L’obbligatorietà della personalizzazione del danno non patrimoniale

03 Dicembre 2015

Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.
Massima

Il carattere unitario della liquidazione del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. preclude la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche fattispecie di sofferenza patite dalla persona (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno esistenziale, ecc.), che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, fermo restando, però, l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.

Il caso

Tizietta, una minore in sella alla propria bicicletta, veniva tamponata da un'autovettura guidata da Mevio. E, a seguito dell'incidente stradale, la stessa, riportava gravi danni da lesioni. I parenti della giovane convenivano quindi in giudizio dinanzi al Tribunale di Padova Mevio, Sempronia, in qualità di proprietaria dell'autovettura, nonché la compagnia assicuratrice Alfa s.p.a. al fine di ottenere il risarcimento dei gravi danni da lesioni subiti da Tizietta. E, il giudice di prime cure, ritenuta la concorrente responsabilità dei due mezzi, ai sensi dell'art. 2054, comma 2, c.c., e considerati gli acconti versati, condannava i convenuti al versamento della sola residua somma di 4.500,00 € a titolo di spese processuali e c.t.u.. Avverso quest'ultima decisione proponevano appello i parenti della minore. La Corte d'appello di Venezia condannava in solido tra loro Mevio, Sempronia e la predetta compagnia assicuratrice al pagamento in favore di Tizietta dell'ulteriore somma 56.235.00,00 €.

Avverso quest'ultima decisione Mevia, in qualità di amministratore di sostegno a tempo indeterminato ex L. 9 gennaio 2004, n. 6 di Tizietta, ricorreva per cassazione facendo valere tre motivi di censura. In particolare, con il terzo motivo si denuncia la violazione del principio di integralità del risarcimento del danno per aver il giudice di seconde cure ritenuto non dovuto il danno alla vita di relazione ed esistenziale. Pertanto, sostiene la ricorrente, si impone nell'ambito del danno non patrimoniale, la liquidazione del danno esistenziale, in forza del principio dell'integrità del risarcimento di cui artt. 1223, 2059 e 2054 c.c. ribadito da Cass., S.U., n. 26972/2008. Gli Ermellini, ritenuto fondato il predetto motivo, precisano che la Corte d'appello non aveva proceduto alla personalizzazione del danno sotto tutti profili del danno non patrimoniale. La Suprema Corte, perciò, accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia alla Corte d'appello di Venezia in diversa composizione.

In motivazione

«(…) ciò che rileva è l'accertamento del se la sentenza impugnata abbia o meno proceduto alla personalizzazione, nel ristoro del danno, delle diverse componenti non patrimoniali, (…)».

«(…) la Corte d'appello non risulta avere proceduto alla personalizzazione del danno sotto tutti i profili del danno non patrimoniale (…)».

La questione

La questione in esame è la seguente: nella liquidazione del danno non patrimoniale, ex art. 2059 c.c., il giudice deve o meno procedere alla personalizzazione del danno sotto tutti i profili del danno non patrimoniale?

Le soluzioni giuridiche

La liquidazione del danno non patrimoniale deve fondarsi su criteri che soddisfino contemporaneamente due esigenze apparentemente contrapposte: da un lato garantire uniformità di trattamento a parità di conseguenze lesive, dall'altro garantire che di eventuali peculiarità del caso concreto si tenga adeguatamente conto nella monetizzazione del risarcimento. In mancanza di norme di legge ad hoc, lo strumento rivelatosi più adeguato, e perciò più diffuso, per soddisfare la prima esigenza è risultato la predisposizione ex ante di criteri standard per la liquidazione. La seconda esigenza viene invece soddisfatta attraverso la cosiddetta “personalizzazione” del risarcimento, e cioè la variazione in più od in meno dell'importo risultante dall'applicazione del criterio standard. La personalizzazione, tuttavia, è operazione assai delicata, in quanto più delle altre è perennemente in bilico tra il rischio di liquidare due volte il medesimo pregiudizio – una volta a titolo di risarcimento standard, l'altra a titolo di personalizzazione – e quello, opposto, di rifiutare ristoro ad aspetti personalizzanti del pregiudizio, erroneamente ritenuti ricompresi nel criterio standard di liquidazione.

