Chiamata del terzo ed estensione automatica della domanda: la Suprema Corte rilancia

Mauro Di Marzio
09 Settembre 2015

Nell'ipotesi in cui due soggetti concorrono a causare un evento di danno con distinti comportamenti colposi, la responsabilità da fatto illecito dà luogo ad un'obbligazione in cui la ragione della domanda non è data da ciascun fatto concreto che determina l'evento, ma da tutti i possibili fatti riconducibili al medesimo titolo di responsabilità che hanno concorso a determinare il danno.
Massima

Nell'ipotesi in cui due soggetti concorrono a causare un evento di danno con distinti comportamenti colposi, la responsabilità da fatto illecito dà luogo ad un'obbligazione in cui la ragione della domanda non è data da ciascun fatto concreto che determina l'evento, ma da tutti i possibili fatti riconducibili al medesimo titolo di responsabilità che hanno concorso a determinare il danno.

Il caso

All'uscita da una curva a destra un'autovettura (una Ford Fiesta) invade la corsia opposta e va ad urtare un veicolo che proviene dall'altro senso di marcia (una Fiat Uno). Il conducente di quest'ultimo veicolo, avendo subito lesioni, agisce per il risarcimento del danno nei confronti del conducente della Ford Fiesta, della sua proprietaria (che indichiamo con le iniziali M.T.P.) e dell'assicuratore: secondo l'attore il conducente della Ford Fiesta correva troppo e, per questo, aveva perso il controllo del mezzo.

Subito dopo emerge dalla sentenza una circostanza - segnalo incidentalmente - davvero curiosa, se vera, a meno di non supporre, come pare plausibile, che il presidente-estensore abbia fatto confusione sui nomi: M.T.P., la proprietaria della Ford Fiesta, reclama a propria volta il risarcimento dei danni in qualità di - ben strana coincidenza - trasportata sulla Fiat Uno dell'attore. Ebbene, M.T.P. sostiene che occorre stabilire se il sinistro non sia da addebitare in tutto o in parte, oltre che al conducente della Ford Fiesta, che forse guidava troppo allegramente, anche all'ANAS, proprietaria della strada, e all'impresa appaltatrice di lavori in corso all'epoca del fatto, dal momento che la strada era sporca e sdrucciolevole.

Analoga posizione assume il conducente della Ford Fiesta in separato giudizio, che è riunito a quello già pendente.

L'ANAS e l'appaltatore resistono in entrambe le cause, ma la prima chiede anche di essere eventualmente manlevata dalla seconda.

A conti fatti, dunque, il danneggiato conducente della Fiat Uno - questo il punto che ci interessa - ha spiegato una domanda nei confronti, e nei soli confronti, del conducente, della proprietaria e dell'assicuratore della Ford Fiesta. Ma il tribunale prima e la corte d'appello poi stabiliscono che la responsabilità va percentualmente ripartita tra il conducente della Ford Fiesta da un lato (70%, perché correva troppo) e l'ANAS e l'appaltatore dall'altro (30%, perché la strada era sdrucciolevole). La condanna in favore dell'attore segue di conseguenza.

Impugna quindi l'ANAS e sostiene: l'attore non ha spiegato nei miei confronti alcuna domanda; ergo, i giudici di primo e secondo grado hanno violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

La questione

Che cosa accade se A chiede il risarcimento a B, B chiama in causa C sostenendo che la responsabilità del fatto su cui si fonda la pretesa risarcitoria è in tutto o in parte sua, ed il giudice accerta che, effettivamente, tale responsabilità è da ascrivere in parte a B e in parte a C? Condannerà B e C in solido a risarcire il danno patito da A, oppure condannerà soltanto B, nei cui confronti A ha spiegato la domanda?

Le soluzioni giuridiche

Al quesito la Suprema Corte risponde facendo appello al principio secondo cui la domanda attrice si estende automaticamente nei confronti del terzo chiamato indicato dal convenuto come effettivo legittimato.

