L’individuazione dell’interesse negativo nell’ambito della responsabilità precontrattuale

01 Ottobre 2015

Nell'ipotesi di responsabilità precontrattuale il danno è costituito dalle spese inutilmente sopportate o dalle altre perdite subite (danno emergente) a casua delle trattative, nonché nella perdita dei vantaggi (lucro cessante) per la mancata conclusione di altre favorevoli occasioni contrattuali; l'eventuale danno morale per aver venduto la propria abitazione confidando sul buon esito della trattativa finalizzata all'acquisto di altro immobile non può in ogni caso costituire un pregiudizio da lesione dell'interesse c.d. negativo a non essere coinvolti in trattative inutili, consistendo invece in un pregiudizio derivante dalla lesione dell'interesse c.d. positivo all'esecuzione di un contratto preliminare di vendita già concluso.
Massima

Nell'ipotesi di responsabilità precontrattuale il danno è costituito dalle spese inutilmente sopportate o dalle altre perdite subite (danno emergente) a casua delle trattative, nonché nella perdita dei vantaggi (lucro cessante) per la mancata conclusione di altre favorevoli occasioni contrattuali; l'eventuale danno morale per aver venduto la propria abitazione confidando sul buon esito della trattativa finalizzata all'acquisto di altro immobile non può in ogni caso costituire un pregiudizio da lesione dell'interesse c.d. negativo a non essere coinvolti in trattative inutili, consistendo invece in un pregiudizio derivante dalla lesione dell'interesse c.d. positivo all'esecuzione di un contratto preliminare di vendita già concluso.

Il caso

Tizio e Tizia hanno convenuto in giudizio Caia per sentirla condannare a titolo di responsabilità precontrattuale al risarcimento dei danni da loro subiti per essere ingiustificatamente receduta dalle trattative di vendita in corso tra le parti, dopo che tra le stesse era stato già raggiunto verbalmente un accordo preliminare.

Nella prospettiva attorea tali danni consisterebbero, da un lato, nel danno morale per lo “scombussolamento” derivato alla loro vita dall'essere andati a vivere in un piccolo appartamento dopo aver venduto la propria abitazione e, dall'altro, nel danno patrimoniale derivante sia dalla svendita di tale abitazione sia dal pagamento dei canoni versati per la locazione transitoria di altro appartamento.

Il Tribunale ha respinto la domanda: quanto al danno morale, per essere stata allegata una lesione dell'interesse positivo all'esecuzione di un'obbligazione di trasferimento dell'immobile mai assunta dalla convenuta e dunque insuscettibile di rientrare nell'alveo della responsabilità precontrattuale; quanto al danno patrimoniale, per non avere gli attori assolto all'onere di dimostrare l'esistenza di un nesso eziologico tra la condotta della convenuta e la produzione del danno allegato, in quanto la conclusione del preliminare di vendita della propria abitazione aveva in realtà preceduto la completa definizione delle trattative con la convenuta ed in quanto gli attori non avevano neanche assolto all'onere di dimostrare la necessità impellente di vendere tale abitazione al fine di procurarsi la provvista necessaria all'acquisto dell'immobile della convenuta.

In motivazione:

l'obbligo delle parti di comportarsi in buona fede nella formazione del contratto e la responsabilità precontrattuale sono previsti a tutela della libertà negoziale delle parti ed in particolare dell'interesse a non essere coinvolti in trattative inutili;

  • la natura dell'interesse tutelato impone, in caso di lesione dello stesso, di limitare l'obbligo risarcitorio alla lesione del solo interesse negativo, costituito, quanto al danno emergente, dalle spese inutilmente sopportate o dalle altre perdite subite a causa delle inutili trattative, nonché, quanto al lucro cessante, nella perdita dei vantaggi per la mancata conclusione di altre favorevoli occasioni contrattuali da cui il soggetto è stato distolto;
  • diversamente, nella responsabilità da inadempimento contrattuale il danno è costituito, quanto al danno emergente, dalla perdita che il soggetto avrebbe evitato e, quanto al lucro cessante, dal vantaggio economico che avrebbe conseguito se il contratto già concluso avesse avuto regolare esecuzione;
  • il preteso danno morale subito per aver venduto la propria abitazione in vista dell'acquisto dell'immobile della convenuta e per aver dovuto conseguentemente vivere per alcuni mesi in un piccolo appartamento locato (come anche il preteso danno patrimoniale per aver pagato i relativi canoni) rappresentano lesioni all'interesse positivo all'esecuzione dell'obbligo di cessione dell'immobile, in quanto costituiscono danni che gli attori avrebbero evitato se la convenuta avesse loro trasferito l'immobile oggetto delle trattative;
  • il preteso danno patrimoniale per aver venduto la propria abitazione ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato non è eziologicamente riconducibile al recesso della convenuta, in quanto l'immobile degli attori è stato promesso in vendita a terzi anteriormente alla definizione delle trattative con la convenuta ed in quanto gli attori non hanno comunque dimostrato, documentando adeguatamente la propria situazione patrimoniale, di trovarsi in una situazione tale da rendere necessaria la vendita immediata della loro abitazione ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato per poter procedere ad acquistare l'immobile della convenuta.
La questione

