La responsabilità dell’appaltatore si estende anche al venditore/appaltante del bene immobile

Filippo Rosada
23 Gennaio 2015

Nei confronti del venditore di bene immobile si estende la responsabilità per gravi difetti ex art. 1669 c.c. quando vi sia una sua ingerenza tale da rendere l'appaltatore un nudus minister. Se le problematiche riconducibili alla fattispecie dell'art. 1669 c.c. riguardano parti comuni condominiali, la legittimazione all'attivazione della tutela spetta anche ai singoli condomini, senza che si venga a creare una situazione di litisconsorzio necessario. Il dies a quo del termine di decorrenza per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti decorre dalla data di deposito della relazione del consulente del giudice nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, se non dalla comunicazione della cancelleria del relativo esito.
Massima

Trib. Milano, Sez. IV civ., 25 luglio 2014

Nei confronti del venditore di bene immobile si estende la responsabilità per gravi difetti ex art. 1669 c.c. allorché vi sia una sua ingerenza tale da rendere l'appaltatore un nudus minister.

Qualora le problematiche riconducibili alla fattispecie dell'art. 1669 c.c. attengano a parti comuni condominiali, la legittimazione all'attivazione della tutela spetta anche ai singoli condomini, senza che si venga a creare una situazione di litisconsorzio necessario rispetto agli altri condomini.

Il dies a quo del termine di decorrenza per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile ex art. 1669 c.c. ben può essere fatto decorrere dalla data di deposito della relazione del consulente del giudice nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, se non dalla comunicazione della cancelleria del relativo esito.

Nell'ambito di applicazione dell'art. 1669 c.c. vanno ricondotti non solo i gravi difetti dell'edificio consistenti in una vera e propria rovina, ma anche le deficienze e carenze costruttive che incidendo sulla funzionalità ed abitabilità dell'opera ne comportano una menomazione del godimento. Tra queste possono annoverarsi anche le deficienze costruttive e quindi l'utilizzo di materiali inidonei, le erronee previsioni progettuali o prescrizioni esecutive del committente accettate dall'appaltatore. Non possono rientrarvi, invece, le infiltrazioni d'acqua e vento se di modesta entità.

Il danno conseguente alla violazione del disposto dell'art. 1669 c.c. può ricomprendere sia il ripristino della funzionalità del bene sia i danni patrimoniali concretamente subiti come conseguenza dei vizi e/o difetti dell'opera.

Sintesi del fatto

Le acquirenti di un immobile lamentano problemi di infiltrazioni d'acqua che si sarebbero manifestati in corrispondenza del tetto. Malgrado i reiterati tentativi che la stessa convenuta/venditrice avrebbe posto in atto nell'arco di tre anni per tentare di far cessare le problematiche, queste si intensificavano. Di qui la necessità di presentare un ricorso per accertamento tecnico preventivo, al cui esito sarebbe emersa la presenza di gravi fenomeni di infiltrazione derivanti da una scarsa tenuta dei serramenti sulla copertura, e da imperfezioni costruttive della medesima. Le attrici, quindi, in forza dell'art. 1669 c.c. chiamano in giudizio la venditrice/appaltante chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti come conseguenza dei fenomeni di infiltrazione.

Il Tribunale, pertanto, sulla base del provvedimento cautelare proposto prima del giudizio, condanna la venditrice/appaltante a rimettere in sicurezza l'immobile e a risarcire i danni patiti dai condomini per le infiltrazioni.

La questione

Se la responsabilità ex art. 1669 c.c. possa estendersi anche in capo al venditore del bene immobile.

Se nell'ambito dell'applicazione dell'art. 1669 c.c. vadano ricompresi solo i gravi difetti dell'edificio tali da comportarne la rovina o se possano rientrarvi anche le carenze costruttive che incidano sull'abitabilità dell'opera.

Se il termine di decorrenza per la denuncia di vizi o difetti ex art. 1669 c.c. possa decorrere dal deposito o dalla comunicazione della relazione del consulente nominato in sede di accertamento tecnico preventivo.

Se la legittimazione attiva spetti anche ai singoli condomini nel caso in cui le problematiche riconducibili alla fattispecie dell'art. 1669 c.c. attengano a parti comuni condominiali.

Le soluzioni giuridiche

L'applicazione dell'art. 1669 c.c. anche al venditore dell'immobile, presuppone l'inquadramento della norma citata nell'ambito della responsabilità extracontrattuale invece che in quella contrattuale.

La questione è annosa, soprattutto in quanto una parte della dottrina, al contrario della giurisprudenza maggioritaria (da ultimo Cass. n. 2724/2014) ritiene che secondo un'interpretazione letterale della norma in commento – che individua quale soggetto legittimato attivo il committente e passivo l'appaltatore – la responsabilità dell'appaltatore non possa che essere contrattuale.

La tesi contrapposta, invece, individua la ratio della norma nella tutela generica di chiunque possa subire un danno causato da un vizio di un immobile. L'art. 1669 c.c., infatti, sarebbe una norma di interesse pubblico volta a tutelare la collettività a che non vengano costruiti immobili che possano creare pericolo.

La giurisprudenza prevalente, quindi – alla quale aderisce anche la sentenza oggetto della presente trattazione - inquadrando nell'ambito della responsabilità extracontrattuale il disposto dell'art. 1669 c.c., ritiene responsabile ai sensi della norma in commento anche il venditore che ha appaltato a terzi la costruzione dell'edificio. Responsabile, infatti, è il soggetto che ha costruito, al quale deve parificarsi la figura del venditore che ha appaltato a terzi la costruzione. Il venditore/committente, infatti, si assume la responsabilità della corretta esecuzione dell'opera anche nei confronti dei terzi acquirenti.

