Legge Gelli: la pronuncia della Cassazione sulla disciplina intertemporale

Giuseppe Marra
19 Luglio 2017

In tema di responsabilità penale del sanitario dopo la riforma introdotta dalla legge n. 24/2017 c.d. Gelli-Bianco, la Cassazione, con riguardo ai fatti commessi in epoca anteriore, ritiene più favorevole, ai sensi dell'art. 2 c.p., la c.d. legge Balduzzi, tenuto conto della precedente limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave.
Massima

L'art. 590-sexies c.p., introdotto dall'art. 6 della legge n. 24 del 2017, trova applicazione solo ai fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della novella. Per i fatti anteriori, può trovare ancora applicazione, ai sensi dell'art. 2 c.p., la disposizione di cui all'abrogato art. 3, comma 1, del d.l. 158 del 2012 (c.d. “Decreto Balduzzi”), poi convertito con modificazioni dalla legge n. 189 dell'8 novembre 2012, che aveva escluso la rilevanza penale delle condotte lesive connotate da colpa lieve nei casi in cui il sanitario si fosse attenuto alle linee guida accreditate dalla comunità scientifica. Una diversa interpretazione del novum legislativo, diretta a riconoscere la non punibilità del sanitario che si è attenuto alle linee guida e, ciononostante, versa in grave imperizia, sarebbe in contrasto con i principi di ragionevolezza e colpevolezza, nonché lesiva dell'art. 32 Cost.

Il caso

La vicenda processuale vedeva imputato di omicidio colposo un medico psichiatra, responsabile di un ufficio di Salute mentale, che secondo l'accusa aveva erroneamente autorizzato il passaggio da una situazione di internamento a quella di libertà vigilata di un suo paziente, il quale si era poi reso responsabile di omicidio volontario nei confronti di un altro ospite della struttura sanitaria.

Il GUP di Pistoia con sentenza ex art. 425 c.p.p., dichiarava non luogo a procedere nei confronti dello psichiatra, rilevando che nella condotta dell'imputato non emergevano profili di rimproverabilità colposa e che l'azione dello psichiatra non può considerarsi come causa scatenante dell'imprevedibile gesto omicidiario.

Avverso la sentenza assolutoria proponeva ricorso per cassazione la parte civile, deducendo sia violazioni di legge di tipo processuale in ordine all'utilizzo improprio della sentenza di cui all'art. 425 c.p.p., che non può essere una sentenza di merito, sia la violazione della legge penale in relazione ai profili di colpa commissiva ed omissiva.

La Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. IV, 20 aprile 2017, n. 28187) annullava con rinvio la sentenza impugnata, censurando in primo luogo la violazione della regola di valutazione espressa dall'art. 425 c.p.p., come delineata dal diritto vivente (si veda Cass. pen., Sez. Un., 30 ottobre 2002, n. 39915).

La questione

Il Collegio ha opportunamente colto l'occasione per fare il punto in tema di responsabilità colposa dello psichiatra per fatti illeciti altrui, nonché in ordine al tema dell' individuazione della disciplina applicabile al caso di specie, in ragione del fatto che nelle more del processo è stata introdotta dalla legge n. 24/2017 (la c.d. legge c.d. Gelli-Bianco) la fattispecie di cui all'art. 590-sexies c.p. (Responsabilità penale dell'esercente la professione sanitaria), che ha espressamente abrogato l'art. 3, comma 1, del d.l. n. 158/2012, convertito, con modificazione, dalla legge n. 189/2012 (c.d. legge Balduzzi ), con il conseguente problema di verificare quale è la norma penale più favorevole da applicare per i fatti antecedenti alla nuova disciplina.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in esame si segnala non soltanto perché è la prima emessa dopo l'entrata in vigore della riforma apportata dalla legge c.d. Gelli-Bianco, ma anche perché si presenta come un piccolo trattato in materia di responsabilità penale del sanitario per la sua completezza e ricchezza di argomentazioni,

Infatti la Quarta Sezione prima di decidere il caso di specie si è preoccupata di fornire delle precise indicazioni interpretative su una serie di questioni preliminari. Ha spiegato ad esempio che cosa sono le linee guida in campo medico, affermando che esse: « … alla stregua delle acquisizioni ad oggi consolidate - costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, metabolizzato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un'utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche. Si tenta di oggettivare, uniformare le valutazioni e le determinazioni, e di sottrarle all'incontrollato soggettivismo del terapeuta. I vantaggi di tale sistematizzata opera di orientamento sono tanto noti quanto evidenti. Tali regole, di solito, non danno luogo a norme propriamente cautelari e non configurano, quindi, ipotesi di colpa specifica. Esse, tuttavia hanno a che fare con le forti istanze di determinatezza che permeano la sfera del diritto penale. Infatti, la fattispecie colposa ha necessità di essere eterointegrata non solo dalla legge, ma anche da atti di rango inferiore, per ciò che riguarda la concreta disciplina delle cautele, delle prescrizioni, degli aspetti tecnici che in vario modo fondano il rimprovero soggettivo».

