L'anatocismo nei mutui bancari
25 Luglio 2016
Massima
L'avvenuta trasformazione del credito fondiario in un contratto di finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili comporta l'applicazione delle limitazioni di cui all'art. 1283 c.c.: il mancato pagamento di una rata di mutuo non determina più l'obbligo (prima normativamente previsto) di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte rappresentata dagli interessi corrispettivi. Il caso
L'azione giudiziaria è promossa per contestare, tra l'altro, il meccanismo di calcolo degli interessi delle rate scadute di un mutuo fondiario, che secondo il ricorrente configura modalità anatocistiche vietate. La Cassazione accoglie la domanda, rimettendo la causa ad altra corte territoriale, sostenendo l'inapplicabilità dell'anatocismo alle rate di mutuo fondiario scadute Le questioni giuridiche
Nei mutui il problema dell'anatocismo - calcolo degli interessi sugli interessi scaduti e non pagati - riguarda gli interessi moratori, ossia gli interessi previsti in caso di ritardo nel pagamento di ciascuna rata (Inzitari, Inadempimento nel mutuo: interessi sulle rate insolute, in www.ildirittodegliaffari.it, 2013). Poiché ogni rata del mutuo è composta da una quota capitale e da una quota interessi, è inevitabile che gli interessi di mora calcolati sulla quota interessi (corrispettivi) generino anatocismo.
Tanto premesso, la decisione in commento affronta l'impatto che la disciplina dell'anatocismo ha sui mutui di credito fondiario (ossia stipulati ai sensi degli artt. 38 ss. T.U.B.). In particolare, costituiscono oggetto di esame, da parte dei giudici di legittimità, gli aspetti relativi ai rapporti intercorrenti tra la regola generale posta dall'art. 1283 c.c. (anatocismo) e l'attuale operatività di credito fondiario, per lungo tempo connotata, in materia di anatocismo, da un regime di particolare favore (in arg., sia consentito rinviare a Fiorucci, I finanziamenti di credito fondiario, Milano, 2004). Le soluzioni giuridiche
Anatocismo e mutuo bancario ordinario Relativamente all'anatocismo nei mutui, la Cassazione (Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593; Cass. 29 gennaio 2013, n. 2072; Cass. 22 maggio 2014, n. 11400) ha chiaramente affermato che in tema di mutuo bancario ordinario e con riferimento al calcolo degli interessi, devono ritenersi senz'altro applicabili le limitazioni previste dall'art. 1283 c.c., non rilevando, in senso opposto, l'esistenza di un uso bancario contrario a quanto disposto dalla norma predetta. Gli usi normativi contrari, cui fa riferimento il citato art. 1283 c.c., sono, difatti, soltanto quelli formatisi anteriormente all'entrata in vigore del codice civile e, in riferimento al mutuo bancario ordinario, non è dato rinvenire, in epoca anteriore al 1942, alcun uso che consentisse l'anatocismo oltre i limiti poi previsti dall'art. 1283 c.c.; né usi contrari avrebbero potuto formarsi in epoca successiva, atteso il carattere imperativo della norma de qua, che si poneva come del tutto ostativa alla realizzazione delle condizioni di fatto idonee a produrre la nascita di un uso avente le caratteristiche dell'uso normativo.
In definitiva, può ben dirsi consolidato il principio secondo cui, attesa l'inesistenza di usi normativi che derogano al divieto di anatocismo (Cass. 27 dicembre 2013, n. 28663; Cass. 11 gennaio 2013, n. 603; Cass. 29 gennaio 2013, n. 2072), ai contratti di mutuo bancario ordinario sono applicabili le limitazioni previste dall'art. 1283 c.c., con la conseguenza che la banca mutuante - al di fuori del perimetro di efficacia della Delibera CICR 92000 e di quanto attualmente verosimilmente previsto dal vigente art. 120 T.U.B. - non può pretendere il pagamento degli interessi moratori anche sulla quota parte degli interessi corrispettivi delle rate scadute di un mutuo bancario ordinario (Cass. 22 maggio 2014, n. 11400).
