindere dall'instaurazione di un giudizio di merito volto ad ottenere il risarcimento di un danno. Tutto questo sulla base della condivisibile costatazione che, a voler diversamente ragionare, si incorrerebbe in una triplice contraddizione. La prima di ammettere uno strumento cautelare inidoneo a tutelare la società proprio con riguardo all'azione di merito rispetto alla quale lo si vorrebbe strumentale. La seconda di sterilizzare le capacità di tutela di questo strumento proprio dai danni potenziali, ovvero gli unici rispetto ai quali esso è effettivamente capace di spiegare tutela cautelare. La terza di determinare l'effetto di caducare i requisiti, tipici dei provvedimenti cautelari, della strumentalità (insussistente con la domanda risarcitoria) e provvisorietà, dal momento che sarebbe esclusa una corrispondente azione di merito all'esito della quale la questione della revoca possa essere decisa in via definitiva. Quanto alle gravi irregolarità gestionali lamentate dal socio ricorrente nella fattispecie in commento, ciascuna delle stesse viene ritenuta, allo stato della cognizione, non idonea a rilevare ai sensi dell'art. 2476, comma 3, c.c. sul presupposto che questa norma richiede, perché sia adottato su richiesta anche del singolo socio il provvedimento cautelare di revoca dell'amministratore, che questi si sia reso responsabile di “gravi irregolarità di gestione” (fumus boni iuris) e che l'attualità o la permanenza di tali comportamenti determini quanto meno il rischio di un pregiudizio imminente per l'interesse sociale (periculum in mora). In altre parole, le gravi irregolarità possono essere quindi costituite da violazioni di legge o di statuto anche solo potenzialmente foriere di danno per la società, ivi inclusi l'inadempimento degli obblighi relativi al funzionamento della dell'organizzazione societaria, cioè gli atti di impulso concernenti i rapporti con i soci o con gli altri organi sociali, che gli amministratori sono I giudici meneghini giungono così alla pronuncia di un provvedimento di reiezione del ricorso sul solo presupposto dell'insussistenza di elementi probatori idonei ad integrare gravi irregolarità gestionali, statuendo l'ammissibilità della domanda cautelare di revoca ai sensi dell'art. 2476, comma 3, c.c. non collegata ad una domanda risarcitoria, attuale o prospettica. Conclusioni
Il Tribunale di Milano offre rilevanti ed interessanti spunti da considerare con attenzione per la verifica dei presupposti cautelari dell'azione di revoca degli amministratori di cui all'art. 2476, comma 3, c.c. Muovendo dal presupposto della non strumentalità dell'azione cautelare rispetto all'azione di responsabilità ed alla sua necessaria collocazione in tale contesto, il fumus è individuabile nelle gravi irregolarità gestionali che, se non interrotte con la revoca, rischierebbero di determinare, ove attuali ed a livello di periculum in mora, il rischio di un pregiudizio imminente per l'interesse sociale. |