Vittime di reati intenzionali violenti: il Tribunale di Milano estende l’indennizzo alle situazioni interne

24 Settembre 2014

“È presupposto indispensabile per dare effettiva attuazione alla direttiva 2004/80/CE la predisposizione, da parte del legislatore italiano, di un sistema idoneo a garantire l'indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti nelle situazioni cd. interne. Pertanto l'Italia risulta inadempiente per aver omesso di dare attuazione al disposto dell'art. 12, comma 2, della Direttiva 2004/80/CE, da cui consegue il diritto delle attrici al risarcimento del danno”
Massima

Trib. Milano, del 26 agosto 2014, n. 10441

“È presupposto indispensabile per dare effettiva attuazione alla direttiva 2004/80/CE la predisposizione, da parte del legislatore italiano, di un sistema idoneo a garantire l'indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti nelle situazioni cd. interne. Pertanto l'Italia risulta inadempiente per aver omesso di dare attuazione al disposto dell'art. 12, comma 2, della Direttiva 2004/80/CE, da cui consegue il diritto delle attrici al risarcimento del danno”

Sintesi del fatto

Nel 2007 due donne, N.C. e B.N., sono vittime di reati di rapina, violenza sessuale e lesioni personali. La residenza anagrafica delle vittime ed il luogo di perpetrazione dei reati è il medesimo, ossia l'Italia. A seguito dell'accertamento delle responsabilità degli autori del reato in sede penale, N.C. e B.N. convengono in giudizio davanti al Tribunale di Milano la Presidenza del Consiglio dei Ministri per ottenere il risarcimento del danno “per la mancata e/o non corretta e/o non integrale attuazione (…) della Direttiva 2004/80/CE e, più nello specifico, della norma ivi contenuta che dal 1 luglio 2005 impone agli Stati membri dell'Unione Europea di garantire “adeguato” ed “equo” ristoro alle vittime di reati violenti ed intenzionali impossibilitate a conseguire dai loro offensori il risarcimento integrale dei danni subiti e patiendi”.

La questione

La questione sottoposta all'esame del Tribunale di Milano riguarda la possibilità di ottenere un indennizzo per mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE nelle situazioni cd. “interne”, ossia quando la vittima sia residente in Italia ed il reato sia commesso in Italia, e per i reati di rapina, violenza sessuale e lesioni personali.

Nella prospettazione attorea, il legislatore italiano non avrebbe dato completa attuazione alla direttiva dal momento che il d.lgs. n. 204/2007, sebbene sia intitolato “Attuazione della direttiva 2004/80/CE”, ha disciplinato solo alcuni aspetti amministrativi relativi alle situazioni cd. transfrontaliere, ossia alle situazioni in cui il reato è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l'indennizzo risiede abitualmente; pertanto, il legislatore italiano non avrebbe attuato art. 12, comma 2, della direttiva, che prevede che “Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime”. Secondo la tesi della Presidenza del Consiglio, invece, in primo luogo, la direttiva 2004/80/CE disciplina esclusivamente le situazioni transfrontaliere e pertanto il caso di specie non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva; ed in secondo luogo, la direttiva lascia agli Stati membri ampi spazi di discrezionalità circa le tipologie di reati ed altri aspetti attuativi. Pertanto non sussisterebbe alcun inadempimento agli obblighi imposti dalla direttiva del 2004.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Milano accoglie la domanda delle attrici e dichiara l'inadempimento della Presidenza del Consiglio per omessa attuazione della direttiva 2007/80/CE, ed in particolare dell'art. 12, comma 2, condannando al pagamento di 150000 € a favore di N.C. e di 70000 € a favore di B.N. a titolo di indennizzo. Il Tribunale, pur riconoscendo che la direttiva 2004/80/CE concerna le situazioni transfrontaliere, ritiene che sia “presupposto indispensabile” per dare effettiva attuazione alla direttiva la predisposizione, da parte del legislatore italiano, di un sistema idoneo a garantire l'indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti nelle situazioni cd. interne (v. p. 5 della motivazione), non essendo sufficienti le normative vigenti in tema di reati di terrorismo, criminalità organizzata, estorsione, usura etc.

Osservazioni e suggerimenti pratici

La sentenza del Tribunale di Milano mette in luce un'evidente carenza del nostro sistema di tutela delle vittime di reati intenzionali violenti e si allinea ai pronunciamenti dei Tribunali di Torino e Roma (Cfr. App. Torino 23 gennaio 2012, n. 106; Trib. Torino 3 maggio 2010, n. 3145; Tribunale di Roma 4 novembre 2013 sentenza n. 22327; contra Trib. Trieste 5 dicembre 2013, in Foro it., 2, I, 607) i quali, in fattispecie del tutto analoghe e riguardanti situazioni “interne”, hanno riconosciuto l'inadempimento italiano per omesso recepimento della direttiva 2004/80 e concesso l'indennizzo alle vittime (La Corte di Giustizia 29 novembre 2007, C. 112/07 ha già sanzionato l'Italia per mancato recepimento della direttiva 2004/80 in quanto, alla data della sentenza, l'Italia non aveva adottato alcuna disposizione di recepimento, essendo il d.lgs. n. 204/2007 intervenuto pochi giorni dopo. La giurisprudenza e la dottrina italiana successiva, tuttavia, reputa che l'inadempimento sussista ancora, come spiegato nel testo. Si veda anche la nuova procedura di infrazioni avviata dalla Commissione NIF (2011) 4147). Tuttavia questo orientamento non pare esente da critiche, soprattutto alla luce della recente ordinanza della Corte di Giustizia del 30 gennaio 2014, pure citata dalla sentenza del Tribunale meneghino (La Corte di Giustizia ordinanza 30 gennaio 2014, C-122/13. La questione pregiudiziale è stata sollevata dal Trib. Firenze ordinanza 20 febbraio 2013. Per un primo commento, si veda R. Mastroianni, La responsabilità patrimoniale dello Stato italiano per violazione del diritto dell'Unione: il caso della direttiva sull'indennizzo delle vittime di reati, in Giust. Civ., 2014, p. 283).

