L'intervento dell'assicuratore del danneggiato nelle cause promosse contro l'assicuratore del responsabile

Mauro Di Marzio
24 Novembre 2014

Nella causa di risarcimento da sinistro stradale promossa dal danneggiato contro l'assicuratore del responsabile, quando ricorrono i presupposti per l'applicazione della procedura di risarcimento diretto, è inammissibile l'intervento volontario dell'assicuratore del danneggiato.
Massima

Trib. Milano, sent., 18 giugno 2014, n. 8157

Nella causa di risarcimento da sinistro stradale promossa dal danneggiato contro l'assicuratore del responsabile, quando ricorrono i presupposti per l'applicazione della procedura di risarcimento diretto, è inammissibile l'intervento volontario dell'assicuratore del danneggiato.

Sintesi del fatto

Il danneggiato da un sinistro stradale rientrante nella previsione dell'art. 149 Cod. Ass., che disciplina la «Procedura di risarcimento diretto», dettata per quei sinistri che tendenzialmente non dovrebbero dar luogo a questioni complesse, agisce in giudizio non già, come vorrebbe la norma, nei confronti del proprio assicuratore, bensì nei confronti dell'assicuratore del responsabile.

Nel giudizio, costituitosi l'assicuratore convenuto, interviene volontariamente l'assicuratore del danneggiato al fine — è da credere — di contrastare la pretesa dell'attore.

Non sappiamo quale posizione assumano le altre parti in ordine all'ammissibilità dell'intervento: sta di fatto che il tribunale pronuncia sentenza parziale con cui dichiara inammissibile l'intervento dell'assicuratore del responsabile.

La questione

La pronuncia ripropone il quesito, che ha ricevuto risposte contrastanti dalla giurisprudenza di merito, se sia ammissibile l'intervento dell'assicuratore del danneggiato nella causa introdotta da quest'ultimo, ai fini del risarcimento dei danni subiti in conseguenza di un sinistro rientrante nell'ambito di applicabilità dell'art. 149 Cod. Ass., nei confronti dell'assicuratore del responsabile.

Le soluzioni giuridiche

Ha osservato il tribunale:

i) che, pur in presenza dei presupposti di applicabilità dell'art.149 Cod. Ass., il danneggiato può legittimamente esercitare l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile;

ii) che, in ipotesi di accoglimento della domanda, la condanna è pronunciata nei soli confronti di tale ultimo assicuratore, e non dell'assicuratore del danneggiato, che non risponde del risarcimento col suo patrimonio;

iii) la CARD (Convenzione tra assicuratori per il risarcimento diretto), essendo diretta regolare «i rapporti organizzativi ed economici per la gestione del risarcimento diretto», può soltanto prevedere il rimborso da parte dell'assicuratore del responsabile in favore dell'assicuratore del danneggiato che abbia risarcito quest'ultimo, non il contrario;

iv) ma, se l'assicuratore del danneggiato, nell'ipotesi in cui quest'ultimo abbia agito contro l'assicuratore del responsabile, non è assoggettato ad alcuna obbligazione risarcitoria, né ad una obbligazione nei confronti dell'altro assicuratore, è da escludere che possa intervenire nel giudizio, non potendo far valere diritti relativi all'oggetto o dipendenti dal titolo dedotto in causa.

Osservazioni e suggerimenti pratici dell'Autore

È probabile che i termini e l'importanza della questione risultino, a questo punto, alquanto oscuri per chi non ne sia già a conoscenza: proviamo allora a portare un po' di luce.

Si sa che il Codice delle assicurazioni ha introdotto all'art. 149 la «Procedura di risarcimento diretto»: il danneggiato da un sinistro stradale si fa risarcire dal proprio assicuratore e non da quello del responsabile. Il congegno trova applicazione limitatamente ai sinistri che: (a) abbiano visto coinvolto non più di due veicoli immatricolati in Italia, identificati ed «assicurati»; (b) abbiano cagionato danno a talune specifiche categorie di persone; (c) abbiano determinato danni con determinate caratteristiche. Lo scopo della norma, applicabile come si diceva in caso di sinistri non eccessivamente problematici, era di semplificazione, di stimolo della concorrenza, di contrasto alle frodi, ma anche di razionalizzazione ed abbassamento dei costi, il che vuol dire anche abbassamento dei premi.

La disposizione è stata oggetto di letture contrastanti: alcuni hanno sostenuto che, nei casi previsti dalla norma, il danneggiato potesse agire per il risarcimento del danno soltanto nei confronti del proprio assicuratore o, tutt'al più, nei confronti del danneggiante con l'azione ordinaria ai sensi dell'art. 2054 c.c.; altri hanno sostenuto che l'art. 149 Cod. Ass. conferisce al danneggiato soltanto una facoltà, in forza della quale egli può scegliere di agire contro il proprio assicuratore, di promuovere l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore del responsabile, di promuovere l'azione ordinaria ex art. 2054 c.c.. Senza soffermarsi sugli argomenti a sostegno delle diverse tesi, è però agevole osservare che quella che ravvisa nel risarcimento diretto una mera facoltà finisce per depotenziare l'attitudine della norma a realizzare gli scopi che il legislatore si prefiggeva.

