Clausola “claims made” impura e giudizio di meritevolezza: il gravoso onere della prova dell’assicurato

Ombretta Salvetti
10 Aprile 2017

Il Tribunale di Roma ha affrontato la questione dell'operatività delle garanzie assicurative azionate in giudizio, in particolare della natura della clausola “claims made” invocata dalle imprese assicuratrici quale fonte dell'inefficacia temporale della garanzia e del giudizio di meritevolezza/non meritevolezza della clausola in rapporto al modello codicistico del contratto assicurativo e, specificamente, dell'art. 1917 c.c.
Massima

La clausola “claims made” prevista da una polizza a copertura della responsabilità civile sanitaria che preveda l'esclusione della copertura assicurativa per i fatti verificatisi nell'arco temporale di efficacia della polizza, se denunciati alla compagnia assicuratrice successivamente alla cessazione di tale lasso temporale, è meritevole di tutela, qualora controbilanciata dalla previsione, favorevole per l'assicurato, dell'estensione della garanzia assicurativa a fatti verificatisi nel triennio antecedente all'inizio di efficacia del contratto.

Il caso

Chiamate in causa in manleva dalle strutture sanitarie convenute in giudizio, a titolo contrattuale, dai familiari di una paziente che lamentavano danni jure proprio e jure hereditatis da malpractice medica e chiedevano la condanna risarcitoria delle strutture, le due compagnie che assicuravano per la responsabilità civile gli enti convenuti contestavano l'operatività delle rispettive polizze, in quanto contenenti la clausola “claims made”, secondo la quale l'assicurazione valeva solo per le richieste di risarcimento presentate durante il periodo di efficacia dell'assicurazione. Risultava dagli atti che gli effetti dei tre contratti azionati erano cessati, rispettivamente, il 31 dicembre 2008, il 31 dicembre 2003 ed il 31 dicembre 2004, che la condotta illecita dei sanitari si era verificata in vigenza del contratto, ma che la richiesta di risarcimento dei danni proposta dalla figlia della paziente deceduta era stata proposta per la prima volta con missiva del 10 novembre 2010. Il Tribunale ha ritenuto pertanto di valutare la vessatorietà/non vessatorietà, o comunque la c.d. meritevolezza della clausola, in rapporto alla struttura del contratto di assicurazione per la responsabilità civile, come prevista dall'art. 1917 c.c.

La questione

Il Tribunale di Roma ha affrontato la questione dell'operatività delle garanzie assicurative azionate in giudizio ponendosi le seguenti problematiche giuridiche:

a) natura della clausola “claims made” invocata dalle imprese assicuratrici quale fonte dell'inefficacia temporale della garanzia;

b) giudizio di meritevolezza/non meritevolezza della clausola in rapporto al modello codicistico del contratto assicurativo e, specificamente, dell'art. 1917 c.c.;

c) criteri di valutazione in concreto.

Le soluzioni giuridiche

a) Le clausole la cui applicazione è stata invocata in giudizio dalle compagnie assicuratrici terze chiamate, al fine di escludere l'operatività temporale del contratto in relazione al sinistro dedotto in giudizio, identiche per tutte e tre le polizze prodotte, prevedevano che la garanzia fosse attiva solo per i fatti verificatisi e denunciati tramite richiesta risarcitoria all'interno del periodo di validità dei contratti di assicurazione, in tal modo circoscrivendo la copertura assicurativa in relazione ad un elemento temporale ulteriore rispetto a quello del momento della realizzazione della condotta lesiva, costituito dalla presentazione della richiesta del danneggiato. Il Tribunale di Roma ha qualificato tali clausole come “claims made impure, cioè clausole per cui l'efficacia del contratto dipende dal verificarsi della doppia circostanza temporale della verificazione della condotta illecita ascritta all'assicurato nel periodo di vigenza del contratto e della comunicazione della prima richiesta risarcitoria entro tale lasso temporale, rifacendosi alla catalogazione esposta nella recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016 n. 9140) che ha indicato alcune linee-guida in materia.

