L'immobile locato si allaga e il conduttore se ne va: chi paga il canone?

Mauro Di Marzio
14 Gennaio 2015

In caso di allagamento di un immobile concesso in locazione, a seguito del quale il conduttore receda dal contratto, il terzo responsabile dell'allagamento è tenuto a risarcire il locatore della perdita subita, rapportata all'importo dei canoni di locazione non percepiti dal momento del rilascio dell'immobile a seguito del recesso a quello della stipulazione di un nuovo contratto di locazione
Massima

Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2014, n. 24851

In caso di allagamento di un immobile concesso in locazione, a seguito del quale il conduttore receda dal contratto, il terzo responsabile dell'allagamento è tenuto a risarcire il locatore della perdita subita, rapportata all'importo dei canoni di locazione non percepiti dal momento del rilascio dell'immobile a seguito del recesso a quello della stipulazione di un nuovo contratto di locazione

Sintesi del fatto

Un malfunzionamento dell'impianto fognario di uno stabile condominiale provoca l'allagamento di due locali concessi in locazione dall'unico proprietario a due distinti conduttori. Da ciò sorgono due cause:

  1. nella prima il conduttore di uno dei due immobili agisce in giudizio nei confronti del locatore al fine di ottenere il risarcimento dei danni cagionati dall'allagamento; il locatore propone riconvenzionale volta ad ottenere la risoluzione del contratto in ragione della parziale morosità del conduttore (morosità indotta dal diminuito godimento del bene a causa dell'allagamento) e, al tempo stesso, chiama in causa il condominio, sia a fini di garanzia, sia al fine di sentirlo condannare a riparare l'impianto fognario di sua proprietà; il condominio, a propria volta, chiama in causa l'appaltatore delle opere in precedenza svolte sul medesimo impianto;
  2. nella seconda il locatore agisce in giudizio nei confronti del condominio, lamentando che l'altro conduttore, a seguito dell'allagamento del locale da lui condotto in locazione, è receduto dal contratto, sicché esso locatore ha subito un danno commisurato all'entità dei canoni non percepiti nell'arco temporale compreso tra il rilascio di detto immobile e la stipulazione di un nuovo contratto di locazione con un diverso conduttore; anche in questo caso il condominio chiama in causa l'appaltatore.

Riunite le cause, all'esito del giudizio di primo grado, la corte di merito, per quanto ci interessa, condanna il condominio al risarcimento dei danni subiti dal locatore, quantificati in oltre € 200.000, danni commisurati per un verso alla morosità del primo conduttore, giustificata dalla riduzione del godimento del bene e, per altro verso, alla mancata percezione dei canoni altrimenti corrisposti dal secondo conduttore receduto dal contratto.

Contro la sentenza propone ricorso per cassazione il condominio, avanzando diverse censure, la prima delle quali — che qui interessa esaminare — concerne l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno proposta nei suoi confronti dal locatore in dipendenza del recesso, a seguito dell'allagamento, del secondo conduttore dal contratto di locazione e della conseguente perdita dei canoni che il locatore avrebbe incamerato. Secondo il condominio, difatti, detta perdita non sarebbe stata conseguenza «immediata e diretta», secondo quanto stabilisce l'art. 1223 c.c., dell'allagamento dell'immobile locato, allagamento da qualificarsi semmai come causa remota del danno, causa prossima essendone il recesso.

La questione

Ecco allora il quesito: il condominio il quale abbia provocato l'allagamento di un immobile concesso dal proprietario in locazione può essere chiamato a rispondere del danno patito dal locatore a causa della mancata percezione dei canoni di locazione in caso contrario dovuti dal conduttore, per essere questi receduto dal contratto?

Le soluzioni giuridiche

La S.C. conferma la pronuncia della corte d'appello e, in altri termini, risponde affermativamente al quesito formulato.

Il responso, che si misura con quello che fu un tempo uno dei più ardui interrogativi dell'intero settore della responsabilità civile, è ineccepibile. Ma, poiché il tema è ormai «arato», del tutto condivisibilmente il giudice di legittimità non si perde in superflue disquisizioni, ma si limita ad osservare che: «la vicenda in trattazione può essere qualificata come di "lesione del credito", la quale si verifica ogni qualvolta l'evento consista materialmente nella sottrazione al godimento (per distruzione, danneggiamento, ecc.) di una cosa che è dedotta in obbligazione».

Osservazioni e suggerimenti pratici dell'Autore

In breve possiamo rammentare che il danno aquiliano, secondo la definizione condivisa un tempo dalla dottrina e dalla giurisprudenza era tale se arrecato non solo non iure, ma anche contra ius.

Non iure è il danno inflitto non nell'esercizio di un diritto, giacché, secondo il brocardo tuttora recepito dall'ordinamento positivo, qui iure suo utitur neminem laedit: se ad esempio il proprietario edifica legittimamente un immobile sul proprio fondo, ed in tal modo priva un altro immobile collocato sul fondo confinante della amena veduta di cui in precedenza fruiva, certamente arreca al proprietario di quest'ultimo un danno, commisurato alla diminuzione di valore dell'immobile privato del panorama di cui godeva, ma si tratta di un danno arrecato iure e, come tale, non risarcibile.

