Il diritto al risarcimento del danno per la perdita del congiunto e l’ordine pubblico cd. “internazionale”

Daniela Zorzit
11 Giugno 2014

Il principio di risarcibilità del danno morale da uccisione del congiunto, attenendo alla tutela dei diritti fondamentali della persona, appartiene all'ordine pubblico internazionale, sicché non può trovare applicazione nell'ordinamento italiano la norma straniera – quale l'art. 1327 codice civile austriaco – che tale risarcibilità escluda.
Massima

Cass. civ. III sez., 22 agosto 2013, n. 19405

Il principio di risarcibilità del danno morale da uccisione del congiunto, attenendo alla tutela dei diritti fondamentali della persona, appartiene all'ordine pubblico internazionale, sicché non può trovare applicazione nell'ordinamento italiano la norma straniera – quale l'art. 1327 codice civile austriaco – che tale risarcibilità escluda.

Sintesi del fatto

La vicenda sottoposta all'esame della Cassazione trae origine da un sinistro stradale verificatosi in Austria nel 1988: mentre percorreva l'autostrada, il conducente di un tir perse il controllo del mezzo e tamponò un camper, che si trovava in sosta nella corsia di emergenza con a bordo sei persone (che dormivano nella zona letto). Degli occupanti – tutti cittadini italiani– cinque morirono sul colpo, ed uno riportò gravissime lesioni.

I congiunti delle vittime e l'unico superstite citarono innanzi al Giudice italiano la società austriaca proprietaria dell'autotreno, il conducente dello stesso e le compagnie che prestavano la garanzia r.c.a. per i mezzi coinvolti, al fine di ottenere il ristoro dei pregiudizi patiti. Il contradditorio venne poi integrato anche nei confronti della società titolare del camper.

Il Tribunale di Treviso pronunziò condanna ai sensi dell'art. 2055 c.c. (ritenendo operante la presunzione di corresponsabilità di tutti i convenuti nei confronti dei terzi trasportati), ma accolse solo in parte le domande. In particolare, per quel che qui interessa, rigettò la richiesta avanzata dai congiunti delle vittime volta al risarcimento del danno non patrimoniale (cd. “parentale”) osservando che il risarcimento di tale “posta” non era contemplato dall'art.1327 codice civile austriaco– ABGB -(applicabile alla fattispecie in forza del rinvio di cui all'art. 25 disp. att. c.c., delle preleggi allora vigente). Tale norma, infatti, così stabiliva:<<Quando da una lesione fisica consegue la morte, allora devono essere risarcite non solo tutte le spese, bensì anche, ai superstiti al cui mantenimento la vittima era tenuta per legge, quanto ad essi, a causa di ciò, è venuto a mancare>>.

All'esito del proposto gravame, la Corte di Appello di Venezia ribaltò, in parte qua, il decisum, statuendo che l'art. 1327 ABGB non poteva<<precludere la tutela dei diritti primari ed inviolabili connessi alla sfera più intima della persona umana in quanto tale>>, nella specie da <<considerare nell'ambito dei legami inerenti a strettissimi rapporti di comunanza di vita (anche in ipotesi di persone non più conviventi), nonché quanto all'inviolabilità della libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona e della solidarietà nell'ambito dei vincoli familiari, ancorati a chiari principi costituzionali>>. Il Collegio liquidò quindi, in via equitativa, euro 65.000 in favore di ciascun genitore ed euro 20.000 per ciascun fratello.

I convenuti soccombenti (ossia la società proprietaria del tir, il conducente dello stesso e la compagnia assicuratrice per la rca) proposero ricorso in Cassazione censurando la sentenza per violazione e falsa applicazione (tra gli altri) dell'art. 31 disp. att. c.c. (applicabile ratione temporis) sostenendo che tale norma <<non autorizza l'automatica sussunzione di ogni principio della Costituzione italiana all'interno dell'ordine pubblico internazionale, quale limite alla operatività della norma straniera richiamata>>.

La questione

Il quesito che “attraversa” la vicenda in esame e costituisce il punctum saliens della decisione può essere così sintetizzato: se contrasti o meno con il cd. “ordine pubblico internazionale” (quale limite previsto dall'art. 31 disp. att. c.c. – applicabile alla fattispecie ratione temporis -) la norma di un ordinamento straniero che escluda il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in favore dei congiunti di persona deceduta.