In questo caso - in cui la responsabilità dei convenuti e quella dei chiamati si fondava su condotte totalmente distinte, mentre M.T.P. non aveva neppure sostenuto che legittimati passivi fossero solo e soltanto l'ANAS e l'appaltatore, ma aveva chiesto fosse stabilita l'incidenza delle singole condotte in relazione all'evento - la Cassazione osserva:

  • che, qualora l'evento di danno sia imputabile a concorrenti fatti colposi posti in essere da più soggetti, il danneggiato può agire indifferentemente contro l'uno o l'altro, versandosi in ipotesi di solidarietà passiva;
  • che, in simile frangente, è il convenuto ad avere interesse a vedere accertato, nel medesimo giudizio, mediante la chiamata in causa, che egli non è responsabile;
  • che, in ipotesi di chiamata del terzo indicato dal convenuto quale unico responsabile, in mancanza di un'estensione della domanda dell'attore verso il chiamato, la possibilità che quest'ultimo venga dichiarato unico responsabile discende dalla stessa formulazione della domanda originariamente proposta, con la quale è stata dedotta in giudizio un'obbligazione risarcitoria unica;
  • che le medesime ragioni valgono anche in ipotesi di co-responsabilità, nel qual caso, ad escludere l'estensione automatica della domanda, può essere soltanto l'attore, dichiarando di non volerla estendere al chiamato;
  • che, in definitiva, la diversità del fatto accertato come causa dell'evento, rispetto a quello originariamente indicato, non determina mutamento dell'obbligazione e, quindi, dell'oggetto della domanda.

Di qui il principio formulato nella massima.

Con il che, in buona sostanza, il principio - non esattamente periferico, diremmo eufemisticamente, nel sistema del processo civile - secondo cui il giudice non può pronunciare oltre i limiti della domanda, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., riceve un sonoro ceffone.

Osservazioni

La soluzione della Cassazione trae ispirazione da un consolidato orientamento - che però viene applicato al di là del consueto - secondo cui, se il convenuto, nel dedurre il difetto della propria legittimazione passiva, chiami un terzo, indicandolo come vero legittimato, si verifica l'estensione automatica della domanda al terzo medesimo, onde il giudice può direttamente emettere nei suoi confronti una pronuncia di condanna anche se l'attore non ne abbia fatto richiesta, senza incorrere in vizio di extrapetizione (v. Cass. civ., sez. III, sent., 1° giugno 2006 n. 13131; Cass. civ., sez. III, sent., 8 giugno 2007 n. 13374; Cass. civ., S.U., 12 luglio 2007, n. 15756; Cass. civ., sez. III, sent., 21 ottobre 2008 n. 25559; Cass. civ., sez. III, sent., 3 marzo 2010, n. 5057). Ciò - in breve - perché, nel caso descritto, si tratta di individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico: in tal caso si ha dunque un ampliamento della controversia originaria, sia in senso oggettivo - perché la nuova obbligazione dedotta dal convenuto viene ad inserirsi nel tema di tale controversia, in via alternativa con quella che l'attore ha dedotto a carico del convenuto - sia in senso soggettivo, perché il terzo chiamato in causa diventa un'altra parte di quella controversia e viene a trovarsi con il convenuto in una situazione tipica di litisconsorzio alternativo.

La dottrina è, comprensibilmente, di tutt'altro avviso (mi limito a citare i seguenti manuali ordinati per ordine alfabetico degli autori, con indicazione dell'anno di edizione e delle relative pagine: Balena, 2012, 223; Bove, 2012, 321; Ferri, 2011, 355; Consolo, 2012, 380; Liebman, 2007, 108; Luiso, 2011, 325; Mandrioli, 2012, 463; Proto Pisani, 2010, 379; Verde, 2012, 233). E la ragione ovvia sta in ciò, che, non potendo il giudice giudicare senza domanda, a seguito della chiamata del terzo quale unico legittimato, non si danno che le seguenti alternative:

  • o l'attore, a seguito della chiamata del terzo, propone la domanda di condanna anche contro di lui;
  • o il giudice non può pronunciare la condanna del terzo in favore dell'attore, se non a costo di inventare egli stesso una domanda che non c'è, e cioè di fare proprio quanto l'art. 112 c.p.c. vieta.

