Iscrizione di ipoteca per un valore sproporzionato rispetto al credito garantito e responsabilità aggravata del creditore alla luce del “giusto processo”

27 Luglio 2016

Nell'ipotesi in cui risulti accertata l'inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la responsabilità ex art. 96, comma 2, c.p.c..
Massima

Nell'ipotesi in cui risulti accertata l'inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale e la normale prudenza del creditore nel procedere all'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, è configurabile in capo al suddetto creditore la responsabilità ex art. 96, comma 2,c.p.c., quando non ha usato la normale diligenza nell'iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito, secondo i parametri individuati nella legge (artt. 2875 e 2876 c.c.), così ponendo in essere, mediante l'eccedenza del valore dei beni rispetto alla cautela, un abuso del diritto della garanzia patrimoniale in danno del debitore.

Il caso

Un istituto di credito, dopo aver ottenuto decreto ingiuntivo per saldi passivi di conto corrente bancario (105 milioni di lire), iscriveva ipoteca giudiziale per 150 milioni di lire. L'opposizione proposta dal debitore veniva accolta, mentre la domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c. veniva rigettata.

L'opponente, pertanto, impugnava la sentenza limitatamente alla domanda ex art. 96 c.p.c. e la Corte d'appello adita rigettava l'impugnazione, in quanto al momento dell'iscrizione ipotecaria il creditore non avrebbe potuto prevedere il futuro accertamento di inesistenza del credito.

Avverso la suddetta sentenza il debitore opponente proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 96 c.p.c. e art. 2043 c.c..

La questione

Nell'eventualità in cui risulti accertata l'inesistenza del credito e il creditore, non usando la normale diligenza, provveda ad iscrivere ipoteca giudiziale per un valore sproporzionato rispetto al credito garantito, è possibile configurare un'ipotesi di responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 2, c.p.c.?

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte di Cassazione, con la pronuncia in commento, supera il tradizionale orientamento in forza del quale si escludeva l'invocabilità della responsabilità aggravata (art. 96, comma 2, c.p.c.) nel caso in cui il creditore avesse iscritto ipoteca per una somma esorbitante o su beni di valore eccedente l'importo del credito, residuando la più generica ipotesi di responsabilità processuale di cui al primo comma dell'art. 96 c.p.c.. In particolare, si riteneva responsabile il creditore che, chiamato in giudizio per la riduzione dell'ipoteca, decidesse di resistere con colpa grave o dolo. La possibilità riconosciuta dall'ordinamento di iscrivere ipoteca su qualunque immobile del debitore (art. 2828 c.c.), nonché il principio in forza del quale il debitore è chiamato a rispondere dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (art. 2740 c.c.) fondavano la liceità del comportamento del creditore che avesse iscritto ipoteca su beni di valore eccedente l'importo del credito.

L'originaria impostazione è stata disattesa nella sentenza in esame, in ragione del sopravvenire di principi di matrice costituzionale (art. 111 Cost.) che hanno permesso di rileggere la norma dettata in tema di responsabilità aggravata nella diversa ottica dell'abuso del diritto.

La Corte, infatti, ritiene che il limite dell'abuso del diritto debba operare anche nell'ambito della responsabilità patrimoniale, nella misura in cui l'accesso alla garanzia ipotecaria non può essere consentito in modo incondizionato. A tal proposito, la Corte ricorda come la misura del credito garantito assuma rilievo giuridico tramite la previsione del potere di riduzione dell'ipoteca, in caso di eccesso nel valore dei beni ipotecati (art. 2875 c.c.).

L'attenzione rivolta dal legislatore nei confronti della proporzionalità tra beni oggetto di ipoteca e valore del credito garantito assume un'incidenza e rilevanza ulteriori in considerazione del nuovo art. 111 Cost., espressivo del principio del “giusto processo”. Il detto principio, come ricorda la Corte, «non consente più di utilizzare, per l'accesso alla tutela giudiziaria, metodi divenuti incompatibili con valori avvertiti come preminenti ai fini di un efficace e equo funzionamento del servizio di giustizia». Ne consegue che il comportamento del creditore che decida di avvalersi della garanzia ipotecaria, iscrivendo ipoteca su beni di valore spropositato rispetto all'ammontare del credito, «pone in essere un comportamento di abuso dello strumento della cautela rispetto al fine per cui gli è stato conferito». Alla luce delle dette argomentazioni il creditore è stato ritenuto responsabile ai sensi dell'art. 96, comma 2, c.p.c.; così ragionando, la responsabilità aggravata diventa lo strumento mediante il quale punire comportamenti abusivi, che si connotano per l'utilizzazione dello strumento processuale oltre i limiti dello scopo per il quale lo stesso è stato conferito.