Ed ancora in termini quasi didattici ha precisato che: « … le linee guida hanno contenuto orientativo, esprimono raccomandazioni; e vanno distinte da strumenti di “normazione” maggiormente rigidi e prescrittivi, solitamente denominati “protocolli” o check list. Esse non indicano una analitica, automatica successione di adempimenti, ma propongono solo direttive generali, istruzioni di massima, orientamenti; e, dunque, vanno in concreto applicate senza automatismi, ma rapportandole alle peculiari specificità di ciascun caso clinico. Potrà ben accadere che il professionista debba modellare le direttive, adattandole alle contingenze che momento per momento gli si prospettano nel corso dello sviluppo della patologia e che, in alcuni casi, si trovi a dovervi addirittura derogare radicalmente».

Fatta questa premessa la Suprema Corte è giunta a delle conclusioni che sono del tutto prevedibili e condivisibili, e che segnano già ora il sostanziale “fallimento” dell'intento del legislatore, ossia ampliare la sfera di non punibilità del sanitario. Infatti la Cassazione ha affermato in maniera inequivoca che: « … la considerazione della generica osservanza delle linee guida costituisce - si confida sia ormai chiaro- un aspetto irrilevante ai fini della spiegazione dell'evento e della razionale analisi della condotta ai fini del giudizio di rimproverabilità colposa. Insomma, razionalità e colpevolezza ergono un alto argine contro l'ipotesi che voglia, in qualunque guisa, concedere, sempre e comunque, l'impunità a chi si trovi in una situazione di verificata colpa per imperizia».

Del resto tutti i commentatori sono concordi nel sottolineare che per un verso, prima di escludere la responsabilità penale, bisognerà vedere in concreto se l'osservanza delle linee guida applicate dal medico era adeguata al caso clinico specifico: permarrebbe, dunque, la rilevanza di errori nella decisione di seguire le linee guida anche laddove la peculiarità del malato o della malattia in concreto sviluppatasi imponevano invece di non osservarle o quantomeno di derogarvi in maniera significativa. In queste ipotesi peraltro il sanitario risponderà anche per colpa lieve, essendo venuta meno la distinzione propria della legge Balduzzi.

Per altro verso si ritiene che la responsabilità per colpa rimarrà anche nell'ipotesi in cui le linee guida fossero in astratto adeguate al caso clinico in esame, ma il medico sia poi incorso in un errore nella fase di esecuzione dell'intervento, dove peraltro sarà facile per l'accusa spostare l'attenzione sulla negligenza piuttosto che sull'imperizia. Anche in tali ipotesi il sanitario si troverà sprovvisto della “copertura” anche nel caso di un errore rientrante nell'ambito della colpa lieve.

È evidente perciò che il nuovo art. 590-sexies c.p., non offre in realtà una maggior tutela alla classe medica, ma anzi rischia di aver in qualche misura peggiorato il quadro rispetto alla legge Balduzzi, tenuto anche conto che la norma citata fa espresso riferimento solo alle ipotesi di condotte imperite, escludendo perciò ogni forma di esonero di punibilità per le condotte che si presentano connotate da negligenza o imprudenza, a dispetto degli approcci evolutivi della stessa Corte di Cassazione (Cass. pen., sez. IV, 11 maggio 2016, n. 23283; Cass. pen., sez. IV, 8 luglio 2014, n. 2168).

In ragione di questa eterogenesi dei fini la sentenza in esame ha evidenziato la palese incompatibilità logica della nuova disciplina, per cui « … si è in colpa per imperizia ed al contempo non lo si è, visto che le codificate leges artis sono state rispettate ed applicate in modo pertinente ed appropriato (“risultino adeguate alle specificità del caso concreto”) all'esito di un giudizio maturato alla stregua di tutte le contingenze fattuali rilevanti in ciascuna fattispecie», e nell'intento di salvare il salvabile, la Corte ha offerto un'ipotesi interpretativa in favor rei, affermando che « … la contraddizione potrebbe essere risolta sul piano dell'interpretazione letterale, ipotizzando che il legislatore abbia voluto escludere la punibilità anche nei confronti del sanitario che, pur avendo cagionato un evento lesivo a causa di comportamento rimproverabile per imperizia, in qualche momento della relazione terapeutica abbia comunque fatto applicazione di direttive qualificate; pure quando esse siano estranee al momento topico in cui l'imperizia lesiva si sia realizzata». Di certo la legge c.d. Gelli-Bianco al momento mostra tutti i suoi punti critici, e non si può che sperare in un'illuminata esegesi da parte della giurisprudenza.

