La responsabilità dell'avvocato per l'attività svolta dal domiciliatario, la prova e i danni risarcibili

04 Ottobre 2016

L'avvocato è responsabile nei confronti del cliente ed è tenuto a risarcire i danni dallo stesso patiti a causa della negligenza professionale sua e del domiciliatario.
Massima

L'avvocato è responsabile nei confronti del cliente ed è tenuto a risarcire i danni dallo stesso patiti a causa della negligenza professionale sua e del domiciliatario. È infatti il dominus a rispondere dell'attività svolta dal collega di cui si avvale, non avendo quest'ultimo ricevuto alcun mandato dal cliente. L'avvocato avrà la possibilità poi di rivalersi nei confronti del collega.

Il professionista deve quindi risarcire i danni subiti dal cliente secondo un giudizio prognostico sull'esito della lite, ponendo il danneggiato in una situazione economicamente e giuridicamente equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se nel giudizio fosse stato vittorioso, risarcendo quindi sia i danni diretti che quelli indiretti subiti e subendi.

Il caso

Un avvocato veniva incaricato dal cliente di promuovere un giudizio per chiedere l'accertamento del suo diritto di comproprietà delle parti comuni di un fabbricato, la cui proprietà esclusiva era stata trasferita ad altro soggetto in epoca successiva.

Il Giudice di primo grado rigettava la domanda con condanna alle spese, ritenendo che parte attrice non avesse dato la prova dell'anteriorità della trascrizione della compravendita riguardo alle parti comuni e di conseguenza che il terzo avesse acquistato in buona fede. Veniva quindi impugnata la sentenza evidenziando il fatto che la convenuta non aveva mai eccepito l'intervenuta trascrizione del proprio acquisto in data antecedente a quello dell'attrice e di conseguenza non vi era la necessità procedurale e probatoria di produrre la copia della trascrizione.

Alla prima udienza davanti alla Corte D'Appello compariva per l'attore un avvocato collaboratore del domiciliatario la cui delega (ricevuta via fax, firmata in copia e non in originale) non veniva ritenuta regolare. Alla successiva udienza, fissata ai sensi dell'art. 348 c.p.c., nonostante il dominus avesse trasmesso al collega la delega in originale a mezzo raccomandata, compariva ancora un sostituto dell'avvocato domiciliatario munito di procura firmata in originale ma proveniente appunto dal collega domiciliatario.

La Corte dichiarava l'appello inammissibile condannando l'appellante alla refusione delle spese di lite, non ritenendo regolare la comparizione in giudizio e non mettendo neppure a verbale la presenza del sostituto.

L'appellante, odierna attrice, conveniva quindi in giudizio l'avvocato che l'aveva in precedenza difesa, chiedendo l'accertamento della sua responsabilità per l'esito negativo della controversia avendo svolto l'incarico con negligenza.

Il Tribunale di Rimini nella sentenza qui commentata dichiarava la responsabilità dell'avvocato relativamente al giudizio di appello, condannando quest'ultimo a risarcire i danni patiti dalla cliente e il domiciliatario - terzo chiamato - a manlevare il collega nella misura del 70%.

La questione

La questione in esame riguarda, da un lato la responsabilità dell'avvocato nei confronti del cliente per l'attività svolta dallo stesso e dal domiciliatario e, dall'altro la risarcibilità dei danni diretti e indiretti subiti dal danneggiato, compresi quelli relativi alle possibili limitazioni future all'utilizzo del bene.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza qui commentata in primo luogo afferma il principio secondo il quale l'avvocato che ha ricevuto il mandato dal cliente è responsabile nei suoi confronti per tutta l'attività di patrocinio svolta, sia quella effettuata personalmente che quella delegata all'avvocato domiciliatario.

Il cliente infatti conferisce mandato all'avvocato, il quale è l'unico responsabile. La delega data dal dominus al collega domiciliatario rappresenta un atto tipico di esercizio dell'attività professionale, indirizzato all'espletamento dell'incarico ricevuto; il sostituto opera infatti solo quale longa manus di quest'ultimo (Cass., Sez. Un., 25 maggio 1999, n. 289).

Il potere di farsi sostituire, conferito dal cliente al proprio difensore, non si estende ai soggetti a loro volta delegati.

Il professionista che si avvale dell'opera di un collega deve anche vigilare e indirizzare l'attività svolta da questi, cui delega precisi incombenti.

In caso di errore nello svolgimento dell'attività del domiciliatario, il dominus risponde verso il cliente, fatta salva la possibilità di rivalersi nei confronti del collega domiciliatario suo ausiliario, ma solo nei limiti della sua responsabilità, valutata con estremo rigore nella sentenza in oggetto.

La seconda questione trattata dal Tribunale di Rimini riguarda i danni risarcibili.