La sentenza qui commentata precisa come la posizione del venditore del bene immobile, sotto il profilo dell'azione ex art. 1669 c.c., viene assimilata a quella del costruttore quando questi ha provveduto alla costruzione dell'immobile con propria gestione diretta, oppure ha progettato l'opera o diretto i lavori o ha nominato il direttore dei lavori o ha sorvegliato l'esecuzione dell'opera impartendo precisi ordini all'appaltatore in merito ai materiali da utilizzare, sul modo di procedere e sulle tecniche operative (Cass. n. 4249/2010; Cass. n. 27495/2009; Cass. n. 16202/2007; Cass. n. 13003/2000; Cass. n. 1993/1999; Cass. n. 8109/1997; Cass. n. 7619/1997).

In relazione a quali vizi o difetti vadano ricompresi nell'ambito dell'art. 1669 c.c., la giurisprudenza maggioritaria è giunta ad affermare che debbano essere inclusi non solo i gravi difetti dell'edificio consistenti in vera e propria rovina, ma anche le deficienze e carenze costruttive che - incidendo sulla funzionalità ed abitabilità dell'opera - comportano una menomazione del godimento della cosa. Vengono quindi compresi quei difetti di costruzione che sono riconducibili ad erronee previsioni progettuali, che incidono cioè in modo apprezzabile sugli elementi strutturali dell'opera, ovvero su quelli necessari perché questa possa fornire la normale utilità propria della sua destinazione, e quei vizi che determinano una importante menomazione della possibilità di normale godimento del bene (Cass. n. 20307/2011; Cass. n. 18032/2010; Cass. n. 81/2000; Cass. n. 19868/2009; Cass. n. 3752/2007; Cass. n. 23276/2005; Cass. n. 3301/1996; Cass. 13106/1995; Cass. n. 1164/1995). La sentenza pertanto chiarisce come tra le ipotesi rientranti nell'art. 1669 c.c. possono annoverarsi le deficienze costruttive, e cioè la realizzazione dell'opera con materiali inidonei e/o non a regola d'arte, ovvero le carenze riconducibili ad erronee previsioni progettuali o prescrizioni esecutive del committente, accettate o condivise dall'appaltatore e, pertanto, tradottesi in vizi costruttivi (Cass. n. 2123/1991; Cass. n. 1948/1989). Per contro, non possono essere ricomprese, ad esempio, le infiltrazioni d'acqua e di vento, se di modesta entità, tali cioè da non condizionare la funzionalità globale dell'opera (Cass. n. 18032/2010).

Per quanto concerne il termine di decorrenza per la denuncia della scoperta dei vizi ex art. 1669 c.c., la giurisprudenza più accreditata ritiene che questo debba decorrere da quando il danneggiato abbia acquisito un'apprezzabile grado di conoscenza oggettiva dei difetti e del loro collegamento causale all'imperfezione dell'opera. Pertanto, l'estensore della sentenza chiarisce come nel caso in cui «la natura, le caratteristiche e l'entità dei vizi vengano ricostruiti solo in sede di espletamento di accertamento tecnico preventivo, debba trovare applicazione il principio che riconosce nella proposizione dell'accertamento tecnico preventivo l'effetto interruttivo della prescrizione sino alla data di deposito della relazione del consulente (Cass. n. 14402/2004)».

In merito alla legittimazione attiva all'azione, il fatto che la norma sia inquadrabile nella responsabilità extracontrattuale comporta che qualsiasi soggetto danneggiato possa far valere detta responsabilità.

Se poi il bene viziato è di natura condominiale, per costante giurisprudenza è legittimato ad agire oltre all'amministratore anche il singolo condomino, senza che insorga un litisconsorzio necessario con gli altri condomini.

Osservazioni e suggerimenti pratici dell'Autore

La soluzione giuridica assunta dalla sentenza qui commentata si pone nel solco della giurisprudenza maggioritaria sia per quanto riguarda l'inquadramento nell'ambito extracontrattuale dell'art. 1669 c.c., sia per quanto concerne i vizi e difetti che possano essere ricompresi, sia in merito al giorno dal quale deve decorre il termine decadenziale per la denuncia degli stessi.

Altrettanto dicasi per quanto riguarda la possibilità di assimilare la pozione del venditore/appaltante a quella del costruttore in merito all'azione ex art. 1669 c.c.. La giurisprudenza, infatti, anche per quanto riguarda il committente dell'opera, ha sempre ritenuto che se sussiste un'intromissione di quest'ultimo nell'esecuzione dei lavori, anch'esso, e non solo l'appaltatore, debba rispondere dei danni eventualmente causati a terzi.

Da un punto di vista pratico – come accaduto nel caso di specie – è sempre meglio proporre l'accertamento tecnico preventivo prima del giudizio a cognizione ordinaria e ciò per evitare che il trascorre del tempo comporti la dispersione di elementi di prova che possono essere determinanti al fine dell'accertamento dei fatti e dell'accoglimento della domanda risarcitoria.

Vale la pena rammentare, inoltre, che è onere di chi invoca la responsabilità ex art. 1669 c.c. allegare e provare l'ingerenza del venditore nell'esecuzione dell'opera.

In fine, per quanto riguarda l'inquadramento della norma nell'ambito della responsabilità contrattuale o extracontrattuale, ci si limita ad osservare come una parte della dottrina ritenga che il d.lgs. n. 122/2005 “Disposizione per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire” prevedendo all'art. 4 l'obbligo del costruttore di stipulare una polizza assicurativa indennitaria decennale a copertura degli obblighi di cui all'art. 1669 c.c., abbia in parte riconosciuto l'applicazione della norma citata anche al venditore dell'immobile.

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