Onere della prova sul danno cagionato da cose in custodia

17 Giugno 2014

La responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non esonera il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità e costituisce caso fortuito anche la riferibilità dell'evento a una condotta colposa dello stesso danneggiato (nella specie, è stato escluso il nesso causale tra la cosa in custodia e il sinistro occorso alla ricorrente, che era inciampata in un tombino, atteso che il fatto era diretta conseguenza della distratta condotta dell'istante, la quale, con la minima diligenza avrebbe ben potuto scorgere la presenza del tombino e lo stato in cui si trovava)
Massima

Cass. civ., sez. VI, ord., 4 ottobre 2013 n. 22684

La responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non esonera il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità e costituisce caso fortuito anche la riferibilità dell'evento a una condotta colposa dello stesso danneggiato (nella specie, è stato escluso il nesso causale tra la cosa in custodia e il sinistro occorso alla ricorrente, che era inciampata in un tombino, atteso che il fatto era diretta conseguenza della distratta condotta dell'istante, la quale, con la minima diligenza avrebbe ben potuto scorgere la presenza del tombino e lo stato in cui si trovava).

Sintesi del fatto

La ricorrente agiva avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Taranto, che, confermando la decisione di primo grado, aveva rigettato la pretesa nei confronti dell'Amministrazione comunale, in merito ai danni dalla ricorrente lamentati in conseguenza di una caduta nei pressi di un tombino a suo giudizio dissestato. Il Giudice di merito riconosceva che, indipendentemente da quale fosse la norma da applicarsi alla fattispecie – artt. 2043 o 2051 c.c. –, il fatto dovesse essere considerato una diretta conseguenza della distratta condotta della ricorrente, la quale, con l'utilizzo di una minima diligenza avrebbe ben potuto scorgere la presenza del tombino e lo stato in cui si trovava. Peraltro, neppure nel giudizio di secondo grado la parte ricorrente chiariva quali fossero i dissesti del tombino.

Nel ricorso, la ricorrente lamentava in primo luogo la violazione degli artt. 2043, 2051, 2697 e 1227 c.c. degli artt. 112 e 115c.p.c., ed una contraddittoria motivazione, non avendo il giudice di merito ritenuto provato il dissesto del tombino.

In secondo luogo, la ricorrente censurava la sentenza per violazione degli artt. 2051 e 2043 c.c. artt. 14 e 21 Codice della Strada, art. 40 reg. edil. Comune di Taranto, lamentando un'omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio: il giudice territoriale, infatti, riconoscendo prevalente la condotta negligente della ricorrente, avrebbe omesso di considerare e di motivare la condotta del Comune, la cui colpa era da ravvisarsi nell'omessa manutenzione del tombino.

In terzo luogo, lamentando violazione dell'art. 2051 c.c., dell'art. 1176 c.c. nonché degli artt. 115 e 116c.p.c., la ricorrente sosteneva che il Tribunale non avrebbe tenuto conto della massima di esperienza in forza della quale "chi cammina regolarmente sui marciapiedi ha la ragionevole aspettativa di circolare in un posto sicuro”, sicché esulerebbe da un dovere di ordinaria diligenza da parte del pedone un continuo e scrupoloso controllo dello stato dei marciapiedi.

La Corte di Cassazione ha respinto le doglianze della ricorrente, reputando il ricorso manifestamente privo di pregio.

La questione

La questione in esame è la seguente: nel caso di danno cagionato da cosa in custodia, come si declina l'onere della prova? Su chi incombe l'onere di provare il nesso causale tra evento lesivo e cosa custodita? Cosa deve intendersi per ‘caso fortuito' idoneo ad elidere il nesso causale e su chi incombe l'onere di provarlo?

Le soluzioni giuridiche

La giurisprudenza di legittimità ha seguito un indirizzo costante in materia di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c. La sentenza non mette in dubbio che la pubblica amministrazione abbia un obbligo relativo al mantenimento delle strade in buone condizioni (principio ribadito anche da Cass. civ., sez. III, 4 ottobre 2013, n. 22755); si tratta di un'ipotesi di responsabilità oggettiva, sicché l'applicazione della norma citata richiederebbe soltanto la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo. È priva, pertanto, di rilevanza la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità potrebbe venire esclusa solamente dal caso fortuito.

La fattispecie dà, peraltro, occasione alla Corte di precisare che il caso fortuito è fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell'evento, da ricondursi non alla cosa che ne è la fonte immediata, ma ad un elemento esterno.

La conseguenza a livello probatorio è un'inversione dell'onere della prova in ordine al nesso causale: infatti, incombe sull'attore, il quale agisce per il riconoscimento del danno, la prova del nesso eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre slitta sul custode convenuto la prova del caso fortuito. Il custode, cioè, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cass. civ., 17 gennaio 2008, sez. III, n. 858; Cass. civ., sez. III, 1 aprile 2010, n. 8005; Cass. civ., sez. VI, ord. 11 marzo 2011, n. 5910).

