L’interpretazione del valore artistico dell’industrial design
26 Luglio 2017
Massima
La valutazione del valore artistico è effettuata, per giurisprudenza consolidata, con riferimento a parametri oggettivi della percezione dell'opera negli ambienti culturali, quali “il riconoscimento da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre e musei, la pubblicazione su riviste specializzate e l'attribuzione di premi” che, sebbene non integrino il fatto costitutivo dell'attribuzione di un valore artistico, connesso all'atto creativo, costituiscono la manifestazione e l'esplicitazione riconosciuta e condivisa dell'appartenenza dell'opera al novero delle opere tutelabili dal diritto d'autore. Il caso
Con ricorso ex artt. 161, 162, e 163 L. n. 633/1941 un noto artista ricorreva al Tribunale di Milano esponendo che l'involucro, la copertina, le etichette sovrapporte sul CD e sul disco vinile recentemente prodotti e distribuiti da un'altrettanto nota casa discografica riproducessero illecitamente una famosa opera dell'ingegno appartenente all'artista stesso nonché sue successive opere creative. Chiedeva pertanto al Tribunale di Milano l'inibitoria della commercializzazione, della diffusione e della distribuzione dell'involucro, della copertina, del libretto illustrativo, delle etichette dell'opera discografica in discorso nonché delle forme espressive in violazione dei diritti d'autore del ricorrente. Il Tribunale di Milano, ritenuta la sussistenza del carattere creativo e del valore artistico delle opere dell'ingegno rivendicate dal ricorrente – quest'ultimo requisito ritenuto sussistente sulla base di documentazione attestante il riconoscimento da parte degli ambienti culturali delle qualità artistiche delle opere, attraverso l'indicazione di mostre, gallerie d'arte e musei nei quali furono esposte, nonché di numerose pubblicazioni d'arte –, accoglieva con decreto pronunciato inaudita altera parte la domanda del ricorrente, fissando una successiva udienza per la discussione in ordine alla conferma o meno del provvedimento. Le questioni
Il provvedimento in commento, di recente emesso dal Tribunale di Milano inaudita altera parte, si segnala perché interviene nell'ambito della vexata quaestio dell'interpretazione del requisito del “valore artistico” ex art. 2 n. 10 LdA. La norma appena citata – introdotta nel nostro ordinamento per effetto del recepimento in Italia della Direttiva 98/71/CE sulla Protezione Giuridica dei Disegni e Modelli – consente, a certe condizioni, l'applicazione alle opere del disegno industriale della tutela prevista dal diritto d'autore. In precedenza tale possibilità era esclusa sia dalla Legge Modelli (art. 5, R.D. n. 1411/1940), che ne vietava espressamente l'applicazione ("ai modelli e disegni non sono applicabili le disposizioni sul diritto d'autore"), sia dalla Legge sul Diritto d'Autore la quale – nel riservare la tutela autorale alle sole "[opere] anche se applicate all'industria sempre che il loro valore artistico fosse scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale sono associate" (art. 2, comma 4, della Legge 22 aprile 1941, n. 633) – aveva codificato il cd. criterio della scindibilità e con esso quel granitico indirizzo giurisprudenziale che costantemente escludeva dalla protezione per diritto d'autore tutti i modelli tridimensionali, ritenendo che potessero beneficiare della protezione per diritto d'autore soltanto, semmai, le opere bidimensionali (disegni): cfr., tra le più note, Cass. Civ. n. 10516/1994, sulla quale si veda anche il commento in Floridia, Le Corbusier fra il diritto d'autore e la tutela brevettuale, in Dir. Ind., 1995, 113; Cass. Civ. n. 6644/1996, con nota di Vignali, in Riv. Dir. Ind., 1997, II, 5. La Direttiva 98/71/CE è stata recepita nell'ordinamento italiano attraverso il D.Lgs. n. 95/2001, il cui art. 22, nell'abrogare il previgente criterio della scindibilità nell'ambito della legge n. 633 del 24 aprile 1941, ha comportato l'aggiunta all'art. 2 della medesima LdA del n. 