L'assicuratore del vettore risponde sempre del danno al trasportato se non riesce a provare che l’incidente è dipeso da caso fortuito

Giuseppe Sileci
26 Ottobre 2015

L'art. 141 Cod. Ass. ha introdotto una regola no-fault, in quanto prevede che l'assicuratore del vettore sia sempre tenuto al risarcimento del danno subito dal terzo trasportato salvo il caso in cui il sinistro sia conseguenza del caso fortuito ovvero non sia ascrivibile a nessuno dei conducenti dei veicoli coinvolti, non potendo essere ricompreso nel concetto di caso fortuito il fatto doloso o colposo dell'altro conducente.
Il caso

I genitori di Tizia, che viaggiava sull'autovettura Lancia di proprietà di Caio, hanno adito il Tribunale per sentire condannare la impresa di assicurazione x, che garantiva l'autovettura in questione contro i rischi derivanti dalla sua circolazione, al risarcimento dei danni subiti da Tizia in occasione di un sinistro stradale nel quale rimaneva coinvolta anche la moto Honda di proprietà di Sempronio. Gli attori hanno esteso il contraddittorio nei confronti di Caio e Sempronio, ritenendoli litisconsorti necessari ex artt. 140, 141 e 144 Cod. Ass.. Si è costituito Sempronio che ha chiesto di chiamare in causa l'impresa di assicurazione x sia quale compagnia che assicurava la Lancia sia quale impresa che garantiva la Honda. Si è anche costituita in giudizio l'impresa di assicurazioni x eccependo la responsabilità di Caio per avere consentito a Tizia di viaggiare senza fare uso dei prescritti dispositivi di sicurezza e chiedendo, nel caso di accoglimento della domanda, la condanna esclusiva di Caio al risarcimento dei danni, dovendo trovare applicazione l'art. 1900 c.c., a mente del quale l'assicuratore non risponde dei danni cagionati dall'assicurato con dolo o colpa grave.

La questione

La questione giuridica affrontata dal Tribunale di Napoli concerne l'interpretazione dell'art. 141 Cod. Ass. ed i riflessi processuali della norma in esame laddove, consentendo al trasportato di rivolgersi direttamente all'assicuratore del proprio vettore, prevede che questi risponda sempre del danno a meno che non dia la prova che il sinistro è dipeso da caso fortuito.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale partenopeo ha affermato che l'art. 141 Cod. Ass. ha introdotto una regola no-fault perché prevede che l'assicuratore del vettore sia sempre tenuto a risarcire il danno del terzo trasportato, fatto salvo il caso in cui il sinistro sia conseguenza del caso fortuito ovvero non sia ascrivibile a nessuno dei conducenti dei veicoli coinvolti. In particolare, ha chiarito il Decidente che nel concetto di caso fortuito non può essere ricompreso il fatto doloso o colposo dell'altro conducente perché la norma, stabilendo che l'assicuratore del vettore risarcisce il danno «a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro», diversamente interpretata sarebbe del tutto svuotata di contenuto normativo e diverrebbe un inutile doppione dell'azione ex art. 144 Cod. Ass.. Da questo principio discendono tre conseguenze:

  1. sull'attore graverà l'onere di provare il sinistro, la qualità di trasportato e la sussistenza del danno (e dunque il nesso di causalità tra la lesione e l'evento) mentre sull'assicuratore del vettore graverà l'onere di provare il caso fortuito o che comunque l'incidente non è imputabile a nessuno dei conducenti;
  2. l'inammissibilità di una eventuale eccezione di connessione con altri giudizi pendenti tra le parti in relazione allo stesso incidente perché l'irrilevanza dell'accertamento delle rispettive colpe non rende necessaria la riunione delle cause;
  3. il diritto dell'assicuratore del vettore di agire in rivalsa, ai sensi dell'art. 150 Cod. Ass., nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile.

La decisione si segnala anche perché il Tribunale, nel liquidare il danno sofferto dalla trasportata (lesione di lieve entità) non ha riconosciuto la sofferenza morale derivante dalle menomazioni atteso che il c.d. danno morale non è altro che una componente del danno biologico che, per essere risarcito autonomamente, richiede la allegazione e la prova di particolari conseguenze pregiudizievoli idonee a giustificare un aumento di quanto già liquidato sulla base degli importi standard stabiliti dal legislatore.

Infine, merita essere segnalata la sentenza anche nella parte in cui il Tribunale, decidendo la eccezione dell'impresa di assicurazione x relativa al mancato uso dei dispositivi di sicurezza, ha ritenuto di non potere applicare l'art. 1900 c.c. (a mente del quale l'assicuratore non è obbligato per i sinistri cagionati da dolo o colpa grave del contraente, dell'assicurato o del beneficiario salvo patto contrario per i casi di colpa grave) sia perché le eccezioni derivanti dal contratto non sono opponibili al danneggiato sia perché la norma in questione non si estende all'assicurazione della responsabilità civile, la quale è regolata dall'art. 1917 c.c. che esclude i soli danni derivanti da fatti dolosi.

