Sulla condotta colposa del danneggiato idonea a costituire caso fortuito

16 Ottobre 2014

“La responsabilità dell'amministrazione ex art. 2051 c.c. resta esclusa, per doversi attribuire l'evento al caso fortuito anche nell'ipotesi in cui il fatto del danneggiato costituisca la causa esclusiva del danno”.
Massima

App. Milano, sez. II, 14 maggio 2014, n. 1767

“La responsabilità dell'amministrazione ex art. 2051 c.c. resta esclusa, per doversi attribuire l'evento al caso fortuito anche nell'ipotesi in cui il fatto del danneggiato costituisca la causa esclusiva del danno”.

Sintesi del fatto

Un Comune era condannato in primo grado al risarcimento del danno in favore di Tizio in conseguenza di una caduta dello stesso lungo il tratto di collegamento tra due vie all'interno del territorio comunale sull'assunto della sussistenza della responsabilità ex art. 2051 c.c. dell'ente in ragione del dissesto del manto stradale, costituito da una gradinata di pietra.

Il Comune proponeva appello avverso la sentenza deducendo un'erronea interpretazione delle risultanze istruttorie da parte del Giudice di primo grado, assumendo, per converso, una responsabilità dello stesso danneggiato per la causazione dell'evento lesivo.

Le questioni

Le questioni in esame sono le seguenti:

a) può rientrare nell'ambito del caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità per cose in custodia della Pubblica Amministrazione anche il comportamento del danneggiato?

b) quando sussiste, di conseguenza, una colpa del danneggiato ex art. 1227, comma 1, c.c. tale da far venir meno i presupposti del danno risarcibile in favore dello stesso?

Le soluzioni giuridiche

Con riguardo alla prima problematica, è opportuno ricordare, in termini generali, che nell'ambito della responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c., resta a carico del custode l'onere di offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, i.e. del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità ed assoluta eccezionalità (cfr., tra le molte, Cass. civ., sez. III, sent. 24 febbraio 2014, n. 4277).

Rispetto alla più specifica problematica in esame, la stessa S.C. ha più volte evidenziato, in senso consonante alla decisione in commento, che il caso fortuito, che può consistere, sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima, consistita nell'omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe e che, attraverso l'impropria utilizzazione del bene pubblico, abbia determinato l'interruzione del nesso eziologico tra lo stesso bene in custodia ed il danno (v., tra le più recenti, Cass. civ., sez. III, sent. 18 febbraio 2014, n. 3793). A riguardo, è stato precisato che, invero, ai sensi dell'art. 2051 c.c., allorché venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito (Cass. civ., sez. III, sent., 17 ottobre 2013, n. 23584; Cass. civ., sez. III, sent., 20 ottobre 2005, n. 20317).

Con riguardo alla questione problematica sub b), nella pronuncia in rassegna presupposto per l'affermazione della responsabilità del danneggiato per la verificazione dell'evento lesivo è individuato nell'assunto per il quale “attesa la genericità della norma (art. 1227, comma 1 c.c.), deve poi intendersi che la colpa sussista non solo in ipotesi di violazione da parte del creditore-danneggiato di uno specifico obbligo giuridico, ma anche nel caso in cui si verifichi violazione della norma comportamentale di diligenza, sotto il profilo della colpa generica, con la conseguenza che, così come nel caso di concorso del comportamento colposo del danneggiato nella produzione del danno, anche nel caso di comportamento commissivo o omissivo colposo del medesimo danneggiato, sufficiente da solo a determinare l'evento, deve escludersi il rapporto di causalità delle cause precedenti (Cass. n. 584/2001)”.

Non può trascurarsi di rilevare, in termini generali, che l'art. 1227, comma 1, c.c., non è espressione del principio di autoresponsabilità, bensì rappresenta un corollario del principio della causalità, in base al quale il danneggiante non può rispondere di quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile, di talché la colpa, cui fa riferimento l'art. 1227, comma 1, c.c., deve essere intesa non nel senso di criterio di imputazione del fatto, bensì come requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato (Cass. civ., sez. III, sent., 3 dicembre 2012, n. 17152, in Resp. civ. e prev., 2003, 60, con nota di Facci). Ciò implica sul piano processuale che l'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'art. 1227, comma 1, c.c. va esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sulla eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte (cfr., tra le molte, Cass. civ., sez. III, 5 febbraio 2013, n. 2641), di talché alcuna preclusione, anche in sede di gravame, sussisterà per la parte che sollevi la relativa eccezione tenuto conto del disposto dell'art. 345, comma 2, c.p.c.

Osservazioni e suggerimenti pratici dell'Autore

Mediante la pronuncia in commento, la Corte d'Appello di Milano ha accolto l'impugnazione proposta dal Comune assumendo la derivazione in via esclusiva dell'evento ad un “comportamento imprudente, distratto e/o disattento” del danneggiato poiché, alle ore 8:30 del mattino e procedendo in discesa, proprio il peculiare stato di dissesto del manto stradale avrebbe reso visibile per la vittima il pericolo.

La Corte d'Appello disattende quindi l'opposto ragionamento seguito dal Giudice di primo grado che aveva ritenuto di ricondurre ai sensi dell'art. 2051 c.c. la responsabilità all'ente territoriale atteso che lo stato “che lo stato dei luoghi non risultava tenuto diligentemente”, che vi era “presenza di ciottoli e di erba” e mancava inoltre “in alcuni punti del materiale di riempimento così da rendere altamente pericolosi i gradini . . . in quanto sconnessi e privi di adeguate segna/azioni o rimedi utili a mettere in stato di sicurezza il percorso”.

A nostro sommesso parere la soluzione cui è pervenuta la decisione in commento non convince pienamente. Invero, nella fattispecie vi era un rilevante anomalia della sede stradale, di per sé sufficiente a far presumere sussistente la colpa dell'ente proprietario onerato del superamento della presunzione mediante la dimostrazione che il danno è avvenuto per negligenza, distrazione od uso anomalo della cosa da parte della stessa vittima (cfr. Cass. civ., sez. III, sent. 13 luglio 2011, n. 15375, in Arch. giur. circol. e sinistri, 2012, n. 1, 23). D'altra parte, in accordo con la già richiamata giurisprudenza di legittimità, può escludersi la responsabilità dell'ente ex art. 2051 c.c. ritenendo che un comportamento ordinariamente cauto da parte del danneggiato avrebbe escluso l'evento soprattutto ove la cosa oggetto di custodia manchi di intrinseca pericolosità (Cass. civ., sez. III, sent., 17 ottobre 2013, n. 23584; Cass. civ., sez. III, sent., 20 ottobre 2005, n. 20317).

Diversamente, la decisione in rassegna sembra porre, a fronte di una rilevante pericolosità del tratto stradale ed in particolare della scalinata dove si è verificato l'evento, proprio in ragione di tale stato dei luoghi, assolutamente trascurato da parte dell'Amministrazione ed in stato di evidente dissesto, la responsabilità esclusiva per la causazione dell'evento in capo all'utente della strada, senza che ve ne sia stato in realtà un utilizzo anomalo. In sostanza, sebbene vengano puntualmente richiamati principi incontroversi nella giurisprudenza di legittimità, applicando gli stessi alla fattispecie concreta si finisce quasi con lo “snaturare” la portata della presunzione di colpa rafforzata di cui all'art. 2051 c.c.

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