10 ove si prevede che sono ricomprese “nella protezione [del diritto d'autore] le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico”. L'interpretazione dei due nuovi requisiti – ovvero del “carattere creativo” e del “valore artistico” – la cui sussistenza condiziona l'applicabilità del diritto d'autore alle opere del disegno industriale, è stata storicamente tutt'altro che pacifica sia in dottrina (sulle opinioni dottrinali emerse all'indomani della riforma della normativa nazionale sul tema, si veda: FABIANI, Rivoluzione nella protezione dell'arte applicata e del disegno industriale, in Dir. aut. 2001, 185; DALLE VEDOVE, Dal modello ornamentale all'industrial design, in IDA, 2001, 234; M. PANUCCI, La nuova disciplina italiana dell'«industrial design», in Dir. ind., 2001, 313 ss.; GIUDICI, La protezione giuridica dei disegni e modelli, in Riv. dir. ind., 2001, 60; BONELLI, Industrial design e tutela del diritto d'autore, in Dir. Aut., 4, 2003, 519) che in giurisprudenza, specie sul presupposto del “valore artistico”, concetto inedito per la tradizione giuridica italiana e che è sembrato presupporre un vero e proprio giudizio di meritevolezza dell'opera di design in ipotesi considerata. In giurisprudenza, dopo le prime decisioni che hanno evidenziato quella che ben potrebbe definirsi come una “reviviscenza” del previgente criterio della scindibilità (Trib. Monza, 23 aprile 2002, in Dir. aut., 2002, 433 ss., con nota di FITTANTE, Quale legittimità per il concetto di scindibilità in materia di tutela dell'industrial design?; Trib. Monza, 16 luglio 2002, in Dir. ind., 2003, 55 ss., con nota di FITTANTE; Trib. Bari, 27 ottobre 2003, in Sez. spec. P.I., 2004, I, 2), si sono rivelati prevalenti due filoni ermeneutici. Un primo orientamento giurisprudenziale ha riconosciuto la sussistenza del requisito del valore artistico al cospetto di opere dell'industrial design che potessero vantare un valore autonomo nell'ambito del mercato degli oggetti d'arte. A puro titolo esemplificativo di tale opzione interpretativa delle nostre Corti, che trova comunque autorevole corrispondenza anche a livello dottrinale (MONTANARI, L'industrial design tra modelli, marchi di forma e diritto d'autore, in Riv. Dir. Ind. n. 1/2010, 7-25. Per un approfondimento sui precedenti dell'approccio dottrinale in discorso, si veda anche: GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale, Giuffrè, 2001, 100 e ss.), si veda l'ordinanza del Tribunale di Bologna dell'8 settembre 2005 (in GADI, 2006, 4983), nella quale si legge: “Un disegno o modello dotato di carattere individuale non può beneficiare della tutela della legge sul diritto d'autore, alla stregua dell'art. 2, comma 1, n. 10 l.d.a., se non presenti – oltre al carattere creativo – l'ulteriore requisito del valore artistico, che implica non una maggiore creatività in termini quantitativi, ma una diversa attitudine dell'oggetto stesso, il quale, oltre ad essere espressione di una personale rappresentazione dell'oggetto, ha pure l'ulteriore caratteristica di essere un oggetto artistico, avente un valore autonomo nell'ambito di un separato circuito, cioè quello degli oggetti d'arte”. Sulla stessa scia si collocano le decisioni del Tribunale di Bologna del 10 novembre del 2010, del Tribunale di Venezia del 10 dicembre 2010 e del Tribunale di Firenze del 4 aprile 2011, in Riv. Dir. Ind. 11, II, 308. Il secondo orientamento manifestatosi come prevalente rispetto all'esegesi del “valore artistico” ex art. 2 n. 10 LdA – orientamento da considerarsi peraltro non antitetico bensì complementare al primo del quale si è appena detto – trova espressione in molte recenti decisioni delle nostre Corti ed affonda le proprie radici nelle opinioni espresse da dottrina la cui autorevolezza è fuori discussione. Costituisce esemplificazione di tale indirizzo ermeneutico la pronuncia del Tribunale di Milano del 22 aprile 2010 (in GADI, 2011 n. 5643, 313 e ss), nella quale il Giudice meneghino ha precisato che: “Per valutare la presenza