Sussiste il diritto al risarcimento del danno anche in capo alla fidanzata non convivente del de cuius

Raffaella Caminiti
03 Luglio 2015

La sentenza in commento affronta la questione della configurabilità e risarcibilità dei danni in capo alla fidanzata non convivente (ma promessa sposa) della vittima primaria di un illecito. La pronuncia di merito è conforme ai principi espressi dalla Corte di legittimità...
Massima

Va riconosciuta la configurabilità di un danno a carico della fidanzata non convivente della vittima primaria di un reato, non rilevando la sussistenza in termini di necessarietà di un rapporto di coniugio, quanto piuttosto la ravvisabilità e la prova di uno stabile legame tra due persone, connotato da stabilità e significativa comunanza di vita e di affetti.

Sintesi del fatto

I congiunti e la fidanzata, non convivente, di un giovane deceduto in un incidente stradale agiscono in giudizio, chiedendo il risarcimento di tutti i danni subiti, patrimoniali e non, ai soggetti responsabili e alle loro compagnie assicuratrici.

Il giudice riconosce i danni reclamati e il conseguente diritto al risarcimento anche in capo alla fidanzata non convivente del de cuius, sul presupposto che la presenza di un legame affettivo stabile e duraturo intercorrente tra gli stessi, destinato a concretizzarsi nel progettato matrimonio, renda meritevole di accoglimento la domanda risarcitoria azionata, configurandosi la lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti agli artt. 2 e 29 Cost..

In motivazione

«(…) In sede civile, la Suprema Corte ha, addirittura, statuito che, in caso di relazione prematrimoniale o di fidanzamento che - a prescindere da un rapporto di convivenza attuale al momento dell'illecito - era destinato successivamente ad evolvere in matrimonio, il risarcimento del danno non patrimoniale trova fondamento nell'art. 29 Cost., inteso come norma di tutela costituzionale non solo della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, ma anche del diritto del singolo a contrarre matrimonio e ad usufruire dei diritti-doveri reciproci inerenti le persone dei coniugi, nonché a formare una famiglia quale modalità di piena realizzazione della propria vita individuale (Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2013, n. 7128).

È esattamente questo il caso di specie, avendo l'attrice dato ampiamente conto di un rapporto sentimentale molto risalente nel tempo, connotato da stabilità e profonda condivisione (si veda, tra l'altro, la vasta documentazione fotografica allegata al fascicolo attoreo), che, solo qualche giorno dopo il di del tragico evento, avrebbe trovato nel matrimonio il proprio naturale coronamento».

A dimostrazione della stabilità e della serietà del legame affettivo la fidanzata documenta l'acquisto di una casa con il de cuius, sostenendo le relative spese in misura del 50% ciascuno e ivi trasferendo la residenza.

È, parimenti, provato che i nubendi avevano formalizzato le reciproche promesse con la richiesta di pubblicazione del matrimonio, che avrebbe dovuto celebrarsi qualche giorno dopo il tragico evento.

Il giudice riconosce, dunque, alla fidanzata non convivente del de cuius il danno da c.d. perdita del rapporto parentale, applicando il parametro relativo al coniuge non convivente di cui alle tabelle del Tribunale di Roma, oltre al pregiudizio psico-fisico eziologicamente riconducibile all'evento morte per cui è causa, come accertato da risultanze peritali, che viene liquidato in base alle Tabelle del Tribunale di Milano e, infine, il danno emergente per spese documentate e riconosciute congrue dal CTU.

Non sono, invece, ritenuti risarcibili i danni dedotti in relazione né alla vendita della casa destinata ad abitazione coniugale e all'estinzione del mutuo, non ravvisando il giudice un rigoroso nesso di consequenzialità immediata e diretta rispetto all'evento morte per cui è causa; né alle spese connesse all'evento nuziale, non essendo adeguatamente provato il quantum; né ai futuri ed eventuali apporti patrimoniali derivanti dal matrimonio, «poiché la posizione economica e la capacità di guadagno dei nubendi induce a ritenere che essi avrebbero provveduto autonomamente e rispettivamente al proprio mantenimento ed avrebbero contribuito in egual misura alla gestione del menage familiare».

La sentenza esclude, tra l'altro, la risarcibilità del danno non patrimoniale iure hereditatis in favore dei congiunti del de cuius, stante l'immediatezza del decesso conseguente all'illecito, rilevando che «è orientamento consolidato, soprattutto nella giurisprudenza della Suprema Corte, che, nel caso di lesione dell'integrità fisica con esito letale intervenuto immediatamente o a breve distanza dall'evento lesivo», come nel caso di specie, «non sia configurarle un danno biologico stricto sensu, poiché la morte non costituisce la massima lesione possibile del diritto alla salute, ma incide sul diverso bene giuridico della vita, la cui perdita coincide con il definitivo venir meno del soggetto e, quindi, non si traduce e non può tradursi nella contestuale acquisizione al patrimonio della vittima di un diritto al risarcimento trasferibile agli eredi. Chi perde la vita non acquista un diritto risarcitorio, poiché, fino a quando egli è in vita, non vi è perdita; quando è morto, non è titolare di alcun diritto e non è in grado di acquistarne».

