Il danno da lesione della capacità lavorativa specifica non costituisce un'automatica conseguenza del riconoscimento del danno biologico

Francesco Meiffret
21 Marzo 2016

Una volta accertata la lesione dell'integrità psicofisica, il risarcimento da lesione della capacità lavorativa specifica non costituisce un danno in re ipsa bensì necessita della prova e dell'an e del quantum.
Massima

Una volta accertata la lesione dell'integrità psicofisica, il risarcimento da lesione della capacità lavorativa specifica non costituisce un danno in re ipsa bensì necessita della prova e dell'an e del quantum. L'onere della prova può essere soddisfatto dal danneggiato tramite presunzioni semplici nel solo caso in cui l'evento lesivo abbia cagionato una lesione macropermanente. Qualora, invece, si tratti di lesioni micropermanenti è necessario una prova piena da parte del danneggiato dell'incidenza in concreto dell'evento lesivo sulla propria capacità lavorativa e reddituale.

Il caso

Il ricorrente aveva deciso di presentare ricorso in cassazione dopo che entrambi i gradi di merito avevano accertato che nessun ristoro poteva essergli riconosciuto in merito alla richiesta di risarcimento per lesione della capacità lavorativa specifica poiché non era stata fornita alcuna prova in merito all'esistenza di tale danno.

La tesi prospettata dal ricorrente, invece, si basava sull'assunto che una volta riconosciuto, come nel suo caso, un danno biologico, la lesione della capacità lavorativa specifica derivante da invalidità temporanea costituiva un'automatica conseguenza.

La questione

Nel caso in cui ad un lavoratore autonomo venga riconosciuto una lesione dell'integrità psicofisca e, quindi, il risarcimento del c.d. danno biologico, il c.d. danno da lesione della capacità lavorativa specifica costituisce un'automatica conseguenza senza che il danneggiato debba dimostrare l'esistenza e l'entità del danno?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte rigetta le doglianze del ricorrente confermando le decisioni di merito dei due gradi di giudizio. Infatti gli Ermellini evidenziano come la lesione della capacità lavorativa specifica non costituisca una conseguenza automatica e diretta derivante dall'accertamento del danno biologico. Detta voce di danno deve essere dimostrata. Qualora la condotta del danneggiante comporti un evento invalidante di ridotta rilevanza, come una microlesione temporanea, le cosiddette micropermanenti (lesioni pari o al di sotto della percentuale del 9%), la prova fornita dal danneggiante deve essere piena (cfr. anche Cass. civ., 11 marzo 2005, n. 5415). L'onere probatorio posto a carico del danneggiato diminuisce laddove sia vittima di un evento lesivo di rilevante gravità. In tal caso è sufficiente la prova per presunzioni (cfr. Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 2014, n. 25730; Cass. civ., sez. III, 5 febbraio 2013, n. 2644).

La sentenza in commento conferma un orientamento pressoché monolitico della giurisprudenza di legittimità che nega qualsiasi automatismo tra il riconoscimento del danno biologico e la lesione della capacità lavorativa specifica (cfr. ex plurimis Cass. civ., sez. III, 10 luglio 2008, n. 18866; Cass. civ., sez. III, 8 agosto 2007, n. 17397; nel merito: Trib. Bari, sez. III, 14 ottobre 2015, n. 4372).

Quindi, il danno da lesione della capacità lavorativa specifica non costituisce un danno emergente, ovvero in re ipsa che deriva dalla sola dimostrazione dell'evento lesivo, ma rientra nella seconda macrocategoria del danno patrimoniale, il lucro cessante. Quest'ultimo, altresì definito come mancato guadagno, si estrinseca in tutti quegli incrementi patrimoniali che il danneggiato avrebbe potuto ottenere se l'evento lesivo non si fosse verificato.

Osservazioni

Al fine di fornire un quadro completo, pare opportuno effettuare una digressione sul concetto di danno soffermandosi in particolar modo su quello da lesione della capacità lavorativa generica (di seguito LCLG) e specifica (di seguito LCLS) (per approfondimenti si veda M. Rodolfi, Il danno patrimoniale da lucro cessante: tra riduzione della capacità lavorativa specifica, generica e flessione di guadagno. Stato dell'arte in Ri.Da.Re).

Senza avere alcuna pretesa di esaustività, per danno patrimoniale si intende qualsiasi pregiudizio di natura economica. Tuttavia esso non si esaurisce nella sola sfera patrimoniale esistente al momento dell'evento, bensì ricomprende tutte le potenzialità in grado di attribuire un vantaggio economico al danneggiato e tra queste la principale è la capacità lavorativa.

Un danno alla salute può cagionare alla capacità reddituale di un soggetto un danno che, se dimostrata, deve essere risarcito. Infatti il c.d. risarcimento da danno biologico ristora solo le conseguenze non patrimoniali della lesione dell'integrità psicofisica senza coprire il danno derivante dalla eventuale perdita o diminuzione della capacità lavorativa (Cass. civ., sez. III, 16 gennaio 2013, n. 9089).

La lesione della capacità lavorativa è stata suddivisa in due categorie: generica e specifica.

