Il contratto di assicurazione «cinque giorni»

Mauro Di Marzio
15 Luglio 2015

Anche nel caso di contratti di assicurazione della durata di cinque giorni stipulati da commercianti, concernenti veicoli usati posti in circolazione ai fini della vendita, per prova, collaudo o dimostrazione, trova applicazione il principio secondo cui, una volta rilasciato il certificato e il contrassegno di assicurazione, ciò che rileva per la promovibilità dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore è esclusivamente l'autenticità di essi e non la validità del rapporto assicurativo
La massima

Anche nel caso di contratti di assicurazione della durata di cinque giorni stipulati da commercianti, concernenti veicoli usati posti in circolazione ai fini della vendita, per prova, collaudo o dimostrazione, trova applicazione il principio secondo cui, una volta rilasciato il certificato e il contrassegno di assicurazione, ciò che rileva per la promovibilità dell'azione diretta nei confronti dell'assicuratore è esclusivamente l'autenticità di essi e non la validità del rapporto assicurativo.

Il caso

È il 25 luglio del 1993. Un uomo viaggia quale trasportato su un'autovettura, che chiameremo A, con una copertura assicurativa di cinque giorni, scaduta il 23 luglio 1993, ossia due giorni prima. L'autovettura, assieme ad un altro veicolo, che chiameremo B, rimane coinvolta in un sinistro in conseguenza del quale l'uomo subisce lesioni. Egli allora agisce in giudizio tanto nei confronti del proprietario e assicuratore del veicolo A che del proprietario e assicuratore del veicolo B. L'assicuratore del veicolo A eccepisce l'assenza di copertura assicurativa, venuta a cessare due giorni prima del sinistro.

Nondimeno, il tribunale chiamato a decidere la lite, attribuita l'integrale responsabilità del sinistro al conducente del veicolo A, condanna il proprietario di esso ed il suo assicuratore, in solido, al risarcimento dei danni subiti dal trasportato.

L'assicuratore propone appello, ribadendo la propria eccezione: la quale, questa volta, ha successo. La corte d'appello, difatti, evidenzia che il contratto di assicurazione in questione, della durata di cinque giorni, è disciplinato da un'apposita disposizione (l'art. 17, d.p.r. 24 novembre 1970, n.973, regolamento di attuazione della nota legge sull'assicurazione obbligatoria dell'anno precedente), la quale prevede la possibilità di stipulare contratti di assicurazione provvisori, a particolari condizioni di polizza e di tariffa, di durata non superiore a cinque giorni, per i veicoli posti in circolazione dai commercianti, ai fini della vendita per prova, collaudo o dimostrazione, contratti non rinnovabili, neppure tacitamente, sicché, una volta scaduto il termine, la loro efficacia ed operatività cessa, senza che possa trovare applicazione il periodo di tolleranza previsto dall'art. 1901 c.c..

Impugna questa volta il danneggiato, sostenendo per un verso che sul veicolo A era esposto il contrassegno di assicurazione, il quale genererebbe una presunzione di esistenza del rapporto assicurativo, e, per altro verso, che non vi era ragione di escludere l'operatività della garanzia per gli ulteriori 15 giorni previsti dall'art. 1901 c.c., secondo comma, richiamato dall'art. 7, L. n. 990/1969.

La Cassazione accoglie il ricorso.

La questione

La sentenza in commento ripropone da un lato la questione dell'efficacia del contrassegno di assicurazione e, dall'altro, quella — che, in base alle ricerche da me effettuate, è nuova — dell'applicabilità dei principi concernenti il contrassegno a quel particolare contratto di assicurazione, della durata di soli cinque giorni — contratto che i commercianti di autoveicoli, per quanto ne so, chiamano per l'appunto gergalmente «cinque giorni» —, contemplato dal citato art. 17 ed utilizzabile «per i veicoli usati posti in circolazione da commercianti ai fini della vendita, per prova, collaudo o dimostrazione».

Le soluzioni giuridiche

Dico subito, e con franchezza, che l'iter logico posto a sostegno della decisione di cassazione è almeno per me incomprensibile.