del “valore artistico” richiesto dall'art. 2, 10° comma l.d.a. al fine della tutela tramite il diritto d'autore delle opere di industrial design è necessario rilevare nella maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato, estranei cioè ai soggetti più immediatamente coinvolti nella produzione e commercializzazione per un verso e nell'acquisto di un bene economico dall'altro. In questa prospettiva acquista particolare positiva significatività della qualità artistica di un'opera del design il diffuso riconoscimento che più istituzioni culturali abbiano espresso in favore dell'appartenenza di essa ad un ambito di espressività che trae fondamento e che costituisce espressione di tendenze ed influenze di movimenti artistici, al di là della intenzione e della stessa consapevolezza del suo autore”. Sempre in giurisprudenza sono chiaramente ascrivibili a tale filone interpretativo l'ordinanza del Tribunale di Milano del 22 febbraio 2010, la decisione del Tribunale di Bologna del 30 agosto 2011 (in GADI; 2012, n. 5835, 463 ss.), la sentenza del Tribunale di Milano del 13 settembre 2012, la sentenza del Tribunale di Milano n. 9906 del 12 settembre 2012 e la sentenza del Tribunale di Milano n. 9917 del 17 settembre 2012 (in GADI, 2012, 5903, 1134 ss.). Sul piano dottrinale offrono chiaro supporto all'indirizzo giurisprudenziale testè citato A. Vanzetti-V. Di Cataldo, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2012, 533. Gli illustri Autori appena citati hanno in particolare sottolineato che per valutare la sussistenza o meno del “valore artistico” ex art. 2 n. 10) LdA rispetto all'opera di design in ipotesi oggetto di accertamento “Probabilmente si dovrà fare riferimento ad una sorta di riconoscimento collettivo, deducibile da mostre, esposizioni, recensioni, valutazioni di esperti”. I due filoni ermeneutici principali storicamente affermatisi come prevalenti e sopra analizzati sono stati del resto recentemente oggetto di una sostanziale “ricognizione” ad opera della Corte di Cassazione. La Suprema Corte in particolare, nell'ambito della sentenza n. 23292 del 13 novembre 2015, ha abdicato al tentativo di individuare una definizione omnicomprensiva di valore artistico, ritenendo più opportuna l'individuazione di una serie di parametri oggettivi cui l'interprete possa far riferimento per accertare in concreto la sussistenza del discusso presupposto, quest'ultimo destinato ad essere saggiato sulla base di una valutazione – ha avuto cura di ulteriormente precisare il Giudice di legittimità – da effettuare comunque caso per caso. In tal senso la Cassazione ha statuito che “il criterio forse più rilevante appare essere quello del riconoscimento che l'oggetto di design ha ricevuto da parte degli ambienti culturali ed istituzionali circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche che consentano di attribuire a detto oggetto un valore ed un significato che trascende quello della sua stretta funzionalità e della mera eleganza e gradevolezza delle forme”. Ed ha ulteriormente puntualizzato che “Le circostanze che evidenziano siffatto riconoscimento possono essere, tra l'altro, l'esposizione dell'opera in mostre o in musei, la pubblicazione su riviste specializzate non a carattere commerciale, la partecipazione a manifestazioni artistiche, l'attribuzione di premi, gli articoli di critici esperti del settore e quant'altro” possa evidenziare l'attribuzione all'opera dell'industrial design in ipotesi considerata di un riconoscimento ad opera degli ambienti culturali interessati. Altro parametro oggettivo che la Suprema Corte ha ritenuto di valorizzare è la “circostanza che un opera di design industriale divenga oggetto di vendita nel mercato artistico e non già in quello puramente commerciale oppure che in quest'ultimo mercato l'opera acquisti un valore particolarmente elevato da lasciare intendere che al valore puramente commerciale si sia aggiunto nella valutazione del pubblico anche quello artistico”, ritenendo in tal modo che