L’integrale risarcimento del danno “proprio in quanto” trasportato

15 Settembre 2015

Il diritto del trasportato all'integrale risarcimento del danno costituisce una pacifica acquisizione della giurisprudenza di legittimità, a condizione che questi non sia anche proprietario del mezzo. È necessario, però, che tale risarcimento sia richiesto utilizzando come causa petendi la posizione di trasportato; e ciò sia che venga fatto valere il proprio diritto al risarcimento dei danni nei confronti del solo conducente del mezzo sul quale la vittima viaggiava, sia che venga fatto valere nei confronti del conducente del mezzo antagonista, sia, infine, nell'ipotesi in cui si agisca nei confronti di entrambi. In altri termini, il danneggiato deve indicare che, in quanto trasportato, ha diritto all'integrale risarcimento e può chiederlo, a sua scelta, a ciascuno dei responsabili.
Massima

Il diritto del trasportato all'integrale risarcimento del danno costituisce una pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Corte (v., tra le altre, le Cass., sent., 31 marzo 2008, n. 8292; Cass., sent., 20 ottobre 2014, n. 22228), a condizione che questi non sia anche proprietario del mezzo (in questo senso va rettamente intesa Cass., sent., 25 novembre 2008, n. 28062, citata dalla Corte d'appello). È necessario, però, che tale risarcimento sia richiesto utilizzando come causa petendi la posizione di trasportato; e ciò sia che venga fatto valere il proprio diritto al risarcimento dei danni nei confronti del solo conducente del mezzo sul quale la vittima viaggiava, sia che venga fatto valere nei confronti del conducente del mezzo antagonista, sia, infine, nell'ipotesi in cui si agisca nei confronti di entrambi. In altri termini, il danneggiato deve indicare che, proprio in quanto trasportato, egli ha diritto all'integrale risarcimento e può chiederlo, a sua scelta, a ciascuno dei responsabili.

Il caso

Tizio, Caio e Sempronio convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Reggio Calabria, Mevio e la SAI Assicurazioni s.p.a., chiedendo il risarcimento dei danni patiti in un sinistro stradale nel quale il motociclo, di proprietà di Caio, condotto da Sempronio e sul quale viaggiava come trasportato Tizio, veniva urtato dalla vettura condotta da Mevio, la quale, secondo i predetti attori, si era spostata improvvisamente verso la parte sinistra della carreggiata tagliando la strada al motociclo. In primo grado il giudice, tuttavia, addebitava la responsabilità del sinistro nella misura del 70% a carico di Sempronio e del 30% a carico di Mevio, liquidando quindi il risarcimento dei danni in favore degli attori. Avverso tale sentenza proponevano gravame i predetti attori, nonché gli eredi di Caio, deceduto nelle more del giudizio, ed anche la società assicuratrice in via incidentale. La Corte d'appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della pronuncia del giudice di prime cure poneva invece la responsabilità dell'incidente nella misura dell'80% a carico di Mevio, conducente della vettura, e nella misura del venti per cento a carico di Sempronio, conducente del motociclo. In particolare la Corte territoriale precisava che a carico di quest'ultimo era comunque da ravvisare un concorso di colpa, in quanto, nonostante era emerso che la causa prima ed autosufficiente del sinistro era stata determinata dalla condotta di guida imprudente di Mevio, il motociclo era omologato per il trasporto di una sola persona, e pertanto la presenza di un ulteriore passeggero aveva reso comunque il mezzo più instabile. In relazione poi all'entità del risarcimento il giudice di seconde cure precisava che Tizio non avrebbe comunque potuto beneficiare dell'integrale risarcimento nella sua qualità di trasportato in quanto la relativa eccezione era stata sollevata solo in comparsa conclusionale del giudizio d'appello. Avverso quest'ultima decisione Tizio ricorreva per cassazione facendo valere tre motivi di censura. In particolare, il ricorrente osserva, nel secondo motivo, che fin dal primo grado aveva richiesto il risarcimento integrale del danno patito a causa dell'incidente stradale e che la sentenza del giudice di prime cureera stata da lui appellata proprio perché gli fosse riconosciuta l'assenza di ogni concorso di colpa da parte sua. Gli Ermellini, tuttavia, respingono in toto il ricorso precisando che se è ormai una pacifica acquisizione del giudice della legittimità che il trasportato abbia diritto all'integrale risarcimento del danno, invero, è necessario che tale risarcimento sia richiesto utilizzando come causa petendi la posizione di trasportato. Nella specie, invece, Tizio e Sempronio avevano agito in giudizio chiedendo entrambi che fosse dichiarata l'esclusiva responsabilità di Mevio, e solo in appello Tizio aveva fatto valere il riconoscimento del proprio diritto all'integrale risarcimento per la condizione di trasportato, ciò comportando un mutamento della causa petendi, e perciò inammissibile.

