La rifusione delle spese non spetta all'assicurato, se il giudizio non era necessario

16 Ottobre 2015

Nell'assicurazione di responsabilità civile, l'assicurato non ha diritto sempre e comunque alla rifusione da parte dell'assicuratore delle spese sostenute per resistere all'azione del terzo danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c.; tale diritto deve infatti escludersi quando l'assicurato abbia scelto di difendersi senza averne l'interesse né potendone ritrarre utilità, ovvero in mala fede, ovvero abbia sostenuto spese sconsiderate. L'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. si applica anche al contratto di assicurazione della responsabilità civile, ed in tal caso impone all'assicurato di evitare di resistere al giudizio promosso contro di lui dall'assicurato, quando da tale resistenza non possa ricavare beneficio alcuno. Inoltre l'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. si applica anche al contratto di assicurazione della responsabilità civile, e in tal caso impone all'assicurato di evitare di resistere al giudizio promosso contro di lui dall'assicurato, quando da tale resistenza non possa ricavare beneficio alcuno.
Massima

Nell'assicurazione di responsabilità civile, l'assicurato non ha diritto sempre e comunque alla rifusione da parte dell'assicuratore delle spese sostenute per resistere all'azione del terzo danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c.; tale diritto deve infatti escludersi quando l'assicurato abbia scelto di difendersi senza averne l'interesse né potendone ritrarre utilità, ovvero in mala fede, ovvero abbia sostenuto spese sconsiderate. L'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. si applica anche al contratto di assicurazione della responsabilità civile, ed in tal caso impone all'assicurato di evitare di resistere al giudizio promosso contro di lui dall'assicurato, quando da tale resistenza non possa ricavare beneficio alcuno. Inoltre l'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914 c.c. si applica anche al contratto di assicurazione della responsabilità civile, e in tal caso impone all'assicurato di evitare di resistere al giudizio promosso contro di lui dall'assicurato, quando da tale resistenza non possa ricavare beneficio alcuno.

Il caso

Tizio, convenuto con la Compagnia del suo veicolo davanti al Giudice di Pace da Caio, proprietario del veicolo antagonista, per la condanna in solido dei danni riportati in un sinistro stradale, costituendosi chiedeva il rigetto delle domande attoree e in subordine di essere tenuto indenne dal proprio assicuratore; chiedeva, altresì, che quest'ultimo, in ogni caso, fosse condannato a rifondergli le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato, ai sensi dell'art. 1917, comma 3, c.c.. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda di Caio e condannava i convenuti al risarcimento del danno. Nulla statuiva in merito alla domanda di garanzia. La sentenza veniva appellata da Tizio, lamentando la omessa pronuncia sulla domanda di garanzia e su quella di rifusione delle spese di resistenza.

Il Tribunale rigettava l'appello sul presupposto che Tizio avrebbe potuto fare a meno di costituirsi davanti al Giudice di Pace: sia per mancanza di interesse (non potendogli derivare alcun pregiudizio dalla soccombenza); sia per violazione dell'obbligo di salvataggio (art. 1914 c.c.), il quale gli imponeva di non aggravare il danno causato.

Avverso questa sentenza Tizio proponeva ricorso avanti alla Cassazione per i seguenti motivi:

  • l'assicurato ha diritto costituzionalmente garantito di difendersi nel giudizio;
  • l'art. 1917, comma 3, c.c., con previsione inderogabile pone le spese di resistenza sostenute dall'assicurato «in ogni caso» a carico dell'assicuratore;
  • l'art. 1917, comma 3, c.c., attribuisce all'assicurato il diritto di ripetere dal proprio assicuratore le spese di resistenza «a prescindere dall'interesse» a resistere alla domanda proposta dal danneggiato;
  • il diritto dell'assicurato alla rifusione delle spese di resistenza non è soggetto alle prescrizioni di cui all'art. 1914 c.c. (obbligo dell'assicurato di attenuare il danno).

La Cassazione respingeva l'impugnazione affermando la correttezza e conformità a diritto della decisione del Tribunale.

La questione

La questione in esame è la seguente: l'assicurato che si sia difeso in giudizio resistendo alle pretese del danneggiato, ha sempre e comunque diritto alla rifusione da parte dell'assicuratore delle spese sostenute per siffatta resistenza?

Le soluzioni giuridiche

L'invocata previsione del comma 3, dell'art. 1917 c.c., non tiene in conto che la norma - anche perché temporalmente anteriore - non considera l'ipotesi di azione diretta del terzo danneggiato nei confronti dell'assicuratore, che, appunto, è direttamente tenuto e sul quale ricade il risarcimento eventualmente dovuto, in casi specifici, come per l'assicurazione riguardante i danni prodotti dalla circolazione dei veicoli a motore o dei natanti (art. 18, l. n. 990, 24 dicembre 1969 ed ora art. 144 Cod. Ass.) o in tema di esercizio della caccia.

Vale a dire che la previsione del comma 3, art. 1917 c.c. trova ovviamente la sua applicazione quando, come nel caso della responsabilità medica (o altro, da custodia, ecc.), ad essere convenuto in giudizio non può che essere il danneggiante e/o responsabile assicurato, il quale ha interesse a resistere all'azione chiamando in causa l'assicuratore per la sua condanna diretta ovvero per la garanzia e manleva nel caso di soccombenza; lo stesso dicasi quando il danneggiato della r.c. obbligatoria, però senza avvalersi della azione diretta, convenga nel giudizio ex art. 2054 c.c., il solo danneggiante e/o responsabile assicurato; dunque, tornando alla considerazione iniziale, può sostenersi che sussista un analogo diritto alla rifusione delle spese anche quando al danneggiato è data l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore?