il “valore artistico di per sé” ex art. 2 n. 10 LdA valga a conferire “un valore diverso ed aggiunto al prodotto rispetto a quello della sua funzionalità”. È agevole constatare come, in definitiva, attraverso la sentenza n. 23292 del 13 novembre 2015 la Cassazione ha sostanzialmente compiuto una ricognizione dei due criteri precedentemente adottati dalla giurisprudenza di merito nell'ambito dei due filoni interpretativi storicamente affermatisi come prevalenti e dei quali si è ampiamente detto in precedenza. L'arresto della Suprema Corte, da questo punto di vista, ha certamente segnato un punto fermo sul piano dei parametri cui i nostri Giudici sono chiamati ad attenersi nella delicata valutazione della sussistenza o meno rispetto all'opera del disegno industriale in ipotesi oggetto di accertamento del “valore artistico di per sé” ex art. 2 n. 10) della Legge sul diritto d'autore. Osservazioni
Su questa scorta v'è ora da chiedersi ora se la recentissima decisione del Tribunale di Milano qui in commento abbia fatto effettiva applicazione dei criteri oggettivi individuati dalla sentenza del 2015 del Giudice di legittimità che abbiamo sopra analizzato. La domanda sembra dover ricevere risposta pienamente positiva, il che è comprovato del resto dal fatto che la decisione dei Giudici meneghini che con le presenti note si commenta contiene un espresso e letterale riferimento ad altra decisione della Suprema Corte dedicata allo specifico tema in discorso e che, di poco successiva alla pronuncia della medesima Cassazione del 2015, ne ricalca il contenuto. Ci si riferisce alla sentenza della Cassazione, sez. I, n. 7477 del 23 marzo 2017 cui i Giudici meneghini hanno inteso direttamente riferirsi e nella quale è dato infatti leggere: “Con riferimento al valore artistico è stato invece sottolineato come esso sfugga a una definizione che abbia l'attributo dell'esaustività, risultando tuttavia possibile indicare parametri oggettivi, non necessariamente concorrenti, di cui il giudice di merito debba tener conto: il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l'esposizione in mostre o musei, la pubblicazione su riviste specializzate, l'attribuzione di premi, l'acquisto di un valore di mercato così elevato da trascendere quello legato soltanto alla sua funzionalità ovvero la creazione da parte di un noto artista (Cass. 13 novembre 2015, n. 23292)”.
Conclusioni
La decisione del Tribunale di Milano in commento fa piena applicazione dei parametri cui la Suprema Corte ha recentemente ritenuto debba attenersi l'interprete per saggiare la sussistenza, rispetto all'opera del disegno industriale in ipotesi oggetto di valutazione, del requisito del valore artistico. Non può tuttavia non rilevarsi conclusivamente che una tale valutazione – comunque – è ed è destinata a rimanere soggettivamente molto connotata. La questione – inevitabilmente indotta del resto da un requisito normativo che il Legislatore nazionale ha a suo tempo finito per ancorare ad un dato puramente concettuale – è stata puntualmente rilevata dalla stessa decisione del 2015 della Suprema Corte. Ci si riferisce alla circostanza che non è sfuggita al Giudice di legittimità, laddove non ha mancato di osservare che “E' stato, peraltro, correttamente osservato dalla dottrina che il parametro oggettivo in esame è in qualche modo condizionato dal dato temporale che è costituito dal tempo comunque necessario richiesto affinchè un'opera di disegno industriale ottenga le valutazioni ed i riconoscimenti dianzi detti. Lo stesso pertanto non può avere un valore assoluto ma dovrà essere valutato di caso in caso”. Una volta uniformati i criteri cui sono chiamati ad attenersi nel caso singolo gli interpreti, resta dunque l'auspicio che dalle decisioni di questi ultimi – affidate in buona parte alla sensibilità del Giudice del caso singolo – emergano standards sufficientemente definiti, nei diversi settori nei quali si esprime l'industrial design, di accesso dell'opera alla tutela per diritto d'autore. |