Quando si può lamentare la mancata applicazione delle tabelle milanesi?

Mauro Di Marzio
01 Ottobre 2015

L'applicazione delle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale elaborate presso il tribunale di Roma, anche se comporti la liquidazione di una somma inferiore a quella che sarebbe derivata dall'applicazione delle tabelle di Milano, può essere denunciata in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, solo in quanto la questione sia stata già posta nel giudizio di merito.
Massima

L'applicazione delle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale elaborate presso il tribunale di Roma, anche se comporti la liquidazione di una somma inferiore a quella che sarebbe derivata dall'applicazione delle tabelle di Milano, può essere denunciata in sede di legittimità, come vizio di violazione di legge, solo in quanto la questione sia stata già posta nel giudizio di merito.

Il caso

Incidente stradale. Il danneggiato agisce in giudizio con successo per il risarcimento del danno, ma, all'esito del processo di appello, ritiene che la somma riconosciutagli a titolo di danno non patrimoniale, sulla base delle tabelle romane impiegate per la liquidazione del danno biologico, sia insufficiente.

Egli ricorre allora per cassazione dolendosi sotto un duplice profilo della mancata applicazione delle tabelle milanesi, le quali avrebbero secondo lui comportato una diversa e più generosa quantificazione del danno subito: per un verso, nell'applicare le tabelle romane, il giudice di appello sarebbe incorso in violazione di legge; per altro verso non avrebbe congruamente motivato in ordine alla scelta effettuata.

La questione

È cosa nota che, a far data dal 2011, la Corte di cassazione ha riconosciuto la «vocazione nazionale» delle tabelle milanesi: e ciò sulla considerazione che, nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari (Cass. civ., sez. III, sent., 7 giugno 2011 n. 12408).

Sorge allora il problema dei limiti entro i quali l'applicazione della tabella milanese possa essere invocata e, in particolare, se la mancata applicazione di detta tabella possa essere fatta valere con il ricorso per cassazione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione rigetta, per tale aspetto, l'impugnazione. Ed osserva che la questione della preminenza e conseguente applicabilità delle tabelle milanesi, in base ai principi affermati dalla pronuncia di legittimità poc'anzi ricordata, necessita, prima di ogni altra cosa, che l'applicazione di tali tabelle sia stata chiesta già nei gradi di merito: la qual cosa, nel caso esaminato, non risultava essere avvenuta.

In effetti, la pronuncia del 2011 si è fatta specificamente carico di esaminare le possibili ricadute sull'impugnazione per cassazione della preminenza attribuita alle tabelle milanesi. Ed ha in particolare affermato che il principio elaborato non comporta la ricorribilità per cassazione, per violazione di legge, delle sentenze d'appello che abbiano liquidato il danno in base a diverse tabelle, per il solo fatto che non sia stata applicata la tabella di Milano e che la liquidazione sarebbe stata di maggiore entità se fosse stata effettuata sulla base dei valori da quella indicati. Perché il ricorso non sia dichiarato inammissibile per la novità della questione posta non è infatti sufficiente che in appello sia stata prospettata l'inadeguatezza della liquidazione operata dal primo giudice, ma occorre che il ricorrente si sia specificamente lamentato, sotto il profilo della violazione di legge, della mancata liquidazione del danno in base ai valori delle tabelle elaborate a Milano; e che, inoltre, nei giudizi svoltisi in luoghi diversi da quelli nei quali le tabelle milanesi sono comunemente adottate, quelle tabelle abbiano anche versato in atti (ed infatti le tabelle non sono atti normativi che il giudice debba conoscere alla stregua del principio iura novit curia). In tanto, dunque, la violazione della regula iuris può essere fatta valere in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la questione sia stata specificamente posta nel giudizio di merito.

Osservazioni

Potrebbe supporsi che, trascorsi quattro anni circa dalla citata sentenza della Cassazione sulle tabelle milanesi, il dilemma Milano-Roma (le altre tabelle dotate di una discreta diffusione sono per l'appunto quelle romane) si sia esaurito. Ma così non è.

Il tribunale di Roma tiene il punto, opinando in buona sostanza - in consapevole contrasto con l'orientamento della Suprema Corte, che nel frattempo si è ampiamente consolidato - che le tabelle milanesi rechino previsioni contrastanti con la Costituzione, mentre quelle romane «soddisfino correttamente … i parametri diretti ad assicurare un corretto esercizio del potere equitativo di determinazione del danno». Le tabelle milanesi, al contrario, secondo il tribunale di Roma (le citazioni sono tratte da Trib. Roma, sent., n. 5295/2015, tra le molte di identico tenore), «non appaiono al momento essere corrispondenti ai valori costituzionali quali la valutazione del danno non patrimoniale secondo un incremento percentuale del biologico fino al 50% per un pregiudizio fino al 33% e fino al 25% per pregiudizio a partire dal 34% e fino al 100%, analogamente a quanto ipotizzato per la personalizzazione, essendo evidente che in presenza di lesioni a interessi costituzionalmente rilevanti maggiori coincida la necessità di valutazioni che siano funzione diretta del pregiudizio correlabili al danno biologico … e non secondo criteri di funzionalità inversa … come ipotizzato dalle tabelle milanesi … Anche la valutazione di una misura variabile della indennità per la incapacità temporanea induce perplessità». A ciò può aggiungersi che, per altro verso, la soluzione adottata dal tribunale non è, almeno stabilmente, condivisa neppure dalla corte di merito capitolina, che applica invece le tabelle milanesi non solo quando la sentenza di primo grado è impugnata sotto tale profilo, ma anche quando procede ex novo alla liquidazione del danno non patrimoniale, ad esempio riformando le decisioni che in primo grado avevano rigettato la domanda risarcitoria. Il vero è, difatti, che, indipendentemente da ogni considerazione sulla qualità tecnica dell'una e dell'altra tabella, non paiono esservi casi in cui quella milanese non consenta di pervenire ad un risultato applicativo equo ed appropriato.

Se la querelle tribunale di Roma-resto del mondo non è venuto meno finora, è probabile che cesserà soltanto quando il legislatore avrà normativamente adottato la tabella nazionale, come ha fatto per le c.d. micropermanenti, ex art. 139 Cod. Ass.. La qual cosa - la determinazione, cioè, del tribunale romano nel non deflettere dalla propria opinione - ha per la verità un po' il sapore della vicenda del giapponese che, isolato nella jungla, continuava a combattere una guerra ormai finita. Non senza rammentare, incidentalmente, con riguardo alle tabelle che il legislatore prima o poi adotterà, che i risarcimenti italiani del danno non patrimoniale - e questo è il vero punto - sono senz'altro, in Europa, tra i più munifici: tanto per fare un esempio eclatante, un danno da morte di un quarantunenne che lasci a sopravvivergli il coniuge, due bambini, un genitore ed un fratello, vale mediamente in Italia complessivamente € 1.102.166, in Spagna € 229.917, in Francia € 104.000, nel Regno Unito € 13.686.

Nell'attesa, spetterà all'avvocato che operi presso un ufficio giudiziario che ancora applica le tabelle romane richiedere tempestivamente, ove ne abbia convenienza, l'applicazione di quelle milanesi.

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