L’onere di provare la colpa del pedone grava sul conducente

Giuseppe Sileci
25 Gennaio 2016

Nell'ambito della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, è onere del conducente dimostrare che la condotta del pedone sia stata colposa ed abbia avuto efficacia causale assorbente o concorrente nella produzione dell'evento, non essendo richiesto al danneggiato di dimostrare che la colpa del conducente sia stata maggiore della propria.
Massima

Nell'ambito della responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, è onere del conducente dimostrare che la condotta del pedone sia stata colposa ed abbia avuto efficacia causale assorbente o concorrente nella produzione dell'evento, non essendo richiesto al danneggiato di dimostrare che la colpa del conducente sia stata maggiore della propria.

Il caso

Tizio aveva adito il Tribunale di Roma per sentir condannare la società di assicurazione X – quale impresa designata per il Fondo Garanzie Vittime della Strada – al risarcimento dei danni fisici subiti in seguito ad un incidente stradale provocato dal conducente di una autovettura, non identificata, che lo aveva investito alle spalle mentre di sera percorreva una pubblica via a piedi. Il Tribunale, applicando la presunzione di colpa prevista dall'art. 2054, comma 2, c.c., aveva affermato la responsabilità concorrente del conducente e del pedone ed aveva accolto in tale misura la domanda di quest'ultimo. Hanno impugnato la sentenza sia Tizio, lamentando l'erronea applicazione della presunzione stabilita dall'art. 2054, comma 2, c.c., sia – con appello incidentale - la società di assicurazione X deducendo per un verso che le risultanze istruttorie non avrebbero fornito elementi dai quali desumere che l'incidente fosse imputabile al conducente di una autovettura non identificata e, per altro verso, che le cause dell'evento sarebbero rimaste sconosciute.

La questione

La Corte ha dovuto stabilire quali siano i criteri di ripartizione dell'onere della prova quando in un sinistro stradale sia rimasto coinvolto un pedone.

Le soluzioni giuridiche

Il Giudice d'Appello, dopo avere escluso che possa applicarsi il comma secondo dell'art. 2054 c.c. in assenza – nella specie - di uno scontro tra veicoli, ha rigettato l'appello incidentale della società di assicurazioni X ritenendo che il Tribunale, alla luce delle emergenze istruttorie, abbia correttamente ascritto i danni patiti da Tizio all'investimento da parte di un conducente di un veicolo allontanatosi subito dopo l'evento; in particolare, il coinvolgimento di un'auto pirata sarebbe emerso sia dalla prova testimoniale (il teste escusso, pur non avendo assistito all'incidente, dichiarò di avere udito una forte frenata seguita subito dopo da un forte tonfo e, pensando che l'auto che aveva sentito frenare potesse avere investito l'uomo di colore un po' alticcio che aveva visto camminare poco prima sulla carreggiata, di essersi avvicinato alla fonte del rumore e di avere riconosciuto l'uomo suddetto e di avere anche visto, mentre si avvicinava, che sul luogo si trovava un'auto dalla quale erano scese due persone che poi si allontanarono velocemente facendo perdere le loro tracce) sia dal rapporto di incidente stradale redatto dai Carabinieri (i militi dell'Arma, infatti, trovarono uno specchietto retrovisore infranto nei pressi di dove giaceva la vittima e rilevarono sull'asfalto tracce di frenata lasciate da un veicolo al centro della carreggiata nonché tracce dello sfregamento del corpo del danneggiato sul tratto di ciglio erboso posto al limite della carreggiata) sia, infine, dagli esiti della espletata consulenza d'ufficio medico legale (il Ctu ha confermato la compatibilità delle lesioni subite da Tizio con un urto da parte di un veicolo che procedeva a velocità).

La Corte, invece, ha accolto l'appello principale ritenendo che la fattispecie dovesse essere decisa non già in base alla presunzione di cui all'art. 2054, comma 2 c.c., erroneamente applicata dal Tribunale per la evidente ragione che la norma predetta postula uno scontro tra veicoli, bensì ai sensi dell'art. 2054 comma 1 c.c. e non avendo la società di assicurazione X assolto all'onere – su di essa incombente – di provare che il pedone, violando le regole della strada, si fosse portato imprevedibilmente dinanzi alla traiettoria di marcia del veicolo investitore.