Per LCLG si intende la predisposizione di un soggetto a svolgere determinate attività lavorative. Si tratta, dunque, di un giudizio prognostico sulle potenziali capacità di reddito da lavoro del soggetto leso che al momento dell'evento non lavora ancora. Quindi la LCLG è stata creata originariamente dalla giurisprudenza per incrementare il risarcimento dei soggetti non percettori di reddito. Senza il riconoscimento della risarcibilità del danno da LCLG, nel caso di un fatto lesivo della medesima gravità cagionato a due soggetti, di cui uno svolge un'attività lavorativa, ad esempio ingegnere, e l'altro, invece, solo potenzialmente (per attitudini, studi intrapresi, tradizione familiare ecc... ) ha manifestato la predisposizione a svolgere la stessa professione, vi sarebbe un'eccessiva disparità dal punto di vista della quantificazione del danno. Infatti il primo soggetto otterrebbe sia il risarcimento del danno biologico sia quello derivante dal mancato guadagno dovuto all'impossibilità totale o parziale di svolgere la propria attività. Il secondo, senza l'istituto del risarcimento da danno da LCLG, sarebbe discriminato in quanto gli verrebbe riconosciuto solo il danno biologico senza la possibilità di considerare il danno patrimoniale dovuto all'impossibilità di svolgere quel lavoro per il quale aveva manifestato una predisposizione.

Successivamente la LCLG è stata altresì riconosciuta anche ai lavoratori garantendo un ristoro al venir meno della possibilità di poter svolgere altre occupazioni compatibili con il proprio bagaglio professionale o propensioni.

Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente detto profilo di danno rientra nella macrocategoria del danno non patrimoniale e più precisamente biologico trattandosi di una menomazione dell'integrità psicofisica (cfr ex plurimis Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18161).

Tuttavia nell'ultimo triennio vi sono stati tre arresti della Suprema Corte che, invece, hanno ricondotto il danno da lesione della capacità lavorativa generica nell'alveo del danno patrimoniale più precisamente Cass. civ., sez. III, sent., 25 agosto 2014, n. 18161, Cass. civ., sez. III, sent., 7 novembre 2014, n. 23791 (già commentata da A. Scalera, Va liquidato in via equitativa il danno da perdita della capacità lavorativa del giovane non occupato in Ri.Da.Re) e Cass. civ., sez. III,sent., 12 giugno 2015, n. 12211. In particolare, quest'ultima pronuncia, già commentata in maniera critica su questa rivista (si veda M. Di Marzio, Contrordine! La perdita della capacità lavorativa generica si cumula a danno biologico e patrimoniale, in Ri.Da.Re), ha ritenuto che anche il danno da LCLG rientri nel danno patrimoniale assolvendo il compito di ristorare la vittima dalla possibilità persa di percepire un reddito futuro mediante lo svolgimento di altre professioni. In altre parole l'orientamento testé descritto sostiene che il danno da LCLG costituisca una perdita di chance.

La giurisprudenza ha elaborato alcuni indici presuntivi per quantificare il danno da LCLG quali la posizione economico sociale della famiglia di appartenenza, gli studi intrapresi, le predisposizioni innate o sviluppate a determinate attività lavorative ed, infine, il presumibile andamento del mercato del lavoro (Cass. civ., sez III, 12 febbraio 2015, n. 2578; Cass. civ. sez. III, 27 aprile 2010, n.10074).

Com'è intuibile l'altra categoria, oltre ai minori, per la quale è stata originariamente creato il risarcimento da LCLG è quella costituita dalle casalinghe.

Il danno alla capacità lavorativa della casalinga costituisce una voce distinta rispetto al biologico che si estrinseca nell'incapacità totale o parziale di provvedere ai lavori domestici a favore dei propri familiari o per se stessi (Cass. civ., 20 ottobre 2005, n. 20234).

La quantificazione si basa su un giudizio prognostico ex ante volto ad accertare che l'infortunio impedirà in futuro di attendere alle mansioni domestiche. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale l'onere probatorio incombe sul danneggiato che potrà essere assolto anche per mezzo di presunzioni. La liquidazione si basa sulla remunerazione percepita da una collaboratrice domestica con un'evidente sovrapposizione con la LCLS.

In alcune sentenze, infatti, è stato affermato che il Giudice non deve quantificare a parte la lesione della capacità lavorativa specifica bensì ricomprenderla nel danno biologico mediante una rivalutazione dei singoli punti d'invalidità anche in relazione all'età del soggetto danneggiato e senza prendere come parametro di riferimento i redditi precedentemente percepiti dal soggetto leso (Cass. civ., sez. III, 24 marzo 2004, n. 5840).

Dottrina e giurisprudenza hanno utilizzato per l'altra categoria di danno derivante dalla lesione della capacità lavorativa l'aggettivo “specifica” per determinare le conseguenze negative cagionate alla vittima in relazione all'attività lavorativa effettivamente svolta. Quindi, è risarcita la contrazione presente e futura del reddito da lavoro che è conseguenza dell'evento lesivo.

Come già rilevato, il danno da RCLS deve essere dimostrato. Infatti la giurisprudenza ha più volte rilevato, inclusa la sentenza in commento, come tra lesione dell'integrità psicofisica e la diminuzione della capacità di guadagno non sussista alcun automatismo (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 11 dicembre 2012, n. 22638).

Nel caso di lesione grave è sufficiente una prova per presunzioni della LCLS sia per l'an che per il quantum. In un precedente la Suprema Corte sembra spingersi oltre riconoscendo in re ipsa il danno da LCLS nel caso di un chirurgo destrimane che aveva subito una lesione macropermanente alla mano destra (Cass. civ., sez. III, 25 gennaio 2008, n. 1690). In questo caso, quindi, il semplice evento lesivo, rapportato al tipo di professione svolta, permette il riconoscimento del danno patrimoniale nonostante il danneggiato non avesse dimostrato l'esistenza di tale voce di danno.

Infine nel caso di lesioni micropermanenti l'orientamento prevalente ammette la possibilità di riconoscere un risarcimento da LCLS (Cass. Sez. III, 21 gennaio 2000, n. 15027; Cass. sez. III, 27 luglio 2005, n.15676) purché venga dimostrato con un indice di probabilità che rasenti la certezza che la microlesione abbia cagionato una ridotta capacità lavorativa (si pensi alla rottura di un legamento per un calciatore o alla cicatrice sul volto per una modella).

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