Consenso informato e giudicato

Maria Nefeli Gribaudi
10 Settembre 2015

Per i diritti eterodeterminati (quei diritti, come quello avente ad oggetto il risarcimento dei danni, che possono sussistere simultaneamente più volte con lo stesso contenuto fra gli stessi soggetti), il mutamento del fatto costitutivo comporta mutamento del diritto e, pertanto, la domanda giudiziale con cui si faccia valere in un secondo processo un diritto dallo stesso contenuto di quello fatto valere nel primo giudizio, ma basato su un fatto costitutivo diverso, costituirà una domanda con cui si fa valere un diritto diverso; Inoltre, è coperta da giudicato la domanda di risarcimento dei danni per violazione del consenso informato in riferimento alla violazione del diritto alla salute in quanto trattasi di questione (relativa alla causa petendi), basata sul medesimo fatto costitutivo, deducibile nel primo giudizio di responsabilità professionale promosso dall'attore e tendente ad ottenere il medesimo bene della vita.
Massima

Per i diritti eterodeterminati (quei diritti, come quello avente ad oggetto il risarcimento dei danni, che possono sussistere simultaneamente più volte con lo stesso contenuto fra gli stessi soggetti), il mutamento del fatto costitutivo comporta mutamento del diritto e, pertanto, la domanda giudiziale con cui si faccia valere in un secondo processo un diritto dallo stesso contenuto di quello fatto valere nel primo giudizio, ma basato su un fatto costitutivo diverso, costituirà una domanda con cui si fa valere un diritto diverso; Inoltre, è coperta da giudicato la domanda di risarcimento dei danni per violazione del consenso informato in riferimento alla violazione del diritto alla salute in quanto trattasi di questione (relativa alla causa petendi), basata sul medesimo fatto costitutivo, deducibile nel primo giudizio di responsabilità professionale promosso dall'attore e tendente ad ottenere il medesimo bene della vita.

Il caso

L'attore conveniva in giudizio la struttura sanitaria e i medici che avevano eseguito l'intervento chirurgico a cui si era sottoposto ed in seguito al quale si era verificata una paresi permanente dello sciatico popliteo esterno destro causandogli una zoppia permanente; all'esito di tale giudizio veniva tuttavia esclusa la responsabilità professionale dei convenuti.

L'attore adiva nuovamente il Tribunale deducendo che nella consulenza tecnica d'ufficio era stata accertata una grave omissione nell'acquisizione del consenso informato e che dall'omessa informazione era derivata la lesione del diritto alla salute e del diritto all'autodeterminazione.

La questione

In via preliminare, occorre stabilire se la domanda proposta nel successivo giudizio, volta ad ottenere il risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dalla lesione del diritto alla salute e del diritto all'autodeterminazione, sia improcedibile perché coperta da giudicato.

Come è noto l'identità delle domande si identifica attraverso la corrispondenza del requisito soggettivo delle medesime parti processuali, attive e passive, e dai duplici e concorrenti presupposti di natura oggettiva del petitum e della causa petendi.

Le soluzioni giuridiche

Come osservato dalla sentenza in epigrafe, nei diritti cd. eterodeterminati - come è quello avente ad oggetto il risarcimento del danno - vi è una stretta connessione tra il fatto costitutivo e il diritto fatto valere, tanto che il mutamento del primo comporta il mutamento dell'altro e, pertanto, la domanda giudiziale con cui si faccia valere in un secondo processo un diritto dallo stesso contenuto di quello fatto valere nel primo giudizio, ma basato su un fatto costitutivo diverso, costituirà una domanda con cui si fa valere un diritto diverso.

Sotto il profilo sostanziale, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, il giudicato copre non solo quanto espressamente dedotto in giudizio – giudicato esplicito - ma anche quanto era deducibile in relazione al medesimo oggetto, cioè a tutte quelle questioni che sebbene non dedotte specificamente, costituiscono tuttavia precedenti logici, essenziali e necessari alla pronuncia -giudicato implicito - (cfr. Cass. n. 22520/2011; Cass., n. 21200/2009; Cass., n. 24664/2007).

Alla luce di tali principi pertanto per valutare la novità della domanda risarcitoria derivante dall'inadempimento degli obblighi informativi posti in capo al medico e alla struttura sanitaria bisogna avere riguardo al diritto che viene fatto valere: si ha formulazione di domanda nuova quando viene mutato il fatto costitutivo della pretesa.

Segnatamente la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che i danni non patrimoniali derivanti dalla violazione del consenso informato possono da un lato essere conseguenti alla lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente di rilievo costituzionale – artt. 13 Cost. e art. 32, comma 2, Cost. - sussistente quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava l'onere della prova, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all'intervento e di subirne le conseguenze invalidanti; dall'altro lato può trattarsi di pregiudizi conseguenti alla lesione del diritto all'integrità psico-fisica del paziente, tutelato dall'art. 32 Cost. (Cass. n. 2847/2010).

Si tratta di due diritti di rilievo costituzionale, indipendenti e ontologicamente diversi dei quali il consenso informato svolge funzione di sintesi (Corte cost. n. 438/2008): il diritto all'autodeterminazione può assumere autonomo rilievo ai fini risarcitori, benché il trattamento medico sia stato eseguito secondo le regole dell'arte e non sussista lesione della salute, quando determini conseguenze pregiudizievoli di apprezzabile gravità. .