Soluzioni giuridiche

Come si è accennato, la principale censura mossa dai ricorrenti attiene alla (asserita) violazione e falsa applicazione dell'art. 31 disp. att. c.c. (cd. Preleggi) applicabile ratione temporis, che così recitava:<< Nonostante le disposizioni degli articoli precedenti, in nessun caso le leggi e gli atti di uno Stato estero, gli ordinamenti e gli atti di qualunque istituzione o ente, o le private disposizioni e convenzioni possono avere effetto nel territorio dello Stato, quando siano contrari all'ordine pubblico o al buon costume. L'ordine corporativo fa parte integrante dell'ordine pubblico>>.

Ad avviso dei soccombenti, la Corte territoriale avrebbe errato nell'escludere l'operatività dell'art. 1327 ABGB (e quindi nel riconoscere ai congiunti il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale per la perdita del proprio caro, in ragione della necessità di tutelare i diritti inviolabili connessi alla persona nell'ambito della famiglia); la ragione per cui la sentenza gravata dovrebbe essere cassata consisterebbe nel fatto che <<l'ordine pubblico non può essere fatto automaticamente coincidere con le norme costituzionali di un singolo Paese>> perché <<si riferisce a quei principi di civiltà giuridica che sono non solo peculiari del nostro ordinamento bensì sono anche condivisi dagli ordinamenti di più risalente tradizione giuridica>>, di talché <<la disciplina italiana sul danno morale non potrebbe rappresentare un principio di ordine pubblico internazionale non trovando essa corrispondenza in ordinamenti europei di fondamentale rilievo, come , ad esempio, oltre a quello austriaco, anche quello tedesco (art. 844 c.c.) e quello olandese (art. 106 c.c.)>>.

La Corte ritiene il motivo infondato. Osservano gli Ermellini che <<è acquisizione sufficientemente consolidata quella per cui la nozione di ordine pubblico (anche in riferimento all'art. 31 citato) – in forza della quale la norma straniera che vi contrasti non può trovare ingresso nel nostro ordinamento in applicazione della pertinente disposizione di diritto internazionale privato – non è enucleabile esclusivamente sulla base dell'assetto ordinamentale interno, racchiudendo essa i principi fondamentali della Costituzione o quegli altri principi e regole che rispondono all'esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell'uomo o che informano l'intero ordinamento in modo tale che la loro lesione si traduce in uno stravolgimento dei valori fondanti del suo assetto ordinamentale>>. La Corte precisa altresì che <<il concetto di ordine pubblico a fini internazionalprivatistici si identifica con quello indicato con l'espressione “ordine pubblico internazionale” da intendersi come complesso di principi fondamentali caratterizzanti l'ordinamento interno in un determinato periodo storico o fondati su esigenze di garanzia, comuni ai diversi ordinamenti, di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo>>.

Osservazioni e suggerimenti pratici

La pronuncia in commento si inserisce nel solco delle famose sentenze gemelle del 2008 e per certi aspetti ne rappresenta una naturale “evoluzione”: essa porta ad ulteriore compimento il percorso “del danno non patrimoniale”, tracciando una traiettoria che va oltre i confini del diritto interno e si innesta, in modo del tutto “fisiologico”, entro le articolate geometrie dell' ordinamento comunitario.

La Cassazione afferma senza esitazioni che la norma del codice austriaco che esclude il risarcimento del danno per la perdita del congiunto non può essere applicata dal giudice italiano perché contrasta con l'ordine pubblico (di cui all'art. 31 disp. att. c.c. delle preleggi, norma applicabile ratione temporis). Quest'ultimo – precisa - comprende non solo i principi fondamentali della Costituzione, ma anche quelli che rispondono all'esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell'uomo.