A tal riguardo, la Corte ha richiamato quella giurisprudenza della Cassazione secondo la quale il conducente di un veicolo senza guide di rotaie, per vincere la presunzione a suo carico stabilito dall'art. 2054, comma 1, c.c., ha l'onere di provare che il pedone abbia tenuto una condotta anomala e che l'assenza di prove si risolve a suo sfavore, portando alla affermazione della colpa presunta del conducente. Il Giudice, infatti, deve:

  1. muovere dall'assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100 per cento;
  2. accertare in concreto la colpa del pedone;
  3. ridurre progressivamente la colpa presunta a carico del conducente se emergono circostanze idonee atte a dimostrare una colpa in concreto del pedone (Cass. Civ., sez. III, sent., 18 novembre 2014, n. 24472).

Ha quindi concluso la Corte che, non potendosi la prova liberatoria desumersi da elementi presuntivi (in particolare dalle circostanze che il pedone fosse in stato di ebbrezza e volgeva le spalle al flusso veicolare, giacché indizi di per sé insufficienti a dimostrare in modo univoco e concordante il comportamento imprevedibile del pedone e cioè l'unico fatto che consentirebbe di escludere o, quantomeno, ridurre la responsabilità del conducente), non vi erano i presupposti per poter affermare il concorso di colpa di Tizio.

La Corte territoriale, cosi decidendo, ha aderito al consolidato orientamento della Corte di Cassazione secondo il quale, in caso di investimento di pedone, la presunzione di responsabilità del conducente è esclusa quando questi dimostri di essersi attenuto alle norme di condotta che disciplinano la circolazione stradale e che non vi era da parte sua alcuna possibilità di prevenire l'evento, e cioè che il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale da non consentire all'automobilista di avvistarlo e di osservarne tempestivamente i movimenti (Cass. civ., sez. VI,, ord., 25 settembre 2014, n. 20307; Cass. civ., sez. VI, ord. 17 novembre 2015, n. 23519; Cass. civ., sez. III, sent., 18 giugno 2015, n. 12595; Cass. civ., sez. III, sent., 19 febbraio 2014, n. 3964 la quale ha confermato la decisione della Corte territoriale che aveva affermato una concorrente responsabilità del conducente sebbene questi avesse impegnato l'incrocio regolato da semaforo con luce verde in suo favore giacché la situazione di affidamento generata dal semaforo non lo esonerava dall'obbligo di procedere con la necessaria cautela richiesta dalla comune prudenza e dalle concrete condizioni esistenti nell'incrocio; Cass. civ., sez. III, sent., 28 novembre 2007, n. 24745 la quale ha escluso che possa affermarsi un concorso di colpa del pedone sul solo presupposto che questi occupasse la sede stradale ed in assenza di prova che questa circostanza abbia costituito concausa o condotta efficiente). In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di merito: Trib. Bologna, sez. III, sent. 4 giugno 2014, n. 1838; Trib. Roma, 21 gennaio 2013; Giudice di pace Bari, Sez. IV, sent., 5 novembre 2011, n. 6152.

Tuttavia, se è indispensabile, affinché il conducente si liberi della presunzione di colpa stabilita dalla legge a suo carico, che sia raggiunta la prova della condotta anomala ed imprevedibile del pedone, la Cassazione ha anche affermato il concorso di responsabilità di quest'ultimo quando, all'esito dell'istruttoria, sia comunque emerso che il pedone abbia commesso un'imprudenza ovvero avvia violato una qualche regola di condotta prevista dal Codice della Strada (Cass. civ., sez. III, sent., 5 marzo 2013, n. 5399; sostanzialmente conforme anche Cass. civ., sez. III, sent., 18 novembre 2014, n. 24472 – richiamata dalla Corte di appello di Roma – secondo la quale la mera violazione, da parte del pedone, dell'obbligo di concedere la precedenza ai veicoli in transito quando attraversi la strada al di fuori dei passaggi pedonali non basta di per sé ad escludere in toto la colpa del conducente). Orientamento seguito anche dalla seguente giurisprudenza di merito Trib. Livorno, sent. 9 settembre 2015, n. 1120; Trib. Roma, sez. XII, sent., 22 gennaio 2015, n. 1421.

Secondo la Cassazione, inoltre, non sarebbe sufficiente, al fine di escludere la concorrente responsabilità del pedone, che il conducente non abbia fornito la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno perché la presunzione di colpa del conducente dell'autoveicolo investitore, prevista dall'art. 2054 comma 1 c.c., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, con la ulteriore conseguenza che la assenza di prova liberatoria non preclude affatto l'indagine in ordine all'eventuale concorso di colpa del danneggiato (Cass. civ., sez. III, sent. 13 marzo 2009, n. 6168; Cass. civ., sez. III, sent.,13 marzo 2012, n. 3966; Cass. civ., sez. III, sent. 13 novembre 2014, n. 24204; Cass. civ., sez. III, sent., 22 gennaio 2015, n. 1135). Orientamento seguito anche da Trib. Palermo, sez. III, sent., 7 maggio 2013, n. 2050; Trib. Trento, sent., 5 marzo 2012, n. 218; Trib. Bari, sez. III, sent., 27 marzo 2012, n. 974; Trib. Roma, sex. XIII, sent., 5 giugno 2012, n. 11663.