In materia di anatocismo bancario, la disciplina dei contratti di mutuo ordinario, allo stato attuale della normativa, è ricostruibile nei seguenti termini: a) le clausole anatocistiche contenute nei contratti di mutuo stipulati antecedentemente alla entrata in vigore (22 aprile 2000) della Delibera CICR 9 febbraio 2000 sono nulle (attesa anche la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, D. lgs. 342/1999), per contrasto con la norma imperativa di cui all'art. 1283 c.c., come sopra detto; b) i contratti di mutuo stipulati successivamente al 22 aprile 2000 e fino al 31 dicembre 2013, che ricadono sotto il regime dell'art. 3 della Delibera CICR 9 febbraio 2000 (attuativa della pregressa formulazione dell'art. 120 T.U.B., versione 2013, che autorizzava la "produzione di interessi sugli interessi maturati"), possono prevedere il meccanismo dell'anatocismo, in presenza di una espressa previsione contrattuale, specificamente approvata per iscritto. Dunque, sulle rate insolute è ammesso il decorso di interessi moratori, da calcolare sull'intero importo della rata (quota capitale e quota interessi); tuttavia gli interessi così calcolati (cioè, gli interessi moratori calcolati anche sugli interessi corrispettivi) non possono produrre a loro volta interessi (divieto di capitalizzazione periodica); c) i mutui ordinari stipulati tra il 1° gennaio 2014 (data di entrata in vigore dell'art. 1, comma 629, L. 27 dicembre 2013 n. 147, che ha modificato l'art. 120 T.U.B., disciplinando la "produzione di interessi" bancari) e il 14 aprile 2016 (ossia prima della data di vigenza della ulteriore modifica dell'art. 120 T.U.B. operata dalla L. n. 8 aprile 2016 n. 49) non possono applicare, secondo la ricostruzione offerta dalla prevalente giurisprudenza di merito, interessi anatocistici (quindi no interessi moratori sulla quota interessi corrispettivi della rata di mutuo scaduta e non pagata).
d) la vigente disciplina dell'anatocismo bancario (introdotta dall'art. 17-bis del D.L. n. 18/2016, convertito, con modificazioni, in L. 8 aprile 2016 n. 49), ragionevolmente già operativa dal 15 aprile 2016 anche nelle more della emanazione della prevista Delibera CICR, facendo testualmente salvi gli interessi moratori - cfr. l'art. 120, comma 2, T.U.B: "gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora" -, sostanzialmente reintroduce la possibilità per la banca di richiedere il pagamento degli interessi moratori anche sulla quota parte degli interessi corrispettivi delle rate scadute di un mutuo bancario ordinario.
Anatocismo e mutui di credito fondiario Riguardo all'operatività di credito fondiario (artt. 38-41 T.U.B.) - ossia ai finanziamenti bancari, a medio e lungo termine, di un ammontare determinato secondo parametri prestabiliti, assistiti da ipoteca immobiliare di primo grado concessa contestualmente alla stipulazione del finanziamento - l'ammissibilità di clausole anatocistiche nei correlati contratti di finanziamento può essere anch'essa ricondotta nell'ambito di intervalli temporali predefiniti. I diversi periodi di riferimento sono rappresentati, rispettivamente, dalla entrata in vigore del testo unico bancario (1 gennaio 1994), della Delibera CICR 9 febbraio 2000 (22 aprile 2000) nonché dalle ultime due modifiche dell'art. 120 T.U.B., che hanno disciplinato i periodi dal 1° gennaio 2014 al 14 aprile 2016 (art. 120 T.U.B. versione 2014-2015) e dal 15 aprile 2016 in avanti (normativa attualmente vigente).
