La prova del danno da mancata assegnazione dell’insegnante di sostegno

Giosetta Pianezze
06 Novembre 2015

Il genitore che lamenti l'insufficiente assistenza scolastica riservata al proprio figlio (nel caso di specie la mancata copertura di tutte le ore di sostegno previste per lo studente disabile), deve allegare e provare esistenza ed entità del danno non patrimoniale, trattandosi di “danno conseguenza” derivante dalla lesione di beni/valori oggetto di tutela e non di “danno evento” insito in re ipsa nella condotta illecita.
Massima

Il genitore che lamenti l'insufficiente assistenza scolastica riservata al proprio figlio (nel caso di specie la mancata copertura di tutte le ore di sostegno previste per lo studente disabile), deve allegare e provare esistenza ed entità del danno non patrimoniale, trattandosi di “danno conseguenza” derivante dalla lesione di beni/valori oggetto di tutela e non di “danno evento” insito in re ipsa nella condotta illecita.

Il caso

Il Ministero dell'Istruzione, l'Ufficio Scolastico Regionale e l'istituto scolastico propongono appello avverso la sentenza TAR Abruzzo che aveva riconosciuto la loro responsabilità, condannandoli al risarcimento del danno a favore dei genitori di minore disabile, cui non era stato assegnato l'insegnante di sostegno per il previsto numero di ore.

Più precisamente, per il Giudice di prime cure la condotta illecita dell'Amministrazione era consistita nel prevedere a favore del ragazzo, per i primi quattro mesi dell'anno scolastico, solo nove ore di sostegno a fronte delle spettanti diciotto, poi, successivamente, coperte per intero nel secondo trimestre, ma attraverso la presenza di due insegnanti di sostegno.

L'impugnazione ministeriale censura l'interpretazione data dal TAR alle regole sul riparto dell'onere probatorio: in concreto contesta l'aver dato per scontato il pregiudizio del minore per lesione del diritto all'apprendimento.

Motivo accolto dal Giudice del gravame, per il quale il danno non patrimoniale deve essere dimostrato nella sua esistenza e consistenza, essendo l'effetto della lesione di beni e/o valori oggetto di tutela, tant'è che lo classifica come “danno-conseguenza” e non come “danno-evento”. In caso contrario, sarebbe un pregiudizio in re ipsa e configurerebbe una sorta di officiosa pena privata per la condotta illecita, non giustificata soprattutto laddove si verta in ambito di assistenza scolastica, diritto relativo condizionato da molteplici situazioni, in primis la disponibilità finanziaria della Scuola. Dunque, si tratta di danno oggetto di prova e, vertendosi in ipotesi di danno extracontrattuale, il relativo onere ricade sul danneggiato, che può assolverlo con ogni mezzo.

Attenendosi a tali principi di diritto, il Consiglio di Stato accoglie il ricorso ministeriale ed, in riforma della sentenza di prime cure, respinge la pretesa risarcitoria dei genitori, ritenendo non provato un pregiudizio formativo o cognitivo del minore derivante dalla deficitaria assistenza scolastica.

La questione

La sentenza, pronunciando sulla richiesta risarcitoria avanzata dai genitori per mancata assegnazione dell'insegnante di sostegno al figlio disabile, affronta la natura e la prova del danno da violazione degli obblighi di assistenza scolastica in un più generale contesto di teoretica sui danni non patrimoniali.

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia propone un ragionamento lineare da cui derivano precisi corollari.

Considera, expressis verbis, di natura extracontrattuale la responsabilità ministeriale per l'insufficiente didattica assicurata all'allievo disabile. È ragionevole ipotizzare che tale sia stata l'impostazione processuale adottata dai genitori danneggiati allorquando abbiano radicato il giudizio. Impostazione corretta, poiché si tratta di una situazione ingenerata dal comportamento discrezionale della PA nella nomina del docente e nella determinazione del monte ore, che ben può dar luogo ad illecito aquiliano. Sarebbe interessante ragionare anche sulla proponibilità della domanda in via contrattuale, in ragione della regola generale della coesistenza di duplici titoli di responsabilità del Ministero, invocabili alternativamente o concorrentemente, quello contrattuale fondato sul presunto inadempimento all'obbligo di tenere una determina condotta come assunta al momento dell'iscrizione a scuola e quello extracontrattuale fondato sulla generale prescrizione di non recare danno a diritti primari e fondamentali della persona (Cass. n. 3680/2011). Interrogativo, questo, che involgerebbe pure il profilo istruttorio.

Vertendosi, comunque, quanto al caso dedotto, in ambito di illecito aquiliano, il riparto dell'onere della prova impone a colui che si dichiara danneggiato di dimostrare l'antigiuridicità della condotta ministeriale (qui espressa dalla documentale violazione del monte ore minimo e dalla mancanza di un supporto didattico adeguato), l'elemento psicologico della condotta (qui la negligenza da mancata adozione dei provvedimenti necessari al diritto all'istruzione dei disabili) ed, infine, il pregiudizio subito e la sua riconducibilità sotto il profilo causale al comportamento del convenuto.