Lo sguardo degli Ermellini si volge, dunque, in una duplice direzione: la prima è per così dire “interna”; la verifica di compatibilità della norma di altro ordinamento (ai sensi dell'art. 31 preleggi – ma il discorso non dovrebbe cambiare neppure in una prospettiva “attualizzata”) deve essere anzitutto condotta alla luce dei principi desumibili dalla Carta fondamentale. Sotto questo profilo, è consolidato l'orientamento secondo cui il cd. “ordine pubblico internazionale” (come limite alla applicazione, prescritta da una norma di conflitto, di una disposizione straniera) <<è formato da quell'insieme di principi, desumibili dalla Carta Costituzionale>>, o che comunque, pur non trovando in essa collocazione, fondano l'intero assetto ordinamentale, sì da rappresentare il cardine della struttura etica, sociale ed economica della comunità nazionale conferendole una ben individuata ed inconfondibile fisionomia (Cass., 28 dicembre 2006, n. 27592; nello stesso senso Cass., 10 marzo 1995 n. 2788; Cass., 11 novembre 2002, n. 15822). La stessa Corte Costituzionale ha affermato che l'ordine pubblico è costituito dalle <<regole fondamentali poste dalla Costituzione e dalle leggi a base degli istituti giuridici nei quali si articola l'ordinamento positivo nel suo adeguarsi all'evoluzione della società>> (C. cost.,2 febbraio 1982, n. 18).

In tale contesto è quindi naturale il richiamo alle note sentenze della Cassazione che, a partire dal 2003, hanno “ridisegnato” i confini del danno non patrimoniale, attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 cc. (Cass.,n. 8827/2003 e Cass., n. 8828/2003). E così, nel solco di tali precedenti, la Suprema Corte ribadisce, nella pronuncia in esame, il principio per cui il soggetto che chiede iure proprio il risarcimento del danno subito in conseguenza della uccisione di un congiunto lamenta <<l'incisione dell'interesse alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia>> protetto dalla Costituzione (artt. 2, 29, e 30 Cost.). Venendo dunque in rilievo la lesione di un diritto inviolabile della persona, non può assolutamente negarsi il diritto al risarcimento del danno, che - come icasticamente osservato dalle SS. UU. di San Martino -, costituisce la forma minima ed imprescindibile di tutela.

Ben si spiega dunque – già in una prospettiva per così dire “interna”, - il rifiuto di applicare una norma come l'art. 1327 ABGB: essa priva il soggetto (che abbia subito un siffatto vulnus) di una protezione che, per il nostro ordinamento, deve considerarsi irrinunciabile, essendo <<il valore inciso di rango fondamentale>>.

Nel motivare il rigetto del ricorso, la Cassazione prende in considerazione anche un altro profilo, laddove precisa che l'ordine pubblico racchiude (oltre a quelli desumibili dalla Costituzione) <<quegli altri principi e regole che rispondono all'esigenza di carattere universale di tutelare i diritti fondamentali dell'uomo>>. E particolarmente significativo è il passo in cui viene evidenziata la <<vocazione cd. internazionalista della nostra Carta Fondamentale, che, oggi, (..) trova ulteriore forza di radicamento nell'art. 117, comma 1, Cost., il quale imprime alla legislazione tutta il rispetto dei vincoli derivanti dai trattati internazionali e dalla partecipazione all'Unione europea (..). Ove, poi vengano in rilievo fonti che sono votate alla protezione dei diritti fondamentali della persona umana (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con la legge n. 88 del 1955, Carta europea dei diritti fondamentali dell'Unione Europea – o Carta di Nizza – che , in forza dell'art. 6 del Trattato di Lisbona “ha lo stesso valore giuridico dei trattati”), la loro incidenza sull'individuazione del limite di recepimento della norma straniera, partecipe di ordinamento anch'esso soggetto a quel sistema di fonti, non può essere revocato in dubbio, posto che appare evidente, al contempo, l'apertura internazionalista del concetto di ordine pubblico e la condivisione degli stessi valori fondamentali tra i diversi ordinamenti statuali, nell'ambito dello stesso sistema di tutela multilivello>>.

E dunque la Cassazione sembra dare rilievo a quello che la dottrina stessa ha definito come l'ordine pubblico <<realmente internazionale>> (F. Mosconi, C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, 252 ss.), costituito da quell'insieme di principi - tra cui rientrano i diritti fondamentali della persona - che sono “trasversali”, ossia riconosciuti e condivisi ( attraverso l'adesione ai trattati, alle convenzioni ovvero alla partecipazione all'Unione Europea) anche dagli altri Stati.

