Responsabilità solidale tra professionisti, l’assicurazione copre il danno per l’intero ma nei limiti del massimale

Claudio Tatozzi
23 Marzo 2016

In ambito di assicurazione della responsabilità civile, se l'assicurato è obbligato in solido con altro soggetto nei confronti di un terzo danneggiato l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato non è riferibile alla sola quota di responsabilità ma ricomprende l'intera obbligazione dell'assicurato medesimo nei confronti del terzo danneggiato.
Massima

In ambito di assicurazione della responsabilità civile, se l'assicurato è obbligato in solido con altro soggetto nei confronti di un terzo danneggiato - in assenza di altre diverse e specifiche previsioni contrattuali (comunque da non interpretarsi estensivamente) - l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato non è riferibile alla sola quota di responsabilità di quest'ultimo, in relazione ai rapporti interni tra condebitori solidali, ma ricomprende l'intera obbligazione dell'assicurato medesimo nei confronti del terzo danneggiato (fermo restando il diritto di surroga dell'assicuratore, ex art. 1203, n. 3, c.c., nel diritto di regresso dell'assicurato nei confronti del coobbligato in solido).

In ogni caso, l'eventuale condanna della compagnia assicuratrice va limitata al danno garantito, ai sensi della polizza, nei limiti del massimale e con applicazione della franchigia e dello scoperto previsti dal contratto.

Il caso

La fattispecie al vaglio della Corte d'Appello trae origine dalla richiesta di condanna al risarcimento dei danni patiti da un condominio e da taluni condomini - in relazione ai vizi di costruzione riscontrati, rispettivamente, nelle parti comuni e nelle parti esclusive - formulata nei confronti, tra l'altro, dell'impresa venditrice e committente, nonché del professionista incaricato della direzione dei lavori di costruzione dell'immobile, e con la chiamata in causa - da parte di quest'ultimo - della di lui compagnia assicuratrice. Avverso la decisione del Tribunale, che ha accolto parzialmente la domanda risarcitoria e, per l'effetto, ha condannato sia l'impresa venditrice e il professionista incaricato della direzione dei lavori (in solido tra loro), sia la terza chiamata società assicuratrice - quest'ultima a tenere indenne il proprio assicurato (anche per la quota riferita all'impresa committente) -, ha proposto appello la medesima compagnia lamentando:

  • omessa dichiarazione della quota di responsabilità del professionista assicurato e mancata limitazione ad essa della manleva fondata sulla polizza azionata in giudizio;
  • nonché mancata applicazione della franchigia e dello scoperto contrattualmente previsti.

La Corte, nel confermare il principio enucleato nella pronuncia del Tribunale, ha tuttavia accolto parzialmente l'appello, riformando la sentenza impugnata nella parte relativa alla necessaria applicazione della franchigia e dello scoperto previsti dalla polizza assicurativa.

La questione

La Corte d'Appello di Milano ha avuto occasione di soffermarsi, nel merito, sulla questione inerente i limiti della manleva della società assicuratrice nei confronti del professionista assicurato, coobbligato in solido al risarcimento dei danni arrecati a un terzo nell'esercizio della propria professione. In particolare, la Corte ha affrontato il tema relativo all'eventuale possibilità di condanna della compagnia a tenere indenne l'assicurato nei soli limiti:

  1. dell'effettiva e concreta responsabilità allo stesso direttamente imputabile,
  2. nonché del massimale, e con applicazione della franchigia e dello scoperto previsti dal contratto.
Le soluzioni giuridiche

