Padre totalmente assente dalla vita del figlio: da risarcire il danno endofamiliare

25 Marzo 2016

Il diritto del figlio di ricevere cura, assistenza morale e materiale, istruzione e mantenimento da entrambi i genitori costituisce un elemento fondamentale del rapporto familiare dalla cui violazione discende il titolo per ottenere il risarcimento del danno.
Massima

Il diritto del figlio di ricevere cura, assistenza morale e materiale, istruzione e mantenimento da entrambi i genitori costituisce un elemento fondamentale del rapporto familiare dalla cui violazione discende il titolo per ottenere il risarcimento del danno. Dalla nozione di illecito endofamiliare discende che la violazione dei relativi doveri genitoriali non trova necessariamente sanzione nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, ma qualora l'omissione genitoriale cagioni al figlio una lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell'illecito civile atto a dare luogo ad un'azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c..

Il caso

Gli attori, madre e figlio, convenivano in giudizio Tizio per sentirlo condannare al pagamento della differenza tra le somme loro dovute in ossequio all'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 700 c.p.c. e quanto effettivamente corrisposto dal convenuto, nonché la condanna di questi al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dal figlio per la privazione assoluta delle cure parentali da parte del padre e subiti dall'attrice a causa degli atti di violenza morale e per i disagi sofferti a causa del comportamento dell'ex compagno in ordine alla contribuzione per il mantenimento e per la cura del figlio.

Si costituiva il convenuto chiedendo il rigetto delle domande avversarie anche in punto risarcimento del danno, deducendo di aver esattamente adempiuto all'accordo transattivo raggiunto con la ex compagna dopo l'emissione del provvedimento ex art. 700 c.p.c.; l'accordo infatti prevedeva la donazione della casa in nuda proprietà al figlio e in usufrutto alla ex compagna nonché un minore assegno di mantenimento per il figlio e la rinuncia reciproca a tutte le precedenti domande di cui all'ordinanza ex art. 700 c.p.c., accordo cui il convenuto dimostrava di essersi attenuto.

La questione

La questione in esame è la seguente: nonostante l'esatta corresponsione del mantenimento economico, una volta accertata la violazione del genitore riguardo l'obbligo di cura, mantenimento e istruzione della prole è risarcibile il danno lamentato dalla prole?

Le soluzioni giuridiche

Le innovazioni normative in materia di filiazione oltre ad aver equiparato lo stato giuridico dei figli naturali e legittimi ha anche provveduto a modificare l'art. 315 c.c. e a introdurre l'art. 315-bis c.c. così prevedendo il concetto di “diritti del figlio” e garantendoli sia in costanza di matrimonio dei genitori, sia al di fuori di esso.

Esaminando la disciplina vigente in tema di mantenimento bisogna subito rilevare come l'art. 337-ter, comma 4, c.c., in ossequio al principio di bigenitorialità, pone a carico di entrambi i genitori il dovere di mantenere i figli ciascuno in base alle proprie capacità reddituali.

La Suprema Corte, tuttavia, ha precisato che quando si fa richiamo alle esigenze della prole non si deve avere attenzione al solo aspetto “alimentare” bensì bisogna considerare ogni aspetto della vita del minore, ivi inclusa l'assistenza morale.

Nella sentenza in commento viene ben evidenziato come il padre, pur avendo esattamente adempiuto all'accordo raggiunto tra i genitori del minore in ordine agli aspetti patrimoniali, tuttavia

«l convenuto ha violato i diritti fondamentali del figlio, non contribuendo alla sua cura e istruzione; infatti anche se tardivamente ha adempiuto agli obblighi di mantenimento corrispondendo, da una certa data in poi, l'assegno di mantenimento e trasferendo al figlio la nuda proprietà dell'immobile di abitazione, sussiste incontestabilmente la piena violazione degli altri obblighi genitoriali ancor più primari in quanto connessi alla cura e all'educazione, all'istruzione, che sebbene meno coercibili di quelli di mantenimento sono da ritenersi ancor più fondamentali per il corretto sviluppo di una psiche in formazione quale quella di un minore. (…) Il danno non patrimoniale deve comunque essere allegato e provato dal danneggiato. Nel caso di specie il figlio ha lamentato danni al suo corretto sviluppo psico fisico, derivanti dalla mancata presenza del genitore nel percorso evolutivo (…) Trattandosi di pregiudizio a beni immateriali, particolare rilievo assume la prova presuntiva, attraverso la quale il giudice deduce dal fatto noto quello ignoto secondo un principio di probabilità. (…) Applicando a tali fatti noti le comuni regole di esperienza dalle quali discende che l'assenza del padre non può che ingenerare profonda sofferenza nel figlio per la privazione di beni fondamentali quali la cura, l'affetto e l'amore genitoriale, deve ritenersi provato il lamentato danno non patrimoniale. Accertata la sussistenza del danno connesso alla lesione di valori fondamentali della persona, deve farsi ricorso al parametro della liquidazione equitativa di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.. A tal fine può farsi ricorso ai criteri di liquidazione del danno connessi alla morte del genitore, infatti, anche se la morte del genitore è situazione sostanzialmente diversa dall'assenza volontaria dello stesso, tuttavia tale parametro debitamente corretto (in quanto l'assenza si è protratta solo per una parte della vita del figlio) è quello che più si presta all'individuazione di elementi che per quanto possibile consentono di oggettivizzare la liquidazione».

Nella fattispecie qui esaminata, pertanto, il giudice concludeva condannando il padre al risarcimento in favore del figlio sulla base dei parametri fissati dalle tabelle di liquidazione del danno in punto “morte del genitore” abbattendone il valore in virtù del reale protrarsi dell'assenza del medesimo dalla vita del figlio nel periodo in cui era giuridicamente presente l'obbligo di fornire cura, istruzione ed educazione.

Osservazioni

Dalla lettura della sentenza in commento si delinea innanzitutto un quadro chiaro rispetto a quelli che sono i diritti della prole ai sensi del nuovo art. 337-ter c.c. e che non si esauriscono nel semplice diritto a percepire gli alimenti o il supporto economico, ma che trovano tutela anche in quegli aspetti della vita e della crescita del minore meno tangibili e conseguentemente di più difficile coercibilità quando disattese dal genitore, quali le cure e l'assistenza morale nella crescita e nella formazione della psiche; gli obblighi genitoriali del resto, oltre a essere previsti dal nostro codice civile, vengono disciplinate anche dalle norme sovranazionali quali la Cedu che ha sancito il diritto inviolabile del figlio a essere amato e assistito dai genitori.

Da ciò discende inevitabilmente il riconoscimento di una tutela anche in materia risarcitoria ove dall'inadempimento endofamiliare sia derivato danno alla prole.

Tuttavia il Tribunale, che si è occupato di dirimere la vicenda qui oggetto d'esame, ha opportunamente affrontato anche il tema dell'impossibilità di applicare automatismi al risarcimento del danno anche in situazioni in cui la sofferenza sia conclamata da circostanze di eclatante evidenza, restando onere del difensore del danneggiato di fornire la prova tanto del danno quanto del nesso causale tra l'evento e il danno subito.

Vi è, tuttavia, una sostanziale apertura all'applicabilità del criterio della riconoscibilità di valore alle prove “presuntive” nel senso che il giudice ritiene di poter dedurre il fatto ignoto da quello noto secondo il principio delle “probabilità” già individuato dalla Suprema Corte con Cass., sent., 13 maggio 2011, n. 10527.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.