Le attività, i lavori, gli interessi, le passioni, gli hobbies, in generale le attività vitali variano da persona a persona. È quindi di tutta evidenza che gli interessi non patrimoniali suscettibili di essere lesi dall'illecito altrui variano da individuo ad individuo, a seconda del genere di vita condotto dalla vittima prima dell'evento dannoso. Affinché il risarcimento del danno non patrimoniale sia il più equo possibile, occorre tenere conto delle quantità e delle qualità, delle disutilità che il danneggiato è stato costretto a tollerare in conseguenza dell'illecito. Da ciò consegue che la liquidazione del risarcimento deve avvenire idealmente attraverso due fasi. In primis la scelta di un parametro standard, che consenta di garantire l'uniformità pecuniaria di base, cioè liquidare in modo tendenzialmente analogo casi analoghi. In una seconda fase successiva, l'adeguamento al caso concreto del parametro standard, appunto, la personalizzazione del risarcimento.

La liquidazione standard ha lo scopo di risarcire le ripercussioni negative dell'illecito su quelle che sono le attività comuni alla generalità delle persone e viene operata applicando le cosiddette tabelle di liquidazione del danno biologico, le quali sono elaborate in modo da consentire l'aumento più che proporzionale del risarcimento all'aumentare del punto di danno biologico e la diminuzione del risarcimento all'aumentare dell'età. La personalizzazione del risarcimento, invece, consiste nel variare, in aumento o in diminuzione, l'importo ottenuto attraverso la liquidazione standard, tenendo conto delle ripercussioni dell'illecito sulle attività realizzatrici della persona umana che non sono comuni alla generalità dei consociati, ma che sono invece proprie del singolo individuo danneggiato.

L'obiettivo di garantire un'uniformità risarcitoria di base sensibile alla peculiarità delle circostanze concrete può essere raggiunto, difatti, utilizzando come base un nucleo di criteri di valutazione oggettivi e costanti alla luce dei quali desumere in via presuntiva l'impatto dell'evento sulla sfera emotiva e sul piano sostanziale – la tipologia di interesse leso, la gravità dell'offesa e la condizione oggettiva del danneggiato -, da adattare equitativamente in considerazione delle peculiarità del caso concreto. In particolare, in questo settore, il nucleo uniforme di valutazione può specificarsi in parametri evocativi in maniera costante della gravità della sofferenza patita e del livello di sconvolgimento esistenziale quali, l'intensità del vincolo di tipo familiare, la eventuale convivenza, l'età del danneggiato e della vittima primaria, la eventuale sopravvivenza di eventuali congiunti.

Inoltre, il confronto con i precedenti giurisprudenziali che calcolano il risarcimento utilizzando parametri analoghi può consentire di incanalare le valutazioni relative a casi simili in una direzione convergente.

La personalizzazione del quantum, d'altra parte, deve essere effettuata sulla base di elementi ulteriori che riguardano specificamente il singolo danneggiato; profili che possono indicare una peculiare incidenza dell'evento sul piano della sofferenza oppure sulle condizioni di vita del soggetto, e che devono essere selezionati sulla base della funzione del risarcimento del danno non patrimoniale.

Quale che sia il criterio di liquidazione del danno concretamente adottato dal giudice nel caso concreto, egli ha comunque l'obbligo di dare adeguata motivazione sia della scelta compiuta, sia del modo in cui ha ritenuto, nel caso di specie, di personalizzare il risarcimento. Che il danno non patrimoniale debba essere liquidato secondo equità, non vuol dire che possa essere liquidato con criteri arbitrari. L'equità di cui all'art. 1226 c.c., infatti, presuppone pur sempre la possibilità di verificare ex post l'iter logico seguito dal giudice.

Pertanto, la personalizzazione del risarcimento del danno è una operazione indefettibile, e deve essere sempre adeguatamente motivata dal giudice. Ciò vuol dire che nella sentenza la quale liquidi il danno non patrimoniale, va sempre indicato in primis come sia stato determinato il risarcimento base, quindi, se sia stato personalizzato ed infine, quanto sia stato variato a titolo di personalizzazione. Nel caso di specie, la Corte d'appello veneziana non aveva proceduto alla personalizzazione del danno sotto tutti i profili del danno non patrimoniale e, pertanto, la relativa sentenza viene cassata dai supremi giudici di Piazza Cavour.