La sentenza in commento tuttavia ha manifestato anche degli apprezzamenti alla riforma, in particolare per l'importante progetto di “codificazione” e “istituzionalizzazione” delle linee guida, a cui si affianca anche la volontà di monitoraggio ed emersione delle buone pratiche clinico assistenziali (che possono essere utilizzate in via subordinata) tramite l'istituzione di un osservatorio pubblico. Si tratta di progetti ambiziosi che però si scontrano con la previsione espressa secondo cui la riforma non deve comportare oneri aggiuntivi per la finanza pubblica (art. 5, comma 4, della l. 24/2017), perciò il tutto dovrà essere fatto con le risorse umane ed economiche al momento presenti.

Osservazioni

La sentenza era anche molto attesa perché, in difetto di una norma che disciplinasse il periodo transitorio, era rimesso ai giudici individuare la disciplina penale più favorevole agli imputati di fatti antecedenti all'entrata in vigore della legge n. 24/2017.

Già la Corte (Cass. pen., sez. IV, 16 marzo 2017, n. 16140) subito dopo l'entrata in vigore della legge c.d. Gelli-Bianco aveva ritenuto che l'intervenuta abrogazione dell'art. 3, legge n. 189 del 2012, comportava che, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della Cassazione, da celebrarsi successivamente alla data di entrata in vigore della novella, il giudice, in applicazione dell'art. 2, comma 4, c.p. doveva procedere alla individuazione della legge ritenuta più favorevole, tra quelle succedutesi nel tempo, da applicare al caso esaminato, senza però individuarla.

Anche su questo punto la decisione della Suprema Corte in commento ha fornito un importante contributo chiaro e condivisibile.

Infatti ha ritenuto che: « … l'abrogazione della legge del 2012 implica la reviviscenza, sotto tale riguardo, della previgente, più severa normativa che, per l'appunto, non consentiva distinzioni connesse al grado della colpa. Infatti la novella del 2017 non contiene alcun riferimento alla gravità della colpa. Naturalmente, ai sensi dell'art. 2 cod. pen., il nuovo regime si applica solo ai fatti commessi in epoca successiva alla riforma. Per i fatti anteriori, come quello in esame, sempre in applicazione dell'art. 2 cod. pen., può trovare applicazione, invece, quando pertinente, la ridetta normativa del 2012, che appare più favorevole con riguardo alla limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave».

Viene perciò certificato dai giudici di legittimità che la disciplina penale contenuta nella legge c.d. Gelli-Bianco, ispirata dall'intento di limitare l'ambito di responsabilità penale della classe medica, risulta in concreto più severa di quanto previsto nel 2012 dalla c.d. legge Balduzzi con riguardo ai fatti che possono rientrare nel concetto di colpa lieve, senza peraltro tener conto degli approdi giurisprudenziali che avevano esteso le limitazioni della legge Balduzzi anche alle ipotesi di responsabilità per negligenza o imprudenza.

La sentenza ha infine ritenuto di indicare una possibile “via d'uscita” alle incongruenze dell'art. 590-sexies c.p. che ha eliminato la non punibilità per le condotte caratterizzate da colpa lieve, rievocando il risalente tema dell'applicabilità, in ambito penale, della disciplina dell'art. 2236 c.c. pervenendo alla conclusione che « … tale norma, sebbene non direttamente esportabile nel diritto penale, sia comunque espressione di un principio di razionalità: situazioni tecnico scientifiche nuove, complesse o influenzate e rese più difficoltose dall'urgenza implicano un diverso e più favorevole metro di valutazione. In tale ambito ricostruttivo, si è infatti considerato che il principio civilistico di cui all'art. 2236 cod. civ., che assegna rilevanza soltanto alla colpa grave, può trovare applicazione in ambito penalistico come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà», richiamando a tal fine anche sentenze recenti (Cass. pen., sez. IV, del 29 novembre 2015, n. 12478; Cass. pen., sez. IV, 22 novembre 2011, n. 4391).

La Corte ha perciò affermato che tale giurisprudenza avrebbe ancora attualità e, confidando, che essa potrà orientare il giudizio in modo che si tenga conto delle riconosciute peculiarità delle professioni sanitarie, che evidentemente la riforma del 2017 non è riuscita a tutelare in maniera quantomeno chiara.

Guida all'approfondimento

C.BRUSCO, La nuova legge sulla responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, in Il Penalista, focus 01/03/2017;

F.D'ALESSANDRO, La responsabilità penale del sanitario alla luce della riforma “ Gelli – Bianco”, in Dir. pen. proc., n. 5 del 2017, pgg. 573;

C.CUPELLI, La legge Gelli-Bianco approda in Cassazione: prove di diritto intertemporale, in Dir. pen. cont. , 26 aprile 2017;

O.DI GIOVINE, Colpa penale, legge “Balduzzi” e disegno di legge “Gelli – Bianco” : il matrimonio impossibile tra diritto penale e gestione del rischio clinico, in Cass. pen., n.1/2017, pag. 386;

P.PIRAS, Imperitia sine culpa non datur. A proposito del nuovo art. 590 sexies c.p., in Dir. pen. cont., 1 marzo 2017.

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