Osservazioni

La sentenza in commento innova l'orientamento tradizionale in ragione del quale, in tema di illecito processuale, la responsabilità del creditore ipotecario poteva essere configurata unicamente in caso di totale carenza del diritto di credito e in difetto della normale prudenza, a nulla rilevando l'eventuale eccessiva sproporzione tra il valore dei beni oggetto della garanzia reale e l'ammontare del credito garantito (a puro titolo esemplificativo v. Cass. n. 16308/2007 e Cass. n. 10299/2007).

Gli elementi richiesti dalla previsione normativa in commento per la responsabilizzazione del creditore ipotecario sono due, uno di natura oggettiva e l'altro di natura soggettiva; in particolare, l'art. 96, comma 2, c.p.c. richiede l'acclarata inesistenza della situazione giuridica sostanziale a tutela della quale sia stata iscritta ipoteca (presupposto oggettivo), nonché il difetto della normale prudenza (presupposto soggettivo), da intendersi in termini di colpa lieve dell'agente. Detto altrimenti, il giudice, ai fini del riconoscimento del diritto del debitore al risarcimento del danno, deve accertare che il creditore abbia iscritto ipoteca in un caso in cui era ragionevolmente ed oggettivamente prevedibile, usando l'ordinaria diligenza, il successivo accertamento dell'inesistenza del diritto di credito.

Il secondo comma dell'art. 96 c.p.c. presenta elementi di maggiore specificità rispetto alla previsione di cui al primo comma, prevedendo la responsabilità per particolari condotte processuali tipizzate come illecite in presenza della mera colpa lieve, non richiedendo, invece, la malafede o colpa grave. Le due norme si pongono in un rapporto di specialità, dal momento che il primo comma prescrive la responsabilità da comportamento processuale in termini generali, mentre il secondo comma articola specifiche ipotesi di condotte che, in presenza di colpa lieve, generano responsabilità aggravata (sul rapporto di specialità v. Cass. n. 17902/2010).

L'iscrizione di ipoteca a garanzia di un credito inesistente, sempre che il creditore ipotecario non si sia avveduto della probabile insussistenza della pretesa creditoria, costituisce uno dei tipici fatti generatori di responsabilità ai sensi del più volte citato art. 96, comma 2, c.p.c.. Responsabilità esclusa nel caso di specie, stante la non sufficiente probabilità e prevedibilità dell'inesistenza del credito al momento dell'iscrizione ipotecaria.

Stando al dato letterale, non potrebbe assumere rilievo alcuno il rapporto di proporzionalità tra l'ammontare del credito oggetto di tutela e il valore dei beni sui quali iscrivere ipoteca; tanto è vero che per il consolidato orientamento giurisprudenziale scalfito dalla pronuncia in commento, tale circostanza poteva, in presenza di mala fede o colpa grave, far scaturire un'ipotesi di responsabilità aggravata “generale” ai sensi del primo comma dell'art. 96 c.p.c.

La sentenza in commento, invece, rilegge la responsabilità aggravata da iscrizione di ipoteca alla luce del divieto di abuso del diritto (arg. art. 111 Cost.), conferendo rilievo anche al valore dei beni strumento di cautela, nel senso che quando il creditore iscrive ipoteca su beni di valore spropositatamente eccedente rispetto al valore del credito da garantire, abusa dello strumento offerto dall'ordinamento ed è, pertanto, responsabile dei danni arrecati al debitore.

Invero, la pronuncia in esame sembra reinterpretare l'elemento soggettivo della “carenza della normale prudenza”, spostando l'oggetto dell'accertamento dall'inesistenza del credito al rapporto di proporzionalità tra il valore del credito e il valore dei beni oggetto di ipoteca. Più precisamente, si rinvia alla figura dell'abuso del diritto per incidere, in realtà, sul modo di intendere la colpa lieve, il cui baricentro viene spostato dalla previsione circa il futuro accertamento dell'inesistenza del diritto di credito al rapporto di proporzionalità tra valore del credito e valore dei beni oggetto di garanzia.

Dietro l'abuso del diritto si celerebbe, quindi, un nuovo e diverso modo di intendere il requisito soggettivo della colpa lieve nella particolare e specifica ipotesi di responsabilità aggravata da iscrizione ipotecaria, con l'effetto di svincolare il rimedio risarcitorio dai presupposti immaginati dal legislatore, ampliandone, di fatto, il campo di operatività.

Guida all'approfondimento

Andrioli, Commento al codice di procedura civile, I, 3° ed., Napoli, 1957, p. 268;

Carnelutti, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Roma, 1942, p. 240;

Nappi, in Comm. Consolo, Luiso, I, 3° ed., Milano, 2007, p. 874

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