La vacanza rovinata e il diritto al risarcimento del danno

27 Dicembre 2016

Nel caso di danno da vacanza rovinata è da considerare risarcibile anche il danno non patrimoniale, oltre al pregiudizio economico la cui risarcibilità è ormai incontestata?
Massimo

La liquidazione del danno morale subito dal turista deluso potrà avvenire in maniera equitativa, utilizzando criteri presuntivi, tenendo conto di fattori quali l'irripetibilità del viaggio, il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore e lo stress subito a causa dei disservizi.

Il caso

Gli attori convenivano in giudizio il Tour operator e l'agenzia viaggi per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in conseguenza dello stress derivato dalla vacanza rovinata per inadempimento del contratto d'acquisto del viaggio in Messico della durata di 13 giorni. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda attorea condannando il Tour Operator a risarcire agli attori il danno patrimoniale nonché la somma di € 1.500,00 ciascuno a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale oltre all'addebito delle spese di lite al tour operator anche in favore dell'agenzia viaggi, benchè quest'ultima non avesse svolto domande in punto.

Il Tour Operator ricorreva in appello impugnandola sentenza per erroneità della decisione del primo giudice in punto “danno non patrimoniale” e in punto “condanna dell'appellante alle spese di lite in favore dell'agenzia viaggi”. Gli originari attori si costituivano chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza di primo grado. L'agenzia Viaggi si costituiva chiedendo invece il rigetto dell'appello e, in subordine, la condanna degli originari attori alle spese dei due gradi di giudizio nei propri confronti.

La questione

La questione in esame è la seguente: nel caso di danno da vacanza rovinata, al di là del pregiudizio economico la cui risarcibilità è ormai incontestata, è da considerare come risarcibile anche il danno non patrimoniale? Ove ammesso, in quale misura?

Le soluzioni giuridiche

L'impossibilità di fruire anche solo parzialmente del pacchetto turistico acquistato ha sicuramente valenza risarcitoria in termini patrimoniali, fosse anche solo per gli esborsi sostenuti dal turista. Quello che però rimane un elemento di discussione in giurisprudenza, e che ha reso di non semplice soluzione il caso che ci occupa, è il tema della risarcibilità del danno non patrimoniale che scaturisce dal mancato godimento della vacanza o del parziale godimento dei servizi turistici acquistati.

Solo di recente la giurisprudenza pare aver raggiunto una voce unanime sul tema, dopo aver superato i precedenti contrasti sia con riferimento all'impossibilità di prevedere un risarcimento per il pregiudizio non patrimoniale fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, sia per quanto attiene all'onere probatorio posto. Da un lato infatti gli stati psichici del turista non possono formare oggetto di prova e dall'altro invece, per una corrente minoritaria, la gravità della lesione e della serietà del pregiudizio patito dal turista deve essere compatibile con il principio di tolleranza delle lesioni minime (Trib. Bologna, sez. II, 7 giugno 2007; Cass. civ. sent., 15 febbraio 2007 n. 3462; Trib. Roma, 11 maggio 2012 n. 7256; Cass. civ., sez. III, 12 novembre 2013n. 25410; Trib. Como, sez. civ. , 18 luglio 2014 n. 1304; App. Milano, sez. III civ., 4 maggio 2015 n. 1914; Trib. Lamezia Terme, 14 luglio 2015 n. 14662).

Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha esaminato la problematica descrivendo, innanzitutto, il sinallagma contrattuale tra le parti e precisando che nel contratto di organizzazione di viaggio concluso dal viaggiatore tramite un intermediario, sulla base di un programma predisposto da un organizzatore, vengono in campo tre distinti rapporti:

  • un primo rapporto di mandato tra organizzatore di viaggi e intermediario;
  • un secondo rapporto di mandato tra il viaggiatore e l'intermediario;
  • un terzo rapporto tra organizzatore e viaggiatore che deriva dal contratto concluso tra il viaggiatore e l'intermediario.

Qualunque contratto stipulato dall'intermediario di viaggi con un organizzatore di viaggi è considerato come se fosse stato concluso dal viaggiatore e, pertanto, è costitutivo di un rapporto diretto tra viaggiatore e organizzatore di viaggi (tour operator).

La Corte d'Appello ha effettuato questa premessa per precisare che la natura del mandato con rappresentanza, propria dell'incarico dato dal viaggiatore all'agenzia viaggi, trova senza dubbio riscontro, ai sensi dell'art. 1719 c.c., con l'assunzione da parte dell'agenzia viaggi nei confronti dell'organizzatore di obblighi propri ed è quindi indubbio che, se inadempimento contrattuale vi è stato, di esso deve rispondere il tour operator, in ragione dei profili di organizzazione, come sottolineati dagli originari attori.

