Il locatore ha diritto al risarcimento del danno da risoluzione anticipata del contratto pur avendo optato per la risoluzione per inadempimento

Donatella Salari
03 Giugno 2015

In tema di contratto di locazione, il locatore che opti per la risoluzione anticipata del contratto e non per l'adempimento ex art. 1453 c.c., ha diritto al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto di locazione. L'ammontare del danno risarcibile costituisce valutazione del giudice di merito che terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto.
Massima

In tema di contratto di locazione, il locatore che opti per la risoluzione anticipata del contratto e non per l'adempimento ex art. 1453 c.c., ha diritto al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto di locazione. L'ammontare del danno risarcibile costituisce valutazione del giudice di merito che terrà conto di tutte le circostanze del caso concreto.

Il caso

Tizio chiedeva il risarcimento del danno patrimoniale all'esito della risoluzione per inadempimento del contratto di locazione chiedendo il ristoro del danno sia per anormale deterioramento degli immobili locati non coperto a sufficienza dal deposito cauzionale, sia per la mancata e diminuita percezione del reddito conseguente alla risoluzione anticipata del rapporto ed alla successiva locazione con nuovo contratto per un canone inferiore.

L'adito Tribunale riconosceva il danno per il degrado dell'immobile, ma non quello derivante dalla risoluzione anticipata del rapporto per colpa dei conduttori.

Anche la sentenza della Corte d'Appello rigettava la domanda risarcitoria negando che i danni lamentati dalla locatrice - corrispondenti alla mancata corresponsione dei canoni di locazione non percepiti a far data dal rilascio dei cespiti fino alla conclusione di una nuova locazione, nonché la differenza tra il canone originariamente concordato con i conduttori escomiati ed il corrispettivo inferiore pattuito fino alla naturale scadenza della locazione originariamente concordata e poi risolta per inadempimento - dovessero essere risarciti.

Osservava la Corte territoriale che la parte locatrice avrebbe potuto chiedere, ai sensi dell'art. 1453 c.c., l'adempimento e, con esso, i canoni dovuti fino alla scadenza naturale della locazione.

Diversamente, avendo, invece, optato per la risoluzione per inadempimento, si era assunto il rischio derivante dalla ricerca di un nuovo conduttore con la conseguenza che l'originaria inadempienza veniva a collocarsi in una sequenza causale remota rispetto alla fonte primigenia del danno.

Su questo passaggio motivazionale si appunta il ricorso per cassazione proposto dal locatore nell'affermare che la pronuncia del giudice d'appello aveva ingiustamente disconosciuto la causale diretta del danno che doveva ricercarsi proprio nel pacifico inadempimento delle obbligazioni contrattuali e non nella scelta del rimedio solutorio offerto dall'art. 1453 c.c. alternativo alla possibilità di prosecuzione del contratto, ma senza pregiudizio del risarcimento per equivalente.

In motivazione

«Sostenere che, ove la parte non inadempiente di un contratto di durata, in luogo di chiedere la condanna dell'altra parte all'adempimento, preferisca troncare il rapporto non ritenendo più di poter fare affidamento in ordine alla capacità e volontà della controparte di proseguire il rapporto adempiendo regolarmente alle proprie obbligazioni, e chieda pertanto la risoluzione, assuma il rischio del mancato guadagno, significa non individuare o negare la funzione restitutoria del risarcimento per equivalente, che nel caso della risoluzione contrattuale accompagna lo scioglimento del rapporto contrattuale qualora esso da solo non sia sufficiente a mettere la parte non inadempiente nella stessa situazione in cui essa si sarebbe trovata in mancanza dell'inadempimento della controparte.

Al contrario, si osserva che l'art. 1453 c.c., facendo salvo, in ogni caso, il diritto della parte adempiente, che chiede la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, al risarcimento dei danni, ricomprende, tra i danni risarcibili , anche il mancato guadagno, se e in quanto esso costituisca conseguenza immediata e diretta, ex art. 1223 c.c., dell'evento risolutivo.