Osservazioni

La personalizzazione del risarcimento rappresenta l'operazione consistente nel comparare il concreto evento lesivo con il quadro completo delle utilità di cui la vittima godeva prima del sinistro, e di quelle di cui verosimilmente godrà dopo il sinistro ed in conseguenza di esso. Se tuttavia tali concetti sono pacifici e condivisi sul piano teorico, è sul piano pratico che la questione si complica, sino a diventare uno dei problemi più delicati, più importanti e meno studiati del danno non patrimoniale. Gli studi e le tecniche per l'adeguamento del risarcimento al caso concreto sono ancora ad uno stadio assai involuto. Ad onta delle solenni affermazioni di principio contenute in molte decisioni, sia di legittimità – non da ultimo l'odierno decisum che qui ci occupa – che di merito, nei fatti la personalizzazione del risarcimento o non avviene, ovvero avviene in modo empirico, intuitivo, cripticamente motivato, sicché è precluso alle parti ed al giudice d'appello ogni verifica sull'iter decisionale seguito dal giudice di prime cure.

È di tutta evidenza che non sia affatto agevole dettare una regola per una adeguata personalizzazione del risarcimento, in quanto è proprio la multiforme varietà del reale, con la infinita quantità di fatti lesivi e di conseguenze dannose da esse derivanti, a rendere malagevole la fissazione di criteri generali.

Il danno non patrimoniale consiste nella perdita o nella compromissione di attività dell'esistenza individuale della vittima, e quindi è un danno tanto più grave quanto maggiore è il numero e la rilevanza di attività perdute o compromesse. Per personalizzare il risarcimento, dunque, occorre tenere conto in primis delle utilità che, godute dal danneggiato prima dell'illecito, non potranno più esserlo a causa di questo, ovvero non potranno più essere svolte con la stessa frequenza ed intensità. In secondo luogo, si deve considerare che ogni individuo nella sua vita può praticare due tipi di attività, le une necessariamente comuni a tutti gli altri individui per il fatto stesso di essere tali, - quali ad esempio camminare, mangiare, vestirsi – ovvero per il fatto stesso di appartenere ad un certo contesto storico-sociale; le altre, invece, che non sono comuni a tutti, ma praticate dal singolo individuo per effetto di una scelta individuale.

La liquidazione del danno non patrimoniale dovrebbe dunque partire dall'applicazione del parametro fisso, attraverso il quale si risarcisce la perdita o la compressione delle attività ordinarie, che sono uguali per tutti. Ove poi sia allegato e dimostrato in giudizio che la lesione ha causato non soltanto una compromissione delle ordinarie attività vitali, ma anche una compromissione o soppressione di attività extralavorative particolari o comunque non comuni rispetto all'ordinarium vitae dell'uomo medio, di tale limitazione deve tenersi conto con l'applicazione di un parametro variabile. Ed è quanto è stato di recente ribadito da un precedente ( v. Cass. civ., sez. III, sent., 23 settembre 2013, n. 21716), peraltro richiamato nel decisum in commento, nel quale gli Ermellini affermano l'obbligo del giudice di tenere conto di tutte le peculiari modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso, tramite l'incremento della somma dovuta a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.

Si comprende dunque come il problema più delicato da risolvere, nella personalizzazione del risarcimento, non è di diritto ma di fatto, e consiste nello stabilire quali, tra le molteplici conseguenze dannose della lesione, possano ritenersi comuni, e perciò necessariamente ristorate con l'applicazione del parametro standard, e quali invece non comuni e quindi bisognevoli di una considerazione ad hoc.

Peraltro, il rischio di duplicazioni risarcitorie è sempre in agguato in tema di liquidazione del danno non patrimoniale, massimamente per quegli operatori pratici che ancora continuano a districarsi con affanno tra categorie vecchie e nuove, ritenendo che danno biologico, danno morale, danno cosiddetto esistenziale, danno alla vita di relazione, danno estetico e via dicendo, costituiscano altrettante voci di danno. Contro questo rischio mise in guardia già la Corte costituzionale, (v. Corte cost., sent., 14 luglio 1986, n. 184), la quale ha invitato a particolare cautela nella liquidazione del danno. Cautela, ovviamente, da intendere non nel senso di ottusa contrazione quantitativa delle liquidazioni, ma nel senso di attento controllo sul contenuto qualitativo delle liquidazioni stesse.

Il rischio di duplicazioni risarcitorie può essere evitato soltanto attraverso la costruzione di un solido impianto teorico col quale definire quale sia il contenuto del danno non patrimoniale, e quali tipi di pregiudizi esso definisca. Impianto teorico che, almeno stando alla giurisprudenza di merito, ancora non può dirsi del tutto consolidato, posto che le ipotesi di duplicazioni risarcitorie si verificano, ancor oggi, con apprezzabile frequenza.

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