Proprio su tale ultimo elemento si appuntano le riflessioni del Consiglio di Stato.

Per il Consesso il danno lamentato è, evidentemente, di natura non patrimoniale. Da osservarne l'ormai indubbia astratta risarcibilità ai sensi dell'art. 2059 c.c. ogniqualvolta, come qui, l'interesse leso rientri in quella tipicità determinata dai valori e dai diritti fondamentali di rango costituzionale inerenti la persona.

Sempre per il Consesso – ed è ciò che maggiormente rileva – è danno – conseguenza, come da qualche tempo va dicendo la giurisprudenza amministrativa, ponendosi di contrario avviso rispetto alla più risalente lettura pretoria che sfruttava la atipicità del danno ingiusto propria del danno-evento per sostenere che fosse ex se illecito anche non garantire la tutela istruttiva del disabile (Cons. Stato, sez. VI, n. 2231/2010)

Quindi il pregiudizio è risarcibile nella misura in cui il danneggiato provi concrete conseguenze negative patite per effetto della lesione ai diritti di istruzione e tutela dell'invalido, appunto costituzionalmente garantiti. C'è uniformità con le conclusioni raggiunte da Cass. n. 9320/2015 che propone un approfondimento della liquidazione del danno non patrimoniale - in conformità ai principi delle note sentenze di San Martino - asserendo che il danno non consiste nella mera lesione del diritto, ma deve provocare un concreto pregiudizio. Correlativamente si esclude che la mancata assegnazione dell'insegnante violi essa sola una situazione giuridica protetta dell'ordinamento, conclusione che trae linfa argomentativa anche dal carattere condizionato proprio del diritto all'assistenza scolastica, poiché correlato alle disponibilità finanziarie del Ministero.

La prova può essere assolta con ogni mezzo, anche le presunzioni.

Il quantum del pregiudizio non patrimoniale è determinabile pure con valutazione equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c., combinato disposto ammesso attraverso l'art. 34, comma 4, cod. proc. amm..

Mero tuziorismo impone di ricordare che la giurisdizione spetta al G.A., secondo l'ormai consolidatosi indirizzo giurisprudenziale (Cass., Sez. Un., n. 1144/2007) che reca con sé il vantaggio di una possibile amministrazione della giustizia in tempi decisamente rapidi in ragione dell'istituto della decisione in forma semplificata.

Scontata la legittimazione processuale attiva dei genitori in luogo del minore, per giunta disabile, giusto l'art. 320 c.c..

Osservazioni

Indubbia la rilevanza processuale della decisione.

Altrettanto indubbia l'importanza politico-sociale.

La questione di cui è stato investito il Consiglio di Stato, infatti, concerne situazioni alquanto delicate che contrappongono l'interesse alla adeguata tutela dell'handicap alla difficoltà del Ministero, i cui fondi non sempre consentono il giusto affiancamento di insegnanti di sostegno agli studenti disabili. Ciò è stato fonte, negli ultimi anni, di numeroso contenzioso che, in passato, ha contato importanti condanne -anche risarcitorie - della P.A.

Solo di recente si registra una giurisprudenza più rigorosa, che ha ristretto le maglie della condanna attraverso una diversa teoretica del danno. Se l'inadeguata assistenza scolastica non è danno-evento, ma lesione di un valore fondamentale da cui può derivare un pregiudizio, il Ministero risponde solo se venga provato un effettivo danno come conseguenza della sua palese violazione dei diritti di istruzione del disabile, regolati, tra gli altri, dagli artt. 3 e 12 e segg. L. n. 104/1992 e riconosciuti dall'art. 38, comma 3 e 34 Cost. Esemplificando, possono essere tali un deficit cognitivo, un ritardo nello sviluppo della persona, un turbamento psichico, la perdita di fiducia con chiusura in se stessi, un regresso comportamentale e relazionale, tutti dimostrabili attraverso certificazioni sanitarie o psicologiche.

Nulla cambia, invece, in merito alla diversa richiesta di accertamento del diritto ad ottenere l'assegnazione di un insegnante di sostegno per un certo monte ore, domanda da formulare e da esaminare sulla base del complesso apparato di norme regolanti la materia e condizionata dalla verificata disabilità del minore da cui consegue l'indicazione/prescrizione del livello di sostegno necessario.

Interessante, infine, distinguere il diritto all'insegnante di sostegno, correlato ad esigenze di apprendimento, dal diritto all'assistenza scolastica, funzionale all'accesso a scuola e concretantesi nell'adozione dei presidi e sussidi per l'accesso alla scuola. Quest'ultimo, coperto dai precetti costituzionali dell'art. 2, 3 e 38, non può essere finanziariamente condizionabile (TAR Abruzzo, n. 213/2014) e, rimane, pertanto, danno-evento.

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