Risarcibile nell'ambito della responsabilità precontrattuale anche il danno derivante dalla rinuncia alla stipula di un contratto

Francesco Vittorio Rinaldi
15 Settembre 2016

La responsabilità precontrattuale prevista dall'art. 1337 c.c. si estende al danno per il pregiudizio economico derivante dalle rinunce a stipulare un contratto, ancorché avente un contenuto diverso rispetto a quello per cui si erano svolte le trattative.
Massima

La responsabilità precontrattuale prevista dall'art. 1337 c.c., coprendo nei limiti del c.d. interesse negativo tutte le conseguenze immediate e dirette della violazione del dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase preparatoria del contratto, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 1223 e 2056 c.c., si estende al danno per il pregiudizio economico derivante dalle rinunce a stipulare un contratto, ancorché avente un contenuto diverso rispetto a quello per cui si erano svolte le trattative, se la sua mancata conclusione si manifesti come conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte, che ha lasciato cadere le trattative quando queste erano giunte al punto di creare un ragionevole affidamento nella conclusione positiva di esse.

Il caso

La società Alfa aveva conferito incarico all'agenzia immobiliare Beta di vendere o dare in locazione un immobile a destinazione industriale. Tizio, socio e rappresentante legale della società Gamma, interessato all'acquisto dell'immobile per conto della società, aveva richiesto la sottoscrizione di una proposta irrevocabile di vendita a proprio favore. Tuttavia, alla data stabilita per il rogito dell'atto Tizio non si era presentato davanti al notaio.

La società Alfa, pertanto, ha convenuto in giudizio Tizio e la società Gamma chiedendo il risarcimento del danno per l'interruzione ingiustificata delle trattative. I convenuti si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea ed eccependo: di aver scoperto solo casualmente che l'immobile oggetto del contratto fosse gravato da ipoteca iscritta a garanzia dei crediti di terzi; che l'immobile non era conforme agli standard urbanistici richiesti per l'esercizio dell'attività commerciale; che la proposta di vendita formulata non era irrevocabile; che pertanto era preclusa l'immediata utilizzazione dell'immobile.

Il Giudice di prime cure ha respinto la domanda attorea ritenendo legittimo il recesso delle trattative da parte di Tizio. Contro tale sentenza è stato proposto appello.

I Giudici di secondo grado, riformando parzialmente la sentenza, hanno condannato l'appellato a risarcire il danno, ritenendo che la società Alfa, appellante, aveva confidato nel buon esito delle trattative.

Contro la sentenza della Corte di Appello la società Gamma ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi. La società resistente Alfa ha resistito con controricorso, spiegando ricorso incidentale basato su due motivi.

La questione

In materia di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., posto che può costituire oggetto di tutela risarcitoria solamente l'interesse negativo, può essere risarcito il danno derivante dalla rinuncia alla stipula del contratto, anche laddove si tratti di un contratto diverso da quello per il quale si sono svolte le trattative?

Le soluzioni giuridiche

I giudici della Suprema Corte con la sentenza in epigrafe hanno risolto in senso favorevole il quesito relativo alla risarcibilità del danno derivante dalla rinuncia alla stipula di un contratto in caso di recesso ingiustificato dalle trattative.

La pronuncia in esame si pone in linea di continuità con l'orientamento giurisprudenziale prevalente (si veda, tra le altre, Cass., 12 marzo 1993, n. 2973), secondo cui tra i pregiudizi risarcibili in tema di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. può essere ricompreso anche il pregiudizio economico derivante dalla rinuncia alla stipulazione del contratto (ancorché di contenuto diverso rispetto a quello che è stato oggetto di trattativa), purché esso rappresenti una conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte che ha ingiustamente interrotto le trattative.

A tale esito la giurisprudenza di legittimità perviene sulla base dell'interpretazione dell'art. 1223 c.c. a norma del quale il risarcimento del danno deve comprendere tanto la perdita subita (danno emergente) quanto il mancato guadagno (lucro cessante).

Secondo la pronuncia in esame tale norma trova applicazione anche nell'ambito della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. per l'ingiustificata interruzione delle trattative, in virtù del disposto di cui all'art. 2056 c.c., che per la quantificazione dei danni risarcibili nell'ambito della responsabilità extracontrattuale richiama, tra le altre norme applicabili, anche l'art. 1223 c.c.