b) Il Tribunale, dopo avere accertato che, sebbene la condotta illecita ascrivibile ai sanitari risalisse ad epoca coperta da tutti e tre i contratti, la richiesta risarcitoria era posteriore alla data di cessazione dell'efficacia delle polizze, ha affrontato la questione dell'eccepita inoperatività delle garanzie sotto il profilo temporale. Ha, pertanto, verificato se le clausole “claims made” censurate, invece, dagli enti assicurati fossero compatibili con il modello assicurativo codicisticamente previsto per il contratto di assicurazione per la responsabilità civile, concludendo, sempre sulla scorta della citata già sentenza delle SS.UU (Cass. civ., Sez. Un., n. 9140/2016) per la natura non vessatoria della clausola e per la meritevolezza di tutela della stessa, in quanto compatibile con gli artt. 1905 e 1917 c.c., non trattandosi di clausole limitative di responsabilità, bensì di patti delimitativi dell'oggetto della garanzia, tramite la delimitazione del concetto di "sinistro".

c) La valutazione di meritevolezza delle clausole è stata quindi condotta dal Tribunale di Roma in concreto, avuto riguardo al rapporto dedotto in giudizio, con rilievo conferito alla compresenza, accanto al patto limitativo dell'oggetto della garanzia, sfavorevole all'assicurato, anche della previsione dell'estensione della garanzia ai fatti verificatisi nei tre anni antecedenti all'inizio dell'efficacia temporale del contratto, ovvero a comportamenti dell'assicurato antecedenti alla stipulazione, che costituisce , per contro, una previsione favorevole al contraente assicurati. Non è stata considerata in senso negativo la circostanza che dal 2012 fosse stato introdotta l'assicurazione obbligatoria per gli esercenti la professione sanitaria (d.l. n. 58/2012), in quanto tutti i contratti valutati erano stati stipulati circa un decennio prima dell'emanazione di tali norme. È stata posta in rilievo altresì l'omessa trattazione, ad opera delle parti, di profili attinenti alla valutazione ex ante del rischio in rapporto all'entità del premio pattuito.

Osservazioni

La sentenza del Tribunale di Roma si pone sulla scia attuativa dell'arresto della Suprema Corte a Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016 n. 9140) che ha tratteggiato l'ambito di manovra del giudice di merito, chiamato a valutare la liceità o meno della clausola “claims made” ormai presente nella stragrande maggioranza delle polizze assicurative per la responsabilità civile e, in particolare, in quelle che assicurano i sanitari o, come nel caso di specie, le strutture sanitarie. Trattasi della clausola che disciplina l'efficacia temporale del contratto assicurativo correlandola all'epoca del pervenimento per la prima volta della richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato, per cui si richiede che tale richiesta, o , in taluni casi, la mera comunicazione di un sinistro, pervengano in pendenza del periodo temporale di vigenza del contratto, così discostandosi dal modello classico dell'assicurazione per la responsabilità civile (art. 1917 c.c.), che conferisce rilevanza, invece all'evento generatore della responsabilità, vuoi sotto il profilo della condotta vuoi sotto il profilo dell'evento di danno (fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione). Lo schema tipico dell'art. 1917 c.c. esclude dalla copertura assicurativa i fatti illeciti ascrivibili all'assicurato in epoca antecedente alla stipula del contratto; le polizze con clausola “claims made”, invece, hanno un'efficacia temporale “retroattiva” allorché si tratta di “claims made pura”, per cui ha rilevanza esclusivamente la data di presentazione della richiesta risarcitoria e non anche l'epoca di verificazione materiale del sinistro, che dunque può anche essere antecedente alla data di inizio della validità del contratto. Tale retroattività è esclusa, invece, nei contratti con clausola c.d. “impura”, “spuria” o “mista” per cui si richiede ad un tempo che sia la verificazione dell'illecito sia la richiesta risarcitoria si collochino entro l'ambito di operatività temporale del contratto, così integrando il modello tipico (c.d. clausola “loss occurrence”) sia il modello “claims made”. L'introduzione di una clausola di questo tipo all'interno della tipologia del contratto di assicurazione per la responsabilità civile, che è una sottospecie del genus assicurazione contro i danni crea non pochi problemi di copertura effettiva, spesso nemmeno noti agli assicurati che non siano particolarmente competenti in materia assicurativa.

