Cessione del credito da risarcimento del danno non patrimoniale

Giuseppe Fiengo
02 Marzo 2020

Il diritto di credito relativo al risarcimento del danno non patrimoniale, così come risulta trasmissibile "iure hereditatis", può anche formare oggetto di cessione per atto "inter vivos", non presentando carattere strettamente personale.
Massima

Cass. civ., sez. III, sent., 3 ottobre

2013, n. 22601

Il diritto di credito relativo al risarcimento del danno non patrimoniale, così come risulta trasmissibile "iure hereditatis", può anche formare oggetto di cessione per atto "inter vivos", non presentando carattere strettamente personale.

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Sintesi del fatto

Tizia proponeva innanzi al Tribunale di Bologna, nei confronti della società Alfa s.p.a. e di Caio, azione per il risarcimento del danno morale e biologico subito in conseguenza di sinistro stradale. Nel corso del giudizio di primo grado Tizia cedeva la propria ragione di credito a Sempronio. Il Tribunale di Bologna, ritenuta nulla la cessione del credito per indeterminatezza o indeterminabilità dell'oggetto, rigettava la domanda proposta (in seguito alla cessione) da Sempronio.

Avverso la sentenza di appello, che aveva riformato la decisione di primo grado, la società Alfa s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione lamentando che, in contrasto con la previsione dell'art. 1260 c.c., il giudice del secondo grado aveva ritenuto cedibile il credito risarcitorio nonostante la natura strettamente personale dello stesso.

Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte ha innanzi tutto richiamato il proprio ormai consolidato indirizzo relativo alla possibilità di circolazione iure hereditatis del danno morale terminale o anche “catastrofale” e del danno biologico terminale che siano stati acquisiti dalla vittima nel proprio patrimonio. La trasmissibilità iure hereditatis di tali diritti depone, secondo la Cassazione, nel senso della alienabilità degli stessi anche mediante atti inter vivos.

Del resto, ai fini dell'art. 1260 c.c. sono qualificabili come strettamente personali i soli diritti “volti al soddisfacimento di un interesse immediato della persona, di un interesse fisico o morale del creditore, in relazione ai quali l'incedibilità può essere eccezionalmente prevista anche al fine di tutelare l'interesse del debitore a non essere tenuto a soddisfare pretese di un soggetto diverso da quello accettato come creditore”. La natura (patrimoniale o non patrimoniale) del diritto leso deve peraltro, prosegue la Cassazione, esser distinta dalla natura (patrimoniale o non patrimoniale) del danno, così come l'obbligazione risarcitoria deve essere valutata autonomamente rispetto al titolo dal quale scaturisce; ne deriva che la natura strettamente personale del diritto leso (nel caso di specie, salute) non preclude la possibilità di cessione del diritto di credito al ristoro della posizione giuridica pregiudicata.

La questione

Tenuto presente che l'art. 1260 c.c. vieta la cessione di crediti strettamente personali, è possibile cedere il diritto di credito al risarcimento del danno non patrimoniale?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 1260 c.c. –nel salvaguardare l'esigenza di circolazione dei beni- pone il principio generale della libera cedibilità del credito che è espressione del più generale principio di libera disponibilità dei diritti patrimoniali. Tale principio, in quanto generale, è suscettibile di deroga solo a fronte di espressa previsione legislativa. Le eccezioni alla regola dell'art. 1260 c.c. sono poste essenzialmente a tutela dell'interesse del debitore a non dover soddisfare pretese di un soggetto diverso da quello accettato come creditore o a tutela di interessi pubblici; tanto è espressamente previsto, ad esempio, oltre che nel caso di crediti strettamente personali (art. 1260 c.c.), per il divieto di cessione di assegni familiari (art. 22 d.p.r. n. 797/1955).

Da tempo, ormai, la giurisprudenza ha ammesso la possibilità (confermata anche dalla surrogazione dell'assicuratore prevista dall'art. 1916 c.c., che costituisce ipotesi automatica di trasmissione ex lege del credito risarcitorio) di cessione per atto tra vivi del credito risarcitorio derivante dalla lesione di interessi patrimoniali (v. Cass. 8168/1991).

Nel caso di cessione del diritto di credito al risarcimento del danno non patrimoniale un possibile ostacolo alla vicenda circolatoria deriva, tuttavia, dall'apparente natura strettamente personale del credito ceduto e, pertanto, dall'operatività del segnalato limite posto dall'art. 1260 c.c.

L'ostacolo è stato tuttavia convincentemente superato dalla giurisprudenza di legittimità.

Con la sentenza che si commenta la Corte di Cassazione ha accolto (in coerenza con la necessità di non ampliare l'operatività dell'eccezionale divieto di cessione) una nozione restrittiva del credito avente “carattere strettamente personale”, giungendo, in contrasto con posizioni precedentemente assunte (v. Cass. n. 2719/2007), ad ammettere la cessione del credito al risarcimento del danno non patrimoniale (v., per un'analisi delle posizioni della dottrina e della giurisprudenza in ordine alla natura strettamente personale del credito non cedibile, A. Alessi, V. Mannino, La circolazione del credito, Padova, 2008, I, 242 ss.).

