Limiti all'azione di rivalsa del Ministero verso l'insegnante

Giosetta Pianezze
24 Settembre 2015

Il Ministero, condannato a risarcire ex art. 2048 c.c. il danno verificatosi nel tempo in cui l'allievo era affidato alla vigilanza dell'insegnante, in sede giuscontabile può rivalersi su quest'ultimo di quanto versato solo se ne provi un comportamento doloso o gravemente colposo.
Massima

Il Ministero, condannato a risarcire ex art. 2048 c.c. il danno verificatosi nel tempo in cui l'allievo era affidato alla vigilanza dell'insegnante, in sede giuscontabile può rivalersi su quest'ultimo di quanto versato solo se ne provi un comportamento doloso o gravemente colposo.

Il caso

La Procura regionale cita, avanti la Corte dei Conti lombarda, l'insegnante Tizia su segnalazione del Ministero della Pubblica Istruzione, che intende rivalersi su ella per quanto versato a titolo di risarcimento del danno a favore dell'alunno Caietto, danneggiato da incidente scolastico. Il Giudice civile, all'esito dei tre gradi del giudizio e di un ulteriore rinvio alla Corte di Appello, aveva, infatti, acclarato la responsabilità dell'insegnante per culpa in vigilando.

La docente, nel giudizio giuscontabile, lamenta cattiva difesa svolta dalla PA che, in sede civile, ha omesso di chiederne l'interrogatorio e, persino, di informarla sull'esito del giudizio, limitandosi ad inviarle atti di messa in mora dalla formulazione dubitativa; in ogni caso, nel merito, esclude una propria colpa grave perché non destinataria di iniziative disciplinari e per l'assenza di un protocollo di comportamento in uso alla scuola.

La Corte dei Conti rigetta la domanda di rivalsa, ritenendo non assolta la prova in ordine alla grave colpevolezza dell'insegnante, non automaticamente desumibile dalla condanna subita dal Ministero in sede civile.

In motivazione:

«Tizia non ha potuto adeguatamente difendersi in sede civile, sia perché non legittimata passiva ex lege in tale giudizio, sia perché lacunosamente informata dall'Avvocatura dello Stato, che mai la convocò per rendere almeno interrogatorio sulla dinamica dei fatti in sede civile [..]

Residua dunque da valutare in questa sede, in base al fondamentale criterio di autonomia tra giudizio civile e giudizio di responsabilità amministrativa, la sussistenza di colpa grave in capo a Tizia. [..].A supporto di tale colpa grave l'attrice Procura si limita a richiamare le risultanze civili. Osserva tuttavia il Collegio, come statuito da univoca giurisprudenza di questa Corte in casi identici, che non può operarsi in questa sede un acritico recepimento delle statuizioni civili intervenute, in quanto il MIUR, quale unico legittimato passivo in detta sede, è stato condannato innanzi al g.o. sulla scorta dell'art. 2048, comma 2, c.c., sancente una presunzione di colpevolezza (ma non a titolo di colpa grave) del precettore o maestro, salvo prova contraria.

In sede giuscontabile tale norma non trova invece applicazione e va dunque comprovata da parte attrice, come in ogni giudizio, la colpa grave della parte convenuta».

La questione

La sentenza evidenzia diversità di natura, presupposti e legittimazione tra azione di rivalsa esercitabile dal Ministero condannato a risarcire danni riconducibili a responsabilità di un insegnante e pregiudiziale giudizio civile.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza ha natura confermativa laddove ribadisce l'ormai pacifico principio della autonomia tra giudizio di responsabilità civile intentabile verso il Ministero per culpa in vigilando del docente e successivo giudizio di rivalsa contabile del Ministero sull'insegnante per quanto corrisposto a titolo di risarcimento danni.

È di interesse pratico laddove sottolinea le limitate interazioni tra i due giudizi in un generale contesto di diversità procedurali in punto onere della prova ed elemento soggettivo. Consente, allora, di escludere l'automatismo della rivalsa ministeriale, a motivo – prevalentemente – di una diversa valutazione della condotta tenuta dall'insegnante, esaminata – nel giudizio contabile - con le consuete maglie della responsabilità contrattuale e – nel giudizio civile - con il rigore della responsabilità presunta.

Quindi, tra le righe si legge una (primaria) responsabilità civile della pubblica amministrazione ed una (eventuale) responsabilità patrimoniale degli insegnanti.

Il diverso titolo di imputazione soggettiva e la differente legittimazione sono conseguenza di diversamente finalizzata giustizia sociale.

L'art. 2048 c.c. è norma speciale di responsabilità introdotta a tutela di minori ancora incapaci di provvedere appieno a se stessi e, per questo, affidati dai genitori a terzi di cui si presume un grado qualificato di attenzione e capacità educativo-organizzativa. Quella presunzione di presenza diventa presunzione di colpa quando il minore abbia a subire un danno nel contesto spazio-temporale del suo affidamento al docente: trattasi di importante agevolazione probatoria per i genitori che si accompagna alla migliore garanzia di solvibilità del Ministero, unico legittimato passivo alla richiesta in luogo del docente sulla scorta di precisi referenti normativi. Ci si riferisce all'art. 574, comma 2, L. n. 297/1994 Testo Unico delle disposizioni vigenti in materia di istruzione ed al complementare art. 61, L. n. 312/1980 sulla disciplina della responsabilità patrimoniale del personale, applicativi del principio organico di cui all'art. 28 Cost. ed, in una ottica privatistica, di quello generale stabilito dall'art. 1228 c.c. (App. L'Aquila, 14 gennaio 2015, n. 55).