Chiamata a valutare l'operatività dei contatti assicurativi in dipendenza del diverso atteggiarsi in concreto di siffatte clausole, che, in particolare le clausole “claims made” miste, possono condurre, di fatto, appunto, ad una riduzione temporale del rischio assunto in garanzia, la giurisprudenza ha affrontato la questione sotto plurimi profili differenti fra loro, giungendo a conclusioni contrastanti e così talora dichiarando tali clausole nulle per violazione dell'art. 1895 c.c. sotto il profilo dell'inesistenza del rischio (cfr. ad es. Cass. Civ., sez. III, 13 marzo 2014 n. 5791), ovvero per violazione dell'art. 1917, comma 1, c.c., ritenuto norma imperativa inderogabile (Trib. Genova, 8 aprile 2008), talora ritenendole clausole vessatorie in quanto delimitatrici del rischio (Trib. Milano 21 aprile 2009 n. 5235), talora invece, considerandole lecite, qualora estensive della copertura retroattivamente (Trib. Milano, 28 febbraio 2011 n. 2738) o qualificandole come clausole che rendevano il contratto atipico, rispetto allo schema dell'art. 1917 c.c., generalmente lecito e meritevole di tutela, ex art. 1322 c.c., ma da valutarsi in concreto caso per caso al fine di verificare se l'oggetto dell'assicurazione ne venisse o meno eccessivamente compromesso (Cass. civ., sez. III, 15 marzo 2005 n. 5624).

Le Sezioni Unite, nel 2016, hanno aderito a tale ultimo orientamento, sviluppandolo e ben evidenziando come la clausola “claims made”, pura o impura che sia, non incida sul piano della limitazione della responsabilità, e dunque non possa tanto essere affrontata secondo il punto di vista della vessatorietà (soluzione corretta sul piano giuridico e che viene a tutelare meglio l'assicurato, stante l'inserimento pressoché costante, ormai, di tale clausole, nella modulistica assicurativa, fra quelle che ex art. 1341 c.c. vengono sottoposte alla doppia firma del contraente), ma venga a delimitare temporalmente l'oggetto del contratto, discostandolo dalla tipologia classica prevista dall'art. 1917 c.c. e creando una figura atipica, senz'altro meritevole di tutela, in cui l'alea non viene meno , ma diversamente si atteggia nei rapporti fra assicuratore ed assicurato, consentendo la copertura anche di fatti pregressi purché non già noti al momento della stipula del contratto, caso in cui si dovrebbero applicare gli artt. 1892 o 1893 c.c. Con riferimento, in particolare, alla clausola impura o mista, che può risultare particolarmente penalizzante per l'assicurato, tanto da rendere praticamente inesistente la copertura, la S.C. invoca da parte del giudice del merito uno scrutinio di meritevolezza che tenga conto delle peculiarità concrete del caso, escludendo la validità per quei casi in cui comunque la si consideri, l'assicurato sia esposto a vuoti di copertura. In tali casi, secondo la Corte, la clausola “claims made” dovrebbe essere disapplicata e sostituita con lo schema tipico c.d. “loss occurrence” desumibile dal modello legale tipico.

