La risarcibilità dei danni non patrimoniali derivanti da immissioni intollerabili

01 Febbraio 2016

A fronte di immissioni intollerabili ex art. 844 c.c. può farsi luogo al risarcimento del danno non patrimoniale, anche in assenza di lesione alla salute tale da determinare un danno biologico.
Massima

A fronte di immissioni intollerabili – considerate tali in ragione del superamento della soglia codicistica di cui all'art. 844 c.c., che tiene conto delle peculiarità della situazione concreta e prescinde dal rispetto dei limiti di cui alla normativa tecnica – può farsi luogo al risarcimento del danno non patrimoniale, anche in assenza di lesione alla salute tale da determinare un danno biologico, in quanto ricorra la violazione di un interesse costituzionalmente protetto, quale il diritto – riconosciuto dall'art. 8 Cedu - al rispetto della vita privata e familiare.

Il caso

Nei mesi estivi, alcune persone vengono disturbate - presso le proprie abitazioni, nelle ore dedicate al riposo notturno - dalla musica e dagli schiamazzi provocati dall'attività di intrattenimento danzante esercitata, all'aperto, in un'area di proprietà comunale. I residenti richiedono, oltre alla cessazione dell'attività ovvero all'adozione di misure atte a ricondurre i rumori nei limiti della normale tollerabilità, il risarcimento del danno biologico ed esistenziale patito.

Il tribunale di primo grado - una volta riconosciuta l'intollerabilità delle immissioni, pur se rispettose delle soglie di rumorosità previste dalla regolamentazione amministrativa – attribuisce a ciascuno degli attori il risarcimento del danno esistenziale (nonché, in un singolo caso, un ulteriore importo di 1500 €, a titolo di danno biologico, in quanto la vittima risultava aver sofferto emicranie ricorrenti cagionate dal rumore): decisione che troverà conferma sia in appello, che presso i giudici di legittimità.

La questione

Per quanto concerne la soglia di tollerabilità delle immissioni, la Cassazione ribadisce l'indirizzo consolidato secondo cui tale valutazione, in sede civilistica, deve aver luogo alla stregua dei criteri previsti dall'art. 844 c.c.. Nei rapporti tra privati il superamento di tale soglia può essere riscontrato quand'anche risulti accertato il rispetto dei limiti previsti in sede amministrativa dalla normativa tecnica: conclusione, questa, destinata a rimanere comunque ferma dopo l'introduzione, in materia di immissioni acustiche, dell'art. 6-ter, D.l. 20 dicembre 2008, n. 208, convertito con l. 27 febbraio 2009, n. 13.

Posto che nel caso di specie l'intollerabilità del fenomeno immissivo risulta concretamente riscontrata in virtù del superamento, in orario notturno, della soglia di 3 decibel rispetto al rumore di fondo, il nodo da sciogliere riguarda il danno da risarcire alle vittime. Nel ricorso si lamenta il fatto che, a parte un singolo caso, non appare accertato alcun pregiudizio all'integrità psico-fisica dei residenti, sicché non avrebbe dovuto essere liquidato a loro favore nemmeno il danno esistenziale, dal momento che le Sezioni Unite del 2008, nelle sentenze di San Martino, hanno posto un limite alla duplicazione delle voci di pregiudizio e alla risarcibilità dei danni bagatellari. La Cassazione è chiamata, perciò, a pronunciarsi circa la possibilità – a fronte di immissioni intollerabili – di risarcire il danno esistenziale, pur in assenza di danni alla salute.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione affronta, in primo luogo, il problema riguardane la relazione esistente tra danno biologico e danno esistenziale, sottolineando che - dai principi affermati nel 2008 dalle Sezioni Unite - non può essere fatta discendere la conclusione secondo cui «il danno non patrimoniale sarebbe risarcibile soltanto quando ad esso si associ una lesione del diritto alla salute ovvero un vero e proprio danno biologico»: a fondamento della risarcibilità del danno non patrimoniale può essere posta la lesione di un diritto fondamentale diverso dalla salute. In particolare, i pregiudizi non patrimoniali tipicamente derivanti da immissioni intollerabili non corrispondono affatto al danno biologico, dal momento che il fenomeno immissivo – una volta superata la soglia di tollerabilità – appare illecito a prescindere dalla ricorrenza di una patologia a carico delle vittime. Così come accade a fronte di molti altri casi (per fare degli esempi: danno dei congiunti per la morte del familiare, danno da mobbing), a essere colpito è un interesse diverso dall'integrità psico-fisica: sicché le conseguenze della relativa lesione saranno suscettibili di manifestarsi sia sul versante esistenziale, in quanto venga condizionata negativamente taluna delle attività realizzatrici della persona, sia lungo il profilo morale, relativamente ai disagi di ordine emotivo provocati dal torto. In particolare, si tratterà di accertare in che termini le immissioni intollerabili abbiano alterato la vita quotidiana delle vittime (impedendo, ad esempio, il riposo notturno, oppure l'attività di studio, e così via) e come tale situazione si sia riflessa negativamente a livello emotivo.