Il riferimento contenuto nella sentenza in commento alla disposizione di cui all'art. 2056 c.c. tradisce l'adesione da parte dei giudici della seconda sezione alla tesi della natura extracontrattuale della responsabilità precontrattuale, che di recente è stata tuttavia messa in discussione.

Un orientamento minoritario della dottrina, suffragato da alcune recenti pronunce della giurisprudenza di legittimità, infatti, ha affermato la natura contrattuale della responsabilità precontrattuale (in questo senso si vedano, in particolare, in giurisprudenza: Cass. civ., sez. I, 21 novembre 2011, n. 24438, in Resp. civ. e prev., 2012, 6, 1949 ss., con nota di C. Scognamiglio, Tutela dell'affidamento, violazione dell'obbligo di buona fede e natura della responsabilità precontrattuale; Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2011, n. 27648, in Europa e dir. priv., 2012, 4, 1227, con nota di C. Castronovo. In dottrina si vedano: L. Mengoni, Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, 360).

Tale opzione ermeneutica si fonda sulla considerazione che la responsabilità precontrattuale identifica un'ipotesi di responsabilità connessa alla violazione di una precedente obbligazione di fonte legale, imposta, in specie, dallo stesso art. 1337 c.c. che prevede in capo alle parti l'obbligo di comportarsi secondo buona fede.

Un diverso orientamento, invece, pur condividendo la tesi dell'obbligazione legale, individua nell'art. 1173 c.c. (in combinato disposto con l'art. 1337 c.c.) la fonte dell'obbligo di legge connesso alla responsabilità precontrattuale.

Un'ulteriore impostazione ricostruttiva, invece, perviene alla conclusione della natura contrattuale della responsabilità precontrattuale evocando la teorica del contatto sociale. Alla stregua di tale opzione interpretativa, invero, la natura contrattuale della responsabilità precontrattuale si ricava in base al disposto dell'ultima parte dell'art. 1173 c.c., che annovera tra le fonti delle obbligazioni anche gli «altri atti o fatti idonei a produrle in conformità con l'ordinamento giuridico». In specie, stando a tale impostazione, nell'ipotesi della responsabilità precontrattuale tra le parti in trattativa si instaura un contatto sociale qualificato, idoneo a produrre in capo alle parti una serie di obblighi comportamentali specifici, derivanti dal canone della correttezza e della buona fede che deve informare il loro comportamento.

La tesi prevalente (si vedano tra le altre Cass. civ., 12 marzo 1993, n. 2973 e Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2003, n. 15172), confermata anche con la sentenza in epigrafe, mostra di preferire l'opzione ricostruttiva che configura la fattispecie della responsabilità precontrattuale quale ipotesi di responsabilità extracontrattuale. Alla base di tale orientamento giace la considerazione che nella fase delle trattative non vi è ancora un contratto e, anzi, tale fattispecie di responsabilità presuppone proprio la mancanza della stipulazione contrattuale.

Con la sentenza in commento i giudici della Suprema Corte hanno esaminato la struttura della fattispecie di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., la quale richiede che sussistano delle trattative serie tra le parti che siano idonee a ingenerare nella parte che invoca la tutela risarcitoria il legittimo affidamento, secondo buona fede, in relazione alla conclusione del contratto. In particolare ai fini della sussistenza della responsabilità precontrattuale è necessario:

  • che siano in corso trattative tra le parti;
  • che tali trattative si trovino ad uno stadio avanzato, idoneo a far sorgere nella parte il legittimo affidamento in relazione alla conclusione del contratto;
  • che una parte interrompa le trattative senza un giustificato motivo;
  • che sussista l'ordinaria diligenza in capo alla parte che invoca la responsabilità dell'altra parte e non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento nella conclusione del contratto.

Sugli elementi costitutivi della struttura della responsabilità precontrattuale si vedano i precedenti richiamati dalla pronuncia in esame: Cass. civ., sez. III, 29 marzo 2007, n. 7768; Cass. civ., sez. lav., 18 giugno 2004, n. 11438; Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2000, n. 1632, in Danno e resp., 2000, 982, con nota di V. Maninetti, Responsabilità precontrattuale e risarcimento danni: verso una concezione sempre più estensiva e in Giur. it., 2000, 2250, con nota di A. M. Musy, Comportamenti affidanti e valutazione del danno risarcibile: il recesso dalle trattative in materia di locazione – Note comparatistiche.

