Morte in Italia, risarcimento in Tunisia: il giudice non deve considerare la realtà socio-economica del paese estero?

09 Marzo 2015

In materia di illecito aquiliano, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale il giudice di merito, procedendo alla necessaria valutazione equitativa di tutte le circostanze del caso concreto, non deve tenere conto della realtà socio-economica nella quale la somma liquidata è destinata ragionevolmente ad essere spesa, poiché tale elemento è estraneo al contenuto dell'illecito.
Massima

In materia di illecito aquiliano, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale il giudice di merito, procedendo alla necessaria valutazione equitativa di tutte le circostanze del caso concreto, non deve tenere conto della realtà socio-economica nella quale la somma liquidata è destinata ragionevolmente ad essere spesa, poiché tale elemento è estraneo al contenuto dell'illecito (fattispecie relativa al risarcimento da riconoscere ai familiari residenti in Tunisia di un cittadino tunisino, morto in Italia in un incidente stradale).

Sintesi del fatto

A seguito di incidente stradale occorso in Italia, ove perdeva la vita, alla guida della propria bicicletta, il signor KS di nazionalità tunisina, venivano convenuti avanti il Tribunale di Crema il proprietario, il conducente dell'autovettura e la compagnia di assicurazione per la RCA, dalla moglie e dalle figlie del signor KS, tutte residenti in Tunisia, le quali chiedevano il risarcimento dei danni non patrimoniali (iure proprio) e patrimoniali (iure successionis) conseguenti all'evento.

In primo grado, accertato il concorso di colpa del de cuius nella misura del 50%, venivano liquidati alla moglie € 43.512,00 per danno non patrimoniale e € 30.000,00 per danno patrimoniale, alle figlie € 36.260,00 ciascuna per danno non patrimoniale e € 10.000,00 ciascuna per danno patrimoniale, oltre rivalutazione e interessi.

Appellata la sentenza di primo grado in punto quantum avanti la Corte d'appello di Brescia, l'appello veniva respinto, ritenendo la Corte che le somme liquidate in primo grado ai parenti del de cuius fossero congrue, anche alla luce del d.m. 12 maggio 2003, emanato in attuazione delle disp. di cui alla L. n. 289/2002, art. 38, comma 9, relativo alla determinazione del livello di reddito equivalente per ciascun Paese straniero al reddito di cui all'art. 38, comma 1, della L. n. 448/2001.

Proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione dalla moglie e dalle figlie della vittima, la Suprema Corte accoglieva il ricorso, ritenendo che il Giudice di merito non potesse adeguare la misura del risarcimento spettante alle danneggiate al potere di acquisto della moneta del loro luogo di residenza. In particolare, una volta determinato il quantum risarcitorio, il Giudice di merito non avrebbe potuto operare una riduzione della somma in relazione al più basso tenore di vita del Paese di residenza, nella specie la Tunisia. La sentenza d'appello veniva pertanto cassata con rinvio, con principi di diritto cui adeguarsi come da massima riportata in epigrafe.

La questione

La questione riguarda la determinazione dell'entità del risarcimento da liquidarsi per il danno non patrimoniale in caso di morte del congiunto a seguito di incidente stradale, in caso di sinistro avvenuto in Italia, in danno di cittadino tunisino, con legittimati attivi, per il danno iure proprio, moglie e figlie di nazionalità tunisina e residenti in Tunisia; in particolare se la misura del quantum possa essere liquidata, in via equitativa, tenendo conto anche del luogo di cittadinanza della vittima, nonché del luogo di cittadinanza e di residenza in uno Stato straniero degli aventi diritto al risarcimento.

Le soluzioni giuridiche

Nella sentenza in commento, la Suprema Corte richiama espressamente due precedenti statuizioni (Cass. civ., n. 1637/2000 e Cass. civ., n. 7932/2012), dichiarando di uniformarsi all'orientamento espresso in Cass. n. 7932/2012, secondo cui, essendo tre gli elementi essenziali dell'illecito aquiliano (condotta illecita colposa o dolosa, danno e nesso di causalità), solo questi fattori possono incidere sulla determinazione del danno, mentre il luogo ove il danneggiato vive abitualmente, essendo un elemento esterno alla fattispecie, risulta ininfluente sulla misura del risarcimento.

La Corte non ritiene, al contrario, di uniformarsi a Cass. civ. n. 1637/2000, sentenza risalente nel tempo e rimasta priva di seguito, la cui massima così statuiva: «Nella determinazione equitativa del danno morale può tenersi conto anche della realtà socio economica in cui vive il danneggiato al fine di adeguare a tale realtà l'importo che si ritiene dovuto ai fini riparatori del danno. Ciò però presuppone la definizione di una somma di denaro assunta come equa per la riparazione del danno in base al potere di acquisto medio e la successiva operazione di valutazione di corrispondenza di tale importo al particolare potere di acquisto del denaro nella zona in cui esso è presumibilmente destinato ad essere speso. Consegue che il giudice di merito il quale nella valutazione equitativa del danno morale abbia fatto riferimento al contesto socio-economico dell'area territoriale in cui vive il danneggiato come fattore giustificativo della determinazione del danno è tenuto a dare puntuale conto dell'incidenza del potere di acquisto nella zona indicata sulla base di parametri numericamente accertabili, quali gli indici del costo della vita nelle varie aree del territorio nazionale».