Le principali questioni esaminate nella sentenza in commento concernono l'individuazione delle voci di danno concretamente sussumibili nell'ambito della responsabilità precontrattuale e l'individuazione dei criteri di riparto dell'onere della prova.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in esame si pone apparentemente nel solco della consolidata giurisprudenza di legittimità quanto alle voci di danno suscettibili di essere risarcite a fronte della dimostrata violazione degli artt. 1337 -1338 c.c.

In particolare tale sentenza, mediante un esplicito riferimento al c.d. interesse negativo, vuole aderire al pacifico orientamento a mente del quale, pur applicandosi in tema di responsabilità extracntrattuale l'art. 1223 c.c., non possono in tale ambito trovare tutela risarcitoria i danni che sarebbero derivati dall'inadempimento di un contratto che non è stato concluso, atteso che non possono essere lesi diritti ancora non acquisiti (Cass., sez. III, sent. n. 3746/2005, Cass., sez. I, sent. n. 19883/2005, Cass., sez. III, sent. n. 12313/2005, Cass., sez. III, sent. n. 15172/2003, Cass., sez. III, sent. n. 1632/2000).

Dall'adesione a tale orientamento consegue, com'è noto, la necessità di limitare le voci di danno risarcibili unicamente alle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative ed alla perdita di occasioni per la stipulazione di altri affari.

Anche per quanto concerne l'ulteriore profilo della ripartizione dell'onere probatorio la sentenza in commento risulta coerente con il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità a mente del quale in caso di responsabilità extracontrattuale grava sul danneggiato l'onere di dimostrare, oltre che l'esistenza e l'ammontare del danno, anche la ricorrenza del nesso eziologico tra il danno subito e la condotta antigiuridica e colpevole posta in essere dalla controparte (nesso eziologico che dovrà essere compiutamente indagato secondo i noti parametri civilistici del più probabile che non).

L'accertamento di tale rapporto di causalità nella sentenza in commento riflette invece un'indagine fondata su di un criterio cronologico – formale che non trova invero riscontro nella disciplina positiva della responsabilità precontrattuale: la sussistenza del rapporto di causalità con riguardo alla prospettata “svendita” dell'abitazione degli attori è stata infatti esclusa sul solo presupposto della conclusione del relativo preliminare di vendita in epoca anteriore rispetto al perfezionamento delle trattative con la controparte.

Tuttavia, posto che l'art. 1337 c.c. è volto a disciplinare proprio la fase che precede la definizione delle trattative (contenendo un esplicito riferimento allo “svolgimento” delle stesse), sarebbe stato necessario procedere a verificare in concreto se il danno in questione – ove dimostrato – fosse riconducibile alle inutili trattative iniziate in epoca anteriore alla conclusione del preliminare di vendita della propria abitazione da parte degli attori.

Nella sentenza in esame non viene infine dato conto, in quanto profilo all'evidenza assorbito dalla ritenuta insussistenza del nesso causale, del contrasto esistente nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla prova della colpevolezza della condotta asseritamente fonte di danno.

Sul punto infatti, pur registrandosi un più consistente numero di pronunzie nel senso di ritenere il danneggiato onerato della prova della colpevolezza della condotta di controparte (sul presupposto che la responsabilità precontrattuale costituisca una forma di responsabilità extracontrattuale; Cass., sez. III, sent. n. 16735/2011, Cass., sez. III, sent. n. 15040/2004, Cass., SS.UU., sent. n. 9645/2001), deve segnalarsi una recente pronunzia che, dalla qualificabilità della responsabilità da contatto sociale in termini di responsabilità precontrattuale, fa discendere un affievolimento dell'onere probatorio gravante sul danneggiato, chiamato a provare la sola condotta antigiuridica e non anche la colpa (Cass., sez. I, sent. n. 27684/2011).