Relativamente ai contratti di mutuo fondiario stipulati prima del 1° gennaio 1994, gli interessi moratori vanno calcolati sulla intera rata (quota capitale e quota interessi), in quanto l'anatocismo è espressamente previsto dalla previgente normativa in materia di credito fondiario: art. 38 R.D. n. 646/1905; art. 14 D.P.R. 7/1976 e art. 16 L. n. 175/1991 (la legge 175/1991 è stata abrogata dall'art. 161, comma 1, T.U.B., con riguardo ai contratti conclusi dal 1° gennaio 1994). Dello stesso tenore sono, ovviamente, le conclusioni della Cassazione (Cass. 20 marzo 2003, n. 2593; Cass. 31 gennaio 2006, n. 2140; Cass. 3 marzo 2009, n. 5059; Cass. 5 maggio 2009, n. 10297; Cass. 3 maggio 2011, n. 9695; Cass. 27 agosto 2014, n. 18325), secondo cui in tema di credito fondiario, il mancato pagamento di una rata di mutuo comporta, ai sensi della disciplina speciale vigente all'atto della stipula del contratto di finanziamento, l'obbligo di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte che rappresenta gli interessi di ammortamento e ciò in quanto nei mutui fondiari stipulati ante testo unico bancario l'anatocismo è previsto dalla legge. Può essere utile ricordare, relativamente ai rapporti di mutuo fondiario stipulati precedentemente all'1 gennaio 1994 e in corso a tale data, che l'art. 161, comma 6, T.U.B. specifica che "i contratti già conclusi ed i procedimenti esecutivi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo restano regolati dalle norme anteriori" (Cass. 29 agosto 1998, n. 8657; Cass. 10 marzo 1998, n. 2638).
Per quanto riguarda i contratti di mutuo fondiario stipulati dal 1 gennaio 1994 al 21 aprile 2000 (periodo in cui l'anatocismo bancario non è espressamente disciplinato a seguito della declaratoria di incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, D. lgs. 342/1999, recante una previsione di carattere transitorio), il computo anatocistico degli interessi è illegittimo, atteso che il testo unico bancario ha abrogato la L. n. 175/1995 che, reiterando le precedenti previsioni normative, autorizzava l'anatocismo per i mutui fondiari: dunque opera il principio generale di cui all'art. 1283 c.c. Gli interessi di mora vanno calcolati sulla sola quota capitale della rata scaduta. Relativamente all'arco temporale in esame (periodo dal 1 gennaio 1994 al 21 aprile 2000), a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 25, comma 3, d.lgs. 4 agosto 1999 n. 342, è venuta meno la possibilità di sanare la nullità derivante dalla pattuizione anatocistica preesistente ai sensi dell'art. 7 Delibera CICR 9 febbraio2000 (adeguamento dei contratti di finanziamento in essere), poiché è venuto meno il presupposto normativo legittimante il suddetto articolo finalizzato a disciplinare i rapporti in essere al momento dell'entrata in vigore della Delibera stessa; né il comma 2 dell'art. 25 d.lgs. 342/1999 conferisce al CICR il potere di prevedere disposizioni di adeguamento, con effetti validanti la sorte delle condizioni contrattuali stipulate anteriormente. In definitiva, l'art. 7 Delibera CICR 9 febbraio 2000, quale atto di normazione secondaria attuativo di una norma (art. 25, comma 3, D. lgs. 342/1999) non più esistente perché dichiarata incostituzionale, ha perso ogni validità ed efficacia (diffusamente in arg. Marcelli, L'anatocismo dopo la delibera CICR del 9/2/00: fatta la pentola il diavolo c'è cascato dentro, in www.studiomarcelli.com, 2009).
Le clausole anatocistiche inserite nei contratti di finanziamento fondiario stipulati dal 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore della Delibera CICR 9 febbraio 2000) al 31 dicembre 2013 sono invece legittime, se pattuite ed espressamente approvate per iscritto (art. 3 Delibera CICR 9 febbraio 2000). Gli interessi di mora vanno calcolati sull'intera rata e quindi anche sulla parte di rata relativa agli interessi corrispettivi; tuttavia, gli interessi così calcolati (ossia, gli interessi moratori calcolati anche sugli interessi corrispettivi) non possono produrre a loro volta interessi (divieto di capitalizzazione periodica). La capitalizzazione degli interessi moratori è vietata siano essi applicati sugli interessi corrispettivi o sull'aliquota capitale (Trib. Torino 3 novembre 2006; ABF Napoli 24 novembre 2011).
