Il padre viola i doveri di educazione, istruzione e mantenimento verso la prole: i figli richiedono il risarcimento danni

23 Settembre 2014

“La violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni, ben può integrare gli estremi dell'illecito civile, cagionando la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dar luogo ad un'autonoma azione dei medesimi figli volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c. (nella specie, il padre dei figli non riconosciuti si era reso responsabile della violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, per avere privato i figli dell'affettività paterna, per avere dimostrato totale insensibilità nei loro confronti, come dimostrato dal rifiuto di corrispondere i mezzi di sussistenza e negato loro ogni aiuto, non solo economico, con conseguente violazione di diritti di primaria rilevanza costituzionale).”
Massima

Cass. civ., sez. I, sent., 22 luglio 2014, n. 16657

“La violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni, ben può integrare gli estremi dell'illecito civile, cagionando la lesione di diritti costituzionalmente protetti, e dar luogo ad un'autonoma azione dei medesimi figli volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c. (nella specie, il padre dei figli non riconosciuti si era reso responsabile della violazione degli obblighi nascenti dal rapporto di filiazione, per avere privato i figli dell'affettività paterna, per avere dimostrato totale insensibilità nei loro confronti, come dimostrato dal rifiuto di corrispondere i mezzi di sussistenza e negato loro ogni aiuto, non solo economico, con conseguente violazione di diritti di primaria rilevanza costituzionale)”.

Sintesi del fatto

Tizio era condannato sia in primo grado che in sede di gravame al risarcimento del danno in favore dei figli naturali, non riconosciuti, Caio e Mevio per la lesione del diritto fondamentale inerente la qualità di figli, danno calcolato nel giudizio di merito assumendo quale parametro le tabelle del Tribunale di Milano relative alla perdita del rapporto parentale.

Tizio ricorreva per Cassazione avverso la sentenza pronunciata in appello, deducendone l'illegittimità – per i profili che rilevano in relazione alle questioni in esame – per aver riconosciuto ai figli naturali il risarcimento per la violazione del dovere di assistenza morale e materiale gravante sul genitore senza che ne fosse fornita alcuna specifica prova e, quindi, quale danno in re ipsa. Tizio deduceva, inoltre, che non essendovi alcun obbligo giuridico di riconoscere i figli naturali da tale condotta omissiva non può derivare alcun danno ingiusto. Il ricorrente lamentava, altresì, l'utilizzo ai fini della quantificazione del danno subito dai figli dei parametri previsti dalle tabelle del Tribunale di Milano per la perdita del rapporto parentale.

Le questioni

Le questioni in esame sono le seguenti:

a) può configurarsi una responsabilità da violazione dei doveri correlati alla qualità di genitore nell'ipotesi di mancato riconoscimento della prole?

b) è necessario provare il danno conseguente alle condotte omissive del genitore nei confronti dei figli ovvero si tratta di un danno in re ipsa?

c) per la quantificazione del risarcimento del danno, nell'ipotesi di accoglimento della domanda, è possibile fare riferimento ai parametri stabiliti dalle tabelle del Tribunale di Milano per la perdita del rapporto parentale?

Le soluzioni giuridiche

Con riguardo alla prima problematica, già prima della decisione in epigrafe, la S.C. si era pronunciata nel senso che la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell'illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, di talché tale violazione può dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c., esercitabile anche nell'ambito dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità (cfr., tra le più recenti, Cass. civ., sez. I, sent. 3 settembre 2013, n. 20137, in Guida al diritto, 2013, n. 43, 63; Cass. civ., sez. I, sent. 10 aprile 2012, n. 5652).

