La responsabilità contrattuale della banca negoziatrice del titolo: obbligo di controllo ed accertamento d’identità

24 Maggio 2017

L'obbligo imposto alla banca di pagare un assegno bancario con clausola “non trasferibile” esclusivamente al prenditore comporta il dovere dello stesso istituto di credito di effettuare gli opportuni controlli.
Massima

L'obbligo imposto alla banca di pagare un assegno bancario con clausola “non trasferibile” esclusivamente al prenditore comporta il dovere dello stesso istituto di credito di effettuare gli opportuni controlli al fine di accertare che il soggetto richiedente l'incasso corrisponda al reale beneficiario.

Il caso

Nel caso di specie, M. A. S.p.A. citava in giudizio P.I. S.p.A. per vederla condannare al pagamento in proprio favore della somma di € 10.000,00 oltre rivalutazione ed interessi legali. L'attrice sosteneva la sussistenza della responsabilità di P.I., in quanto quest'ultima avrebbe consentito l'incasso di un assegno bancario c.d. di traenza emesso dalla stessa M. A. ed intestato alla Sig.ra O.V., in favore di un soggetto diverso dal beneficiario. L'attrice asseriva che la negligenza di P.I. nel verificare la corrispondenza del beneficiario dell'assegno non trasferibile e il soggetto che effettivamente chiedeva l'incasso, avrebbe comportato l'obbligo per l'emittente dell'assegno di versare nuovamente la somma di € 10.000,00, questa volta in favore del vero beneficiario.

P. I., costituitasi ritualmente in giudizio, chiedeva la reiezione delle domande di parte attrice e eccepiva che, contrariamente a quanto affermato da controparte, il comportamento dell'istituto si era conformato ai canoni di diligenza richiesti dalla legge, avendo negoziato il titolo solamente dopo il controllo della carta d'identità e del codice fiscale. P. I., inoltre, chiedeva dichiararsi la responsabilità concorrente ovvero esclusiva di M. A. nella fattispecie (ex art. 1227 c.c.), avendo l'attrice spedito il titolo tramite posta semplice e non, invece, tramite posta assicurata, in violazione del disposto di cui all'art. 83 d.P.R. n. 56/1973.

Il Giudice di prime cure accoglieva la domanda proposta dall'attrice, condannando, quindi, P.I. S.p.A. ad effettuare il versamento richiesto. Argomentava in proposito il primo giudice che la convenuta P.I. non aveva dimostrato, come era invece suo onere fare, di aver assolto al proprio obbligo di diligenza nell'identificazione del soggetto beneficiario del titolo. Il Tribunale, inoltre, escludeva la responsabilità dell'attrice in relazione alle modalità di spedizione del titolo, rilevando come tale comportamento non incidesse sul rapporto eziologico sussistente tra inadempimento e danno.

P.I. adiva, dunque, la Corte d'Appello di Milano, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado sulla base di un orientamento interpretativo della Corte di cassazione, in virtù del quale, ove la banca effettui il pagamento nelle mani di chi lo pone all'incasso, il cui nominativo corrisponde con quella indicato nel titolo come prenditore, non commette alcuna violazione dell'art. 43, comma 2, r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 (c.d. “legge assegni”).

La questione

Posto che grava sulla banca un obbligo di controllare che l'identità di colui il quale chiede l'incasso di un assegno trasferibile coincida con il reale beneficiario e che, nel caso in cui tali controlli non vengano svolti, la banca risponde del pagamento, s'impone l'interrogativo in merito al limite del controllo dovuto. In altri termini, quali e quanti controlli relativi all'identità del prenditore deve effettuare la banca per poter affermare di aver negoziato il titolo di traenza con la dovuta diligenza?