La Corte prosegue ricordando come sia ormai riconosciuto in giurisprudenza il diritto ad ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall'impossibilità di vivere un sereno periodo di vacanza perché rovinato da imprevisti, difficoltà e ritardi, ed evidenzia che se talvolta si è considerato un danno di origine per così dire biologica (definito “emotional distress”), altre volte invece è stata considerata come perdita di chance di godere di un periodo di svago e riposo non ripetibile.

Il danno da vacanza rovinata viene, pertanto, identificato nel pregiudizio che il turista ha subito per non aver potuto godere pienamente del viaggio organizzato come occasione di riposo e svago; tale voce di danno ha, quindi, prettamente natura non patrimoniale che non si traduce, infatti, necessariamente in una perdita economica, né in termini di danno emergente né in termini di lucro cessante, bensì si concretizza in un disagio, lo stress subito per non aver potuto godere del riposo tanto immaginato, atteso e organizzato.

Ed ecco che la sentenza in commento aiuta a comprendere perché tale danno non patrimoniale sia stato ritenuto risarcibile ex art. 2059 c.c. nonostante non vengano in rilievo lesioni all'integrità psicofisiche tutelate dall'art. 32 Cost.

Attraverso un fine ragionamento giuridico, infatti, la Corte d'Appello, richiama innanzitutto la sentenza n. 168 del 2002 della Corte di Giustizia che ricorda l'interpretazione dell'art. 5 della direttiva sui pacchetti turistici (n. 90/314/CEE) precisando che «il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso» e che in tal senso vada interpretato l'articolo in parola anche perchè nel settore dei viaggi turistici si segnalano spesso danni «diversi da quelli corporali, al di là dell'indennizzo delle sofferenze fisiche” e che “tutti gli ordinamenti giuridici moderni riconoscono un'importanza sempre maggiore alle vacanze». La Corte d'Appello, prendendo le mosse da quest'interpretazione normativa, prosegue esaminando la questione dell'onere probatorio e chiarisce che, al fine di accertare il presupposto del danno di cui si tratta, è sufficiente la prova fornita dai turisti circa l'inadempimento dell'operatore turistico. Sarebbe infatti assai difficoltoso per il turista danneggiato dimostrare lo stress subito a causa della vacanza non andata in porto o pur se usufruita, diversa da come proposta: perciò tale danno si presume.

La finalità della vacanza e dello svago è, quindi, l'elemento che caratterizza il contratto di viaggio in sé ed è ciò che l'operatore è obbligato a garantire.

La liquidazione del danno morale subito dal turista deluso potrà avvenire, dunque, in maniera equitativa utilizzando criteri presuntivi e tenendo conto di fattori quali:

  • l'irripetibilità del viaggio;
  • il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal consumatore;
  • lo stress subito a causa dei disservizi.

È ovvio che la richiesta di risarcimento di danni non patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi come minimi contrasterebbe con i principi di correttezza e buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi professionista-consumatore.

La Corte d'Appello conclude confermando la condanna del Tour Operator al risarcimento del danno in favore dei turisti originari attori, riducendo della metà l'ammontare del danno non patrimoniale liquidato dal giudice di prime cure, in virtù del richiamato principio equitativo. Riforma infine la sentenza di primo grado in punto spese legali liquidate a favore dell'agenzia di viaggi, che venivano compensate.

Osservazioni

Dalla lettura della sentenza in commento si delinea un quadro chiaro rispetto a quello che è il diritto del viaggiatore-consumatore al risarcimento del danno da vacanza rovinata ai sensi dell'art. 5 della direttiva sui pacchetti turistici n. 90/314/CEE e che non si esaurisce nel semplice diritto a veder rimborsato il prezzo corrisposto per l'acquisto del pacchetto di viaggio. Trova tutela anche in quegli aspetti della vita diversi persino dalle lesioni all'integrità psicofisiche richiamate dall'art. 32 Cost., ovvero lo stress subito in conseguenza della vacanza non andata in porto o non realizzatasi per come la si era prefissata.

La Corte d'Appello ha specificato inoltre che per la prova di tale specifica voce di danno sono sufficienti le “presunzioni” in quanto diversamente il viaggiatore si troverebbe nella quasi impossibilità di dimostrare il danno realmente subito.

È stato opportunamente affrontato anche il tema dell'impossibilità di applicare automatismi al risarcimento del danno in situazioni in cui la sofferenza sia conclamata da circostanze di eclatante evidenza: resta compito del giudicante valutare caso per caso, anche in base al tipo di viaggiatore e alla possibilità di “replica” del viaggio rovinato, l'entità del risarcimento del danno non patrimoniale liquidabile secondo criteri equitativi.

Guida all'approfondimento

G. BONILINI – U. CARNEVALI – M. CONFORTINI, Codice ipertestuale della responsabilità civile (Torino), Tomo I, parte II, p. 502

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