Immissioni intollerabili e risarcimento del danno non patrimoniale

Alessandro Benni de Sena
07 Marzo 2016

In tema di immissioni illecite, il danno non patrimoniale può essere risarcito in presenza di una lesione ad un diritto costituzionalmente garantito ovvero nei casi previsti dalla legge.
Massima

In tema di immissioni illecite, il danno non patrimoniale può essere risarcito in presenza di una lesione ad un diritto costituzionalmente garantito ovvero nei casi previsti dalla legge. Nel primo caso, il danno biologico in senso stretto, quale lesione del diritto alla salute, rappresenta il criterio di risarcibilità di tutte le conseguenze pregiudizievoli di natura non patrimoniale (danno biologico, morale soggettivo, esistenziale), unitariamente considerate,alla stregua delle tabelle milanesi, potendo eventualmente rilevare per la personalizzazione della liquidazione.

Le immissioni sonore da parte di un esercizio di ristorante-birreria può integrare il reato di cui all'art. 659, comma 1, c.p. con diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, derivante dal combinato disposto degli artt. 2059 c.c. e art. 185 c.p. Il danneggiato ha l'onere di specificare i pregiudizi patiti e di allegare le circostanze di fatto.

Il caso

I macchinari di un'attività commerciale (un pub) provocano immissioni sonore intollerabili, accertate in sede amministrativa e, poi, mediante ctu. Dopo nove anni dall'inizio delle immissioni i danneggiati agiscono in giudizio per ottenere il ripristino dello stato dei luoghi o la cessazione delle immissioni e il risarcimento del danno. Lamentavano, infatti, un danno biologico alla salute, un danno non patrimoniale, ossia un danno morale per azzeramento della vita sociale e relazionale e una lesione al diritto di autoaffermazione della propria personalità con peggioramento della qualità della vita ed estrinsecazione della personalità.

La questione

La prima questione è individuare se e quale danno non patrimoniale risarcibile sussiste.

La seconda questione è quale onere di allegazione e provaincomba sul danneggiato.

La terza questione attiene al momento liquidativo del danno accertato.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza esprime, sostanzialmente, principi giurisprudenziali consolidati.

Quanto al metodo di accertamento dell'intollerabilità delle immissioni sonore, occorre tener presente il c.d. criterio comparativo, ossia attraverso il valore differenziale rispetto al rumore ambientale di fondo (Trib. Arezzo, 25 giugno 2015, n. 760; Cass., 17 febbraio 2014, n. 3714).

Ai fini risarcitori, la sentenza analizza gli estremi dell'illecito aquiliano.

Quanto all'illiceità, venendo in considerazione la tutela della salute, il superamento della normale tollerabilità e dei limiti pubblicistici implica automaticamente l'illiceità dell'immissione, con esclusione del ricorso al giudizio di bilanciamento di cui al comma 2 art. 844 c.c. (Cass., 18 maggio 2015, n. 10169; Cass., 31 ottobre 2014, n. 23283).

Quanto all'elemento soggettivo, la sentenza ha riconosciuto la colpa, dato che si trattava di situazione nota alla società convenuta a seguito delle doglianze degli attori e dei rilievi dell'ARPA.

Quanto al danno ingiusto, avendo i danneggiati prospettato un danno “composto” (biologico-psichico, morale ed esistenziale), il Giudice evidenzia come, a seguito delle note sentenze del Supremo Collegio richiamate, non è più possibile distinguere, se non a fini meramente descrittivi o ai fini della personalizzazione della liquidazione del danno, distinte categorie di danno non patrimoniale, dovendo essere tutte unitariamente ricondotte alla lesione del diritto alla salute.

Per la valutazione occorre prendere a riferimento i parametri della Tabella milanese, salva la personalizzazione della liquidazione, i quali considerano la liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente alla lesione permanente dell'integrità psicofisica suscettibile di accertamento medico-legale e del danno non patrimoniale in termini di sofferenza soggettiva(sull'applicabilità a livello nazionale, oltre alla giurisprudenza della Suprema Corte richiamata in sentenza, Cass., 4 gennaio 2013, n. 134; Cass., 30 dicembre 2011, n. 30668; Trib. Bari, 14 giugno 2012, n. 2173; Trib. Modena, 16 maggio 2012, n. 815; App. Firenze, 13 aprile 2012).

Accertata l'intollerabilità delle immissioni sonore, ossia l'illiceità, non discende automaticamente il danno, che non è, quindi, in re ipsa. Non avendo gli attori portato alcun elemento di prova della patologia fisica o psichica, la domanda di risarcimento del danno biologico permanente va rigettata. In ogni caso, non vi è nesso eziologico tra la patologia cardiaca allegata (dovuta ad altri fattori di rischio, quali fumo, obesità, ipertensione arteriosa, iperlipidemia, familiarità positiva) e le immissioni sonore.