Ricondotta l'operatività di credito fondiario post testo unico bancario nell'alveo della disciplina ordinaria - come confermato dalla sentenza in commento: "con l'entrata in vigore del T.U.B., la struttura del credito fondiario ha perso quelle peculiarità nelle quali risiedevano le ragioni della sua sottrazione al divieto di cui all'art. 1283 c.c." -, per il periodo successivo al 1° gennaio 2014 possono essere proficuamente richiamati i rilievi già svolti riguardo ai mutui bancari ordinari, e quindi: a) no anatocismo bancario nei mutui fondiari stipulati tra il 1° gennaio 2014 (data di entrata in vigore della già richiamata legge di stabilità 2014, che ha modificato l'art. 120 T.U.B.) e il 14 aprile 2016 (ossia prima della data di vigenza della ulteriore modifica dell'art. 120 T.U.B., recata dalla L. n. 8 aprile 2016 n. 49); b) sostanziale legittimità dell'anatocismo bancario in riferimento alle operazioni di credito fondiario successive al 15 aprile 2016, data di entrata in vigore della attuale disciplina (introdotta dall'art. 17-bis D.L. n. 18/2016, convertito, con modificazioni, in L. n. 8 aprile 2016 n. 49) che testualmente prevede che "gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora". Osservazioni
La decisione in commento si innesta nell'impianto giurisprudenziale sopra delineato, riaffermando che l'avvenuta trasformazione del credito fondiario in un contratto di finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili, comporta l'applicazione delle limitazioni di cui al citato art. 1283 c.c., per cui il mancato pagamento di una rata di mutuo non determina più l'obbligo (prima normativamente previsto) di corrispondere gli interessi di mora sull'intera rata, inclusa la parte rappresentata dagli interessi corrispettivi (dovendosi altresì escludere la vigenza di un uso normativa contrario).
Resta da segnalare che l'attuale quadro normativo (art. 120 T.U.B., versione 2016 vigente), che sostanzialmente legittima il pagamento degli interessi moratori anche sulla quota parte degli interessi corrispettivi delle rate scadute di un mutuo, è probabilmente destinato a rivitalizzare un dibattito, che si credeva ormai sopito, sulle rate dei mutui.
In un recente passato, infatti, è stato sostenuto che la produzione di interessi di mora sugli interessi della rata scaduta non determina un fenomeno anatocistico, sul presupposto che una volta che viene pattuito e determinato un piano di restituzione rateale della somma mutuata con il sistema della composizione di ogni rata, per una parte di capitale e per una parte di interessi, quest'ultimi diventano parte integrante della prestazione restitutoria; l'assunto sarebbe giustificato in considerazione del fatto che quando il mutuo è oneroso la prestazione restitutoria del mutuatario, comprende tanto il capitale mutuato, quanto gli interessi, divenendo pertanto gli interessi essi stessi capitale da restituire al mutuante (Cass. 15 dicembre 1981, n. 6631; Cass. 19 agosto 1983, n. 5409; Cass. 19 giugno 1990, n. 6153; Cass. 1 settembre 1995, n. 9227).
Appare evidente che aderendo ad un tale ragionamento, per cui le rate di un mutuo costituiscono sostanzialmente un unicum inscindibile all'interno delle quali non è possibile operare alcuna distinzione tra capitale e interessi - in quanto questi ultimi, una volta esigibili, devono ritenersi conglobati nel capitale da restituire - non può prospettarsi l'applicazione del meccanismo della produzione di interessi sugli interessi scaduti (anatocismo).
Contrasta efficacemente tale orientamento la più avveduta e recente giurisprudenza, anche di legittimità, secondo la quale occorre rilevare che in ipotesi di mutuo per il quale sia previsto un piano di restituzione differito nel tempo, mediante il pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi, questi ultimi conservano la loro natura e non si trasformano in capitale da restituire al mutuante. La formazione delle varie rate, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene ad una modalità dell'adempimento delle due obbligazioni; nella rata concorrono, infatti, la graduale restituzione della somma ricevuta in prestito e la corresponsione degli interessi; trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni del mutuatario, essa non è idonea a mutarne la natura né ad eliminarne l'autonomia (Cass. 29 novembre 1971, n. 3479; Cass. 6 maggio 1977, n. 1724; Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593; Cass. 28663/2013; Cass. 603/2013; Cass. Cass. 2072/2013; Cass. 11400/2014; per la giurisprudenza di merito, Trib. Bari 29 ottobre 2008; Trib. Milano 17 febbraio 2007; Trib. Pescara 23 marzo 2006; Trib. Lecce 10 marzo 2006; Trib. Reggio Calabria 19 gennaio 2006). |