Le amicizie su Facebook non provano il reale legame affettivo tra soggetti

Ilenia Alagna
15 Maggio 2017

Il semplice scambio di sms, l'amicizia su Facebook e i rapporti intrattenuti sul Social network non bastano a provare l'esistenza del legame affettivo stabile e duraturo tra zii e nipote.
Massima

Il semplice scambio di sms, l'amicizia su Facebook e i rapporti intrattenuti sul Social network non bastano a provare l'esistenza del legame affettivo stabile e duraturo tra zii e nipote. Per i congiunti, quali nonni e zii, che non hanno un vero e proprio diritto ad essere assistiti moralmente dai nipoti, si rende necessario, oltre al vincolo di stretta parentela, un presupposto che riveli la perdita di un valido e concreto sostegno morale.

Il caso

A seguito di un incidente stradale che ha provocato la morte di un motociclista, la responsabile del sinistro si sottoponeva a rito abbreviato per essere giudicata. Il GUP l'ha condannata provvedendo alle statuizioni civili ed a disporre una provvisionale per ciascuna delle parti (riconoscendo per la vittima il concorso di colpa). In secondo grado la Corte d'Appello, aveva rideterminato la pena nei confronti dell'imputata escludendo che ai congiunti della vittima spettasse il risarcimento del danno da illecito aquiliano, poiché le tabelle di Milano non contemplano tali parenti nella lista dei risarcibili. Gli zii del giovane motociclista ricorrono quindi in Cassazione ritenendo che venga valorizzata la rilevanza del rapporto parentale ai fini della pretesa risarcitoria, richiamando le Sezioni Unite (Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008 n. 26972) con cui si era affermato che, in presenza di unsaldo e duraturo legame affettivo, la lesione che colpisce tale situazione affettiva connota l'ingiustizia del danno e ne rende risarcibili le conseguenze pregiudizievoli a prescindere dal'esistenza di rapporti di parentela e affinità giuridicamente rilevanti come tali. La sentenza impugnata dai parenti della vittima considera il parametro della convivenza quale principale elemento di valutazione, ancorandolo alla definizione di coabitazione, mentre i ricorrenti hanno fornito la prova dell'esistenza e della durata del rapporto stabile e continuativo nel tempo, come documentato dallo stato di famiglia che attestava la convivenza con lo zio ed il contenuto dei messaggi sms e Facebook che testimoniavano il legame affettivo.

La questione

La questione in esame è la seguente: per il Giudice, è sufficiente il semplice scambio di sms e “l'amicizia su Facebook” per ritenere provata la sussistenza del legame affettivo tra zii e nipote?

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza n. 11428 del 9 febbraio 2017 la Corte di Cassazione ha affermato che i rapporti intrattenuti attraverso i Social network non provano il solido e duraturo legame per la sussistenza del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale.

La Corte di Cassazione ha dunque rigettato il ricorso proposto dagli zii del motociclista poiché gli stessi non hanno prodotto alcuna prova volta a dimostrare concretamente l'esistenza di un rapporto stabile e duraturo tra loro e il nipote, eccezion fatta per lo scambio di sms e l' amicizia su Facebook.

Posto che i Giudici della pronuncia de qua cominciano la loro analisi illustrando che il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno, determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona, non connotati da rilevanza economica, è opportuno differenziare il diritto al risarcimento iure successionis o iure proprio in sede penale. Con l'art. 74 c.p.p. il legislatore ha tutelato la possibilità di esercitare l'azione civile nel processo penale per consentire il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale al soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali nei confronti dell'imputato e del responsabile civile. Secondo la Corte, tale norma distingue il diritto al risarcimento "iure proprio", che è il diritto del soggetto al quale il reato ha direttamente recato danno, dal diritto al risarcimento "iure successionis", che spetta solamente ai successori universali e che sorge nel momento in cui si sia verificato un depauperamento del patrimonio della vittima in conseguenza dell'accadimento. Ne discende che i successibili, che non siano, in concreto, anche eredi, non possono agire "iure successionis", non escludendosi però, per i successibili che siano prossimi congiunti della vittima, la legittimazione ad agire "iure proprio" per il ristoro dei danni patrimoniali e, soprattutto, non patrimoniali sofferti.

Nel caso ora analizzato la pretesa risarcitoria dei parenti della vittima non appare provata poiché, stante a quanto disposto dall'art. 74 c.p.p., in virtù del particolare legame affettivo intercorrente con la vittima, ai prossimi congiunti spetta il ristoro del danno non patrimoniale concretamente accertato. In tal caso il congiunto è legittimato ad agire iure proprio contro il responsabile.