La natura strettamente personale dell'interesse leso dall'illecito, infatti, non informa di sé il diritto al risarcimento del danno che, in quanto tale, è autonomo rispetto all'interesse leso ed ha sempre natura patrimoniale. Del resto, proprio in considerazione di tale natura patrimoniale, da tempo la Suprema Corte ha ormai ammesso che, una volta entrato a far parte del patrimonio della vittima dell'illecito, il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale è trasmissibile mortis causa (v. Cass. 7126/2013, Cass. 2564/2012, Cass. 8204/2003). Analoga soluzione deve pertanto ammettersi anche per le ipotesi di trasferimento inter vivos dello stesso diritto.

Osservazioni e suggerimenti pratici

Come dimostra la casistica giurisprudenziale, il problema della cessione del credito al risarcimento del danno non patrimoniale è destinato ad operare soprattutto in relazione a pretese risarcitorie derivanti da sinistri stradali.

In proposito deve segnalarsi che il debitore ceduto (di regola, l'assicuratore del danneggiante) sovente eccepisce il difetto di legittimazione attiva del cessionario sul presupposto che l'azione diretta prevista dagli artt. 144 e 149 del codice delle assicurazioni sarebbe riservata al solo danneggiato.

Tale eccezione è stata tuttavia ritenuta infondata dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 51/2012) e di merito (v. Trib. Firenze n. 5948/2011), atteso che il titolo in base al quale il cessionario fa valere il proprio diritto nei confronti del ceduto va ravvisato proprio nel contratto di cessione del credito (che si perfeziona sulla base del solo accordo tra cedente e cessionario).

Ulteriore eccezione frequentemente sollevata dai debitori ceduti è relativa al carattere futuro del credito risarcitorio e al difetto di determinatezza e/o determinabilità dell'oggetto della cessione.

Con riferimento al primo aspetto, fermo restando che è ammessa la cessione di credito futuro, purchè determinato o determinabile (v. Cass. n. 3829/2013), occorre segnalare come, in dottrina, si è sostenuto che la nozione di credito futuro cedibile presuppone l'esistenza, al momento della cessione, della fonte del credito (v. R. Miccio, I diritti di credito, Torino, 1971, I, 446). Nello stesso senso in giurisprudenza si è sostenuto che il risarcimento del danno extracontrattuale sorge nel momento in cui si verifica il fatto illecito e, pertanto, già da tale momento deve ravvisarsi un credito attuale al risarcimento (v. Cass. 21192/2004).

Individuata la fonte del diritto (l'illecito) e l'oggetto del credito (risarcimento per la lesione dell'interesse non patrimoniale pregiudicato dall'illecito), devono altresì ritenersi rispettati i requisiti previsti per l'oggetto del contratto dall'art. 1346 c.c. Occorre in proposito solo ulteriormente precisare che, così come sottolineato anche dalla sentenza che si commenta, è importante verificare quale dei diversi aspetti che concorrono a determinare l'unitaria (ma composita) categoria del danno non patrimoniale è entrato nella sfera giuridica del danneggiato al momento della cessione. Atteso, infatti, che tali aspetti possono venire ad esistenza in momenti non contestuali (si pensi, per rimanere ad uno degli esempi posti da Cass. n. 22601/2013, al caso della sofferenza morale interiore derivante da fatto illecito che solo dopo un certo periodo di tempo si traduce in un danno biologico), stante la previsione dell'art. 1346 c.c., deve ritenersi cedibile il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale limitatamente a quei profili già esistenti al momento della cessione.

Da ultimo occorre segnalare come l'esito del giudizio risarcitorio può determinare l'insorgere di una responsabilità contrattuale del cedente.

Tanto è a dirsi, ad esempio, per l'ipotesi di mancato accertamento dell'illecito. In tale caso, come sottolineato dalla sentenza in esame, la cessione rimane valida, ma vi sarà una responsabilità per inadempimento del cedente. Altrettanto dovrebbe affermarsi anche con riferimento al rifiuto del cedente di sottoporsi agli accertamenti (in sede di c.t.u.) necessari per l'esatta liquidazione del risarcimento.

Conclusioni

La sentenza che si commenta supera in modo convincente i dubbi in passato emersi circa la cedibilità del credito avente ad oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale. È prevedibile che simili cessioni –la cui ammissibilità deve ormai ritenersi pacifica- divengano sempre più frequenti. Tanto anche in considerazione dell'attuale situazione economica che, secondo quanto è verosimile, può incentivare l'esigenza di immediata monetizzazione delle lesioni (anche) di interessi personali. Non è peraltro da escludere che parallelamente alla diffusione di simili cessioni si porrà anche un problema di sindacato sull'equilibrio del contratto di cessione.

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