Tale pregiudizio si può individuare nell'incremento patrimoniale netto che la parte non inadempiente avrebbe conseguito mediante la realizzazione del contratto e che non ha potuto conseguire per la inadempienza dell'altra parte (v. Cass. n. 530/2014), Si tratta di un danno potenziale e futuro, la cui concreta risarcibilità postula l'effettività della lesione dell'interesse del creditore all'esecuzione del contratto; il che comporta - con specifico riferimento a fattispecie, come quella che ci occupa, della risoluzione della locazione per inadempimento dell'obbligazione di pagamento dei canoni da parte del

conduttore - che la mancata percezione di un canone mensile, nel periodo successivo al rilascio per effetto della pronuncia risolutiva, sia dipesa da causa diversa dalla volontà del locatore di non locare nuovamente l'immobile riservandosene la disponibilità materiale.

Va quindi ribadito che in caso di inadempimento contrattuale il rimedio del risarcimento per equivalente è in ogni caso utilizzabile, sia che Il contraente non inadempiente chieda la condanna all'adempimento della controparte, sia che chieda la risoluzione del rapporto contrattuale per inadempimento della controparte.

Costituisce poi indagine di merito da farsi caso per caso e non sindacabile se non sotto il profilo del vizio di motivazione, la verifica nel caso concreto dell'ammontare del danno effettivamente subito dal locatore, per accertare se esso sia pari, come indicato dalla ricorrente ai canoni non percepiti fino al reperimento di un nuovo conduttore e poi, da quel momento e fino alla scadenza naturale del contratto risolto, pari alla differenza tra i due canoni se esistente. All'interno di tale indagine potrà poi trovare spazio l'accertamento se il ritardo nel trovare un nuovo conduttore o il reperimento di esso ma a condizioni contrattuali a lui meno favorevoli sia in tutto o in parte addebitabile all'inerzia o ad altro atteggiamento del locatore ( ad esempio una esasperata selettività nel vagliare gli aspiranti conduttori) che possa ritenersi in contrasto con l'art. 1227 c.c., comma 2».

La questione

La parte locatrice che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento, invece dell'adempimento del contratto ex art. 1453 c.c., ha diritto di chiedere il risarcimento per l'intempestiva cessazione del rapporto come danno emergente, nonché per la differenza tra la nuova locazione ad un canone inferiore rispetto a quello percepibile con la regolare esecuzione dell'impegno contrattuale fino alla maturazione naturale della cessazione del contratto a titolo di lucro cessante?

In sostanza, si tratta di stabilire se, una volta che si sia optato per il rimedio solutorio offerto dall'art. 1453 c.c., vi sia ancora spazio per ottenere il risarcimento del danno emergente derivante dall'anticipata risoluzione per inadempimento del conduttore, qualora la domanda di risoluzione venisse accolta, oltre al danno per il mancato reimpiego dell'immobile a titolo di lucro cessante.

Se la risposta è affermativa, una volta intervenuto il rilascio del bene locato, la mancata percezione da parte del locatore dei canoni che sarebbero stati esigibili fino alla scadenza convenzionale o legale del rapporto, ovvero fino al momento in cui il locatore stesso conceda ad altri il godimento del bene con una nuova locazione, si configura un danno risarcibile da perdita patrimoniale subita nonché il lucro cessante di cui all'art. 1223 c.c., così presupponendosi che la mancata percezione del reddito programmato sia stata originata dall'alterazione dell'equilibrio contrattuale.

Viceversa, una volta ottenuto l'escomio del conduttore inadempiente il locatore con il recupero del bene locato e del suo godimento, riposizionandosi nella situazione antecedente, non avrebbe diritto di chiedere il risarcimento avendo recuperato il godimento del bene locato.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento dà al quesito risposta positiva affermando che laddove il locatore che subisca l'inadempimento opti per la risoluzione del contratto, anziché per l'adempimento, mantiene ugualmente il diritto di chiedere a titolo di danno emergente il corrispettivo convenuto con il conduttore inadempiente fino alla nuova locazione essendo la mancata corresponsione del canone l'antecedente causale diretto ed immediato del mancato guadagno.

