Il "risarcimento" delle spese mediche sostenute dal danneggiato presso le cliniche private

26 Agosto 2015

Il rapporto tra medico (e, di riflesso, della struttura sanitaria in cui opera) e paziente è un rapporto di carattere strettamente fiduciario e personale, per cui, venuta meno per qualsiasi ragione la fiducia (non ricollegabile solo alla competenza professionale del primo), viene a mancare uno degli elementi essenziali di tale rapporto, con la conseguenza che il paziente non può essere ritenuto obbligato in senso contrario, né tanto meno negligente o in mala fede, nel momento in cui decide di rivolgersi ad un diverso medico e/o ad una diversa struttura ospedaliera (pubblica o privata).
La massima

Il rapporto tra medico (e, di riflesso, della struttura sanitaria in cui opera) e paziente è un rapporto di carattere strettamente fiduciario e personale, per cui, venuta meno per qualsiasi ragione la fiducia (non ricollegabile solo alla competenza professionale del primo), viene a mancare uno degli elementi essenziali di tale rapporto, con la conseguenza che il paziente non può essere ritenuto obbligato in senso contrario, né tanto meno negligente o in mala fede, nel momento in cui decide di rivolgersi ad un diverso medico e/o ad una diversa struttura ospedaliera (pubblica o privata).

Il caso

Tizia conveniva in giudizio Caio in seguito al sinistro occorsole presso un incrocio stradale in cui il figlio di Caio, di quattro anni, la collideva con la propria bicicletta. Tizia chiedeva il risarcimento del danno biologico permanente e temporaneo nonché il ristoro delle spese mediche effettuate presso una clinica privata.

Il Tribunale, in parziale accoglimento della domanda attorea, condannava Caio al risarcimento del danno biologico, ma rigettava la richiesta di rimborso delle spese mediche in quanto Tizia avrebbe potuto ottenere delle cure equivalenti in strutture pubbliche nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale.

Tizia proponeva appello.

La Corte d'Appello, riformando parzialmente la sentenza del Tribunale, condannava Caio anche al risarcimento delle spese mediche effettuate da Tizia.

In motivazione

«[…] i limiti alla rimborsabilità delle spese da parte del SSN trovano la propria ragione nella differente natura degli interessi contrapposti, pubblico/privato, ove il diritto di libera scelta del proprio curante (intrinseco al diritto alla salute, costituzionalmente garantito dall'art. 32 Cost.) si contrappone ad esigenze pubbliche di gestione del bilancio ed organizzazione delle risorse sanitarie (invero anch'esse di massimo rilievo in tempi di crisi del debito pubblico).

Viceversa l'art. 1227 c.c. disciplina rapporti tra privati e, come è stato giustamente rilevato, l'osservanza degli obblighi di diligenza e di buona fede che fanno carico al danneggiato, impone a quest'ultimo soltanto un comportamento corretto, rivolto a circoscrivere il pregiudizio subito - da individuarsi nella lesione patita - e ad impedirne l'eventuale espansione (cosi già App. Torino 10.1.1999, in Giudice di pace, Quaderni, 9/2007). In altri termini[…] la citata norma impone al danneggiato, che abbia subito una lesione dell'integrità psico-fisica, soltanto l'onere di curarsi, onde circoscrivere il pregiudizio alla salute patito, e non la scelta di dove curarsi, che peraltro nessuna norma dell'ordinamento giuridico impone al cittadino. Infatti il rapporto tra medico (e, di riflesso, della struttura sanitaria in cui opera) e paziente è un rapporto di carattere strettamente fiduciario e personale, per cui, venuta meno per qualsiasi ragione la fiducia (non ricollegabile solo alla competenza professionale del primo), viene a mancare uno degli elementi essenziali di tale rapporto, con la conseguenza che il paziente non può essere ritenuto obbligato in senso contrario, né tanto meno negligente o in mala fede, nel momento in cui decide di rivolgersi ad un diverso medico e/o ad una diversa struttura ospedaliera (pubblica o privata) […].

Nel caso di specie il perito d'ufficio ha comunque ritenuto "documentate, congrue ed adeguate al caso esaminato spese sanitarie per l'importo di € […]" (…)».