I ricorrenti avevano prospettato la sussistenza, a fronte dell'attribuzione ai residenti del danno esistenziale, di una duplicazione risarcitoria: questione, evidentemente, mal formulata, visto che un problema di duplicazione potrebbe, eventualmente, prospettarsi soltanto ove entrambe le voci risultino risarcite, e non già quando la sussistenza del danno biologico risulti esclusa. Nelle indicazioni dei ricorrenti trapela, altresì l'idea – in passato coltivata dalla stessa Cassazione (v., ad esempio, Cass., 19 agosto 2011, n. 17427, in Resp. civ. prev., 2012, 112, con nota di P. Ziviz

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Le immissioni intollerabili al vaglio dei principi delle sezioni unite) che le ripercussioni negative, cagionate da immissioni che non abbiano provocato una vera e propria patologia, andrebbero confinate sotto la soglia dell'irrilevanza. In verità, il mancato accertamento di un danno biologico non implica per alcun verso che la vittima di immissioni intollerabili abbia subito dei disagi irrilevanti sul piano aquiliano, considerato che a fondamento della richiesta risarcitoria non viene posta la lesione della salute. Le ripercussioni negative che la vittima è chiamata a sopportare sono esclusivamente quelle provocate dalle immissioni che si collochino sotto la soglia prevista della normale tollerabilità, prevista dall'art. 844 c.c., una volta varcata la quale le ripercussioni patite non potranno mai essere qualificate come disagi futili; si finirebbe, altrimenti, per ammettere – con esiti a dir poco paradossali – che il fenomeno immissivo intollerabile è suscettibile di provocare conseguenze dannose le quali devono comunque essere tollerate.

Resta inteso che la sottoposizione al fenomeno immissivo potrebbe aver determinato, a carico di taluno dei soggetti interessati, anche la (ulteriore) lesione dell'integrità psico-fisica, in quanto sia stata accertata una qualche forma di patologia ad esso ricollegabile. In casi del genere, alla vittima potrà essere attribuita anche una somma a titolo di danno biologico, senza che ciò possa incarnare una duplicazione risarcitoria; il riconoscimento di tale voce, in aggiunta al danno esistenziale e/o, morale, si giustifica infatti in virtù della valenza plurioffensiva dell'illecito (v. da ultimo, in materia di danno dei congiunti, Cass.,8 maggio 2015, n. 9320).

Nel campo delle immissioni intollerabili, si tratta di chiarire in che termini trovi applicazione la regola di risarcibilità del danno non patrimoniale dettata dalle sentenze di San Martino, secondo la quale tale categoria di pregiudizi trova riscontro, oltre che nei casi esplicitamente determinati dalla legge, nell'ipotesi di ingiustizia costituzionalmente qualificata, purché venga accertata la gravità della lesione e la serietà del pregiudizio. Alla ricorrenza di questi ultimi due parametri la sentenza in commento non dedica particolare attenzione, limitandosi ad osservare che basterebbe l'accertamento della rilevanza costituzionale del diritto violato a impedire il ristoro di danni bagatellari. In realtà, tali discussi criteri sono stati formulati dalle Sezioni Unite quali parametri autonomi ed ulteriori rispetto al riconoscimento della caratura della posizione colpita; ma la relativa applicazione, nella materia in oggetto, apparirebbe assai discutibile, considerato che di danni bagatellari potrebbe parlarsi esclusivamente per i pregiudizi derivanti da immissioni contenute entro la soglia della tollerabilità (per la necessità di applicare comunque tali parametri in materia di immissioni intollerabili, v. tuttavia Cass., 20 agosto 2015, n. 17013).