Tale ristoro, ad escomio avvenuto, è rappresentato dalla mancata percezione di un introito mensile per tutto il tempo che si è rivelato necessario per una nuova locazione, inoltre, ove la nuova locazione sia stata conclusa a condizioni deteriori rispetto a quella risolta avrà diritto al risarcimento del danno rappresentato dalla differenza tra i due corrispettivi.

La questione della prova di tale diminuzione patrimoniale grava, comunque, come onere della prova sul locatore il quale dovrà dimostrare di essersi attivato per ricollocare l'immobile sul mercato delle locazioni e che la mancata stipula di un nuovo contratto non è dipeso dalla sua volontà.

La Suprema Corte sottolinea la circostanza che l'art. 1453 c.c. fa salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno e che l'art. 1223 c.c. contempla, a sua volta, come voce di danno tutto ciò che sia conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento.

Si tratta ovviamente di un danno potenziale che il Giudice del merito dovrà accertare – verificando l'attualità della lesione patrimoniale - e che tiene conto della mancata realizzazione dell'assetto contrattuale programmato dal locatore.

La decisione prende perciò decisamente le distanze dalla precedente giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. n. 27614/2013) che aveva negato il danno emergente subito dal locatore per l'anticipata cessazione del rapporto contrattuale in considerazione della corrispettività della prestazione del conduttore rispetto al godimento del cespite che, avvenuto l'escomio, tornava nella disponibilità materiale del locatore.

La questione viene risolta con l'affermazione – condivisibile - che il recupero del bene in senso materiale non è suscettibile, di per sé, a porre nel nulla la perdita dell'introito mensile programmato e costituente, comunque, un pregiudizio che il risarcimento per equivalente deve ristorare.

Ne deriva che il locatore, pur avendo optato per la risoluzione anticipata del rapporto a ragione dello inadempimento del conduttore, una volta ed ottenuta la disponibilità del bene, ha diritto ad ottenere, quale che sia stata la sua scelta processuale, a titolo danno emergente la mancata percezione di un corrispettivo fino al momento della nuova locazione e sempre che il cespite sia stato diligentemente ricollocato il bene sul mercato locatizio.

Anche tale danno trova fonte nell'inadempimento del conduttore che ne costituisce fonte diretta.

Non è, infine, dubitabile che la concretezza ed attualità di tale lesione gravi sul locatore e non sul conduttore per il principio di vicinanza della prova.

Questo il principio di diritto al quale la Corte territoriale dovrà attenersi all'esito della cassazione della sentenza con rinvio:

«Il locatore che abbia chiesto ed ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per la anticipata cessazione del rapporto di locazione. L'ammontare del danno risarcibile costituisce valutazione del giudice di merito che terrà conto di tutte le circostante del caso concreto».

Osservazioni

La decisione va condivisa considerato che fino alla proposizione della domanda di risoluzione il debitore può ancora eseguire la sua prestazione con l'ovvia conseguenza che la domanda di risoluzione involge necessariamente il risarcimento per equivalente che deve potere porre il locatore nella situazione nella quale si sarebbe trovato conseguendo il risultato utile che si sarebbe prodotto se il conduttore avesse rispettato gli impegni presi.

In questo caso, il danno va parametrato proprio a quel vantaggio patrimoniale rappresentato dal canone convenuto, né convince la tesi secondo al quale scegliendo la strada della risoluzione ed avvenuta la riconsegna il locatore non potrebbe più chiedere i canoni fino alla naturale scadenza del contratto (cfr. Cass. n. 27614/2013 ) essendo ovvio che la scelta della risoluzione mostra chiaramente che il locatore non ha più interesse all'adempimento.

In tempi di crisi economica e con la conseguente stagnazione del mercato delle locazioni le evenienze dell'inadempimento risultano, ora, di drammatica attualità.

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