In particolare, il danno da lesione della salute verificatosi per le non imprevedibili conseguenze dell'atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secondo le regole dell'arte, ma non preceduto da una adeguata informazione sui suoi possibili effetti pregiudizievoli grava sul paziente dimostrare, anche mediante presunzioni, che egli non si sarebbe sottoposto al quel determinato intervento se fosse stato compiutamente informato o che si sarebbe sottoposto in tempi significativamente diversi ovvero che avrebbe optato per alternative terapeutiche.

Nei casi di pregiudizi derivanti dalla violazione del diritto all'autodeterminazione non accompagnate da ricadute apprezzabili in termini di danno biologico, il paziente, ferma la prova dell'incidenza eziologica dell'omessa informazione sulla determinazione volitiva dello stesso in punto di scelte di cura, dovrà anche dimostrare, quale conseguenza dell'omessa informazione, la produzione di un danno non patrimoniale tale da varcare la soglia della gravità dell'offesa, secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni unite civili Cass., n. 26972/2008, Cass. n. 26973/2008 e Cass., n. 26974/2008.

In riferimento al consenso informato, dunque, la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto all'autodeterminazione e quindi fondata su un fatto costitutivo diverso, rappresenta una domanda nuova rispetto a quella diretta a ottenere il risarcimento del danno derivante dalla lesione del diritto alla salute senza incontrare il limite del giudicato.

Pertanto, sulla base di tali premesse, il Tribunale di Milano ritiene che la domanda relativa alla violazione del diritto alla salute sia coperta da giudicato perché basata sul medesimo fatto costitutivo, non dedotto ma deducibile nel primo giudizio e diretto ad ottenere il medesimo bene della vita; ritiene, invece, ammissibile la domanda relativa alla violazione del diritto all'autodeterminazione perché fondata su un fatto costitutivo diverso da quelle dedotto nel primo giudizio.

Osservazioni

Il diritto costituzionale all'autodeterminazione, garantito dagli artt.2, 13, 32 Cost., è un diritto ontologicamente diverso ed autonomo rispetto al diritto alla salute e da un lato trova come proprio corollario il diritto del paziente di scegliere se, quando e a quale trattamento sanitario sottoporsi e dall'altro quello di rifiutarlo o di interromperlo in ogni tempo anche quando comporti un pericolo per la sua vita.

La progressiva valorizzazione di tale diritto da parte della giurisprudenza ha inciso profondamente sul rapporto di cura segnando il passaggio da una relazione paternalistica a un rapporto di stampo personalistico in cui il centro decisionale si sposta verso il paziente.

Il diritto all'autodeterminazione in ambito sanitario comporta l'introduzione di obblighi informativi derivanti dal contratto tra il medico/ la struttura sanitaria e il paziente – o dal cd. contatto sociale - che sono strumentali al suo effettivo esercizio perché diretti a mettere il paziente in condizioni di scegliere consapevolmente, attenuando l'asimmetria informativa che inevitabilmente caratterizza il rapporto di cura.

Il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento dell'obbligo informativo incidente sul diritto all'autodeterminazione del paziente – sempre che sussistano la gravità della lesione e la serietà del danno che superi la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale (Cass., S.U., n.26972/2008) – deve essere inteso come riparazione conseguente alla privazione del diritto alla scelta consapevole e dev'essere quantificato in via equitativa, salvo che il paziente provi, anche attraverso presunzioni che, qualora fosse stato correttamente informato non si sarebbe sottoposto all'intervento o si sarebbe sottoposto in tempi significativamente diversi. (v. Cass. n.16394/10, Cass. n. 2847/2010).

Il Tribunale di Milano, sulla scorta di quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, ha affermato che la valutazione della lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente deve essere effettuata in concreto e, avuto riguardo alla frequenza della complicanza verificatasi ma non prospettata ed alla cronicità dei dolori, lamentati dal paziente per un lungo periodo di tempo ritenendo, ritiene che in assenza di specifica allegazione e prova sul punto, dopo un lungo periodo di dolori cronici (durato 18 anni), il paziente anche ove correttamente informato dalla possibilità di una complicanza con un'incidenza statistica molto scarsa (pari all' 0,06%), avrebbe verosimilmente accettato la scelta terapeutica a lui prospettata.

La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che «il rispetto dell'autodeterminazione del paziente - che è ciò che si vuole tutelare, con il conseguente risarcimento del danno per mancato consenso – deve essere valutato in concreto, tenendo presenti le reali possibilità di scelta che si ponevano di fronte al paziente, nel caso in cui fosse stato adeguatamente informato. A ciò consegue che la rilevanza causale del mancato consenso sussiste soltanto quando una tale disinformazione abbia comportato una scelta terapeutica che, altrimenti, sarebbe stata, con alta probabilità, rifiutata o modificata dal paziente stesso» (Cass. n. 20984/2012).

Il paziente dovrà quindi allegare l'omessa o incompleta informazione e che qualora fosse stato correttamente informato non si sarebbe sottoposto alla terapia o all'intervento.

Secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità inaugurato dalla sentenza a Sezioni Unite Cass. n. 577/2008, l'inadempimento rilevante nell'ambito dell'azione di responsabilità per risarcimento del danno, nelle obbligazioni dette "di comportamento", non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno; il che comporta la necessità della parte istante di allegare un inadempimento, per così dire, qualificato e cioè astrattamente efficiente alla produzione del danno.

Pertanto, la sussistenza del nesso eziologico va indagata non solo in riferimento al rapporto di consequenzialità tra intervento terapeutico e pregiudizio della salute, ma - ove sia allegata la violazione del consenso informato – deve essere valutata anche in relazione al rapporto tra omessa informazione ed esecuzione dell'intervento.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.