Il nucleo centrale della responsabilità precontrattuale, che fa sorgere l'obbligo risarcitorio in capo alla parte che ha interrotto senza giustificato motivo le trattative, è rappresentato dalla sussistenza di trattative in stadio avanzato, tali da ingenerare cioè nella parte il legittimo affidamento ex bona fide, secondo l'ordinaria diligenza, sulla conclusione del contratto. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che le trattative possono essere considerate “affidanti” (tali cioè da far sorgere il ragionevole affidamento secondo l'ordinaria diligenza circa la stipula del contratto) laddove le parti nella fase delle trattative abbiano preso in considerazione almeno gli elementi essenziali del contratto (quali la natura delle prestazioni o l'entità dei corrispettivi). Su tale elemento della struttura della responsabilità precontrattuale in senso conforme alla sentenza in commento si vedano: Cass. civ., sez. III, 13 marzo 1996, n. 2057; Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 1992, n. 2335; Cass. civ., 30 marzo 1990, in Giust. civ., Mass., 1990, fasc. 3.

La Cassazione con la sentenza che si commenta nel caso di specie ha ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità precontrattuale in capo alla società ricorrente Gamma, in quanto tra Tizio, rappresentante legale della stessa, e l'agenzia immobiliare Beta erano in corso trattative in stadio avanzato (in quanto erano stati determinati sia l'oggetto del contratto – un immobile – sia il suo prezzo), che hanno ingenerato nell'agenzia Beta il legittimo affidamento in ordine alla conclusione del contratto di vendita. Inoltre, il recesso dalle trattative è ingiustificato.

Tale comportamento illecito della parte ha prodotto un pregiudizio alla società Alfa meritevole di risarcimento del danno.

Una volta ritenuti sussistenti gli elementi della fattispecie di responsabilità precontrattuale, i giudici di legittimità hanno affrontato la questione principale della risarcibilità del pregiudizio patrimoniale derivante dalla rinuncia della società Alfa (impegnata attraverso la società immobiliare Beta nelle trattative con Tizio, rappresentante legale della società Gamma) alla stipula di un contratto.

La Corte di legittimità ha dato risposta positiva a tale quesito, ricomprendendo il pregiudizio in questione tra le voci di danno risarcibili nell'ambito della responsabilità precontrattuale ai sensi del combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 c.c..

Sul punto i giudici della seconda sezione hanno richiamato l'indirizzo giurisprudenziale prevalente - che offre una lettura estensiva del disposto normativo - secondo cui il danno risarcibile in materia di responsabilità precontrattuale è costituito dall'interesse negativo, il quale comprende tanto le spese inutilmente sostenute in relazione alle trattative (danno emergente), quanto la perdita subita dalla parte per non aver usufruito delle occasioni presentatesi nel corso delle trattative di stipulare un altro contratto, ancorché di contenuto diverso rispetto a quello che è stato oggetto di trattativa (lucro cessante). Esse costituiscono secondo i giudici della Suprema Corte conseguenze “immediate e dirette” del comportamento illecito della controparte che causano un danno (in senso giuridico) meritevole di risarcimento. In senso conforme la Corte richiama Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2010, n. 22826 e Cass. civ., sez. III, 12 marzo 1993, n. 2973, cit. (alla medesima soluzione è pervenuta anche Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 2003, n. 15172).

Quanto al danno emergente (a), la giurisprudenza di legittimità ritiene che nell'ambito della responsabilità precontrattuale possa essere annoverato tra le perdite subite meritevoli di tutela risarcitoria ai sensi dell'art. 1223 c.c. anche la semplice contrazione di un impegno di spesa, in quanto l'assunzione di un debito nei confronti di un terzo incide negativamente sulla sfera del soggetto, riducendo la consistenza del suo patrimonio a causa della sopravvenienza di una passività. In specie, alla stregua di tale orientamento estensivo integrano una “perdita subita” non solo gli esborsi monetari o le diminuzioni patrimoniali già materialmente avvenute, ma anche l'assunzione dell'obbligazione di effettuare un esborso, in quanto si genera un vinculum iuris che costituisce una posta passiva del patrimonio del danneggiato che incide sull'insieme dei rapporti giuridici con rilevanza economica di cui il soggetto è titolare. In tal senso si veda: Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2010, n. 22826, cit.