La questione

Il diritto al risarcimento del danno può essere riconosciuto anche alla fidanzata non convivente della vittima primaria dell'illecito?

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento affronta la questione della configurabilità e risarcibilità dei danni in capo alla fidanzata non convivente (ma promessa sposa) della vittima primaria di un illecito.

La pronuncia di merito è conforme ai principi espressi dalla Corte di legittimità, secondo cui «in tema di risarcimento del danno morale e convivenza more uxorio, affinché si configuri la lesione di un interesse a rilevanza costituzionale, la convivenza non deve intendersi necessariamente come coabitazione, quanto piuttosto come “stabile legame tra due persone”, connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti. E la prova dell'esistenza, natura e stabilità del rapporto, ovvero della sua non occasionalità e continuità nel tempo può essere fornita con ogni mezzo e deve essere apprezzata dal giudice a fini risarcitori» (Cass. pen., sez. IV, 16 ottobre 2014, n. 46351, in Guida al diritto 2014, 48, 44, s.m.).

Si richiama, inoltre, quanto affermato dagli Ermellini circa la fonte del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale: «Integra di per sé un danno risarcibile ex art. 2059 c.c. - giacché lede un interesse della persona costituzionalmente rilevante, ai sensi dell'art. 2 Cost. - il pregiudizio recato al rapporto di convivenza, da intendere quale stabile legame tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti, anche quando non sia contraddistinto da coabitazione. In caso, invece, di relazione prematrimoniale o di fidanzamento che - a prescindere da un rapporto di convivenza attuale al momento dell'illecito - era destinato successivamente ad evolvere (e di fatto si sia evoluto) in matrimonio, il risarcimento del danno non patrimoniale trova fondamento nell'art. 29 Cost., inteso come norma di tutela costituzionale non solo della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio, ma anche del diritto del singolo a contrarre matrimonio e ad usufruire dei diritti-doveri reciproci inerenti le persone dei coniugi, nonché a formare una famiglia quale modalità di piena realizzazione della propria vita individuale» (Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2013, n. 7128, in Giustizia Civile Massimario 2013).

La giurisprudenza riconosce, dunque, la risarcibilità dei danni conseguenti al decesso della persona con la quale sussisteva un legame affettivo stabile e duraturo all'epoca del fatto illecito, sebbene non connotato da coabitazione, configurandosi la violazione di diritti fondamentali della persona, costituzionalmente garantiti, anche in mancanza di un vincolo di coniugio o di un rapporto di parentela con la vittima, come nel caso di fidanzati non conviventi.

Osservazioni

Colui che agisce in giudizio, rivendicando il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla morte della persona alla quale era legato da un relazione affettiva, deve allegare e provare l'esistenza, la natura e la stabilità di tale legame, quest'ultima da intendersi come non occasionalità e continuità nel tempo, tale da assumere rilevanza al momento di verificazione del fatto illecito - nella fattispecie, un incidente stradale con responsabilità di terzi -, a prescindere dall'esistenza di rapporti di parentela o affinità civilisticamente definiti e giuridicamente rilevanti come tali.

Grava, dunque, sul richiedente l'onere di dimostrare l'effettivo rapporto affettivo intercorrente con la vittima dell'illecito.

Tale prova può essere fornita nel corso del giudizio con ogni mezzo, tra cui peculiare rilievo può attribuirsi all'allegazione e documentazione del programmato matrimonio e dell'acquisto in comproprietà di una casa destinata ad abitazione coniugale, come nel caso di specie.

La rilevanza di tali elementi è rimessa all'apprezzamento riservato al giudice di merito, che dovrà prendere in considerazione tutti gli elementi della fattispecie concreta, valutando ai fini risarcitori il legame affettivo così come emerso nel contraddittorio delle parti, tenuto conto, in particolare, della natura ed entità del detto legame che è irrimediabilmente venuto meno a causa dell'illecito altrui, concretatosi nell'evento mortale.

È configurabile un danno e il conseguente diritto al risarcimento in capo alla persona non convivente della vittima primaria dell'illecito, rilevando a tal fine la allegazione e la prova di un legame affettivo intercorrente con quest'ultima, connotato da stabilità e significativa comunanza di vita e di affetti.

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