Osservazioni

La presunzione di responsabilità stabilita dall'art. 2054, comma 1, c.c. a carico del conducente di veicolo senza guida di rotaie, per vincere la quale questi deve provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ha chiari riflessi processuali. Il pedone, che sia rimasto vittima di un incidente stradale causato dalla circolazione di una autovettura, avrà l'onere di provare l'evento, le lesioni ed il nesso di causalità tra le lamentate lesioni e la circolazione stradale; ben diversa sarà la posizione processuale dell'automobilista e del suo assicuratore: per sottrarsi ad una statuizione di condanna, infatti, i predetti dovranno riuscire a dimostrare che il sinistro si è verificato a causa di una condotta del pedone così repentina ed anormale da non consentire all'automobilista accorto e prudente di prevederla e di mettere in atto ogni manovra idonea ad evitare il sinistro. Tuttavia, non sarà sufficiente, per escludere l'eventuale responsabilità del pedone, che l'automobilista non abbia fornito la prova liberatoria di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno perché il Giudice potrà sempre affermare la concorrente responsabilità del danneggiato se dagli atti processuali saranno emersi elementi in concreto atti a dimostrare la imprudenza e/o inosservanza di regole di condotta da parte del pedone. Infine, se l'esito dell'attività istruttoria non avrà consentito di stabilire quali siano state le reali modalità del sinistro ma unicamente il fatto storico, questa incertezza non potrà non ritorcersi sul conducente, la cui responsabilità dovrà essere affermata in via esclusiva in virtù della presunzione prevista dal primo comma dell'art. 2054 c.c.

Orbene, se la decisione è senz'altro condivisibile laddove la Corte Capitolina, accogliendo l'appello principale del pedone, ha escluso che la fattispecie potesse essere regolata dal secondo comma dell'art. 2054 c.c., che disciplina l'ipotesi dello scontro tra autoveicoli e dunque non è suscettibile di estensione analogica al sinistro stradale nel quale sia rimasto coinvolto un pedone, è meno condivisibile nella parte in cui ha escluso che fossero stati acquisiti elementi sufficienti per potere dichiarare un concorso di colpa del pedone.

Sovente la giurisprudenza, pur affermando la responsabilità del conducente, ha imputato le conseguenze lesive di un sinistro stradale anche al pedone tutte le volte in cui questi abbia violato una regola di condotta (ad esempio, attraversando le strade senza utilizzare le strisce pedonali).

Nella specie, all'esito dell'attività istruttoria sarebbe emerso che Tizio, che era in stato di ebbrezza alcoolica, camminava al centro della carreggiata.

In particolare, quest'ultima circostanza avrebbe trovato conferma nel rapporto di incidente stradale dei Carabinieri, i quali rilevarono sull'asfalto tracce di frenata lasciate da un veicolo al centro della carreggiata.

Dunque, la Corte di Appello di Roma, accertato che Tizio violò l'art. 190 Cod. Strada (a mente del quale i pedoni devono circolare sui marciapiedi, sulle banchine, sui viali e gli altri spazi per essi predisposti ed è fatto loro divieto di sostare o indugiare sulla carreggiata), avrebbe avuto elementi per potere affermare anche il concorso di colpa del medesimo danneggiato.

Guida all'approfondimento

- L. Castelli, Il pedone, in Codice ipertestuale della responsabilità civile – la R.C. Auto – a cura di G. Bonilini – U. Carnevali – M. Confortini, Padova, 2006;

- G. Franco, Infortunistica Stradale, Giuffré, 2007;

- A. P. Benedetti, Il pedone imprudente tra concorso di colpa e danno non patrimoniale, in Resp. Civ. e Prev., fasc. 11, 2011, pag. 2269;

- T. Graneris, Nota sulla corresponsabilità del pedone, in Diritto e Fisc. dell'Assicurazione, fasc. 3, 2012, pag. 520;

- R. Savoia, Il pedone non ha sempre ragione, in Diritto & Giustizia, fasc. 1, 2014, pag. 54

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