Il difetto della protesi esclude la responsabilità della casa di cura e dei collaboratori per l'insuccesso dell'operazione

Filippo Rosada
21 Aprile 2015

In tema di domanda di risarcimento dei danni conseguenti ad un intervento di innesto di protesi, se la causa dell'insuccesso dell'operazione è circoscritta ad un difetto di fabbricazione dell'impianto artificiale, responsabili dell'accaduto sono la casa di produzione e il chirurgo che ha anche progettato e verificato la protesi prima della sua applicazione. Privi di responsabilità sono, invece, i collaboratori che hanno partecipato all'intervento, in quanto la condotta lesiva non si è realizzata durante l'operazione chirurgica, ma prima di essa. Per la stessa ragione va esclusa la responsabilità della struttura sanitaria che risponde dell'operato dei medici per i fatti di cui i sanitari sono responsabili dentro la struttura sanitaria.
Massima

In tema di domanda di risarcimento dei danni conseguenti ad un intervento di innesto di protesi, se la causa dell'insuccesso dell'operazione è circoscritta ad un difetto di fabbricazione dell'impianto artificiale, responsabili dell'accaduto sono la casa di produzione e il chirurgo che ha anche progettato e verificato la protesi prima della sua applicazione.

Privi di responsabilità sono, invece, i collaboratori che hanno partecipato all'intervento, in quanto la condotta lesiva non si è realizzata durante l'operazione chirurgica, ma prima di essa.

Per la stessa ragione va esclusa la responsabilità della struttura sanitaria che risponde dell'operato dei medici per i fatti di cui i sanitari sono responsabili dentro la struttura sanitaria.

Il caso

La vicenda trae origine da una domanda risarcitoria per danni conseguenti ad un innesto di protesi all'anca destra. Più precisamente l'attore lamenta che a distanza di cinque anni e nove mesi dall'intervento l'impianto si è rotto durante la deambulazione.

Radicato il giudizio nei confronti della casa produttrice della protesi, del chirurgo, dell'anestesista e della casa di cura, la CTU medico-legale ha evidenziato che l'intervento era necessario ed è stato correttamente eseguito; che la scelta di quell'impianto non era controindicata; che la rottura dell'impianto è da connettersi ad un difetto di fabbricazione; che non vi è nesso causale tra la condotta dell'equipe e la rottura della protesi.

Il Tribunale, pertanto, condanna sia la casa produttrice che il chirurgo che ha commissionato, progettato e verificato la protesi prima dalla sua applicazione; rigetta, invece, la domanda sia nei confronti dei collaboratori che della Casa di Cura in quanto la condotta lesiva si è concretizzata prima e non durante l'intervento.

La questione

La questione riguarda la responsabilità per le conseguenze pregiudizievoli connesse ad innesto di protesi difettosa.

Le soluzioni giuridiche

L'interessante sentenza, qui commentata, consente di sintetizzare la normativa applicabile al caso di specie.

Giova, quindi, precisare come la fattispecie riguardi la tematica del danno da prodotto difettoso, con la conseguenza che la normativa di riferimento, oltre a quella contenuta nel codice civile, può riguardare anche quella del codice del consumo dove è confluito sia il d.P.R. n. 224/1988 che aveva recepito la Dir. 85/374/CEE, che le norme in materia di sicurezza generale dei prodotti previste dal D.lgs. 21 maggio 2004, n. 172 attuativo della Dir. n. 2001/95/CE (v. Responsabilità del produttore in Ri.Da.Re.).

È bene ricordare che l'art. 127 Cod. Cons. chiarisce che la disciplina di derivazione comunitaria svolge una funzione suppletiva, nel senso che si aggiunge a quella nazionale, onde consentire al danneggiato/consumatore di scegliere quale norma invocare.

Le poche sentenze che si sono interessate a casi simili a quello di specie (Cass. civ., sent. n. 20985/2007; App. Brescia, 12 febbraio 2014) hanno risolto la questione secondo il dettato del codice del consumo.

In alternativa all'applicazione della normativa collegata alla tutela del consumatore, il paziente potrà sempre invocare la responsabilità contrattuale del medico e della struttura ex art. 1218 c.c. secondo il costante insegnamento degli Ermellini (Cass. civ., sent. n. 993/2014), oppure ex art. 2043 c.c., nel caso in cui la pretesa sia rivolta nei confronti di un medico dipendente, così come sostenuto dal recente indirizzo giurisprudenziale del Tribunale di Milano successivo all'emanazione della cd. Legge Balduzzi (v., Responsabilità extracontrattuale nella “legge Balduzzi”, in Ri.Da.Re).

Osservazioni

La scelta dell'impostazione dell'azione risarcitoria per il ristoro di danni causati da protesi difettosa comporta conseguenze pratiche di assoluto rilievo.

In primo luogo è di primaria importanza evidenziare i differenti termini prescrizionali. Secondo l'art. 125 Cod. Cons. il termine prescrizionale è triennale e decorre dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe potuto avere conoscenza del danno, della causa originante e del nominativo del responsabile. Inoltre, è previsto un termine di decadenza decennale che estingue il diritto al risarcimento del danneggiato.

La prescrizione per responsabilità contrattuale, invece, deriva dal disposto dell'art. 2946 c.c. e pertanto è decennale, con decorrenza «da quando il diritto può essere fatto valere» ex art. 2935 c.c..

Importanti differenze si riverberano anche sotto il profilo dell'onere della prova.

Secondo il disposto dell'art. 120, comma 1, Cod. Cons, infatti, l'onere di provare il difetto, il danno e la connessione causale tra difetto e danno ricade sul danneggiato.

Il produttore (nella cui figura si deve ricomprendere il fabbricante, il fornitore, l'intermediario, l'importatore e l'assemblatore) secondo quanto prevede il comma 2 del medesimo articolo, deve invece provare i fatti che possono escludere la sua responsabilità.

Giova rilevare, sul punto, che il danneggiato, per provare il difetto del prodotto, può limitarsi ad evidenziare i risultati anomali che l'uso della protesi ha causato rispetto alle normali aspettative. Infatti, ai sensi dell'art. 117 Cod. Cons., il prodotto è considerato difettoso «quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze» indicate nel medesimo articolo. Una volta che il danneggiato ha fornito la prova suddetta, è il produttore che ha l'onere di provare che il difetto non esisteva al momento della messa in circolazione del prodotto, ai sensi dell'art. 120 comma 2 della medesima normativa.

È noto invece, come nell'ambito della responsabilità contrattuale, ai sensi dell'art. 1218 c.c. l'attore può limitarsi a provare il contratto, il danno, allegando i profili di colpa e il nesso causale, mentre è onere del debitore dimostrare che l'inadempimento o il mancato esatto adempimento è collegato a circostanze a lui non imputabili (Cass. civ, S.U., n. 13533/2001).

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