Con riferimento al lucro cessante (b), poi, i giudici di legittimità hanno affermato che in tema di responsabilità precontrattuale esso si identifichi con il pregiudizio derivante dalla perdita di un'occasione di stipulare un contratto. Costituisce, quindi, un danno risarcibile anche il pregiudizio economico che deriva dalla rinuncia a stipulare un contratto (anche laddove abbia contenuto diverso rispetto a quello che è stato oggetto di trattativa) quando la mancata conclusione dello stesso costituisca una conseguenza immediata e diretta del comportamento della controparte che ha lasciato le trattative quando esse erano giunte a un punto tale da creare un ragionevole affidamento sulla loro conclusione positiva.

Osservazioni

I giudici della Suprema Corte con la sentenza che si commenta si sono pronunciati sul tema dei danni risarcibili in caso di interruzione ingiustificata delle trattative, affermando, in modo condivisibile, la risarcibilità dei danni conseguenti alla rinuncia alla stipulazione, in quanto annoverabili tra i pregiudizi ristorabili in materia di responsabilità “precontrattuale”.

Il compendio motivazionale della Corte si snoda attraverso una serie di passaggi argomentativi che verranno di seguito analizzati.

Sullo sfondo, la questione - esaminata in precedenza - della natura giuridica della responsabilità precontrattuale, per vero non affrontata in modo esplicito dai giudici di legittimità, i quali con la pronuncia in analisi hanno mostrato adesione all'orientamento prevalente che identifica la fattispecie della responsabilità precontrattuale quale species del genus della responsabilità extracontrattuale. In tal senso depone il riferimento contenuto nella sentenza in epigrafe alla disposizione di cui all'art. 2056 c.c., norma dettata per la valutazione e la quantificazione dei danni in materia di responsabilità extracontrattuale.

Il percorso argomentativo della pronuncia in commento si snoda essenzialmente attraverso tre passaggi argomentativi principali.

In primo luogo, la Cassazione analizza la struttura della responsabilità precontrattuale, la quale presuppone:

  • l'esistenza di trattative in corso tra le parti;
  • che tali trattative siano pervenute ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto;
  • che la controparte cui si addebita la responsabilità interrompa le trattative senza giustificato motivo;
  • che, pur nell'ordinaria diligenza nella parte che invoca la responsabilità, non sussistono fatti idonei a escludere il ragionevole affidamento nella stipula del contratto.

Nel caso sottoposto al vaglio della seconda sezione i giudici della suprema Corte con la sentenza che si commenta hanno ritenuto sussistenti tutti gli elementi della responsabilità precontrattuale. Tra la società Alfa, per mezzo dell'agenzia Beta, e Tizio, rappresentante legale della società Gamma, infatti, erano in corso trattative per la conclusione del contratto di vendita di un immobile che erano giunte ad uno stadio avanzato; in particolare, nel corso delle trattative erano stati determinati sia l'oggetto del contratto, sia il corrispettivo ed era stata fissata la data per il rogito notarile.

Tale comportamento di Tizio, che ha agito in nome e per conto della società Gamma, ha ingenerato nella società Alfa il legittimo affidamento nella conclusione del contratto; nel caso di specie, gli elementi essenziali del contratto e, in specie, l'oggetto del trasferimento e l'entità del corrispettivo, infatti, erano stati presi in considerazione dalle parti in trattativa. Ne consegue che le trattative avevano carattere “affidante”.

Il recesso dalle trattative da parte di Tizio, inoltre, è risultato tardivo (in quanto posto in essere appena due giorni prima dell'incontro fissato con il notaio per il rogito) e privo di giustificato motivo (poiché fondato su presupposti e condizioni dell'immobile che la parte avrebbe dovuto o comunque potuto conoscere) e, quindi, idoneo a dare la stura all'obbligo risarcitorio a titolo di responsabilità precontrattuale.