In primo luogo i Giudici ribadiscono chiaramente il principio secondo cui è onere del cliente, non solo la prova della negligenza dell'avvocato nello svolgimento dell'incarico, ma anche di aver subito un danno e che lo stesso sia derivato dall'inadeguata attività difensiva.

Il cliente deve dunque dimostrare che, se il difensore avesse agito diligentemente, l'esito sarebbe stato favorevole e non avrebbe subito il danno o avrebbe ottenuto il riconoscimento delle proprie ragioni. Il giudizio, secondo l'orientamento prevalente, non potrà che essere probabilistico, attraverso una valutazione ex ante alla luce della regola causale del “più probabile che non” (Cass., sez. III, 10 dicembre 2012, n. 22376; diff. Cass., sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25266).

Dimostrata la sussistenza del nesso di causalità, al cliente dovranno essere risarciti i danni diretti e indiretti subiti, purché in nesso causale con l'evento.

In particolare i danni indiretti consistono nel pregiudizio che il danneggiato ha indirettamente subito per non aver ottenuto il riconoscimento delle proprie ragioni ovvero, nella specie, nelle conseguenze del non poter usufruire delle parti comuni, dell'area verde, delle scale, nello sfruttare l'“appetibilità” commerciale che segue ad una maggior visibilità del negozio grazie al passeggio.

Tra i danni indiretti riconosciuti dal Tribunale di Rimini come dovuti sulla scorta della CTU espletata, vi sono anche quelli futuri, ovvero il deprezzamento del valore commerciale del bene che potrebbe derivare dalla modifica delle attuali condizioni di accessibilità al negozio, o dalla decisione di innalzare le recinzioni o piantumare siepi tali da oscurare la visibilità dell'attività commerciale dell'attore. Tale deprezzamento, al momento della sentenza, appare meramente ipotetico.

I giudici di merito non riconoscevano invece gli ulteriori pregiudizi lamentati sullo svolgimento dell'attività e sulla possibile riduzione del volume d'affari, in quanto l'attrice non aveva dimostrato né il tipo di attività svolta, né il volume d'affari attuale.

Osservazioni

Nel caso in esame il Tribunale di Rimini ha evidenziato un principio ormai consolidato, ovvero la responsabilità dell'avvocato anche per l'attività dei propri sostituti o dei domiciliatari di cui si avvale nell'espletamento del mandato conferitogli.

Ovviamente il collega non potrà andare esente da responsabilità nei confronti del dominus, verso il quale risponde in ragione del rapporto giuridico intercorrente tra i due professionisti. Anche qualora il dominus si avvalga di un collega domiciliatario, non potrà delegare ad esso l'attività senza occuparsi della causa e disinteressandosi dell'attività svolta: dovrà inviare istruzioni e se necessario recarsi personalmente in udienza, ottemperando solo così al mandato conferitogli dal cliente.

Nella specie però il dominus aveva correttamente trasmesso le istruzioni e la delega in originale al domiciliatario, il quale autonomamente decideva di contravvenire alle stesse, delegando un proprio sostituto senza averne i poteri.

Il Tribunale ha ripetuto che il solo invio delle istruzioni e della delega non fosse sufficiente ad esentare il dominus dalla responsabilità, ma che lo stesso avrebbe dovuto personalmente assicurarsi che il domiciliatario si recasse personalmente in udienza o dimostrare che la fiducia riposta nel collega fosse giustificata da un lungo rapporto di collaborazione. A parere di chi scrive un simile onere appare eccessivo.

Il Tribunale di Rimini affronta un'altra interessante questione, ovvero quali siano i danni risarcibili.

Oltre ai danni diretti, comunemente riconosciuti al danneggiato, i giudici del merito ritengono che all'attore danneggiato dal comportamento negligente del professionista debbano essere liquidati anche i danni indiretti e mediati che siano in nesso di causalità con l'inadempimento, secondo il principio della regolarità causale. Nella presente pronuncia, tra i danni indiretti vengono fatti rientrare anche quelli futuri che con un giudizio prognostico potrebbero derivare al cliente.

Il Tribunale riconosce infatti come risarcibili anche quei pregiudizi, non solo non ancora verificatisi, ma dei quali non è dimostrata nemmeno la ragionevole probabilità e che si pongono come conseguenza della futura ed eventuale volontà di un terzo soggetto di porre in essere un determinato comportamento. Il Giudice valuta quindi tutte le possibili conseguenze negative che possono derivare dall'inadempimento, considerando altresì che il danneggiato si troverà in futuro nella continua incertezza del suo diritto e del possibile verificarsi di un danno e che questo si rifletta sul deprezzamento del bene.

Il Tribunale ha preso in considerazione tutti gli aspetti del danno e tutte le possibili conseguenza negative che potranno derivare al soggetto danneggiato.

Pare il caso di evidenziare, infine, come sia stata rigettata la richiesta di rimborso delle somme corrisposte all'avvocato per l'esercizio dell'attività ritenuta negligente in assenza di domanda di risoluzione del contratto.

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