Rispetto alla questione della necessità della prova del danno subito dai figli per l'insussistenza del rapporto familiare con il padre, nella decisione in commento la Corte di Cassazione, da un lato, rigettando il motivo di ricorso sembra richiedere la prova di tale danno (pur riconoscendo che la stessa possa essere fornita mediante elementi presuntivi), ma da un altro, sottolinea, che la “particolare tipologia di danno non patrimoniale in questione, consistente nella integrale perdita del rapporto parentale che ogni figlio ha diritto di realizzare con il proprio genitore e che deve essere risarcita per il fatto in sé della lesione”. Sembra quindi confermato, atteso l'espresso richiamo in motivazione ad un siffatto precedente, l'orientamento, affermato dalla S.C. tuttavia prima del consolidarsi della ricostruzione del danno non patrimoniale in termini di danno-conseguenza, per il quale può essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa, del figlio naturale in conseguenza della condotta del genitore, riconosciuto tale a seguito di dichiarazione giudiziale, che per anni aveva ostinatamente rifiutato di corrispondere al figlio i mezzi di sussistenza con conseguente "lesione in sé" di fondamentali diritti della persona inerenti alla qualità di figlio e di minore poiché l'art. 2043 c.c., correlato agli art. 2 Cost. e ss., deve essere necessariamente esteso fino a ricomprendere il risarcimento non solo dei danni in senso stretto patrimoniali ma di tutti i danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici della persona umana, la lesione di diritti di rilevanza costituzionale va incontro alla sanzione risarcitoria per il fatto in sé della lesione indipendentemente dalle eventuali ricadute patrimoniali che la stessa possa comportare (Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2000, n. 7713, in Fam. e dir., 2001, 159, con note di DOGLIOTTI e di BONA).

Assolutamente innovativa è invece la pronuncia in esame nella parte in cui riconosce la legittimità del criterio utilizzato dal Giudice di merito per il risarcimento del danno, ossia i parametri stabiliti dalle tabelle di Milano per il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale. Peraltro, occorre evidenziare che la Corte precisa, al contempo, che tale danno è molto differente da quello fatto valere nella fattispecie concreta, i.e. quello subito dai figli in ragione del disinteresse del genitore che rifiuti il proprio ruolo ed impedisca deliberatamente il sorgere in concreto del rapporto parentale derivante dalla procreazione. Sicché la conferma in parte qua della decisione oggetto di ricorso è correlata, piuttosto, al carattere equitativo della liquidazione giudiziale del danno non patrimoniale per violazione dei doveri fondamentali nei confronti della prole, liquidazione che, pertanto, può assumere quale parametro di valutazione anche quello previsto nelle tabelle milanesi per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, con gli opportuni adattamenti resi necessari dalla differente tipologia di pregiudizio.

Osservazioni e suggerimenti pratici

Ormai pacifico ed assolutamente condivisibile l'assunto in forza del quale la violazione dei doveri fondamentali di educazione, istruzione e mantenimento nei confronti dei figli è idonea a determinare un danno ingiusto risarcibile, sono opportune brevi considerazioni sulle altre due questioni esaminate dalla S.C. nella decisione in commento.

Invero, la pronuncia in rassegna appare contraddittoria nella parte in cui, da un lato, rigetta il ricorso confermando che, sebbene sulla scorta di indici presuntivi, è stata fornita idonea prova del danno non patrimoniale subito dalla prole per effetto della condotta paterna e quindi avallando, anche rispetto alla tipologia di danno in discussione, la consolidata ricostruzione del danno non patrimoniale in termini di danno-conseguenza, ma dall'altro richiama, al contempo, la pregressa giurisprudenza di legittimità sul danno non patrimoniale in re ipsa per lesione di valori della persona di rilievo costituzionale.

La contraddittorietà del percorso argomentativo della Corte e l'avvenuto pressoché definitivo tramonto del danno non patrimoniale in re ipsa nel panorama giurisprudenziale inducono a ritenere opportuno che gli avvocati alleghino tempestivamente, ossia entro la prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., fatti specifici dai quali il Giudice possa trarre, almeno secondo l'id quod plerumque accidit la prova presuntiva del dedotto danno (ferma la possibilità, naturalmente, di richiedere l'ammissione delle prove dirette, ad esempio testimonianze di amici e parenti, volte alla dimostrazione di tale pregiudizio).

Sotto altro profilo, in ordine alla terza questione, sebbene la Corte abbia affrontato la stessa non attribuendo valenza generale quale parametro per la liquidazione del danno in esame quello individuato dalle tabelle del Tribunale di Milano per la perdita del rapporto parentale assumendone soltanto la legittimità nell'ambito della valutazione equitativa demandata al Giudice, tuttavia ciò non fa che confermare l'opportunità di elaborare tabelle specifiche per la liquidazione delle diverse tipologie di danno c.d. endofamiliare la cui crescente espansione negli ultimi anni rende ormai ineludibile il problema di individuare criteri uniformi per le liquidazioni che non possono continuare ad essere fondate in via esclusiva sull'equità.













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