Per quanto concerne l'individuazione del diritto costituzionalmente garantito, la cui lesione giustifica il ristoro del danno non patrimoniale provocato da immissioni intollerabili, la pronuncia in esame ricorda come, in passato, la risarcibilità del danno esistenziale sia stata fondata sulla violazione del diritto al normale svolgimento della vita familiare presso la propria abitazione, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane (così Cass., 31 marzo 2009, n. 7875, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 893, con nota di Covucci: caso in cui è stato considerato risarcibile il disturbo consistente nella necessità di tener chiuse le finestre, per evitare l'immissione molesta del fumo di sigaretta proveniente dal sottostante locale pubblico). Va, in ogni caso, rilevato che – in una prospettiva del genere - emerge la tendenza a proiettare il pregiudizio esistenziale patito dalle vittime in un corrispondente diritto, ponendosi il problema di accertare la relativa costituzionale (con riguardo alla quale le conclusioni non appaiono univoche presso la Suprema Corte: v., ad esempio, Cass., 19 agosto 2011, n. 17427, cit., secondo cui la tranquillità familiare non assurge a valore costituzionalmente protetto).

La Cassazione sceglie, nella sentenza in commento, un diverso percorso e identifica l'interesso leso in capo alle vittime di immissioni intollerabili nei termini di diritto al rispetto della vita privata e familiare. I giudici di legittimità rilevano come si tratti di un diritto riconosciuto dall'art. 8 Cedu; il quale viene posto, dalla Corte di Strasburgo, a fondamento della tutela della vivibilità dell'abitazione e della qualità della vita all'interno di essa, a fronte di immissioni di rumore intollerabili. A tale modello di salvaguardia, elaborato all'interno del sistema giuridico della Convenzione, deve – secondo la Cassazione - conformarsi il giudice interno: ciò in virtù della “comunitarizzazione” della Cedu, derivante dall'approvazione del trattato di Lisbona, in base alla quale le relative regole vengono a beneficiare del medesimo statuto di garanzia riconosciuto alle disposizioni comunitarie. Vediamo, allora, che tramite tale ricostruzione i giudici di legittimità scelgono di percorrere una strada inedita, in quanto puntano a fondare la risarcibilità del danno non patrimoniale (non tanto sulla rilevanza costituzionale della posizione colpita, quanto piuttosto) sulla necessità di uniformarsi alle norme comunitarie.

Per quanto concerne il profilo della prova del danno esistenziale, provocato da immissioni intollerabili, la Cassazione rammenta che – in presenza di rumori che incidono sul diritto al riposo notturno e sulla vivibilità della propria abitazione – il pregiudizio può essere provato anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza (richiamando le indicazioni formulate in proposito da Cass. 19 dicembre 2014, n. 26899, in Danno Resp. 2015, 917, con nota di Menga). Si tratta, in buona sostanza, di ammettere che sussiste una componente del pregiudizio non patrimoniale la quale va data per scontata. Sulla base del ragionamento presuntivo, nonché del fatto notorio, è possibile – per i giudice – riconoscere comunque la ricorrenza di una compromissione del godimento della propria abitazione. Va da sé che l'entità del pregiudizio risulta influenzata da elementi di fatto, quali l'effettiva presenza presso la propria dimora, posto che ben diversa sarà la situazione di chi trascorra gran parte del tempo fuori casa rispetto a quella della casalinga o del pensionato. Laddove non siano state allegate situazioni di quest'ultimo, dovrà comunque darsi per acquisito che una porzione della giornata - quantomeno per quanto concerne le ore di riposo e i giorni festivi - venga trascorsa nella propria abitazione (salva restando la possibilità, per il danneggiante, di dimostrare che la casa fosse rimasta disabitata: come potrebbe accadere, ad esempio, nel caso dell'anziano che sia rimasto a lungo ricoverato in ospedale o del giovane che abbia soggiornato all'estero per motivi di studio). In quest'ottica si giustifica, pertanto, l'attribuzione di una somma standard alle vittime del fenomeno immissivo, la quale non rappresenta il riconoscimento di un danno in re ipsa (benché talune pronunce optino per tale ipotesi: v., da ultimo, Cass. 31 dicembre 2014, n. 23283, in Foro it., 2015, 2109, con nota di Pardolesi), bensì di quel pregiudizio che qualunque residente ha necessariamente riportato per aver subito un determinato fenomeno immissivo (v. Cass. 27 febbraio 2013, n. 4848, nonché Cass. 19 dicembre 2014, n. 26899, cit. la quale, in un caso di immissioni intollerabili in ore notturne, rileva che la quantificazione di un pregiudizio standard, uguale per tutti, ha riguardo al danno minimo ipotizzabile, in quanto la sofferenza e l'insonnia provocate dalla musica a tutto volume possono ritenersi comuni a tutti).