Contra ius era il danno cagionato ad un diritto che, secondo l'opinione accolta in un passato ormai remoto, doveva possedere il carattere dell'assolutezza, com'è per la proprietà e per i diritti della personalità, i quali sono tutelati come suol dirsi erga omnes. Era viceversa escluso che l'obbligazione di risarcimento del danno aquiliano potesse sorgere dalla lesione di un diritto non già assoluto, bensì relativo, ossia di un diritto di credito: connotato del danno aquiliano era dunque la sua tipicità, giacché soltanto la lesione di taluni specifici diritti (i diritti assoluti, per l'appunto) dava luogo all'obbligazione risarcitoria. Molti decenni or sono questa impostazione, sulla spinta della dottrina (non può non rammentarsi almeno F. D. Busnelli, La lesione del credito da parte di terzi, Milano, 1964), fu tuttavia capovolta e si giunse ad ammettere che anche la lesione di un diritto di credito potesse dar luogo all'obbligazione risarcitoria.

La parabola che condusse dall'una all'altra ricostruzione può essere riassunta rammentando due tristi vicende entrambe riguardanti la squadra di calcio del Torino. Tutti ricordano la tragedia di Superga: i giocatori del grande Torino perirono nel 1949 in un incidente aereo su una collina alle porte della città, sicché l'associazione sportiva agi in giudizio contro il vettore aereo per ottenere il risarcimento subito per la perdita delle prestazioni dei propri giocatori, ma la domanda fu respinta poiché si versava in ipotesi di mera lesione di un diritto di credito (Cass. civ., sez. III, sent., 4 luglio 1953, n. 2085). Poco meno di vent'anni dopo un ragazzo (che le sorprese del destino avrebbero condotto in seguito a diventare presidente della stessa squadra di calcio) investì e uccise Luigi Meroni, formidabile attaccante, sicché la società per azioni Torino Calcio chiese il risarcimento dei danni e, nell'occasione, la Corte di cassazione, modificando il proprio orientamento, ammise la tutela aquiliana dei diritti di credito (Cass. civ., S.U., sent., 26 gennaio 1971, n. 174, seguita dalla non meno nota Cass. civ., sez. III, sent., 24 giugno 1972, n. 2135, nel caso della pasta Puddu), anche se poi, in sede di rinvio, la squadra di calcio perse comunque la causa per altri motivi.

Ciò detto, si può rammentare che la S.C. con la sentenza Meroni (Cass. civ., S.U., sent., 26 gennaio 1971, n. 174) aveva richiesto quale presupposto della risarcibilità che la lesione avesse prodotto una perdita definitiva ed irreparabile, ma tale impostazione non ha avuto seguito, tant'è che Cass. civ., S.U., sent., 12 novembre 1988, n. 6132, ha riconosciuto il diritto del datore di lavoro ad ottenere dal terzo, responsabile dell'infortunio di un proprio dipendente, il risarcimento del danno, rapportato alla retribuzione corrisposta nel periodo di inattività causata dall'infortunio.

L'enorme rilievo concettuale della svolta giurisprudenziale, che ha contribuito a traghettare l'illecito aquiliano dal campo della tipicità a quello della atipicità (ed il cammino è poi proseguito con la celebre Cass. civ., S.U., sent., 22 luglio 1999, n. 500, che ha ammesso il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, sicché oggi il risarcimento è dovuto per la lesione qualunque interesse giuridicamente tutelato), non ha tuttavia avuto un riscontro altrettanto ampio sul piano pratico. In altri termini, il risarcimento del danno da lesione del diritto di credito è stato sì riconosciuto in ipotesi molteplici ed eterogenee: ma i repertori di giurisprudenza non abbondano di pronunce sul tema, se non altro non in numero anche lontanamente paragonabile a quello germogliato nel settore aquiliano da altre svolte giurisprudenziali, prima fra tutte quella concernente la risarcibilità del danno non patrimoniale in assenza di una condotta penalmente rilevante.

Proprio nel campo della locazione, nondimeno, si rinvengono fin da epoca remota casi in cui il risarcimento del danno da lesione del credito ha avuto ingresso. La sentenza in commento effettua in proposito un pertinente richiamo a Cass. civ., sez. III, sent., 13 giugno 1978, n. 2938, nella quale la S.C. osservò che: «per quanto concerne il caso particolare del fatto illecito del terzo, che, incidendo direttamente ed immediatamente sopra un rapporto di locazione, abbia reso impossibile al conduttore (creditore della relativa prestazione) il godimento dell'immobile preso in locazione, provocandogli un danno privo di giustificazione giuridica …, il titolare del diritto di godimento sulla cosa è legittimato ad esperire l'azione risarcitoria aquiliana nei confronti del terzo, che abbia precluso o menomato tale diritto sulla cosa locata con la sua condotta illecita …, producendo un danno ingiusto a carico del conduttore». In seguito la S.C. ha ribadito il principio in un caso in cui il conduttore aveva ricevuto in locazione dallo IACP un immobile detenuto senza titolo da un terzo, riconoscendo la legittimazione del conduttore ad agire in giudizio contro il terzo (prima ancora della consegna della cosa) per il rilascio ed il risarcimento del danno (Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 1996, n. 1411).

La pronuncia in commento risolve dunque esattamente, e con lodevole dote di sintesi, il problema sottoposto al suo esame.

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