La questione

La questione in esame è la seguente: possono essere risarcite le spese mediche sostenute dal danneggiato presso le cliniche private?

Le soluzioni giuridiche

Orientamento maggioritario e prevalente nella giurisprudenza sia di legittimità sia di merito, è sempre stato quello di non risarcire le spese mediche sostenute dal danneggiato presso le cliniche private, se le stesse potevano essere erogate dal Servizio Sanitario Nazionale.

Infatti, solo nel caso in cui il paziente-danneggiato avesse sostenuto delle spese mediche presso strutture pubbliche convenzionate con il SSN, sarebbe stato possibile richiedere il risarcimento delle stesse.

Nella sentenza in commento viene posto l'accento sul rapporto privato e sulla condizione del danneggiato, piuttosto che sull'esigenza pubblica di gestione del bilancio come avveniva in precedenza.

In forza de «il rapporto tra medico (e, di riflesso, della struttura sanitaria in cui opera) e paziente è un rapporto di carattere strettamente fiduciario e personale», viene pertanto sottolineata l'importanza della scelta del danneggiato, che è libera, consapevole e orientata esclusivamente all'onere di curarsi.

In precedenza non era ammesso il risarcimento per «le prestazioni mediche (che) avrebbero potuto essere prestate adeguatamente in un nosocomio pubblico...” (Trib. Roma, sez. XII, 8 dicembre 2004), infatti «non sono risarcibili le spese sostenute che non siano documentate. Del pari sono irriconoscibili le spese sostenute presso case di cura o cliniche private, in quanto le prestazioni mediche avrebbero potuto essere prestate adeguatamente in un nosocomio pubblico. Avendo quindi interrotto il nesso di causalità fra il danno subito e la congruità dei mezzi necessari al suo ristoro, il danneggiato ha violato il disposto di cui all'art. 1227 c.c...».

Dalla precedente pronuncia del Tribunale di Trieste del 14 gennaio 1988 si può notare come l'art. 1227 c.c. sia visto in chiave completamente diversa rispetto alla sentenza in commento: ora la figura del danneggiato è posizionata al primo posto, le sue scelte sono dettate dall'esclusiva importanza del proprio bene-salute e non è messa in discussione la «la congruità dei mezzi» con cui lo stesso possa scegliere come e dove curarsi, ma ciò che è suo diritto è “il” curarsi.

In precedenza, il rimborso delle cure mediche effettuate presso cliniche private veniva concesso solo ove fosse comprovata l'urgenza e la gravità delle stesse e l'impossibilità di ottenerle presso una struttura pubblica convenzionata (Trib. Bari, sez. lav., 30 aprile 2008, n. 3568).

Osservazioni

Questa sentenza della Corte d'Appello rappresenta una voce fuori dal coro riguardo al risarcimento delle spese mediche.

Infatti, se già a partire dal 1994 veniva riconosciuto il risarcimento delle spese mediche erogate da strutture private nel caso di urgenza o indifferibilità, con questa pronuncia le spese mediche sono risarcite a prescindere dal fatto che le stesse siano state effettuate presso una struttura pubblica convenzionata con il SSN, perché la scelta del paziente-danneggiato deve essere sempre ritenuta consona e opportuna, in quanto l'unico onere consisterebbe nel “doversi curare”.

Per quanto la consapevolezza dell'importanza del singolo e dei suoi diritti sia determinante, non si può non tener conto di determinate esigenze di ordine pubblico, come ad esempio il contenimento della spesa pubblica, perché un aggravio su quest'ultima determinerebbe senz'altro un peggioramento dei servizi garantiti dal Servizio Sanitario Nazionale nonché ulteriori e maggiori costi e oneri a carico dell'intera comunità.

Pertanto, sarebbe senz'altro auspicabile riconoscere le spese mediche sostenute dal danneggiato nella clinica privata ove egli sia stato impossibilitato ad avere ugual ristoro presso le strutture pubbliche, ma non può di certo considerarsi prassi nei casi in cui non si ravvisino urgenza e indifferibilità.

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