Esclusa la risarcibilità del danno biologico in senso stretto, rimangono i pregiudizi non patrimoniali risarcibili quali conseguenze di un reato, in particolare quello di cui all'art. 659, comma 1, c.p. Ai fini della liquidazione di tale danno, nonavendo gli attori specificato i pregiudizi patiti, le circostanze di tempo, di durata del cambiamento dello stile di vita e il fatto di aver atteso nove anni prima di agire in giudizio, il Giudice ha ritenuto che le immissioni sonore non avessero condizionato, in modo così determinante la loro vita. Inoltre, ai fini della liquidazione,la sentenza ha comparato diversi casi giurisprudenziali analoghi ed ha considerato che la fonte principale di immissioni sonore era la cappa aspirante della cucina, non in funzione continuamente.

Infine, il Giudice ha escluso la possibilità di individuare ulteriori figure di danno sotto l'egida dei “diritti costituzionalmente garantiti”. In particolare, non è rinvenibile un diritto al riposo notturno.

Osservazioni

La sentenza ha un'indubbia importanza pratica, costituendo una sorta di vademecum:

  • il superamento dei limiti pubblicistici di tollerabilità determina automaticamente una situazione di illiceità anche nei rapporti privatistici e la lesione di diritti personalistici non consente il giudizio di bilanciamento di cui al comma 2 art. 844 c.c.Si tenga presente, però, che i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica), pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell'ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità, ex art. 844 c.c., delle emissioni, ancorché (in ipotesi) contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica (Cass., 16 ottobre 2015, n. 20927; Cass., 6 novembre 2013, n. 25019; Cass., 25 giugno 2012, n. 10587; Cass., 1 febbraio 2011, n. 2319).
  • La sentenza presuppone, conformemente all'orientamento maggioritario, che l'art. 844 c.c. non tuteli il diritto alla salute, data la sua collocazione sistematica, potendo concorrere la regola generale di cui all'art. 2043 c.c. per il risarcimento del danno. Tuttavia, si è anche sostenuto che l'art. 844 c.c. sia da solo sufficiente a tutelare il diritto alla salute, senza bisogno di promuovere autonoma azione ex art. 2043 c.c. (Cass. 23 maggio 2013, n. 12828). Rimane ferma la distinzione tra le due azioni, la prima avente natura reale, negatoria, la seconda natura personale (Cass., Sez. Un., 15 ottobre 1998, n. 10186). Non è questa la sede per affrontare la questione, ma storicamente l'art. 844 rispondeva ad una logica ben diversa e in esso la tutela della salute restava subordinata ai criterî di priorità dell'uso e delle ragioni della produzione. Solo una reinterpretazione dell'art. 844 ha visto riportare in tale norma il diritto alla salute, che, se leso, impedisce, come visto, ogni contemperamento con gli interessi della produzione. A conferma, si specifica che l'art. 844 regola un rapporto tra proprietari di fondi vicini e non tra autori materiali di immissioni, sicché l'azione va esperita nei confronti del proprietario del fondo dal quale le immissioni provengono quando sia volta ad accertare in via definitiva l'illegittimità delle immissioni e ad ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per far cessare le stesse e che cumulativamente ad essa può essere introdotta l'azione per la responsabilità aquiliana prevista dall'art. 2043 c.c., per ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale che sia derivato dalle immissioni stesse (Cass., Sez. Un., 27 febbraio 2013, n. 4848). La questione non è di poco conto sul piano probatorio, per quanto vedremo appresso.
  • Andando ad analizzare gli elementi dell'illecito aquiliano, la sentenza riconosce l'elemento della colpevolezza. Se, però, l'art. 844 c.c. prescinde dal criterio della colpa (Cass., 3 novembre 2000, n. 14353) ed è idoneo a tutelare anche il diritto alla salute ovvero mira alla tutela della proprietà nella sua pienezza, con riferimento alle multiformi esigenze di vita e di piena fruibilità del bene e non solo alla tutela della salute in quanto tale (Cass. 2 aprile 2015, n. 6786), allora l'art. 844 e l'art. 2043 c.c. andrebbero coordinati, per superare l'apparente conflitto (richiesta o meno dell'elemento soggettivo), finendo per ipotizzare un caso di responsabilità (risarcitoria) senza colpa. Ad ogni modo, allo stato, la responsabilità risarcitoria da immissioni illecite è governata dall'art. 2043 c.c..