Osservazioni

La sentenza in commento nega la tutela risarcitoria al danno (morale) costituito dall'aver venduto la precedente casa familiare in vista del prossimo acquisto dell'immobile della controparte ed all'ulteriore danno (morale e patrimoniale) costituito dall'aver dovuto vivere per alcuni mesi in un piccolo appartamento locato sul presupposto che tali voci di danno rappresentino lesioni all'interesse positivo all'esecuzione dell'obbligo di cessione dell'immobile, in quanto costituirebbero danni che gli attori avrebbero evitato se la convenuta avesse loro trasferito l'immobile oggetto delle trattative.

Orbene, ad onta di una non limpida enunciazione in sentenza della nozione del c.d. interesse positivo (che attiene alla fase esecutiva e non perfezionativa del contratto) e pur non essendo in questa sede note le risultanze dell'istruttoria svolta, emerge come la sentenza in esame dia icasticamente conto della problematica rappresentata dalla concreta selezione dei danni suscettibili di rientrare nel più volte citato interesse negativo.

Al riguardo si ritiene che, ferma la distinzione netta tra risarcimento per violazione degli artt. 1337-1338 c.c. e risarcimento in caso di inadempimento contrattuale (distinzione che si riverbera notoriamente anche in punto di rito, ravvisando la giurisprudenza di legittimità la diversità di causa petendi tra le due diverse domande; Cass., sez. II, sent. n. 14806/2014), l'interprete possa e debba adeguatamente valorizzare il richiamo all'art. 1223 c.c. contenuto nell'art. 2056 c.c..

In altri termini - e limitando per semplicità espositiva l'esame alla voce di danno patrimoniale non riconosciuta nella fattispecie in esame – se è vero che i canoni corrisposti per la locazione di un immobile alternativo per alcuni mesi possono astrattamente costituire un danno all'interesse c.d. positivo (ossia un danno che avrebbe potuto in ipotesi derivare agli attori anche dall'inadempimento del contratto concluso), è parimenti vero che tale, per l'appunto astratta, sussunzione nella categoria dell'interesse positivo non è di per sé sola idonea ad escludere che la stessa voce di danno possa costituire il petitum di una diversa causa petendi.

Ed infatti la necessità di locare un altro immobile avendo venduto la propria abitazione confidando sul buon esito delle trattative (e, quindi, per la necessità di procurarsi la necessaria provvista) ben può rientrare nell'ambito delle spese inutilmente sostenute nell'ambito delle trattative, quanto meno per il periodo intercorrente tra la vendita della propria abitazione e la data pattuita per la conclusione delle trattative medesime.

Ecco quindi che la tradizionale distinzione tra interesse positivo e negativo non deve condurre l'interprete a ritenere formalisticamente che, ritenuta astrattamente sussumibile una ipotetica voce di danno (quale petitum) nell'ambito dell'interesse positivo, debba automaticamente escludersi che tale medesima voce di danno possa essere riconosciuta a titolo di interesse negativo, dovendosi piuttosto indagare le differenti causae petendi prospettate dalla parte, in quanto sono appunto tali causae petendi e non la voce finale di danno richiesta a differenziare le diverse responsabilità.

Ulteriore profilo di criticità in ordine alla selezione degli interessi risarcibili nella fase delle trattative è destinato infine ad emergere a seguito del noto arresto della giurisprudenza di legittimità sul preliminare di preliminare (Cass., S.U., sent. n. 4628/2015).

Ed infatti, anche se i principi fatti propri dalla giurisprudenza di legittimità non possono assumere rilievo nella concreta fattispecie esaminata nella sentenza in commento (vertendosi in ipotesi di eventuale preliminare di acquisto di immobile concluso solo verbalmente), risulta evidente l'impatto di tali principi sull'individuazione dell'ambito di futura operatività del c.d. interesse negativo.

Segnatamente, essendo state ritenute meritevoli di tutela anche delle intese con cui la formazione del vincolo è limitata a una parte del regolamento, la violazione di tali intese, rimettendo in discussione obblighi già assunti, darà luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di un'obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto e sarà per tale via suscettibile di dare ingresso all'interesse c.d. positivo in una fase tradizionalmente considerata come di mera trattativa.

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