L'affermazione della Corte trova, del resto, altri precedenti: per es. già Cass., 11 novembre 2002, n. 15822 e Cass., 26 novembre 2004, n. 22332 avevano sottolineato che nell'ordine pubblico (quale limite all'applicazione nel nostro Paese di una disposizione straniera) devono essere ricompresi anche i principi fondamentali espressi dal diritto internazionale e da quello comunitario, che il nostro ordinamento abbia recepito e fatto propri.

E così, dando continuità a questo indirizzo, la Cassazione osserva che la protezione dei congiunti non si arresta al solo ambito interno, segnato dalla Costituzione, ma trova rispondenza ed implementazione anche nella dimensione europea della tutela della vita familiare garantita dall'art. 8 CEDU e dall'art. 7 della Carta di Nizza. <<Norme, quest'ultime, che presidiano gli stessi valori fondamentali della persona umana – quale il diritto alla intangibilità delle relazioni familiari all'interno di una comunità (..) condivisi da Italia ed Austria, entrambi membri della Convenzione e dell'Unione europea.>>. E con quest'ultima precisazione, la Corte sembra lasciare intendere che, a fortiori, giammai potrebbe trovare applicazione in Italia una norma che si ponga essa stessa in contrasto con i precetti del diritto internazionale e comunitario a cui l'ordinamento da cui essa promana abbia dichiarato di conformarsi.

Alla luce di tale mutato quadro di riferimento, la Cassazione ritiene dunque che non possa più giustificarsi la soluzione – sposata da Cass., n. 3445/1980 – che, in un caso analogo a quello oggetto della attuale vertenza, aveva fatto applicazione dell'art. 1327 ABGB negando (allora) che vi fosse un problema di incompatibilità con l'ordine pubblico.

Conclusioni

Con la sentenza in esame la Cassazione ha “superato” in un sol colpo il proprio precedente, risolvendo in modo diametralmente opposto un caso sovrapponibile a quello dalla stessa esaminato qualche decennio prima. Ma ciò non deve stupire: come evidenziato in dottrina e chiarito dalla stessa Corte (per es. Cass., 11 novembre 2002 n. 15822, che richiama altri precedenti), il concetto di ordine pubblico è “relativo nel tempo” nel senso che si adegua al “sentire” della coscienza sociale, e quindi assorbe e riflette i valori che vengono via via percepiti e ritenuti irrinunciabili dalla collettività. E la decisione in esame non fa altro che cogliere tale mutamento, dando atto della progressiva centralità assunta dalla persona (nell'ambito della evoluzione della giurisprudenza, ancorata alla lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., ma anche in un'ottica internazionale) e portando tale nuova consapevolezza verso un ulteriore e per così dire naturale sbocco: quello di negare la compatibilità con il nostro ordinamento di una norma straniera che, in caso di lesione della sfera degli affetti nell'ambito della famiglia (considerata di per sé “intangibile”), non ammetta il risarcimento del danno non patrimoniale, così privando i congiunti di quella “tutela minima” che deve essere sempre accordata allorquando venga inciso un bene di rango primario.

La pronuncia suggella quindi un cambiamento di orizzonti, di cui dà ben atto anche la recentissima Cass., 23 gennaio 2014, n. 1361, la quale osserva che<<(..) la ristorabilità del danno non patrimoniale costituisce orami regola di diritto effettivo. La tradizionale interpretazione che negava la generale risarcibilità del danno non patrimoniale in ragione della insuscettibilità di valutazione economica degli interessi personali lesi, limitandola ad ipotesi eccezionali, risulta da tempo superata. (..). La coscienza sociale ha avvertito l'insopprimibile esigenza di non lasciare priva di ristoro la lesione di valori costituzionalmente garantiti, dei diritti inviolabili e dei diritti fondamentali della persona, in particolare i diritti all'integrità psico-fisica e alla salute, all'onore e alla reputazione, all'integrità familiare (..), allo svolgimento della personalità e alla dignità umana>>.

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