In motivazione

«(…) non poteva comunque beneficiare dell'integrale risarcimento “quale trasportato” perché tale domanda era stata proposta non nell'atto di appello, ma solo nella comparsa conclusionale del giudizio di secondo grado (…)».

«Tale ratio decidendi della sentenza non è, in effetti, superata dai motivi di ricorso in esame, che si limitano a ribadire che il trasportato ha diritto all'integrale risarcimento; (…) ma occorre che la domanda giudiziale sia stata indirizzata in tal senso fin dal giudizio di primo grado».

«(…) la causa è stata impostata con l'obiettivo di ottenere il riconoscimento della responsabilità esclusiva del conducente della vettura, con esclusione di ogni colpa da parte del conducente del motociclo sul quale l'odierno ricorrente viaggiava come trasportato; (…) Impostato il giudizio in questi termini, è palese che chiedere in appello il riconoscimento del proprio diritto all'integrale risarcimento per la condizione di trasportato comporta un mutamento della causa petendi ed una sostanziale alterazione dei termini della domanda giudiziale, inammissibile in grado di appello».

La questione

La questione in esame è la seguente: il trasportato che, viaggiando su di un ciclomotore omologato solo per una persona, resti coinvolto in un incidente ha o meno diritto all'integrale risarcimento dei danni subiti?

Le soluzioni giuridiche

Il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli afferisce all'ambito della responsabilità extracontrattuale. Come noto, i criteri generali in tema di responsabilità extracontrattuale sono dettati dall'art. 2043 c.c., il quale, ai fini della configurabilità dell'obbligo risarcitorio richiede la presenza di un fatto causativo di un danno ingiusto connotato dalla colpa o dal dolo di chi lo ha commesso. L'onere probatorio di questi elementi è posto a carico di chi agisce in giudizio domandando il risarcimento del danno subito. Tuttavia, il codice civile prevede all'art. 2054 c.c. una disposizione ad hoc relativa alla responsabilità civile connessa alla circolazione dei veicoli. In particolare, l'art. 2054 c.c. prevede al primo comma l'obbligo per il conducente di un veicolo di risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo stesso; ciò se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. E, inoltre, il terzo comma del medesimo articolo è dedicato alla specifica problematica della responsabilità del proprietario del veicolo condotto da altri, disponendo che il proprietario del veicolo o, in sua vece, l'usufruttuario o l'acquirente con patto di riservato dominio, è responsabile in solido col conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà.

La questione relativa ai terzi trasportati, che qui ci occupa, ha peraltro interessato per lunghi anni la giurisprudenza di legittimità e di merito sotto il diverso profilo dell'applicabilità o meno, a loro favore, delle predette presunzioni di responsabilità stabilite dall'art. 2054, commi 1 e 3, c.c., a carico del conducente e del proprietario del veicolo vettore.

Sino alla fine degli anni Novanta si era consolidato un orientamento giurisprudenziale che negava l'applicabilità dell'art. 2054 c.c. e dei meccanismi presuntivi predetti al caso di danni patiti dai trasportati, in quanto gli stessi non potrebbero essere considerati soggetti estranei alla circolazione.

Così per lungo tempo si è ritenuto che il soggetto trasportato a titolo contrattuale ed anche in caso di trasporto gratuito potesse agire nei confronti del vettore ex art. 1681 c.c. o in forza dell'art. 2043 c.c., non essendovi ostacoli al concorso tra azione contrattuale ed extracontrattuale ove ricorrano i presupposti. Il trasportato a titolo amichevole o di cortesia poteva invece invocare soltanto l'art. 2043 c.c., rimanendo onerato della prova della colpa del danneggiante ed essendogli precluso di agire nei confronti del proprietario, quale corresponsabile in solido ex art. 2054, comma 3, c.c.. Tale tendenza conservatrice viene definitivamente travolta con la sentenza della Suprema Corte (v. Cass. civ., sez. III, sent., 26 ottobre 1998, n. 10629), che ha elaborato per la prima volta la tesi dell'applicazione estensiva dell'art. 2054 c.c. a tutti i casi di danni cagionati alla persona dei terzi passeggeri, qualunque sia il titolo anche di cortesia del trasporto.