Dopo essersi limitata a richiamare il principio, indubbiamente esatto, secondo cui, per i fini della soggezione dell'assicuratore all'azione diretta del danneggiato da un sinistro stradale, viene in questione non già la validità del rapporto assicurativo tra l'assicuratore ed il danneggiante, ma solo l'autenticità del contrassegno esposto sul veicolo (o, prima ancora, del certificato di assicurazione, di cui il contrassegno è un «riassunto»), la Suprema Corte ha sibillinamente aggiunto quest'unica frase: «l'impugnata sentenza ha esaminato esclusivamente il tipo di contratto intervenuto fra assicurato e assicuratore, ma quello che rileva al fine del risarcimento del danno al danneggiato non è il tipo di contratto stipulato, ma esclusivamente il contrassegno o l'attestato che hanno funzione di tutela del danneggiato in quanto svolgono la funzione di comunicare ai terzi la copertura assicurativa del veicolo».

Solo che, in questo caso, certificato e contrassegno non avevano comunicato di per sé al danneggiato un bel nulla (almeno nulla di buono), se non che l'assicurazione era scaduta e che, dunque, a meno di non ipotizzare l'applicazione dell'art. 1901 c.c., egli aveva da vedersela non con l'assicuratore, bensì con il solo danneggiante, e semmai con il fondo di garanzia.

Ha forse voluto la Suprema Corte affermare che la «proroga» di 15 giorni prevista dall'art. 1901c.c. si applica anche al «cinque giorni»? Non ne sono certo, ma immaginiamo che sia così.

Osservazioni

Del certificato del contrassegno di assicurazione mi sono occupato recentemente nel commentare su questa rivista Cass. civ., sez. III, sent., 13 gennaio 2015, n. 293, soffermandomi sull'ipotesi del mancato pagamento del premio. Ho in proposito tra l'altro rammentato:

  • che, secondo l'art. 7, L. n. 990/1969, cui è succeduto l'art. 127 Cod. Ass., oggi vigente: «l'assicuratore è tenuto nei confronti dei terzi danneggiati per il periodo di tempo indicato nel certificato, salvo quanto disposto dall'art. 1901, comma 2, c.c.», norma, quest'ultima, secondo cui: «se alle scadenze convenute il contraente non paga i premi successivi, l'assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza»: di qui il terzo danneggiato legittimamente esercita l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore al fine di reclamare il risarcimento dei danni sofferti in dipendenza di un sinistro verificatosi nel medesimo arco temporale;
  • che, nel caso in cui un sinistro avvenga nel periodo di tempo indicato sul certificato (o anche sul contrassegno) l'assicuratore è obbligato ad indennizzare la vittima, indipendentemente dalla circostanza che il certificato sia stato emesso per errore prima dell'avvenuto pagamento del premio, oppure prima ancora della conclusione del contratto, oppure da ex agente ormai privo del potere di impegnare la volontà della società assicuratrice, oppure nel caso che il contratto si riferisce ad altro veicolo, ecc..

Se, dunque, il sinistro è avvenuto nell'arco temporale indicato sul certificato, o altresì nei 15 giorni successivi, qualora sia applicabile l'art. 1901, comma 2, c.c., ossia nei casi di scadenza di rata del premio (v. Cass. civ., sez. III, sent., 6 luglio 2009, n. 15801), l'assicuratore deve sottostare all'azione diretta intrapresa dal terzo danneggiato, e cioè deve pagare, potendo eventualmente poi ripetere dall'assicurato quanto pagato, ove ne sussistano i presupposti. Ma, per converso, se il sinistro è avvenuto dopo lo spirare del menzionato arco temporale, ovvero dopo lo spirare degli ulteriori 15 giorni, in caso di applicabilità della disposizione citata, l'assicuratore non paga, punto e basta; nella formula adottata dal legislatore («L'assicuratore è tenuto … per il periodo di tempo indicato nel certificato») è cioè contenuto, in negativo, il precetto in forza del quale l'assicuratore non è tenuto nei confronti dei terzi danneggiati al di fuori del periodo di tempo indicato nel certificato.