Giova evidenziare che anche la Corte di Cassazione (Cass. civ., Sez. Un., 1 luglio 2002 n. 9556) stabilì che ai prossimi congiunti di persona che abbia subito lesioni personali, a causa di fatto illecito costituente reato, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c., poiché anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire iure proprio contro il responsabile.

Nel caso preso in esame rileva l'importanza del legame affettivo saldo e duraturo tra la vittima e i parenti che deve essere giustamente provato.

Per la Corte la prova fornita dagli zii del motociclista risulta essere labile ed inconsistente poiché non possono essere dei brevi messaggi di testo inviati al cellulare o dei rapporti intrattenuti sul social Network Facebook a poter provare la sussistenza di tale legame. La Corte prescinde dall'esperienza ormai comune anche tra i più giovani di intrattenere rapporti di amicizia con modalità meramente virtuali che poco hanno a vedere con la considerazione di amicizia vera e propria che si sostanzia in rapporti de visu stabili e di lunga durata.

La sentenza impugnata dai parenti della vittima ha considerato il parametro della convivenza quale principale elemento di valutazione seppur non requisito imprescindibile.

La Corte di legittimità ha affermato che, affinché si configuri la lesione di un interesse a rilevanza costituzionale, la convivenza non deve intendersi necessariamente come coabitazione, quanto piuttosto come "stabile legame tra due persone", connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti.

Assume rilevanza sul piano probatorio che colui che rivendica il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, in conseguenza della morte della persona a cui è legato da relazione affettiva, deve allegare e dimostrare l'esistenza e la natura di tale rapporto, la sua stabilità, intesa come non occasionalità e continuità nel tempo. Nel caso esaminato, gli zii della vittima hanno fornito la prova dell'esistenza e della durata del loro rapporto con il nipote, limitandosi a documentare lo stato di famiglia ed il contenuto degli sms e l'amicizia intrattenuta mediante Facebook ma per gli Ermellini ciò non è stato sufficiente a riconoscergli il diritto al risarcimento.

Giova a tal proposito richiamare una non risalente pronuncia della III Sezione (Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2013 n. 29735) che ha ad oggetto un caso relativo al rapporto tra nonni e nipoti. Per i giudici erano due gli orientamenti contrapposti: il primo ancorava il rapporto tra nonni e nipoti alla convivenza; il secondo escludeva che l'assenza di coabitazione potesse essere considerata elemento decisivo di valutazione in permanenza del vincolo affettivo e della vicinanza psicologica.

Per la Suprema Corte, qualora la molteplicità di contatti telefonici o telematici sia giustificata dalla materiale impossibilità al contatto fisico, il rapporto parentale è da considerarsi reale, sia che si tratti di nonni-nipote, sia che si tratti di zii-nipote.

I ricorrenti avevano chiesto l'applicazione delle Tabelle di Roma, non avendole però mai prodotte, in quanto quelle elaborate dall'Osservatorio milanese non contemplano gli zii nel novero dei parenti titolari del diritto ex art. 2043 c.c. in caso di morte del nipote. La Suprema Corte ricorda che il parametro di uniformità per la determinazione della valutazione equitativa del danno non patrimoniale sono invece le Tabelle Milanesi, alle quali è stata riconosciuta la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico e del danno da perdita o grave lesione del rapporto parentale alle disposizioni di cui all'art. 1226. I ricorrenti non avevano né richiamato né riprodotto le Tabelle di Roma e quindi per la Corte tale circostanza determina l'inammissibilità del motivo di ricorso anche alla luce della sentenza n. 27162 del 27 aprile 2015.

Osservazioni

Posto che la Corte di Cassazione ha affermato che la convivenza va considerata come legame stabile tra persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita spetterà all'interprete valutare, caso per caso, il concreto configurarsi delle relazioni affettive e parentali in ragione di peculiari condizioni soggettive e situazioni di fatto singolarmente valutabili, escludendo ogni carattere risolutivo della convivenza, che costituisce un significativo elemento di valutazione. In assenza di tale elemento, tuttavia, è possibile dimostrare la sussistenza di un concreto pregiudizioderivante dalla perdita del congiunto. Il Giudice dovrà accuratamente verificare l'adempimento dell'onere probatorio da parte del soggetto che chiede il risarcimento; in tal modo si eviteranno pretese risarcitorieda parte di soggetti estranei alla rete affettiva familiare.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.