Consenso informato, sintesi di due diritti fondamentali: diritto all’autodeterminazione e alla salute

12 Novembre 2014

“In presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole d'arte, dal quale siano derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute”.
Massima

App. Napoli, 2 luglio 2014, n. 3046

“In presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole d'arte, dal quale siano derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute”.

Sintesi del fatto

Tizio conveniva in giudizio la regione Alpha, l'Asl Beta e l'Azienda Ospedaliera Gamma, nonché i medici Caio e Sempronio, in seguito all'intervento per ernia discale, effettuato in sede errata e senza alcun tempestivo intervento diretto al recupero della situazione clinica, oltre a lamentare la mancanza di consenso informato. Intervenivano nel giudizio anche la moglie e i figli di Tizio, chiedendo il risarcimento dei danni alla vita affettiva ed alla sfera sessuale.

Il Tribunale rigettava le domande di attori ed interventori.

Tizio e Famiglia proponevano appello.

La Corte d'Appello, interamente riformando la sentenza del Tribunale, condannava la Regione Alpha e il Dott. Caio al risarcimento dei danni nei confronti di Tizio e, limitatamente, della moglie.

In motivazione

“Sulle conseguenze della violazione, da parte dei sanitari, dell'obbligo informativo, sostengono gli appellanti che per questa sola ragione dovrebbe accogliersi la loro domanda di risarcimento dei danni, finanche nell'ipotesi in cui il trattamento assistenziale e chirurgico dovesse risultare corretto e diligente.

Effettivamente, dalla violazione dell'obbligo d'informazione la giurisprudenza ha fatto discendere la responsabilità del medico nel caso di insuccesso dell'intervento, poiché in assenza di informazione l'intervento è impedito al chirurgo (…).

E, occorre aggiungere, tale responsabilità è stata ritenuta sussistente anche se in concreto non sia addebitabile al medico alcuna colpa (Cass. 14 marzo 2006, n. 5444, Cass. 24 settembre 1997, n. 9374), poiché il comportamento illecito del medico viene fatto consistere non nel mancato rispetto della leges artis, ma nell'omessa informazione che, impedendo al paziente di esercitare il diritto di rifiutare l'intervento, si considera quale antecedente causale dell'evento infausto.

Tale orientamento, criticato in dottrina (perché consente la condanna del medico anche in assenza di un vero e proprio nesso di causalità tra omissione e danno) è stato, però, di recente abbandonato, avendo la suprema Corte affermato (con sentenza Cass. 9 febbraio 2010, n. 2847) che in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole d'arte, dal quale siano derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.

La Suprema Corte, nel ribadire tali principi, ha anche affermato (Cass. n. 20984/2012) la necessità d'indagare la sussistenza del nesso eziologico (tra la violazione del diritto in esame e il danno) non solo in relazione al rapporto di consequenzialità tra intervento o terapia adottata e pregiudizio della salute, ma…che in relazione al rapporto tra attività omissiva del medico, per non aver informato il paziente, ed esecuzione dell'intervento o adozione di una determinata terapia. Ciò sempre nell'ottica che il diritto all'autodeterminazione è diverso dal diritto alla salute (Cass. n. 16394/2010, Cass. n. 2847/2010, Cass. n. 10741/2009, Cass. n. 18513/2007), talché la risarcibilità del danno da lesione della salute, che si verifichi per le non imprevedibili conseguenze dell'intervento medico necessario correttamente eseguito, ma senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli, dunque in assenza di un consenso consapevolmente prestato, richiede l'accertamento che il paziente avrebbe rifiutato quel determinato intervento…se fosse stato adeguatamente informato.”

La questione

La questione in esame è la seguente: la violazione del consenso informato costituisce fonte di autonoma pretesa risarcitoria?

Le soluzioni giuridiche

Quello del consenso informato è sempre stato, sia in dottrina che in giurisprudenza, un tema molto dibattuto.

Esso, infatti, costituisce legittimazione e fondamento del trattamento sanitario: in sua mancanza l'intervento del medico è illecito, anche quando praticato nell'interesse del paziente. Si fonda, pertanto, su diritti costituzionalmente garantiti, quali l'autodeterminazione e il diritto alla salute.

Nella sentenza Cass., 19 settembre 2014, n. 19731 del la Corte ha affermato che la corretta e precisa informazione non è soltanto un “dovere contrattuale” tra medico e paziente ma è un vero e proprio elemento imprescindibile per la validità del consenso stesso e costituisce anche “un elemento costitutivo della protezione del paziente con rilievo costituzionale, per gli artt. 2, 3, 13 e 32 Cost. assieme ad altre norme di diritto positivo, che nel corso del tempo abbiano da aumentare le garanzie a favore dei consumatori del bene della salute”.

Vari sono stati gli orientamenti in merito alle conseguenze della violazione del consenso informato e alla risarcibilità del danno relativo.

Ci si è chiesti se la violazione del consenso informato possa qualificarsi o meno come fonte di autonoma pretesa risarcitoria, ovvero per ottenere il risarcimento sia sufficiente solo l'inottemperanza al dovere di informazione, senza che abbia rilievo che ci sia stato o meno il danno alla salute.

La Sentenza della Cass. 20 agosto 2013, n. 19220 ha statuito – con un orientamento che sembrava consolidato e condiviso – che la violazione del consenso informato è fonte di autonoma pretesa risarcitoria e che la sola lesione del diritto all'autodeterminazione è sufficiente per ottenere il ristoro.

Al contrario, con la sentenza in commento, la Corte d'Appello di Napoli smentisce tale indirizzo, richiamandosi a quello precedente, espresso soprattutto nella Sentenza della Cass. n. 20984/2012.

Secondo tale tesi, al fine di ottenere il risarcimento, non basterebbe la sola violazione dell'obbligo di informazione, ma dovrebbe conseguire anche un danno alla salute ed è onere del pazientedimostrare che avrebbe rifiutato quel determinato interventose fosse stato adeguatamente informato.

Osservazioni e suggerimenti pratici dell'Autore

Questa sentenza della Corte d'Appello esprime molto bene in motivazione tutte le questioni irrisolte e i problemi legati alla qualificazione del consenso informato.

Infatti “tale responsabilità è stata ritenuta sussistente anche se in concreto non sia addebitabile al medico alcuna colpa (Cass. 14 marzo 2006, n. 5444, Cass. 24 settembre 1997, n. 9374) (…) Tale orientamento, criticato in dottrina (perché consente la condanna del medico anche in assenza di un vero e proprio nesso di causalità tra omissione e danno)”.

Leggendo questa espressione non servirebbero altre spiegazioni. Ovviamente l'interpretazione riguardo al consenso informato si ripercuote sui medici e sulla loro responsabilità, rendendo a volte – anzi fin troppo spesso – l'onere della prova a proprio carico praticamente una prova diabolica.

Non solo dal punto di vista etico, ma anche per contrastare la medicina difensiva, nonché per non gravare ulteriormente sul SSN, la violazione del consenso informato in re ipsa non andrebbe risarcita, soprattutto se non si è verificata alcuna lesione al diritto della salute o se è stato accertato che la stessa è dovuta a complicanze estranee al medico.

Sarebbero auspicabili per i medici delle rigide linee guida riguardanti il consenso informato, il quale dovrebbe essere personale e personalizzato, creato ad hoc per ogni paziente e spiegato puntualmente e analiticamente al momento della firma.

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