Ebbene, la questione è stata sottoposta al vaglio della Corte costituzionale (Corte cost., sent., 19 giugno 2009 n. 180), che ha optato per la qualificazione della disciplina del risarcimento diretto come facoltativa e non obbligatoria. Un passo della sentenza del giudice delle leggi, che ha dato luogo a commenti contrastanti, alcuni dei quali molto critici, merita di essere rammentato: «Non si ignora che l'interpretazione costituzionalmente orientata, la quale, accanto alla nuova azione diretta contro il proprio assicuratore, ammette l'esperibilità dell'azione ex art. 2054 c.c. e dell'azione diretta contro l'assicuratore del responsabile civile, apre una serie di problemi applicativi. Tuttavia, la soluzione di detti problemi esula dai limiti del giudizio costituzionale». Non siamo proprio al fiat iustitia et pereat mundus, ma non ci manca molto: proprio di uno di quei problemucci da bassa manovalanza che tale lettura della norma ha provocato ci stiamo occupando.

Gli assicuratori, i quali si erano attrezzati per attenersi all'interpretazione opposta a quella accolta dalla Consulta, hanno provato a prendere delle contromisure: e le ragioni appaiono tutt'altro che peregrine, giacché, alla luce dell'art. 149 Cod. Ass., la fase stragiudiziale volta al risarcimento del danno vede necessariamente coinvolto l'assicuratore del danneggiato (si veda il terzo comma dell'art. 149), sicché, una volta ammesso che il danneggiato può scegliere a proprio piacimento di agire contro l'uno o l'altro assicuratore, può accadere che l'assicuratore del responsabile venga a trovarsi esposto ad un giudizio, ed ai relativi costi, che non ha avuto la possibilità di evitare, il che è evidentemente tortuoso e antieconomico. Perciò, nella CARD, è stato inserito un articolo del seguente tenore: «Anche nelle … ipotesi in cui il danneggiato … ritenga di rivolgere la propria richiesta di risarcimento alla sola impresa debitrice [i.e. l'assicuratore del responsabile: n.d.r.], sarà la gestionaria [i.e. l'assicuratore del danneggiato: n.d.r.] ad assumere la gestione stragiudiziale del sinistro … Le imprese aderenti conferiscono … le une alle altre … il mandato irrevocabile di cui all'allegato … Oltre alla rappresentanza sostanziale, ogni impresa … conferisce … ad ogni altra impresa aderente che verrà … ad acquisire il ruolo di gestionaria il potere di rappresentarla in giudizio, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 77 c.p.c. …. Ciascuna impresa accetta sin d'ora il conferimento della rappresentanza processuale e si obbliga pertanto a costituirsi in giudizio in nome e per conto della debitrice».

Di qui la reazione di una parte degli operatori del diritto: ecco — si è inteso dire —, gli assicuratori vogliono far rientrare dalla finestra l'obbligatorietà della procedura di risarcimento diretto che la Corte costituzionale ha cacciato fuori dalla porta.

Questo ha dato luogo anche alla presa di posizione in tema di intervento dell'assicuratore del danneggiato nel giudizio da questi promosso nei confronti dell'assicuratore del responsabile: sicché alcuni giudici hanno ritenuto che l'intervento sia ammissibile (Trib. Milano, sent., 28 ottobre 2011, in Foro it., 2012, I, 946; Giudice di pace Tortona, sent., 31 maggio 2012, in Arch. circolaz., 2012, 797), altri giudici, ai quali oggi si aggiunge la sentenza in commento, sono pervenuti al risultato opposto (Giudice di pace Legnago, sent., 21 novembre 2013, in Arch. circolaz., 2014, 139; Trib. Genova, sent., 10 giugno 2011, in Arch. circolaz., 2012, 797; Trib. Padova, sent., 25 luglio 2011, in Nuova giur. civ. comm., 2012, I, 148; in Giur. it., 2012, 1855; Giudice di pace Verona, sent., 10 febbraio 2011, in Arch. circolaz., 2011, 495; Giudice di pace Taranto, sent., 11 agosto 2010, in Il civilista, 2010, 11, 73; Giudice di pace Torino, sent., 7 giugno 2010, in Arch. circolaz., 2010, 727).

In realtà, l'inquadramento della vicenda processuale descritta nell'ambito dell'intervento volontario è discusso: siamo difatti in presenza del conferimento di rappresentanza processuale, ai sensi dell'art. 77 c.p.c., secondo quanto è scritto nella CARD, di guisa che, se il danneggiato agisce contro l'assicuratore del danneggiante ed in giudizio si costituisce l'assicuratore dell'attore, detto assicuratore altro non è che l'alter ego del convenuto, quale rappresentante di esso.

D'altronde, non appare neppure del tutto piano l'assunto secondo cui l'assicuratore del danneggiato sarebbe carente di interesse, giacché un interesse egli sicuramente l'ha: se non quello volto a far sì che la pretesa risarcitoria venga definita una volta per tutte, almeno quello al corretto funzionamento della stanza di compensazione attraverso cui i rapporti tra gli assicuratori sono infine regolati.

Altro suggerimento pratico non può darsi, se non quello di sottoporre al giudice i pro e i contro della soluzione accolta dal Tribunale di Milano, che sembra oggi essere quella prevalente.

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