Osservazioni

La questione, recentemente affrontata dal Tribunale di Napoli e concernente la interpretazione dell'art. 141 Cod. Ass., è stata trattata anche dalla Corte di Cassazione, la quale – con decisione di poco precedente – ha escluso che il trasportato, il quale evochi in giudizio l'assicuratore del proprio vettore, debba provare le modalità dell'incidente al fine di individuare la responsabilità dei rispettivi conducenti anche nell'ottica di una eventuale applicazione dell'art. 2054, comma 2, c.c. (Cass. civ., sez. III, sent., 30 luglio 2015, n. 16181). I Giudici di legittimità sono pervenuti a questa conclusione valorizzando innanzitutto il dato letterale della norma, nella parte in cui questa stabilisce che si prescinde dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro. Si tratta, a giudizio della Cassazione, di una disposizione introdotta nell'ordinamento proprio allo scopo di fornire al terzo trasportato uno strumento aggiuntivo di tutela, risparmiandogli l'onere di dimostrare l'effettiva distribuzione delle responsabilità. Il Tribunale partenopeo dunque si colloca nel solco tracciato dalla Cassazione precisando ed aggiungendo che per caso fortuito non può intendersi anche il fatto colposo del conducente del veicolo antagonista (questione, questa, non affrontata dalla Suprema Corte).

Il Tribunale, però, definisce il caso fortuito in negativo ma non indica quale debba essere il criterio per stabilire se si è in presenza di un fatto che rilevi ai fini della applicabilità o meno dell'art. 141 Cod. Ass..

E la questione è di un certo interesse sia per capire quale debba essere lo sforzo dell'assicuratore in termini di prova per invocare l'inapplicabilità della norma sia, più in generale, per stabilire se – ed in che misura – possa rilevare il fatto del medesimo danneggiato.

È caso fortuito quel fatto imprevisto ed imprevedibile che, inserendosi in un determinato processo causale e vincendo ogni possibilità di resistenza e di contrasto da parte delle forze dell'uomo, rende inevitabile il compiersi dell'evento (Cass. Civ., Sez.III, sent. 28 maggio 1975 n. 2189).

Ovviamente, deve trattarsi di un fatto idoneo ad interrompere il nesso di causalità, nel senso che deve costituire l'unico ed esclusivo antecedente del danno.

Applicato alla materia della circolazione stradale, il superiore principio implica la prova della esistenza di un fatto che sfugga al controllo umano, ossia che non possa essere neutralizzato in alcun modo e cioè anche attraverso una manovra d'emergenza (Cass. civ. sez. III, sent. 18 settembre 1986, n. 5667).

La Cassazione ha quindi imputato al fortuito l'incidente stradale che sia stato causato dallo scoppio di uno pneumatico ovvero dal guasto tecnico, a condizione, però, che sia stata esclusa la sussistenza di altre circostanze che, da sole, possano avere contribuito a rendere prevedibile l'evento, quali – a titolo di esempio – il cattivo stato d'uso o, più in generale, la omessa manutenzione del mezzo meccanico (Cass. civ., sez. III, sent. 11 giugno 2010, n. 14068; Cass. civ., sez. III, sent., 6 settembre 2012, n. 14959; Cass. civ., sez. III, sent., 21 maggio 2014, n. 11270).

In tale prospettiva, dovrebbe ritenersi escluso dall'ambito di applicazione dell'art. 141 Cod. Ass. quel sinistro che sia stato causato da una insidia stradale, e cioè una anomalia che, per le sue caratteristiche intrinseche, non sia prevedibile ed evitabile dal prudente utente della strada; viceversa, non costituirebbe fortuito quel vizio e/o difetto che fosse avvistabile e comunque prevedibile usando la ordinaria diligenza (Cass. civ., sez. III, sent., 22 ottobre 2013 n. 23919; Cass. civ., sez. III, sent.,13 gennaio 2015, n. 287).

A maggior ragione, dovrebbe implicare la esimente del caso fortuito la macchia d'olio e, più in generale, quel comportamento illecito del terzo che abbia determinato una situazione di pericolo non altrimenti prevedibile ed evitabile.

Certo, in concreto la prova della esistenza del caso fortuito sarà molto difficile, specie in tutti quei casi – e sono la maggioranza – in cui nessuna autorità sia intervenuta sui luoghi del sinistro e dunque non sia possibile ricostruire in modo obiettivo le modalità dell'incidente.

Né più agevole sarà la dimostrazione del fatto colposo dello stesso danneggiato che, per costante giurisprudenza, può elevarsi al rango di caso fortuito quando la condotta illecita di questo costituisca l'unico antecedente (Cass. civ., sez. III, sent., 6 luglio 2015, n. 11107): l'ipotesi più frequente potrebbe essere il non uso dei presidi di protezione (le cinture di sicurezza o il casco), ma nella prassi è alquanto difficile che l'assicuratore riesca ad acquisire elementi sufficienti a dimostrare la inosservanza di queste elementari (e legali) regole di prudenza.