L'elisione del nesso causale tra la cosa e l'evento può aversi, in un contesto di rigoroso rispetto di eventuali normative esistenti o comunque di una concreta configurazione della cosa in condizioni tali da non essere in grado di nuocere normalmente ai suoi fruitori avveduti e prudenti, nell'eventualità di accadimenti imprevedibili ed ascrivibili al fatto del danneggiato stesso - tra i quali una sua imperizia o imprudenza - o di terzi (Cass. civ., VI sez., 6 febbraio 2014, n. 2682).

Osservazioni e suggerimenti pratici

La pronuncia della Corte di Cassazione in esame ha ritenuto applicabile nel caso di specie, la norma dell'art. 2051 c.c. e non già quella dell'art. 2043 c.c., che avrebbe imposto al danneggiato di provare la colpa del Comune. È stata, dunque, prospettata un'ipotesi di responsabilità oggettiva in capo all'Amministrazione comunale, che determina un'inversione del normale onere della prova. Il Comune è obbligato a custodire le strade, con la conseguenza che è responsabile dei danni cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui non vi sia l'impossibilità di governo del territorio.

Rientra nelle fattispecie di responsabilità anche il caso di un tombino in un cattivo stato di manutenzione o male segnalato (cd. insidia o trabocchetto). Tuttavia, in via esemplificativa, un'intercapedine di modesta entità, ipoteticamente formatasi ai margini del tombino, che risulti visibile, prevedibile e scansabile e possa venire ricondotta ad una fisiologica imperfezione del manto stradale rappresenta una modesta anomalia, consustanziale all'uso quotidiano e generalizzato della cosa, che non può assurgere a criterio di responsabilità.

Ciò premesso, la responsabilità per custodia non esime la parte danneggiata dall'onere di provare che sussista un nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento lesivo: bisogna dimostrare, concretamente, le condizioni peculiari del tombino, che rispecchino la cattiva manutenzione da parte del custode, ed il legame eziologico intercorrente tra le condizioni medesime del bene ed il danno lamentato dalla parte ricorrente.

Sotto il primo profilo, sarebbe auspicabile che, occorso l'incidente, la parte danneggiata richiedesse l'intervento di un pubblico ufficiale, che redigesse un verbale da produrre in caso di richiesta bonaria di risarcimento del danno all'Amministrazione comunale, ovvero da produrre in corso di causa. Molto utile appare anche la documentazione fotografica, relativa tanto al danno subito, quanto al dissesto della struttura stradale che ha cagionato l'evento.

Altra documentazione essenziale è quella relativa all'infortunio vero e proprio: sarebbe bene recarsi presso il pronto soccorso per la certificazione del danno e dei giorni di invalidità conseguenti all'infortunio. I referti medici rappresentano, altresì, elementi essenziali per la quantificazione del danno medesimo.

Incombe sull'avvocato della parte danneggiata l'onere di allegare tempestivamente i documenti comprovanti il nesso di causalità; incombe sull'avvocato dell'Amministrazione comunale l'onere, eventualmente, di provare il caso fortuito. Il Comune, in altri termini, potrà provare che l'utente danneggiato abbia tenuto un comportamento colposo idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno medesimo. Eventualmente, potrà essere configurabile – ma andrà anche esso dedotto e provato – un concorso di colpe, ex art. 1227, comma 1, c.c., con una proporzionale diminuzione della responsabilità della Pubblica Amministrazione.

Al giudice è richiesto di verificare che tra la situazione del manto stradale ed il danno sussista il nesso di causalità. A tal fine potrà avvalersi, oltre che delle risultanze probatorie, anche di un'eventuale C.T.U., che contribuisca a chiarire la dinamica dei fatti.

Una C.T.U. medico legale potrebbe essere utile alla quantificazione del danno e all'eventuale invalidità cagionata dall'evento.

Conclusioni

La sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato, che attribuisce natura oggettiva alla responsabilità ex art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia, ed esclude la responsabilità del custode solo nei casi in cui l'evento sia imputabile a caso fortuito. Si tratta di una materia dalla casistica assai variegata, che impone all'interprete un continuo lavoro di lettura delle fonti e di scelta meditata di strategie processuali. Occorre tenere presente l'evoluzione dei criteri risarcitori e dei danni risarcibili alla luce dei recenti interventi della Corte di legittimità, tenendo in adeguata considerazione le peculiarità di fattispecie come quelle concernenti l'appalto della manutenzione stradale, la responsabilità del gestore di autostrade, il concorso di colpa della vittima o la manutenzione di strade campestri e vicinali.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.