L’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale

16 Giugno 2017

L'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte sì da determinare un pericolo di danno per i creditori.
Massima

L'elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell'impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte sì da determinare un pericolo di danno per i creditori.

In tema del delitto di bancarotta semplice, l'obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno se l'impresa non abbia formalmente cessato l'attività, anche se manchino passività insolute, ma viene meno solo ove la cessazione dell'attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese.

Il reato di inosservanza dell'obbligo di deposito delle scritture contabili, previsto dagli articoli 220 e 16 n. 3, l. fall., concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all'art. 216, comma 1, n. 2), l. fall. e di bancarotta semplice documentale, di cui all'art. 217, comma 2, l. fall., tutte le volte in cui la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

Il caso

Nella vicenda sottoposta all'attenzione della Suprema Corte all'imputato erano contestati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere distrutto i beni e le attrezzature dell'impresa appiccando l'incendio ai locali aziendali al fine di frodare l'assicurazione, di bancarotta semplice documentale per avere distrutto le scritture tramite l'appena menzionato incendio ed ancora per non averle tenute successivamente nonché il reato di cui agli artt. 220 e 226 l. fall. per avere omesso di depositare i bilanci entro tre giorni dal fallimento secondo il disposto dell'art. 16, comma 1, n. 3) l. fall.

Quanto al primo reato la difesa osservava come l'incendio fosse stato appiccato allorché l'impresa si trovava ancora in buone condizioni economiche sì che non sarebbe stato ravvisabile il dolo del reato, anche perché alcuni crediti verso la fallita sarebbero sorti successivamente all'incendio stesso. Quanto alla bancarotta semplice la difesa osservava come residuasse il dubbio che i libri fossero in realtà stati consegnati al consulente contabile della società fallita, in aggiunta al fatto che essi non potevano esserci per gli anni successivi all'incendio essendo di fatto cessata l'attività d'impresa; infine, quanto al reato di cui agli artt. 220 e 226 l. fall., si osservava come una volta accertata la mancata tenuta delle scritture contabili sarebbe risultato inesigibile l'obbligo di consegnarle.

Le argomentazioni difensive così riassunte non erano ritenute fondate dalla Corte di Cassazione, la quale dichiarava inammissibile il ricorso.

Le questioni

Le questioni sottoposte all'attenzione della Cassazione concernono dunque censure avanzate dal ricorrente verso tutti reati contestati, delineandosi un articolato oggetto di analisi:

1) in tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, in quali termini abbia incidenza sull'elemento soggettivo del reato la convinzione di versare, al momento del fatto che si assume distrattivo, in buone condizioni economiche;

2) in tema di bancarotta documentale semplice, in quali termini la cessazione dell'attività d'impresa incida sull'obbligo di tenuta delle scritture;

3) in tema del mancato deposito delle scritture e dei bilanci sanzionato dagli artt. 220 e 226 l. fall., in quali termini l'omessa tenuta delle scritture contabili abbia incidenza sull'obbligo di consegnarle.

Le soluzioni giuridiche

Muovendo l'analisi dal reato di bancarotta documentale semplice, deve osservarsi come le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione non sottendano particolari difficoltà interpretative. Nel caso di specie, infatti, l'incendio doloso che aveva interessato i locali aziendali aveva comportato anche la distruzione delle scritture, ove a ciò si aggiunga che il libro degli inventari neppure in precedenza era stato tenuto ed ancora che successivamente all'incendio nessuna scrittura era stata istituita e tenuta. In proposito non assume rilievo l'argomento difensivo secondo cui, successivamente all'incendio, la società avrebbe cessato la propria attività in quanto costituisce principio consolidato che l'obbligo di tenuta delle scritture viene meno soltanto con la cancellazione dal registro delle imprese (tra le molte, cfr.: Cass., 11 novembre 2014, n. 46479).

A ben vedere, tra l'altro, la contestazione del reato di bancarotta semplice si è rivelata favorevole all'imputato in quanto, come anche osservato dalla Corte di Appello, apparivano sussistere gli elementi costituitivi del più grave delitto di bancarotta fraudolenta documentale per avere questi distrutto le scritture tramite l'incendio nonché dandosi per scontato - circostanza questa che non risulta peraltro oggetto di approfondimento - che la mancata tenuta del libro degli inventari abbia comunque impedito la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Maggiormente significative appaiono invece le questioni sottese alla contestazione di bancarotta fraudolenta patrimoniale, discutendosi della nota questione costituita dal rapporto tra la struttura di questa ed i principi di offensività e colpevolezza. In proposito è chiaro l'assunto sostenuto dal ricorrente: la distruzione dell'azienda era avvenuta allorché la società versava ancora in buone condizioni economiche, sicché non potrebbe ravvisarsi il dolo di reato.