  • Sul danno ingiusto, la sentenza rigetta decisamente l'idea che vi sia un danno in re ipsa, sia perché è necessario distinguere illiceità e danno, sia per la funzione della responsabilità civile (riparatoria e mai punitiva, nel nostro ordinamento). La sentenza interpreta quell'orientamento che pare avallare un danno in re ipsa (Cass., 18 maggio 2015, n. 10169 oltre a quella richiamata in sentenza), nel senso che l'accertamento della lesione del diritto alla salute preclude l'applicabilità dei criteri di contemperamento di interessi. All'accertamento dell'intollerabilità delle immissioni deve seguire anche la verifica della sussistenza di un danno risarcibile.
  • Oltre al risarcimento del danno biologico in senso stretto, rimane la riparazione del danno non patrimoniale derivante da reato (nella specie art. 659, comma 1, c.p.).
  • Il danneggiato, ove lamenti un “danno esistenziale”, ha l'onere probatorio di allegare dettagliatamente il peggioramento qualitativo della vita lamentato, provando la situazione prima e dopo le immissioni. Nella liquidazione di tale danno, si ripropone il problema di attribuire valore economico ad una lesione non suscettibile di valutazione economica. La sentenza effettua un'ampia ricognizione di precedenti giurisprudenziali. Per quanto interessante e suggestiva, una mera ricognizione dei risultati nulla ci dice sull'intensità delle immissioni sonore (spesso aventi fonti diverse, come un pianoforte o un'attività industriale, una ferrovia, etc.), sulle condizioni di tempo e di durata, sui luoghi, sulle condizioni dei danneggiati (almeno in termini di età e di vita lavorativa, che potrebbe rendere le immissioni poco influenti, s'intende temporalmente parlando: si pensi ai lavori totalmente o parzialmente notturni e alle immissioni fino ad una certa ora di notte), per cui è difficile individuare un (sicuro) criterio comune ed omogeneo. Solo guardando alle decisioni più attuali, si passa dai 20-25 mila euro per immissioni sonore da pianoforte, ai 2 mila euro all'anno o a 6 mila euro per l'officina di un fabbro, ai 5 mila euro per la segheria o per il panificio, ai 7 mila euro per l'officina meccanica, ai 13 oppure 15 mila euro per la linea ferroviaria; per bar o pasticceria si va dai 3.500,00 euro, ai 1.00,00 euro, fino ai 6.500,00 euro (la sentenza da ultimo individuata, che si riferisce a schiamazzi e musica ad alto volume fino a notte inoltrata per tre anni). Comunque, la rassegna giurisprudenziale fornisce indicazioni liquidative per, poi, calibrare la liquidazione del caso concreto, tenendo presente le sue peculiarità (attesa di 9 anni prima di agire in giudizio, da cui dedurre una intollerabilità poco “invalidante”, immissioni sonore limitate fino all'una di notte, cessate nel 2011 e comunque ridotte da aprile 2009).
  • La sentenza ha riconosciuto la possibilità di riparare al danno non patrimoniale conseguente a reato. Poteva, in tesi, costituire una duplicazione risarcitoria, ove fosse già stato riconosciuto anche un danno biologico di natura psichica la cui liquidazione tabellare sarebbe stata già comprensiva di ogni conseguenza pregiudizievole (cfr. Trib. Lucca, 10 gennaio 2014, n. 40).
  • Quanto alla insussistenza di un diritto al riposo notturno, la sentenza è conforme all'idea che comunque non si possono risarcire i danni futili o le lesioni a diritti immaginari (Trib. Milano, 10 luglio 2015, n. 8537; Cass. 16 dicembre 2014, n. 26367; Cass., Sez. Un., 19 agosto 2009, n. 18356; Trib. Savona, 30 aprile 2014). Molte pronunzie negano l'esistenza di un diritto costituzionalmente protetto alla tranquillità domestica (Cass. 8 febbraio 2010 n. 5564; Cass. 10 novembre 2009, n. 23807; Cass. 31 marzo 2009, n. 7875; Trib. Milano 17 dicembre 2008). D'altra parte, le immissioni sonore possono cagionare un danno la cui entità non si riduce a meri disagi o fastidi, ovvero non vagheggia la lesione di diritti immaginari. In particolare, il rumore protratto per ore in certe situazioni di tempo mette seriamente e ingiustamente a repentaglio valori importanti come il riposo notturno, la serenità e l'equilibrio della mente (oltre a Cass. citata in sentenza, Trib. Lucca cit.; Cass., Sez. Un., 23 febbraio 2013, n. 4848; Cass., 3 febbraio 1999, n. 915). Avendo già riconosciuto il risarcimento del danno proprio per violazione dell'art. 659 c.p. (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) è condivisibile il fatto di non duplicare le voci di danno. Nella sua assolutezza, però, l'assunto non è condivisibile e sarebbe contraddittorio.

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