Potrebbe anche accadere – e nel caso del trasportato è una ipotesi tutt'altro che remota – che gli esiti della attività istruttoria facciano emergere il comportamento colposo del danneggiato (che, per esempio, non ha usato la cintura di sicurezza) ma che questa condotta rilevi solo ai sensi dell'art. 1227 c.c. e non sia dunque sufficiente ad interrompere il nesso di causalità: in questo caso, potrebbe l'assicuratore del vettore invocare utilmente il caso fortuito per sottrarsi all'ambito di applicabilità dell'art. 141 Cod. Ass.?

Sebbene la giurisprudenza talvolta abbia escluso che il non uso della cintura di sicurezza possa incidere sul diritto del danneggiato al risarcimento del danno, ritenendo, in base alle nozioni di comune esperienza, che l'eventuale uso di questi presidi non avrebbe eliso il danno (Trib. Modena, 12 dicembre 2012), tendenzialmente l'illecita condotta del trasportato è stata valutata dalla giurisprudenza quale circostanza che – se accertata – influisce sull'ammontare del risarcimento del danno (Trib. Modena, 12 giugno 2008, n. 1498 in Giustizia a Milano, 2008, 7-8, 51; Trib. Torino, 19 dicembre 2007, n. 8009 in Il Merito 2008, 9, 36; Trib. Padova, 25 luglio 2005, n. 1997).

In tutti i casi in cui dovesse essere accertato che il trasportato, non avendo fatto uso della cintura di sicurezza (o di altri presidi di protezione), abbia contribuito all'evento dannoso, non ci si troverebbe in presenza del caso fortuito richiesto dall'art. 141 Cod. Ass. per escludere la responsabilità dell'assicuratore del vettore, ma nonostante tutto non potrebbe questa circostanza non incidere sull'ammontare del risarcimento del danno, anche se – a ben vedere – si aprirebbero le porte ad una indagine sulla responsabilità (quanto meno quella concorrente del medesimo danneggiato) che il legislatore avrebbe voluto escludere.

In conclusione, il trasportato ha oggi diverse opzioni risarcitorie e, se decide di esperire la più agevole azione diretta nei confronti dell'assicuratore del suo vettore, sarà suo onere dare prova del sinistro, della qualità di trasportato e della sussistenza del danno mentre l'assicuratore, se vorrà liberarsi dall'obbligo risarcitorio, dovrà essere in grado di dimostrare che il sinistro è dipeso da caso fortuito, e cioè che l'evento sia stato causato dallo scoppio di un pneumatico, da un guasto, da una insidia stradale, dall'eventuale fatto del terzo (con esclusione della colposa condotta del conducente alla guida del veicolo antagonista) e dal medesimo danneggiato, con l'ulteriore precisazione che, in tale ultima ipotesi, la condotta della vittima del sinistro potrà rilevare – normalmente – ai fini della quantificazione dell'ammontare del risarcimento ai sensi dell'art. 1227 c.c..

Guida all'approfondimento
  • F. Rosada, Azione del terzo trasportato, in Ri.Da.Re;
  • A. Greco, Il terzo trasportato non deve provare le modalità dell'incidente per essere risarcito, in Diritto & Giustizia, 2015, fasc. 30, 142;
  • G. Sileci, Il terzo trasportato non può citare nello stesso giudizio l'assicuratore del vettore e del danneggiante, in Ri.Da.Re;
  • C. Cost., ord., 23 dicembre 2008, n. 440 in Giur. Cost. 2008, 6, 5013;
  • Trib. Ragusa, 27 luglio 2009 in Arch. Giur. Circol. e sinistri 2009, 11, 929;
  • Trib. Roma, 30 marzo 2010 in Foro It. 2010, 9, I, 2561;
  • Trib. Roma 21 giugno 2013 n. 13679 in Redazione Giuffrè 2013;
  • Trib. Ascoli Piceno 22 giugno 2010;
  • Trib. Roma 30 giugno 2010,in Foro Padano 2011, 3, I, 462;
  • Trib. Vicenza, 27 febbraio 2013, n. 306 in Guida al Diritto 2013, 31, 72;
  • Trib. Caltanissetta 24 aprile 2014 in Forto It 2014, 6, I, 1952 che ha dichiarato inammissibile la azione iure proprio ex art. 141 Cod. Ass. degli eredi del trasportato deceduto;
  • Giud. Pace, Pozzuoli, 14 luglio 2008, n. 1852 in Il merito 2008, 11, 5;
  • Giud. Pace, Bari 26 giugno 2011 in Arch. Giur. Circol. e sinistri 2012, 2, 161;
  • Giud. Pace, Legnago 28 giugno 2012 in Arch. Giur. Circol. e sinistri 2012, 10, 917;
  • Giud. Pace, Milano 14 novembre 2013 in Arch. Circol. e sinistri 2014, 1, 61

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