La tesi difensiva in argomento, tuttavia, è stata ritenuta infondata dalla Suprema Corte, la quale ha colto l'occasione per ribadire i propri insegnamenti in tema. Si ricorda, invero, come il dolo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale sia generico (esclusa l'ipotesi delittuosa di esposizione o riconoscimento di passività inesistenti ove è specifico, richiedendosi espressamente il fine dell'agire costituito dal recare pregiudizio ai creditori), apparendo sufficiente la consapevolezza di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte sì da determinare un pericolo di danno per il ceto creditorio; si ripete inoltre come l'insolvenza sottesa alla dichiarazione di fallimento non costituisca evento del reato, per cui non è legata eziologicamente alla condotta.

Ciò posto si comprende l'infondatezza degli argomenti difensivi in quanto la totale distruzione dei locali aziendali e delle scritture contabili non può che determinare la paralisi dell'attività d'impresa, nel contempo vulnerando gravemente la garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. In un simile quadro la convinzione di trovarsi in “buone condizioni economiche” -a tacer del fatto che, nel caso di specie, tale floridità era stata soltanto prospettata ma non documentata- assume scarso significato giacché la condotta contestata, anche in ragione della circostanza che nel caso concreto non emergeva l'esistenza di altri rami d'azienda ovvero di altre consistenze patrimoniali, preclude fondatamente qualsivoglia sviluppo imprenditoriale diverso dall'insolvenza.

In ultimo, a proposito del reato di cui agli artt. 220 e 226 l. fall., costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui l'inosservanza dell'obbligo di deposito delle scritture contabili deve ritenersi assorbita nei reati di bancarotta documentale fraudolenta e semplice per omessa tenuta, sottrazione o distruzione delle scritture giacché tali reati costituiscono fattispecie delittuose di maggiore ampiezza descrittiva che esauriscono l'intero disvalore dei fatti, ed invero una volta accertata la mancata tenuta delle scritture ovvero la loro sottrazione risulta inesigibile l'obbligo di consegnarle.

Si comprende dunque come il principio in argomento, che dà luogo ad una ipotesi di concorso apparente di norme, rilevi soltanto allorché l'oggetto del reato di bancarotta documentale sia costituito dall'omessa tenuta o dalla distruzione delle scritture e non anche:

1) ove le stesse siano tenute irregolarmente, ciò che non preclude la possibilità della loro consegna (Cass., 10 dicembre 2013, n. 49789, la cui massima ufficiale è la terza riportata in apertura del presente commento);

2) ove siano inadempiuti gli obblighi di consegna dei bilanci (i quali non costituiscono scritture contabili bensì comunicazioni sociali redatte sulla base di esse) e dell'elenco dei creditori, condotte queste il cui oggetto esorbita dalla tipicità dei fatti di reato di bancarotta documentale.

Nel caso di specie, in particolare, all'imputato era contestata l'omessa consegna dei bilanci secondo il disposto dell'art. 16, comma 1, n. 3) l. fall. e dalle condotte di distruzione ed omessa tenuta delle scritture contabili non può trarsi, ex se, alcun giudizio di inesigibilità di codesto obbligo di consegna. Tuttavia, giacché sembra corretto ritenere rilevante l'inadempimento di un obbligo allorché esso possa essere adempiuto, residua in ogni caso la necessità di una valutazione di carattere casistico circa l'effettiva possibilità di consegna dei bilanci allorché il disordine contabile, di fatto, ne abbia precluso la possibilità di redazione, sì tornando a configurarsi il solo reato di bancarotta documentale.

Osservazioni

La pronuncia in commento riveste significativo interesse avendo la Suprema Corte ribadito principi consolidati in tema di bancarotta semplice e del reato di cui agli artt. 220 e 226 l. fall.; con essa inoltre la Cassazione ha inteso ancora una volta delineare i tratti distintivi del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, sullo sfondo sempre evidenziandosi il noto rischio che si possa giungere a sanzionare condotte remote rispetto allo stato di insolvenza.

In proposito, dunque, appare necessario valorizzare il condivisibile passaggio motivazionale secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, l'imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte debba in ogni modo essere suscettibile di arrecare danno ai creditori, sì da dare sostanza alla concretezza del pericolo che caratterizza la fattispecie delittuosa. Ne deriva come non rimanga irrilevante, al fine della formulazione di quest'ultimo giudizio di pericolosità e delle conseguenti valutazioni circa la sussistenza del dolo di reato, il tempo di commissione della condotta; invero, a fronte di una singola azione che non abbia ex se, in riferimento al quantum del depauperamento in rapporto alla consistenza patrimoniale dell'impresa, capacità lesiva della garanzia patrimoniale e che sia tenuta ove l'insolvenza neppure sia di prossima manifestazione, codesto giudizio - che presuppone una analisi ex ante a base totale (ovvero che tenga conto di tutte le circostanze esistenti al momento della condotta) - e quello avente ad oggetto la consapevolezza del soggetto agente della sussistenza del pericolo in questione non possono che risentirne in termini negativi.

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