Innanzitutto va ricordato che la condanna di uno Stato membro per mancata attuazione di una direttiva europea presuppone tre elementi:

1) il risultato della direttiva deve implicare l'attribuzione di diritti a favore dei singoli;

2) il contenuto di tali diritti deve essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva;

3) vi deve essere nesso di causalità tra violazione dell'obbligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi

(La sentenza pilota in materia è Corte di Giustizia sentenza 19 novembre 1991, C-6/90 e C-9/90, Francovich).

Come lo stesso giudice monocratico afferma, la direttiva ha riguardo alle situazioni transfrontaliere e stabilisce, come recita il 7° considerando, “un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere”. L'ordinanza della Corte di Giustizia citata, in motivazione, appare chiara su questo punto, quando afferma, richiamando anche alcuni suoi precedenti giurisprudenziali (cfr. Corte di Giustizia 28 giugno 2007, Dell'Orto, C-467/05; Corte di Giustizia 12 luglio 2012, C-79/11, Giovanardi): “La Corte ha già sottolineato che la direttiva 2004/80 prevede un indennizzo unicamente nel caso di un reato intenzionale violento commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui la vittima risiede abitualmente”; pertanto, poiché, anche nel caso di specie, la situazione oggetto del procedimento principale era puramente interna, la Corte si è dichiarata incompetente a statuire sulla questione sottoposta al suo giudizio. Sembra dunque certo che la direttiva attribuisce un diritto ad essere indennizzati solo alle vittime di reati “transfrontalieri” e non tutela le situazioni interne.

Il Tribunale milanese, come detto, tuttavia va oltre questi principi, e afferma che la direttiva, per essere compiutamente attuata, implica necessariamente che “a monte”, ossia in ogni ordinamento nazionale, sia istituito un sistema generale di indennizzo esteso a tutti i reati intenzionali violenti e a tutela delle vittime delle situazioni interne, il quale è necessario presupposto affinché sia poi possibile attuare la cooperazione tra Stati membri (cfr. art. 12, comma 2, della direttiva). Tale sistema di indennizzi nazionali è effettivamente presente in tutti i Paesi dell'Unione tranne l'Italia, avendo gli altri ordinamenti europei previsto sistemi organici di indennizzo per i propri cittadini in adempimento della Convenzione del Consiglio d'Europa relativa al risarcimento delle vittime dei reati violenti (Strasburgo 24 novembre 1983), che, invece, non è stata ratificata dall'Italia. A sostegno della sua conclusione, la sentenza in commento cita anche l'avvio di una seconda procedura di infrazione a carico dell'Italia (Procedura di infrazione NIF (2011) 4147) per la mancata istituzione di un sistema generale di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti, prevedendo la legislazione vigente l'indennizzo solo per alcuni di essi (terrorismo, criminalità organizzata etc.).

Il ragionamento tuttavia non convince a pieno.

Il fatto che sia stata avviata una seconda procedura di infrazione a carico dell'Italia implica che la legislazione nazionale dovrà creare un sistema di indennizzo per tutti i reati intenzionali violenti, ma questo solo affinché il cittadino residente in Italia, che sia vittima di tali reati in uno degli Stati membri, possa rivolgersi alle autorità italiane per ottenere l'indennizzo. Al contrario, una ipotetica condanna dell'Italia nell'ambito della procedura di infrazione non comporterà anche l'estensione dell'applicabilità della direttiva alle situazioni interne. Pertanto, non sembra fondata la condanna all'indennizzo per mancata attuazione della direttiva nelle situazioni puramente interne.

Al contrario, l'inadempimento dell'Italia, che sarà sanzionato in sede di procedura di infrazione, riguarda esclusivamente la circostanza che al momento è previsto solo l'indennizzo per ipotesi particolari e non per tutti i reati intenzionali violenti. L'Italia dunque può essere condannata al risarcimento del danno per mancata attuazione della direttiva 2004/80 per le situazioni transfrontaliere che riguardino tutti gli altri reati intenzionali violenti, oltre a quelli già considerati dalla legislazione italiana.

Se sarà effettivamente creato questo sistema di indennizzo, la vittima residente in Italia di un reato commesso in Italia potrà dunque rivolgersi a questo fondo di garanzia sulla base della legislazione nazionale interna, e non sulla base della direttiva 2004/80 e della legislazione di attuazione.

Conclusioni

Il Tribunale di Milano, in linea con i recenti pronunciamenti dei Tribunali di Torino e Roma, ha condannato la Presidenza del Consiglio al pagamento dell'indennizzo per mancata attuazione della direttiva 2004/80/CE sebbene il caso di specie riguardasse una situazione cd. “interna”. La conclusione, pur condivisibile negli intenti, non pare tuttavia del tutto convincente. Resta invece fermo che vi è inadempimento dell'Italia per quanto riguarda la mancata tutela delle situazioni transfrontaliere nei casi di reati intenzionali violenti diversi da quelli già disciplinati dal legislatore.

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