Successivamente a tale pronuncia, si sono già espressi sulla clausola “claims made” il Tribunale di Milano (Trib. Milano, sez. I Civ. 17 giugno 2016 n. 7149) ed il Tribunale di Napoli (Trib. Napoli, sez. II, Civ., 20 giugno 2016 n. 7807), in senso contrastante: Milano, in un caso di responsabilità professionale di due architetti per un'opera edile, ha conferito rilevanza alla natura dell'opera intellettuale prestata ed all'inevitabile discrasia temporale fra la conclusione della prestazione professionale e la possibile manifestazione del danno, con conseguente ritenuta immeritevolezza della clausola “claims made impura”, in considerazione dell'impossibilità che entro lo stesso anno di validità della polizza potessero manifestarsi sia l'errore sia la richiesta risarcitoria, e sua sostituzione, previo annullamento, con l'art. 1917 c.c.; Napoli, in un caso di responsabilità medica di una struttura sanitaria, ha dato rilevanza, invece, all'interesse della struttura a fruire di tutela assicurativa anche per eventi verificatisi anteriormente all'entrata in vigore della polizza, ritenendo così meritevole la clausola.

Il Tribunale di Roma, dopo avere qualificato come mista la clausola “claims made” al cui scrutinio è stato chiamato, e dopo avere accertato che, in concreto, i fatti generatori della responsabilità medica risalivano all'epoca della vigenza del contratto (all'incirca quinquiennio 2003-2008), ma la richiesta della danneggiata era pervenuta solo nel 2010, ha concluso per la meritevolezza della clausola in considerazione del fatto che la circostanza, svantaggiosa per la struttura assicurata, dell'esclusione dalla copertura dei fatti verificatisi in pendenza di contratto ma denunciati successivamente, era controbilanciata dalla previsione della retroattività triennale, ovvero dalla copertura anche dei fatti verificatisi nel triennio antecedente all'inizio di validità del contratto.

Sempre sulla scorta dei criteri interpretativi suggeriti dalla Suprema Corte in relazione alla possibile insussistenza di meritevolezza di clausole di questo tipo, qualora si tratti di settori professionali, come quello sanitario, per cui sia previsto l'obbligo di stipula di assicurazioni professionali, per cui si deve avere anche un'ottica di tutela degli interessi del terzo danneggiato, la sentenza in esame ha dato atto dell'anteriorità del contatto esaminato alla normativa introduttiva di tale obbligo d.l. n. 158/2012 conv. in l. n. 189/2012, escludendo l'opportunità di effettuare il giudizio di meritevolezza anche in comparazione con tale normativa, non ancora vigente all'epoca della stipula e ben lontana dalla sua emanazione.

Lo scrutinio condotto dal Giudice capitolino ha condotto, questa volta, a denegare la copertura assicurativa alla struttura sanitaria, in applicazione, ex post, ad un contratto stipulato tredici anni prima, di criteri interpretativi freschi, non prevedibili né allora né al momento dell'introduzione del giudizio, con soluzione condizionata dal sostanziale “overruling” della Cassazione che ha indotto, condivisibilmente, il giudicante, a compensare le spese di lite fra ente assicurato ed assicuratore.

La S.C. ha difatti spostato il fulcro della valutazione dal piano del giudizio di limitazione della responsabilità e del rispetto della tipicità del prototipo contrattuale a quello di meritevolezza della clausola “claims made” in concreto, che comporta un maggior rilievo, rispetto all'interpretazione tecnico/letterale di tale clausola, dell'interpretazione complessiva del contratto (art. 1363 c.c.) per cui ogni clausola deve essere valutata alla luce della altre, nell'ottica della conservazione del contratto (art. 1367 c.c.) nonché un rilievo speciale all'interesse specifico dell'assicurato protetto dall'assicurazione, specialmente laddove si tratti di un soggetto professionale per cui vengano in rilievo anche possibili pregiudizi dei terzi danneggiati potenzialmente fruitori della prestazione indennitaria socialmente utile.

La valutazione di meritevolezza viene dunque a dipendere anche, in modo invero anomalo, dall'effetto che ne discenderebbe in concreto, soluzione che pare suscettibile di alterare l'alea, a posteriori, e rendere ben difficile la valutazione attuariale ex ante circa l'entità del premio.