Accanto alla regola pretoria tratteggiata, c'è, immancabile, una controregola: la domanda dell'attore non è automaticamente estesa contro il terzo chiamato in causa dal convenuto, se questi fa valere nei confronti del terzo un rapporto diverso da quello dedotto in giudizio dall'attore, come nell'ipotesi di garanzia impropria (v. in argomento Cass. civ., Sez. III, sent., 28 gennaio 2005,n. 1748; Cass. civ., sez. III, sent., 1 giugno 2006 n. 13131; Cass. civ., sez. III, sent., 8 giugno 2007,n. 13374; Cass. civ., sez. III, sent., 21 ottobre 2008, n. 25559; Cass. civ., sez. III, sent., 23 gennaio 2009,n. 1693; Cass. civ., sez. II, sent., 29 dicembre 2009,n. 27525; Cass. civ., sez. lav., sent., 7 giugno 2011,n. 12317; Cass. civ., sez. III, sent., 7 ottobre 2011,n. 20610).

Ciò detto, nel nostro caso, il principio è stato applicato in un caso in cui il convenuto non si era detto non legittimato, ma aveva invocato una corresponsabilità del terzo in misura da stabilirsi, e nonostante la diversità dei fatti posti a base della responsabilità degli originari convenuti (il conducente della Ford Fiesta aveva perso il controllo dell'autovettura perché correva troppo) e dei terzi chiamati (la strada sulla quale erano in corso lavori era sdrucciolevole). È per questo che la Suprema Corte ha ritenuto di interrogarsi «se quando due (o più) soggetti concorrono a causare un evento di danno con distinti comportamenti colposi, la diversità dei fatti che hanno dato causa all'evento dia luogo a diverse obbligazioni risarcitorie od alla stessa».

Ebbene, l'art. 2055 c.c. stabilisce che: «se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno». E, nell'insegnamento della giurisprudenza, la responsabilità solidale discende semplicemente dal fatto dannoso imputabile a più persone, «ancorché le condotte lesive siano tra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone» (Cass. civ., S.U., sent., 15 luglio 2009, n. 16503; Cass. civ., sez. III, sent., 16 dicembre 2005, n. 27713; Cass. civ., sez. lav., sent., 4 marzo 1993, n. 2605). Ma che i danneggianti siano tenuti in solido non vuol dire che l'obbligazione sia la stessa, bensì soltanto che essi sono tenuti per l'intero alla medesima prestazione.

Il punto, tuttavia non è questo: anzi, proprio perché l'obbligazione è solidale, il creditore ha tutto il diritto di costringere all'adempimento chi gli pare tra i diversi debitori. In conclusione, nella regola ferma in giurisprudenza, in forza della quale la domanda spiegata nei confronti del convenuto si estende automaticamente al terzo che il convenuto abbia chiamato indicandolo come unico responsabile, il principio della domanda viene vigorosamente strattonato: ma almeno a ciò corrisponde una sana utilità pratica, dal momento che il giudice, spendendosi in soccorso dell'attore (come è stato detto), perviene ad una decisione di merito potenzialmente idonea a porre fine alla lite (diversamente l'attore dovrebbe iniziare una nuova causa contro il terzo). Al contrario, nel caso di corresponsabilità, non c'è neppure una tale utilità: se l'attore si contenta della condanna nei confronti del conducente, della proprietaria e dell'assicuratore del veicolo danneggiante, non v'è ragione che il giudice debba di sua iniziativa servirgli anche la non richiesta condanna del terzo chiamato.

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