Questa tesi ha incontrato adesione generale, risultando del tutto coerente con i tratti solidaristici che hanno progressivamente connotato il sistema assicurativo della responsabilità civile, tanto più in ambito comunitario. Tratti solidaristici che non avrebbe avuto senso negare nei confronti di un tipo di trasporto, quello di cortesia, che, come acutamente osservato da un insigne autore, costituisce oggi, nell'attuale contesto sociale, uno dei normali e più diffusi sistemi attraverso i quali avviene la fruizione collettiva del tempo libero. Condivisibile dottrina, inoltre, rileva che ormai il fenomeno della circolazione stradale si è evoluto sia quantitativamente, passando da alcune migliaia di auto e motoveicoli a decine di milioni, sia qualitativamente essendo completamente diverso l'ambiente, la tecnologia, i costumi e conseguentemente anche i rischi rispetto al tempo in cui legiferava il legislatore del 1942. Attualmente non è perciò più possibile affermare che il trasportato per motivi di cortesia si trovi in una situazione diversa rispetto ai terzi utenti della strada che non viaggiano sul veicolo oppure ritenere che il trasportato possa concretamente scegliere il vettore e valutare il rischio salendo su un determinato veicolo.

Ne deriva che le presunzioni ex art. 2054, commi 1 e 3, c.c., possono essere invocate da qualsiasi terzo trasportato che abbia subito danni alla propria persona ed anche dallo stesso proprietario del veicolo vettore e soggetti ad esso equiparati laddove si trovi a bordo del veicolo in qualità di passeggero.

Il pieno riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in capo al passeggero merita, peraltro, qualche ulteriore cenno di approfondimento, anche ai fini di risolvere la quaestio de qua.

La prioritaria esigenza di tutela delle vittime di sinistri stradali, sancita in sede comunitaria, ha indotto a ricorrenti forzature del sistema dell'assicurazione obbligatoria, tutte rivolte a garantire a ciascun danneggiato di ottenere comunque un adeguato ristoro assicurativo.

Sul punto, proprio una decina di anni fa, era intervenuta una nota sentenza della Corte di Giustizia (CGUE n. C-573/03, 30 giugno 2005), la quale sancisce, con intenzioni perentorie e definitive, il principio comunitario dell'intangibilità del diritto del terzo trasportato, anche se proprietario, ad essere risarcito, dalla compagnia che assicura il veicolo, dei danni derivatigli da un sinistro di cui si sia reso responsabile il proprietario del veicolo. Tutela pressoché assoluta ed incondizionata, quella offerta dal diritto comunitario al terzo passeggero e, secondo la Corte, da non poter essere scalfita da qualsiasi norma di diritto interno o da qualsiasi clausola contrattuale diretta ad escluderla, o comunque, a limitarla in misura sproporzionata.

In considerazione del progressivo allargamento della tutela dei terzi danneggiati si inserisce l'odierna ipotesi che qui ci occupa, quella del cosiddetto “trasporto anomalo”, ossia il caso in cui il danno sia stato patito da un soggetto abusivamente trasportato su un veicolo non abilitato al trasporto di persone o, comunque, trasportato in condizioni anormali rispetto alle caratteristiche del veicolo vettore. Nella specie, il trasportato Tizio viaggiava su di un ciclomotore omologato solo per una persona e pertanto la presenza di un ulteriore passeggero aveva reso comunque il mezzo più instabile. Nell'ipotesi de qua l'orientamento giurisprudenziale anteriore alla riforma dell'art. 1, L. n. 990/1969 era nel senso di escludere l'operatività della copertura assicurativa obbligatoria per la responsabilità civile auto, rimanendo dubbia la sussistenza dell'obbligo risarcitorio in capo all'assicuratore, salvo rivalsa nei confronti dell'assicurato ex art. 18, L.n. 990/1969.