Certo è che, in tale ottica, la contrattazione fra assicurato ed assicuratore e la concreta modulazione del contratto in rapporto alle concrete esigenze del primo assume un rilievo preminente, che mal si concilia con l'abituale rigidità della modulistica delle compagnie assicuratrici e con l'apparente disattenzione con cui certe polizze vengono stipulate, specialmente nel settore sanitario.

Sul piano processuale, il ruolo di allegazione e prova delle parti si presenta più importante di prima. Non a caso il Giudice capitolino ha sottolineato, nella sentenza, che l'aspetto dell'entità del premio pattuito, indicata sempre dalle S.U. come altro indice dell'adeguatezza o meno del contatto rispetto alle esigenze dell'assicurato, non era suscettibile di approfondimento processuale in quanto tema non trattato dalle parti. Lacuna che si è risolta, in ossequio all'onere della prova in materia assicurativa, a danno dell'ente assicurato.

Occorre, infatti, avere presente che, secondo orientamento giurisprudenziale costante, nel contratto di assicurazione contro i danni, grava sull'assicurato che invochi la copertura per un sinistro la prova della verificazione del sinistro e di tutti i presupposti per la garanzia assicurativa, anche con riferimento all'insussistenza di cause di esclusione (Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2012 n. 6267, Cass. civ. sez. III, 20 febbraio 1998 n. 1790), che pertanto, allorché si tratti di una polizza con clausola “claims made”, la cui operatività costituisce oggetto di mera difesa dell'assicuratore, compete all'assicurato la prova della ricezione della prima richiesta di risarcimento entro il limite di vigenza del contratto e, se si tratti di una clausola mista, anche della collocabilità temporale del sinistro (inteso come illecito commesso) a tale epoca.

Dopo la pronuncia delle S.C., l'assicurato avrà anche l'onere di tentare di dimostrare che la polizza, così come costruita, in realtà lasci tali vuoti di tutela da vanificare il concetto stesso di rischio, che le sue esigenze siano state oggetto di trattative specifiche, quali siano state le sue richieste contrattuali, ecc., situazione processuale sicuramente deteriore rispetto a quella dell'impresa, per cui è sufficiente costituirsi in giudizio e produrre un testo scritto di polizza, in ossequio all'art. 1888 c.c., da cui si evinca la presenza della clausola “claims made”, opponendo l'inoperatività.

Non irrilevante, infine, appare, a questo punto, al fine del giudizio di meritevolezza della clausola “claims made”, anche la vicenda cronologica della successione dei contratti assicurativi stipulati dallo stesso soggetto nel tempo, con lo stesso o con diversi assicuratori, avuto riguardo alla presenza o meno di clausole di retroattività o ultrattività della garanzia (ad esempio le c.d. “sunset clauses”) e all'alternarsi di polizze “loss occurence” con polizze di tipo “claims made”, che può procurare o il cumulo delle coperture (se a una “loss occurence” segue, ad esempio, una “claims made” pura) o, per converso, un totale vuoto di copertura (se ad una “claims made” mista per cui si richiede che la condotta illecita e la richiesta si verifichino in vigenza del contratto, segua una “loss occurence”, gli eventuali sinistri verificatisi in vigenza del primo contratto, ma i cui effetti si siano manifestati dopo, potrebbero non fruire di alcuna garanzia. )

Guida all'approfondimento

M.IRRERA, L'Assicurazione, L'Impresa e Il Contratto, in Trattato di Diritto Commerciale, di G. Cottino, Vol X, II, Padova, 2011;

L.LOCATELLI, Clausole “claims made” e giudizio di vessatorietà, in Resp Civ. e Prev, fasc. 2, 2016, p. 529;

REDAZIONE SCIENTIFICA, Milano e Napoli: le prime pronunce (contrastanti) sulla “claims made” dopo le Sezioni Unite in ridare.it.

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