Osservazioni

Il nodo fondamentale, ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale derivante da immissioni intollerabili, riguarda l'identificazione del diritto leso e il riconoscimento della relativa rilevanza costituzionale. Da questo punto di vista, è necessario rifuggire da quella moltiplicazione dei diritti – quali il diritto al riposo, alla tranquillità della vita familiare, alla vivibilità della propria abitazione – spesso praticata dalla giurisprudenza, tramite la quale il pregiudizio patito viene identificato con un corrispondente diritto fondamentale, per cui il danno finisce per essere dotato di una sorta di “autoreferenzialità costituzionale”.

Si tratta, piuttosto, di riconoscere che i vari diritti patrimoniali esercitati sulla casa di abitazione – siano essi di carattere reale, quali la proprietà o l'usufrutto, ecc., ovvero di carattere personale, in quanto fondati su un contratto di locazione o di comodato, e così via – presentano tutti un tratto comune: sul versante personale, ad essere garantito e protetto è il godimento della dimora, in quanto la stessa costituisce un bene che consente a ciascun individuo di esercitare talune delle attività realizzatrici della persona, espressione della vita privata e familiare. Sarà, dunque, la lesione del diritto al godimento della casa di abitazione a porsi alla base del risarcimento del danno non patrimoniale cagionato da immissioni intollerabili, considerata la valenza costituzionale che senz'altro dev'essere riconosciuta, ai sensi dell'art. 2 Cost., ad una posizione del genere.

Resta da segnalare la possibilità di praticare - ai fini dell'applicazione dell'art. 2059 c.c. – una lettura alternativa, alla luce della quale puntare al riconoscimento della rilevanza costituzionale (non già del diritto leso, bensì) del danno. In quest'ottica, non appare necessario interrogarsi sulla caratura della posizione colpita; una volta accertata l'ingiustizia della lesione, che appare scontata laddove siano in gioco immissioni intollerabili, si tratterà di corso al ristoro esclusivamente di quei pregiudizi che appaiono suscettibili di incidere negativamente sul valore-uomo. Il criterio della rilevanza costituzionale del danno permette di escludere dall'area della tutela i disagi che non siano tali da incidere concretamente sulla vita della persona, mentre troveranno riscontro risarcitorio quelle compromissioni del mancato utilizzo della propria dimora le quali abbiano alterato i normali ritmi dell'esistenza.

A prescindere dall'opzione teorica accolta, fondamentale – in ogni caso – appare la necessità di assicurare la tutela risarcitoria delle vittime di immissioni intollerabili anche laddove non abbiano riportato una malattia: ciò a fronte della consapevolezza che le immissioni vengono considerate intollerabili anche in ragione delle ripercussioni negative, di carattere non patrimoniale, prodotte dalle stesse (v. Cass., 8 marzo 2010, n. 5564, in Resp. civ. prev. 2010. 1519, con nota di M. A. Mazzola, Immissioni intollerabili, danno non patrimoniale e lettura costituzionalmente orientata dell'art. 844 c.c., la quale prende in considerazione l'incidenza negativa del fenomeno immissivo sulla qualità della vita, al fine di valutare l'intollerabilità dello stesso, sottolineando che «il limite della tutela della salute e dell'ambiente è da considerarsi oramai intrinseco nell'attività di produzione oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata dei beni protetti dall'art. 844, dovendo considerarsi prevalente rispetto alle esigenze della produzione il soddisfacimento del diritto ad una normale qualità della vita»).

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