Sotto altra prospettiva, poi, la legittimazione del Ministero è anche mitigazione di colpa verso gli insegnanti, che non rispondono personalmente in sede civile, ma solo in via gradata ed eventuale, nel giudizio contabile e solo per comportamenti gravemente superficiali.

Correlativamente, però, l'estraneità dell'insegnante al giudizio civile - comprovata dal suo difetto di legittimazione passiva ex lege e dall'inammissibilità di un suo eventuale intervento, oggetto di estromissione - deve, di necessità, condurre ad escludere il far stato nel giudizio contabile del materiale probatorio raccolto nel giudizio civile, pena la violazione dei due principi-capisaldi del contraddittorio e della difesa, tanto più che la responsabilità del docente in sede civile gode o soffre, a seconda della prospettiva, di un'imputazione a titolo presuntivo (Corte Conti, sez. Lazio, 16 luglio 2013, n. 641). Ed in ciò trova la sua più forte motivazione il principio di autonomia dei giudizi espresso dalla sentenza in oggetto.

Osservazioni

Emerge il ruolo processuale dell'insegnante quale aspetto principe di entrambi i giudizi nell'ottica di una proficua gestione dell'istruttoria.

Da tempo lo si riconduce allo status di teste. Teste legittimamente escutibile, poiché non gli si può opporre incapacità a testimoniare richiamando l'art. 246 c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2014, n. 8462 per la quale non vi è mai incapacità a testimoniare del dipendente anche se successivamente convenibile in garanzia per essere responsabile del fatto che ha dato origine alla controversia, fondandosi le due richieste su rapporti diversi).

Dunque, nel giudizio civile l'insegnante può essere «sentito», rectius «escusso» e non «chiamato in causa» o interrogato, non avendo ruolo di contraddittore (Cass. civ., S.U., n. 9346/2002); pertanto, la sentenza in commento parla di «interrogatorio in sede civile» dell'insegnante, evidentemente utilizzando in modo atecnico una nozione tecnica. Per lo stesso motivo è censurabile Trib. Bologna, sez. III, 26 settembre 2004, n. 2694 che riferisce un'istruttoria svolta anche attraverso interrogatorio formale del direttore didattico.

L'escussione è fondamentale a fini istruttori.

Si consideri, infatti, che i genitori, nella gestione del contenzioso ex art. 2048 c.c., benché avvantaggiati dalla presunzione di colpa del docente, debbono, pur sempre, fornire prova del contesto di accadimento della vicenda di cui, spesso, sono stati spettatori solo il docente e gli allievi, sovente in tenera età. È, allora, da prediligere e non da temere l'audizione dell'insegnante a teste, tanto più perché assistita dalla cautela dell'eccezione di inattendibilità avanzabile qualora la sua posizione di “responsabile di fatto” ne faccia intendere una dichiarazione inveritiera o omissiva.

Anche per il convenuto Ministero si tratta di scelta processuale opportuna, potendo rivestire decisiva importanza nel superare in concreto con specifica rappresentazione fattuale una astratta presunzione di colpevolezza. L'insegnante può contribuire a dare prova contraria, richiesta pena soccombenza.

Non sempre, però, ciò accade, come si può evincere dalla lettura estesa delle sentenze edite sul tema. Il difetto di escussione rende più incerto l'esito del giudizio contabile, poiché l'insegnante potrà eventualmente utilizzarlo come argomento riduttivo della responsabilità al pari della mancata conoscenza dell''esercizio dell'azione civile nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione (già Corte Conti, sez. Piemonte, 11 ottobre 1999, n. 1590/R/99). Eccezioni importanti, perché si ineriscono in un contesto di azione di rivalsa che ha già maglie di esercizio alquanto ristrette rispetto alla corrispettiva azione di responsabilità civile. Infatti, ripristinato l'ordinario regime di riparto probatorio, il Ministero, nella veste processuale di attore, se voglia rivalersi del versato nei confronti del docente, come di consueto, deve dimostrare l'imputabilità del comportamento in termini di gravità, espressi sub specie di “dolo” o “colpa grave” (Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2010, n. 5067 e, più propriamente in ambito contabile, Corte Conti, sez. Lazio, 16 luglio 2013, n. 641); al di fuori di queste ipotesi l'esborso del Ministero si colloca in quell'area di rischio definibile di impresa e l'obbligazione risarcitoria si spiega con la teoretica dei danni indiretti.

Guida all'approfondimento

Alfredo Ferrante, La responsabilità civile dell'insegnante, del genitore e del tutore, Il diritto privato oggi, a cura di P. Cendon, Giuffrè editore, 2008

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