Sul primo aspetto la Corte d'Appello di Milano, richiamati i precedenti di Cass. civ., sez. lav., sent., 31 maggio 2012, n. 8686, e Cass. civ., sez. III, sent., 20 novembre 2012, n. 20322, non ha accolto le tesi dell'appellante compagnia, affermando che, in virtù del disposto di cui all'art. 1298, comma 2, c.c., «se l'assicurato è obbligato in solido con altro soggetto, l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato non è riferibile alla sola quota di responsabilità dell'assicurato, in relazione ai rapporti interni tra condebitori solidali, ma ricomprende l'intera obbligazione dell'assicurato nei confronti del terzo danneggiato vittorioso (fermo restando il diritto di surroga dell'assicuratore, ex art. 1203, n. 3, c.c., nel diritto di regresso dell'assicurato nei confronti del coobbligato in solido)». Tuttavia, «le parti ben potrebbero derogare convenzionalmente alla predetta disciplina, stabilendo ulteriori limitazioni della garanzia assicurativa», le quali - peraltro - «in quanto volt[e] a derogare al principio generale […] della responsabilità solidale, non p[otrebbero] essere interpretat[e] estensivamente».

Sul secondo profilo di cui sopra, invece, la Corte ha condiviso le tesi dell'appellante e, in parziale modifica della pronuncia del giudice di prime cure, ha statuito che - in ogni caso - «la condanna della compagnia assicuratrice va limitata al danno garantito, ai sensi della polizza […] nei limiti del massimale e con applicazione della franchigia e dello scoperto previsti dal contratto».

Osservazioni

Con riguardo alla prima questione la Corte d'Appello di Milano ha dato continuità all'orientamento giurisprudenziale formatosi di recente (Invero, come correttamente rilevato da T. Vincenti, Se l'assicurato è responsabile in solido, l'assicuratore è tenuto a garantirlo per l'intera obbligazione, nota a Cass. civ., sez. III, sent., 20 novembre 2012 n. 20322, in D&G, 2012, 1067, il caso di «due soggetti […] ritenuti solidalmente responsabili dei danni provocati ad un terzo», con «condann[a] [del]l'assicuratore a tenere indenne il proprio assicurato», - benché sia «decisamente frequente nella pratica» - rappresenta un'ipotesi «di cui, stranamente, la Suprema Corte sembra essersi occupata, nello specifico, per la prima volta solo […] con la sentenza n. 8686 del 31 maggio 2012, che viene richiamata, confermata ed ampliata con la pronuncia» n. 20322/2012) sul tema, secondo cui, in materia di assicurazione della responsabilità civile, nel caso in cui il professionista assicurato sia responsabile in solido con altro soggetto, l'obbligo indennitario dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato medesimo non è riferibile alla sola quota di responsabilità dello stesso professionista operante ai fini della ripartizione della responsabilità tra i condebitori solidali, ma potenzialmente (e salvo specifica deroga contrattuale) si estende a tutto quanto l'assicurato deve pagare al terzo danneggiato. Diversamente opinando, infatti, verrebbe adottata un'interpretazione contrastante con il tenore letterale dell'art. 1917 c.c., che finirebbe per privare di concreta tutela l'assicurato rispetto alla quota di responsabilità posta a carico del condebitore solidale, sia in ipotesi di anticipazione della medesima, sia in caso di insolvibilità del condebitore stesso (Cfr. Cass. Civ., sez. lav., sent., 31 maggio 2012, n. 8686). Ed invero, solo in tal modo risulta attuata - attraverso la parametrazione della garanzia sulla obbligazione - la funzione del contratto di assicurazione della responsabilità civile di liberare il patrimonio dell'assicurato dall'obbligazione di risarcimento, cfr. Cass. civ., sez. III, sent., 20 novembre 2012, n. 20322, secondo cui «ve[rrebbe] meno, altrimenti, la stessa causa del contratto di assicurazione» (ferma restando - in ogni caso - la possibilità di surroga dell'assicuratore, ex art. 1203, n. 3, c.c., nel diritto di regresso dell'assicurato medesimo nei confronti del corresponsabile, obbligato solidale).

