L’operatività della polizza assicurativa della struttura sanitaria nei confronti dei medici

25 Febbraio 2016

Appare del tutto infondata la tesi secondo la quale la polizza stipulata dalla Struttura Sanitaria, sarebbe una polizza anche per conto dei sanitari ed in particolare dei medici aventi una polizza personale, che diventerebbe quindi compagnia di assicurazione di secondo rischio.
Massima

Appare del tutto infondata la tesi secondo la quale la polizza stipulata dalla Struttura Sanitaria, sarebbe una polizza anche per conto dei sanitari ed in particolare dei medici aventi una polizza personale, che diventerebbe quindi compagnia di assicurazione di secondo rischio.

Il caso

Tizia conveniva in giudizio l'Azienda Alfa nonché Caio, per sentirli condannare per la morte del congiunto Sempronio, a causa di trattamenti medici erronei. Alfa chiedeva l'autorizzazione a chiamare in causa altri due medici. Nel giudizio si costituivano anche le assicurazioni Beta e Gamma, rispettivamente di Alfa e Caio.

Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda attorea, condannava Alfa e Caio al risarcimento del danno, e accoglieva la domanda di malleva formulata da Caio nei confronti di Gamma.

Alfa proponeva appello, chiedendo la parziale riforma della sentenza al fine che i medici la tenessero indenne.

La Corte d'Appello, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale, condannava i medici a manlevare Alfa di quanto la stessa avrebbe dovuto risarcire a Tizia.

La questione

La questione in esame è la seguente: la polizza assicurativa della struttura sanitaria è operativa anche nei confronti dei medici non dipendenti?

Le soluzioni giuridiche

Si osserva che, per unanime giurisprudenza, tra paziente ed Ente Ospedaliero deve ravvisarsi l'esistenza di un “contratto di spedalità” che comporta l'obbligo risarcitorio a carico dell'Ente Ospedaliero. Al riguardo la Suprema Corte ha ribadito che: «Il rapporto che si instaura tra paziente e Casa di Cura privata o pubblica ha fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo da cui, a fronte del pagamento del corrispettivo, insorgono a carico della Casa di Cura o dell'Ente accanto a quelli di tipo lato sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie anche in vista di eventuali complicazioni e conseguenze. La responsabilità della Casa di Cura e dell'Ente nei confronti del paziente ha natura contrattuale» (Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2007, n. 6945; Cass. civ., 13 aprile 2007, n. 8896; Cass. civ., 19 ottobre 2006, n. 22390; Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2006, n. 12362).

La giurisprudenza ha più volte ritenuto che la responsabilità della Struttura derivasse anche dal fatto che quand'anche la prestazione non venga eseguita da un medico dipendente, essa, mettendo a disposizione la propria organizzazione e i propri mezzi e ospitando il medico, trae da tale situazione un profitto per cui deve ritenersi che il contratto di prestazioni mediche deve intendersi concluso oltre che con il medico anche con la Struttura.

La Suprema Corte ha dunque affermato espressamente la responsabilità della struttura sanitaria, anche per il fatto del medico non dipendente, ex art. 1228 c.c., in quanto il rapporto che si instaura tra paziente e clinica ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo, insorgono a carico della casa di cura tutti gli obblighi già esplicitati.

Una recentissima pronuncia, Trib. Napoli, 13 maggio 2015, n. 7179 (v. P. Vinci, I criteri per il risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale subito dal figlio e dal convivente, in Ri.Da.Re.), ben rappresenta l'orientamento della Corte di Cassazione:«La struttura sanitaria risponde quindi, in via contrattuale, non solo delle obbligazioni direttamente poste a proprio carico, ma anche dell'opera svolta dai propri dipendenti ovvero ausiliari (personale medico e paramedico), secondo lo schema proprio dell'art.1228 c.c.. (…) Va poi osservato che non rileva la circostanza per cui il medico che eseguì l'intervento chirurgico fosse o meno inquadrato nell'organizzazione aziendale della casa di cura (ovvero dell'ospedale), né che lo stesso fosse stato scelto dal paziente ovvero fosse di sua fiducia (cfr., in tal senso, Cass., sez. III, 14 giugno 2007, n. 13593; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1698), posto che la prestazione del medico è comunque indispensabile alla casa di cura (ovvero dell'ospedale) per adempiere l'obbligazione assunta con il paziente (…)».

In merito si è pronunciata anche la Sentenza Trib. Milano, sez. I civ., 17 luglio 2014: «Ne deriva che la struttura sanitaria per essere esonerata dalla responsabilità risarcitoria verso il paziente non può utilmente invocare la condotta illecita del proprio dipendente o collaboratore – individuato come responsabile (corresponsabile) dalla stessa struttura o direttamente dal danneggiato – ma è tenuta a fornire nel processo la prova positiva che le conseguenze dannose di tale condotta non le sono imputabili a titolo di inadempimento delle obbligazioni oggetto del contratto di spedalità».

Pertanto, non solo è pacifico che, in caso di inadempimento sia la struttura a risponderne in primis, ma è altresì diritto del medico poter beneficiare della garanzia derivante dalla polizza di assicurazione per la R.C. stipulata dalla struttura stessa.

Infatti, poiché il contratto assicurativo stipulato dall'Ente è qualificabile come contratto in favore di terzi o per conto di chi spetta, il medico, rispetto a tale contratto, ha acquistato un diritto proprio ai vantaggi dell'assicurazione, tale da determinare la nascita in suo favore del diritto spettante direttamente dal contratto citato.

Tale contratto integra a tutti gli effetti la figura della c.d. “assicurazione per conto di chi spetta”, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1891 c.c..

In ultimo, Cass. civ., sez.III, 12 marzo 2015, n. 4936 così stabilisce: «Nel contratto di assicurazione della propria responsabilità civile stipulato da un ospedale (assicurazione per conto proprio), la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa “operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici” ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell'ospedale, la medesima polizza copra altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell'assicurazione per conto altrui (1891 c.c.)».

L'assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta integra un contratto a favore del terzo o, ancor più specificamente, una vicenda negoziale sui generis di contratto a favore di terzo, sicché ad esso si applicano tanto le norme proprie dell'istituto ex art. 1411 ss. c.c., quanto quelle del contratto di assicurazione nella parte in cui derogano ai principi generali dettati dalla legge per il contratto a favore di terzo.

Osservazioni

La pronuncia in esame nega la copertura dalla polizza della struttura nei confronti dei medici che ne abbiano già stipulato una propria.

La Corte d'Appello di Milano si pone in contrasto rispetto alla giurisprudenza maggioritaria, che prevede la copertura del personale sanitario che operi all'interno delle struttura proprio ai sensi della c.d. “assicurazione per conto di chi spetta”, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1891 c.c., integra un contratto a favore del terzo.

Si ritiene principio corretto che la polizza della Struttura Sanitaria copra i rischi relativi all'operato del proprio personale, dipendente o non dipendente, infatti non rileva la circostanza per cui il medico che ha prestato il proprio operato fosse o meno inquadrato nell'organizzazione aziendale della struttura, né che lo stesso fosse stato scelto dal paziente ovvero fosse di sua fiducia, perché la prestazione del medico è comunque indispensabile all'ente per adempiere l'obbligazione assunta con il paziente.

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