Si osserva, tuttavia, fin d'ora, che nella risalente Cass. n. 1637/2000, la Corte si era occupata di una vicenda totalmente “interna”, senza elementi di estraneità, trattandosi della liquidazione del danno a seguito di incidente stradale avvenuto in Italia, a carico di cittadino italiano, a favore di congiunti cittadini italiani, residenti nella Provincia di Chieti (fattispecie relativa a richiesta di risarcimento danni da parte di due genitori per il decesso del figlio minore di 17 anni a seguito di incidente stradale), occupandosi in quella sede la Corte, di verificare il differente grado di sviluppo tra le singole Regioni italiane e i relativi costi della vita.

Nella sentenza in commento, la Corte, dichiarando di uniformarsi all'orientamento espresso in Cass. n. 7932/2012, ha aggiunto anche ulteriori elementi a sostegno del proprio convincimento.

La Corte ha dapprima effettuato un richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost., sent. n. 306/2008 e Corte cost., sent. n. 252/2001), in base al quale i diritti fondamentali devono essere riconosciuti indipendentemente dall'appartenenza a determinate entità politiche, essendo vietate discriminazioni nei confronti degli stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio della Repubblica italiana.

Ha ricordato, poi, la propria precedente statuizione Cass. civ. n. 450/2011, secondo cui deve essere riconosciuto allo straniero, indipendentemente dalla condizione di reciprocità, il risarcimento del danno non patrimoniale, quale risarcimento della lesione di un valore della persona, costituzionalmente garantito.

Da ultimo, la Corte ha ribadito che il risarcimento deve mirare a ripristinare il “valore-uomo” nella sua unicità, come stabilito da Cass. n. 2022/2012, Cass. n. 19402/2013, Cass. n. 531/2014 e non può differenziarsi in base a dove il denaro verrà speso.

La Suprema Corte ha voluto poi precisare che in questi anni ha avuto di mira l'uniformità delle modalità risarcitorie tra la varie Corti italiane, utilizzando come parametro di uniformità nella liquidazione del danno le tabelle del Tribunale di Milano, ed in questo senso, a detta della Corte, evitare discrasie di liquidazione in base alla nazionalità delle parti, si inserisce appieno in questo filone giurisprudenziale.

Osservazioni

Nel caso in esame il luogo del sinistro è l'Italia, ma la fattispecie presenta degli elementi di estraneità, considerato che gli attori non sono cittadini italiani, né residenti in Italia e che la richiesta di liquidazione del danno non patrimoniale avviene iure proprio (sul punto cfr. art. 62 della L. n. 218/1995 riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato).

In merito alla titolaritàdel diritto ad essere risarcito, il riconoscimento del diritto allo straniero, è supportato dalle sentenze della Suprema Corte dianzi richiamate, in merito al divieto di discriminazioni e al riconoscimento dei diritti costituzionalmente garantiti, indipendentemente dalla condizione di reciprocità.

Allo steso modo, come richiamato dalla Suprema Corte nella sentenza in commento, per verificare la sussistenza dell'illecito aquiliano andrà verificata l'esistenza nella fattispecie concreta dei tre elementi essenziali dell'illecito, (condotta illecita colposa o dolosa, danno e nesso di causalità) e che non sussistano cause che interrompono il nesso di causalità.

Verificata l'esistenza dei tre elementi essenziali dell'illecito aquiliano, e verificato che non sussistano esimenti, subentra il potere del Giudice di merito in ordine alla liquidazione del danno in concreto.

Ora, mentre da un lato vi è il “valore uomo”, certamente uguale per qualsiasi essere umano, dall'altro, vi è la necessità di tradurre questo criterio di assoluta eguaglianza, con il dato, ugualmente pacifico, che ogni Stato ha una propria organizzazione statuale, una propria moneta, una propria organizzazione, in cui quel soggetto si esprime in quanto appartenente alla comunità di quei cittadini del luogo ove ha la cittadinanza.

Non sembra opportuno confondere “il valore uomo" con il concetto della moneta, la quale per sua natura è una convenzione ed soggetta al regime dei cambi. Se da un lato l'uniformità delle liquidazioni nell'ambito del medesimo territorio statuale (l'Italia e le tabelle milanesi), risponde ad esigenze di prevedibilità delle decisioni nell'ambito della stessa comunità di cittadini, nei rapporti con gli Stati esteri ed i cittadini stranieri, forse il principio potrebbe essere quello della “omogeneità” di trattamento.

Non sembra, infatti, che il problema sia dove il danneggiato spenderà o meno il quantum del risarcimento, ma la questione appare di più ampio respiro, ed abbraccia in un certo senso il diritto internazionale; nell'analisi e nella liquidazione del caso di specie, va considerato che la persona è residente all'estero e la tipicità della fattispecie, altrimenti si rischia di creare “diseguaglianza” al contrario, liquidando magari il doppio al cittadino straniero (ad es. tunisino, come nel caso di specie), rispetto al cittadino italiano e quindi di non raggiungere ugualmente quell'obiettivo di uniformità che la Corte invoca.

Assoluta uguaglianza di trattamento dello straniero nei principi costituzionalmente garantiti e nel “valore-uomo”, da coniugarsi con omogeneità di trattamento nel riconoscimento del corrispondente satisfattivo, per non creare, nella realtà dei fatti, diseguaglianza in concreto.

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