Da ciò deriva la sussistenza di tutti gli elementi strutturali necessari e sufficienti per configurare in capo alla società Gamma l'obbligo del risarcimento dei danni prodotti alla società Alfa per l'ingiustificata interruzione delle trattative pervenute ormai ad una fase avanzata.

Con il secondo passaggio argomentativo, ritenuti sussistenti tutti gli elementi della fattispecie di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., i giudici della Cassazione hanno affrontato la questione dei danni risarcibili nell'ambito della responsabilità precontrattuale, che devono essere ricondotti al concetto di “interesse negativo”, nozione che la giurisprudenza prevalente identifica con l'interesse della parte a non essere coinvolta in trattative inutili (si veda la sentenza richiamata: Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2010, n. 10634).

Con riferimento alle voci di danno risarcibili, come innanzi osservato, anche nell'ambito della responsabilità precontrattuale, in virtù del disposto di cui all'art. 2056 c.c., che richiama tra le altre norme l'art. 1223 c.c., devono essere risarciti sia le “perdite subite”, sia il “mancato guadagno”, e cioè, sia il danno emergente, sia il lucro cessante.

I giudici della Suprema Corte nella sentenza che si commenta, in modo del tutto condivisibile, riconducono al danno emergente anche la contrazione di un impegno di spesa che, pur non comportando materialmente un esborso economico e una diminuzione patrimoniale, comporta l'assunzione di un'obbligazione, di un vinculum iuris che, costituendo una posta passiva del patrimonio, esplica diretta rilevanza sul complesso dei rapporti giuridici di cui è titolare il soggetto, poiché incide negativamente sulla sfera dell'obbligato, riducendone la consistenza del patrimonio (si veda anche la citata sentenza Cass., 10 novembre 2010, n. 22826).

È necessario, tuttavia, che le spese sostenute dal soggetto nel corso delle trattative siano inerenti alla futura stipulazione; in altri termini, si legge nella sentenza in commento, costituiscono spese risarcibili quelle supportate in conseguenza della negoziazione interrotta.

Nel lucro cessante va ricondotto invece il pregiudizio da perdita dell'occasione di stipulare un contratto, pur di tipo diverso da quello oggetto delle trattative.

Ricostruiti gli elementi della struttura della responsabilità precontrattuale ed esaminate le voci di danno risarcibili, nel terzo passaggio argomentativo i giudici della seconda sezione hanno qualificato il danno prodotto nel caso di specie dal comportamento di Tizio e della società Gamma.

In particolare, la Cassazione ha qualificato il danno cagionato dal comportamento del ricorrente principale come pregiudizio economico derivante dalla rinuncia da parte della società Alfa a stipulare un altro contratto, ancorché di contenuto diverso rispetto a quello oggetto delle trattative delle parti.

Il pregiudizio in questione rappresenta una conseguenza immediata e diretta del comportamento di Tizio ai sensi dell'art. 1223 c.c. - applicabile alla fattispecie di cui all'art. 1337 c.c. in virtù del richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c. – e configura pertanto un “mancato guadagno” che ben può essere annoverato nell'ambito dell'interesse negativo ristorabile in ambito precontrattuale, poiché riconducibile alla voce di danno del lucro cessante.

In conclusione, riprendendo in sintesi i passaggi principali del ragionamento della Suprema Corte, a tale esito la Cassazione perviene ritenendo che il comportamento tenuto da Tizio durante le trattative ha ingenerato nella società Alfa il legittimo affidamento nella conclusione del contratto; tali trattative tra le parti, infatti, erano giunte ad una fase avanzata e la decisione di Tizio di recedere dalle stesse è risultata del tutto ingiustificata e ha integrato, pertanto, un comportamento illecito produttivo di un danno in capo alla società Alfa, che si identifica con il pregiudizio economico derivante dalla rinuncia alla stipula di altri contratti – anche di diverso tipo - che costituisce una conseguenza immediata e diretta del comportamento di Tizio e che, perciò, deve essere risarcito a norma dell'art. 1337 c.c. per la violazione del parametro della correttezza e buona fede nella fase delle trattative.

Guida all'approfondimento
  • F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2015;
  • V. Roppo, Il contratto, Giuffrè Editore, 2011;

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