A questa stregua, secondo tale orientamento (confermato dalla pronuncia in commento), deve interpretarsi estensivamente l'eventuale previsione contrattuale in materia di solidarietà (Peraltro, nei due citati precedenti di legittimità «il contratto di assicurazione non disciplinava la questione della solidarietà», di tal ché «la richiesta della compagnia […] di limitare la copertura assicurativa alla sola quota di responsabilità accertata in capo all'assicurato non derivava […] dall'applicazione di una clausola contrattuale», ma direttamente dall'art. 1298, comma 2, c.c. (cfr. Trib. Milano, sez. VII, 13 novembre 2015, in Pluris) e restrittivamente eventuali deroghe al principio di cui all'art. 1298, comma 2, c.c. che fossero contenute nella polizza (Ed invero, nel caso di cui alla sentenza in commento, il contratto di assicurazione - in parziale deroga all'art. 1298, comma 2, c.c. - prevedeva che la polizza operasse soltanto «per la personale e diretta responsabilità dell'assicurato, con esclusione quindi di quella parte di responsabilità che gli possa derivare, in via solidale, [solo] dal rapporto con altri professionisti». A questo particolare riguardo, merita di essere segnalata l'interpretazione («non estensiv[a]») adottata dalla Corte d'Appello di Milano in relazione a tale (parziale) deroga al «principio generale […] della responsabilità solidale»: «ad avviso d[ella] Corte, tale clausola contrattuale va interpretata nel senso di escludere dalla garanzia assicurativa la quota di responsabilità del coobbligato in solido soltanto se questo sia un professionista, al pari dell'assicurato» (il che non era nel caso di specie, «posto che il corresponsabile» era «una società, nella sua qualità di impresa venditrice e committente dei lavori»). Come di recente sottolineato dal Tribunale di Milano, appare «significativo» che la Suprema Corte abbia «esclus[o], alla luce della ricostruzione della natura e funzione del contratto di assicurazione della responsabilità civile, che la ricomprensione dell'obbligazione solidale per intero nella copertura assicurativa sia possibile solo in presenza di espressa previsione contrattuale» (Operando, in tal caso, direttamente l'art. 1298, comma 2, c.c. (cfr. Trib. Milano, sez. VII, 13 novembre 2015, cit.).

Fermo quanto precede - venendo al secondo aspetto della questione di cui trattasi – la Corte d'Appello ha comunque precisato come l'eventuale condanna dell'assicuratore vada in ogni caso limitata al danno garantito ai sensi della polizza, con applicazione della franchigia e dello scoperto previsti convenzionalmente. Infatti, l'estensione dell'obbligo indennitario verso l'assicurato a tutto quanto quest'ultimo, coobbligato solidale, debba pagare al terzo si inserisce coerentemente nel sistema codicistico - senza possibilità che si crei arricchimento ingiustificato a vantaggio del professionista - a patto che ciò avvenga nei limiti dei massimali (Cfr., ancora, Cass. civ., sez. III, sent., 20 novembre 2012, n. 20322).

La sentenza in commento - nella parte in cui decide che il contratto di assicurazione della responsabilità civile debba manlevare, ex contractu o comunque ex lege, l'intera obbligazione dell'assicurato, coobbligato solidale, verso un terzo danneggiato, salvo deroga espressa e specifica (comunque da non interpretarsi estensivamente) - lancia un chiaro monito alle compagnie assicurative che predispongono le polizze escludendo (solo implicitamente o genericamente) la piena ricomprensione dell'obbligazione solidale nella copertura assicurativa, ovvero che vorrebbero interpretare estensivamente le clausole che derogano al principio generale di cui all'art. 1298, comma 2, c.c..

Inoltre - laddove limita la manleva della società assicuratrice nei confronti del professionista, coobbligato in solido, al danno garantito ai sensi della polizza, nei limiti del massimale e con applicazione della franchigia e dello scoperto previsti dal contratto - la Corte rimarca l'importanza e la centralità, nell'ambito del contratto di assicurazione della responsabilità civile, di tali clausole delimitative del rischio assicurato, da applicarsi in favore della compagnia e nel rispetto della disciplina convenzionalmente pattuita con lo stesso assicurato.

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