Stando alla soluzione fornita nella sentenza in commento, la questione richiederà di essere risolta caso per caso, ossia in riferimento alla fattispecie concreta e l'assicurato non potrà sempre e comunque pretendere le spese della resistenza.

Vale a dire, se dal danneggiato nell'assicurazione della r.c.a. viene esercitata l'azione diretta convenendo in causa anche il litisconsorte “responsabile del danno”, quest'ultimo potrà esercitare la facoltà di costituirsi nel giudizio, ma non potrà anche pretendere dall'assicuratore le spese della resistenza con la sua costituzione, quando questa non risulti necessaria, gravando su quest'ultimo l'eventuale esito sfavorevole del giudizio.

Le ragioni di tutto ciò si trovano bene esposte nella sentenza in commento, con il rigetto dei motivi della impugnazione; ossia:

  • non serve stare ad invocare l'art. 24 Cost. dal momento che «il ricorrente confonde il diritto di difendersi nel giudizio, oggetto di copertura costituzionale, con quello di farlo a spese altrui, che copertura costituzionale non ha»;
  • il contratto di assicurazione, come tutti i contratti, deve essere eseguito in conformità ai doveri di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375 c.c.) che «impongono al creditore di non aggravare inutilmente, e senza propria necessità, la posizione del debitore»;
  • «l'applicazione di tali principi impone all'assicurato di non avvalersi della facoltà di resistere nel giudizio, se ciò non solo non possa arrecargli vantaggio” (non avendo interesse a resistere all'azione del terzo), ma anzi esponga l'assicuratore all'onere di rifondere all'assicurato spese avventatamente sostenute»;
  • inoltre, l'assicurato ha il dovere di non aggravare il danno; il rischio di sostenere spese di resistenza è anch'esso un danno che forma oggetto di copertura assicurativa; sicché «anche per esso sussiste il dovere dell'assicurato di fare quanto gli è possibile per evitarlo o diminuirlo secondo la previsione di cui all'art. 1914 co. 1 c.c.»;

Dunque, nessuna violazione del diritto di difesa e nessun diritto di ripetere dal proprio assicuratore le spese di resistenza, se nel caso concreto questa non appare necessaria o l'assicurato non possa ricavarne beneficio alcuno.

Osservazioni

I principi dettati per il caso di una azione diretta nel giudizio di cognizione e in esame alla Cassazione in commento, possono valere anche per gli altri casi in cui l'assicuratore della r.c. è chiamato a rispondere, come nella procedura sommaria di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696-bis c.p.c.; trattasi di procedura che dovrebbe rimanere limitata all'accertamento del quantum debeatur al fine della composizione della lite e non si coglie in questo caso quale interesse possa sussistere o vantaggio derivare all'assicurato da una sua costituzione, con il dispendio di una attività processuale non necessaria;

al contrario se tale costituzione vi fosse, senza l'osservanza della correttezza e della buona fede, essa potrebbe risultare di “intralcio” per la composizione della lite, potendosi trovare l'assicuratore - in tale sede - costretto a fare i conti con le spese pretese dall'assicurato per la sua “resistenza”; o peggio, ove composizione non ci fosse, potendo l'assicuratore trovarsi a rispondere in un successivo giudizio promosso nei suoi confronti dall'assicurato con la pretesa del rimborso delle spese di “resistenza”, con l'effetto contrario, a quello voluto dal legislatore, della proliferazione dei giudizi, anzicché di una loro prevenzione.

La sentenza della Cassazione in commento, anche per il richiamo dell'obbligo di salvataggio di cui all'art. 1914, comma 1, c.c., appare collocarsi nell'alveo di quell'orientamento - legislativo e giurisprudenziale - che nel settore della r.c.a. richiama sempre più spesso ad un bilanciamento di contrapposti interessi e valori:

  • la modifica del comma 2, all'art. 139 Cod. Ass. e l'art. 32, comma 3-quater, L., 24 marzo 2012, n. 27 che - sul piano della prova - escludono dalla risarcibilità un danno biologico che non risulti suscettibile di accertamento clinico strumentale obiettivo e/o la cui esistenza non risulti accertata visivamente o strumentalmente;
  • la riconosciuta costituzionalità della liquidazione dei danni da micropermanenti con la tabella della L. 51/2001 (C. Cost., 16 ottobre 2014, n. 235);
  • la Cass., 7 giugno 2011 n. 12408 con cui già veniva stabilito che nel punto di tale tabella si trova ricompreso anche ogni altro pregiudizio di danno areddituale diverso da quello biologico (salva l'eventuale personalizzazione).

Vale a dire, vanno con ragionevolezza bilanciati da un lato l'interesse dell'assicuratore della r.c. obbligatoria, che raccoglie i premi, a risarcire i danni nei termini innanzi indicati e sopportando le spese per la loro liquidazione, ma senza che questa rimanga gravato da spese non necessarie e “avventate”; e dall'altro, l'interesse dei consumatori (anche pubblico) che i premi assicurativi non aumentino.

In definitiva e in senso lato, possiamo dire che anche qui va affermandosi una sorta di “austerity” del trend liquidativo.

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