Nel nostro caso il sinistro ha avuto luogo il 25 luglio del lontano 1993, mentre il contrassegno indicava come scadenza del periodo assicurativo il 23 luglio dello stesso anno: vale perciò, in linea di principio, il precetto che si è rammentato, secondo il quale l'assicuratore non è tenuto per i sinistri occorsi dopo che il tempo indicato nel certificato si è concluso. Vi è però la questione dell'art. 1901 c.c..

La Suprema Corte ha avuto in molte occasioni modo di ripetere che il rilascio del certificato assicurativo previsto dall'art. 7, L. n. 990/1969 obbliga l'assicuratore nei confronti del danneggiato allorché il sinistro si sia verificato entro il periodo indicato nel certificato stesso o nei quindici giorni dalla sua scadenza, indipendentemente dal fatto che per tale periodo sia stato o meno pagato il premio assicurativo, dal momento che nei detti quindici giorni di tolleranza il contratto assicurativo seguita a spiegare i suoi effetti in dipendenza del premio pagato nell'anno decorso (Cass. civ., sez. III, sent.,10 aprile 1991, n. 3770; Cass. civ., sez. III, sent., 11 novembre 1995, n. 11723; Cass. civ., sez. III, sent., 1° ottobre 1997, n. 9572; Cass. civ., sez. III, sent., 24 aprile 2001, n. 6026; Cass. civ., sez. III, sent., 6 luglio 2009, n. 15801). E però tale principio è stato sempre ribadito con riguardo al «normale» contratto di assicurazione, non al «cinque giorni», nei quali, come subito si dirà, non ha senso discorrere di scadenza di rata del premio. Ora, possiamo ragionevolmente dire che un contratto stipulato per cinque giorni «secchi» ne dura in realtà 20, ossia il quadruplo?

Del contratto «cinque giorni» la giurisprudenza si è occupata ben di rado. In un'occasione, però, è stato chiarito che l'assicurazione per la responsabilità civile derivante da veicolo usato posto in circolazione, ai fini della vendita, per la dimostrazione, il collaudo o la prova, stipulata dall'assicuratore con il commerciante ai sensi dell'art. 17, d.p.r. 24 novembre 1970, n. 973, si riferisce esclusivamente al rischio collegato alla circolazione per la prova, la dimostrazione o il collaudo e cessa, quindi, anche prima del termine di durata del contratto, con la vendita del veicolo, che, importando con l'accertamento dell'idoneità del veicolo la fine del periodo di prova, comporta il venir meno della operatività della relativa garanzia (Cass. civ., sez. III, sent., 26 novembre 1991, n. 12644). La pronuncia afferma in modo netto e chiaro trattarsi «di una disposizione derogativa delle regole generali … la disposizione quindi non può che essere di stretta interpretazione».

Soggiungo che l'attuale art. 170-bis Cod. Ass. stabilisce che: «il contratto di assicurazione obbligatoria … ha durata annuale …, si risolve automaticamente alla sua scadenza naturale e non può essere tacitamente rinnovato … l'impresa di assicurazione è tenuta … a mantenere operante, non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, la garanzia prestata con il precedente contratto assicurativo fino all'effetto della nuova polizza». In questa disposizione, cioè, il congegno dei 15 giorni viene espressamente ancorato ad un contratto di assicurazione avente di regola durata annuale.

Ergo, il meccanismo dell'art. 7, L. n. 990/1969, è certamente applicabile al «cinque giorni» nella parte in cui stabilisce che l'assicuratore è tenuto nei confronti dei terzi danneggiati per il periodo di tempo indicato nel certificato, ma non può esserlo per la parte in cui aggiunge che la soggezione dell'assicuratore all'azione diretta sussiste anche in relazione ai sinistri verificatisi nei 15 giorni successivi, pur in mancanza di pagamento del premio relativo all'anno successivo: e ciò per la ragione che il congegno di funzionamento dell'art. 1901, comma 2, c.c., presuppone il pagamento di premi a scadenze successive che, nel caso del «cinque giorni», non esistono.

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