Successivamente alla riforma introdotta dalla L., n. 142/1992, la nuova formulazione della norma ha fugato ogni perplessità al riguardo, consentendo di ricomprendere nell'alveo dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile auto anche le ipotesi di trasporto anomalo o contra legem, salva la possibilità di escluderla pattiziamente dalla copertura, consentendo in tal caso all'assicuratore di agire in rivalsa nei confronti dell'assicurato per il recupero di quanto liquidato a favore del trasportato danneggiato. Pertanto, ai fini della risoluzione dell'odierna questione, i supremi giudici di Piazza Cavour ribadiscono il principio ormai pacificamente acquisito dalla giurisprudenza di legittimità del diritto del trasportato all'integrale risarcimento del danno, anche nell'ipotesi corrente di trasporto anomalo, a condizione che questi – a differenza di quanto stabilito in sede comunitaria – non sia anche proprietario del mezzo. Tuttavia, tale risarcimento deve essere richiesto utilizzando come causa petendi la condizione di trasportato e quindi anche nei confronti del conducente del mezzo sul quale lo stesso viaggiava; nella specie, invero, il trasportato solo in sede di appello aveva fatto valere la sua condizione, avendo agito, per contro, insieme con il conducente del ciclomotore affinché fosse dichiarata l'esclusiva responsabilità di Mevio.

Osservazioni

Il trasportato deve uniformare il proprio comportamento alle norme di prudenza, quindi non deve certamente intralciare il conducente nella guida o mettere in atto comportamenti che possano far ritenere una sua corresponsabilità nella causazione del sinistro o nella verificazione dei danni a suo carico. Difatti, in tutti i casi in cui il trasportato ha determinato in tutto o in parte i danni patiti sarà configurabile un'ipotesi di concorso del danneggiato ex art. 1227 c.c. con conseguente riduzione del risarcimento del danno. È di tutta evidenza che il trasporto di due persone su un mezzo omologato solo per il trasporto del conducente conferisce una più difficoltosa capacità di manovra e di controllo del mezzo e, dunque, aumenta la probabilità di subire maggiori danni in caso di sinistro.

Tuttavia, la Suprema Corte già in passato (v. Cass. civ., sez. III, sent., 22 maggio 2006, n. 11947) ha ritenuto che, nel caso in cui il trasportato sia consapevolmente salito a bordo di un ciclomotore abilitato al trasporto del solo guidatore, si configuri sì un'accettazione dei relativi rischi, con la conseguente applicabilità dell'art. 1227, comma 1, c.c., ma a quest'ultimo fine, il giudice del merito debba altresì accertare che siffatta condotta del danneggiato abbia influito, come nesso concorrente di causalità, al verificarsi dell'evento dannoso. In altri termini, in questo caso, il comportamento volontariamente tenuto dal trasportato non è di per sé sufficiente al ridimensionamento dell'obbligazione risarcitoria del vettore, ma concretamente deve aver concorso, sul piano causale, al verificarsi del sinistro. E, nel caso che qui ci occupa, la Corte territoriale ritiene che proprio la presenza di due persone su di un ciclomotore omologato per una persona ben può avere avuto efficacia causale rilavante ai sensi del predetto art. 1227, comma 1, c.c. – peraltro individuata nella sola misura del 20 % – stante l'evidente minore efficacia del sistema frenante.

In questi casi, quindi, il terzo trasportato per ottenere l'integrale risarcimento del danno, cui ha diritto, per pacifica acquisizione della giurisprudenza di legittimità, deve e può chiederlo, proprio in quanto trasportato, a sua scelta, a ciascuno dei responsabili.

Guida all'approfondimento

G. Cassano, Circolazione stradale, danni e responsabilità. Tutela della persona e danni risarcibili, G. Buffone (a cura di), Padova, 2012

U. Carnevali, Persone trasportate e art. 2054: la nuova giurisprudenza della Cassazione, in Resp. civ. e prev.1999, 92-95

E. Gabrielli, Commentario del codice civile, Dei fatti illeciti (artt. 2044-2059) U. Carnevali (a cura di), Torino, 2011, 404

M. Hazan, La nuova assicurazione della rca nell'era del risarcimento diretto, Giuffrè, Milano, 2006, 325-331

M. Rossetti, Danni al terzo trasportato ed azione diretta nei confronti dell'assicuratore r.c.a. – il commento, in Danno e responsabilità, 2008, 2, 241

G. Spina, L'accertamento della responsabilità da sinistro stradale nella recente giurisprudenza. Profili sostanziali e processuali, in Resp. civ. e prev. 2014, 6, 1807-1808

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