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'Appello di Milano ha preso le mosse dal consolidato orientamento della Corte di cassazione, secondo cui la natura della responsabilità della banca in relazione alla negoziazione di un assegno non trasferibile a soggetto non legittimato deve essere qualificata come responsabilità contrattuale; l'art. 43, comma 2, r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736 deve essere interpretato quale disciplina eccezionale rispetto a quella generale del pagamento dei titoli di credito a legittimazione variabile, nonché a quella regolante il pagamento del creditore apparente di cui all'art. 1189 c.c.; in base a questa norma il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in relazione a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede. Secondo la Cassazione, ove la banca paghi a persona diversa dal legittimato, deve ripetere il pagamento al prenditore correttamente individuato, quand'anche l'errore nell'identificazione di chi abbia presentato il titolo non sia dovuto ad un comportamento colposo dello stesso istituto di credito (in questo senso, v. Cass. civ., 25 agosto 2014, n. 18183; Cass. civ., 25 agosto 2006, n. 18543; Cass. civ., 13 maggio, n. 10118; Cass. civ., 12 marzo 2003, n. 3654).

Così argomentando, la Corte d'Appello adita ha affermato come il controllo effettuato da parte di Poste Italiane si sia limitato alla corrispondenza della carta d'identità e del codice fiscale presentato dal sedicente prenditore con il beneficiario dell'assegno, nonostante la sussistenza di circostanze che avrebbero dovuto, invece, mettere in allarme l'istituto e dare impulso ad un controllo più approfondito.

Osservazioni

Storicamente si individuano due filoni interpretativi riferibili al tema in analisi, entrambi sostenuti dalla Corte di cassazione. Secondo un primo e molto rigoroso orientamento (in proposito, v. sentenza Cass. civ., n. 3133 del 7 ottobre 1958) la banca, ove pagasse a soggetto diverso rispetto al prenditore, è tenuta alla ripetizione del pagamento, anche se l'errore d'identificazione prescinda dall'elemento della colpa. Sul punto, interessante anche una antica sentenza del Tribunale di Napoli (sentenza 29 dicembre 1923) che ben esplicita il senso dell'orientamento in questione: «il debitore del titolo non trasferibile è sempre comunque responsabile del pagamento fatto a persona diversa dal titolare (art. 43), in quanto egli è tenuto ex lege a pagare alla persona fisica indicata nell'assegno, anche se tale accertamento implica una faticosa indagine da parte sua».

Un secondo orientamento si affermò nel panorama giurisprudenziale negli anni '60, caratterizzato da una maggior indulgenza nei confronti della posizione della banca negoziatrice del titolo. In base a tale orientamento, si applicherebbe anche alla disciplina bancaria il disposto normativo di cui all'art. 1189 c.c., il quale impone di considerare liberato dall'obbligazione il debitore che effettui in buona fede la prestazione al creditore apparente. Secondo questa tesi, quindi, nel valutare la condotta dell'istituto bancario non sarebbe possibile prescindere dal requisito della colpa, restando esclusa la responsabilità della banca nel caso in cui essa abbia usato la dovuta diligenza nella procedura di identificazione del prenditore dell'assegno. In questa diversa interpretazione della normativa, i controlli richiesti alla banca negoziatrice del titolo non implicano particolari modalità di identificazione, richiedendosi esclusivamente una verifica dei documenti identificativi del soggetto richiedente l'operazione (in questo senso, v. Cass. civ., 25 gennaio 1983, n. 686; Cass. civ., 11 ottobre 1997, n. 9888; Cass. civ., 9 luglio 1968, n. 2360).

La sentenza in analisi si conforma, quindi, al primo degli orientamenti citati, seguito per altro anche dal recente arresto della Corte di cassazione n. 3405 del 22 febbraio 2016. La configurazione di una responsabilità oggettiva della banca, in caso di errata identificazione del prenditore del titolo, assicura maggiore protezione al regolale funzionamento dei pagamenti. Come sostenuto dalla Corte d'Appello di Milano nel caso di specie, la banca si sarebbe dovuta accorgere dell'operazione truffaldina sulla base del fatto che il soggetto che chiedeva l'incasso aveva acceso solamente qualche giorno prima un libretto di risparmio. Tale circostanza avrebbe dovuto dare impulso ad un'approfondita indagine presso il competente ufficio anagrafe come all'Agenzia delle Entrate, accertamento che avrebbe certamente svelato la falsità della documentazione presentata dal richiedente l'operazione d'incasso.

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