La responsabilità del medico in assenza di contratto d’opera professionale dopo la legge Balduzzi

30 Maggio 2014

“Ove l'attore agisca anche nei confronti del medico, senza allegare l'esistenza di un contratto d'opera professionale con lui concluso, deve ritenersi che il rapporto che si instaura con la struttura sanitaria sia contrattuale, mentre il rapporto con il medico sia di natura extracontrattuale […]”.
Massima

Trib. Milano, Sez. I civile, 12 giugno 2014, n. 7856

“Ove l'attore agisca anche nei confronti del medico, senza allegare l'esistenza di un contratto d'opera professionale con lui concluso, deve ritenersi che il rapporto che si instaura con la struttura sanitaria sia contrattuale, mentre il rapporto con il medico sia di natura extracontrattuale […]”.

Sintesi del fatto

Tizio conveniva in giudizio l'Azienda Ospedaliera Alfa, i medici Caio e Sempronio, l'Azienda Ospedaliera Beta e i medici Mevio e Filano, per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza all'errore nell'asportazione di un punto di sutura corneale presso Alfa e per l'intervento chirurgico avvenuto presso Beta.

Il Tribunale accoglieva parzialmente le domande attoree, condannando al risarcimento del danno l'Azienda Ospedaliera Alfa e Caio, mentre rigettava la richiesta nei confronti di Beta, Sempronio, Mevio e Filano.

In motivazione

“Atteso che ne caso in esame l'attore agisce nei confronti delle strutture sanitarie e dei medici e che non ha allegato, né provato, di aver concluso con questi ultimi un contratto d'opera professionale, appare opportuno compiere alcune osservazioni preliminari alla luce delle disposizioni contenute nell'art. 3 della l. n. 189/2012 (che ha convertito il d.l. n. 158/2012 c.d. “decreto Balduzzi”). (…)

Ritiene questo giudice che la disposizione normativa appena richiamata – interpretata alla luce del chiaro intento del legislatore di restringere e di limitare la responsabilità (anche) risarcitoria derivante dall'esercizio della professioni sanitarie per contenere la spesa sanitaria ed in conformità del criterio previsto dall'art. 12 delle preleggi, che assegna all'interprete il compito di attribuire alla norma il senso che può avere in base al suo tenore letterale e all'intenzione del legislatore – sia da interpretare nel senso di ricondurre la responsabilità risarcitoria del medico (al pari di quella degli altri esercenti professioni sanitarie) nell'alveo della responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. (con tutto ciò che ne consegue, principalmente in tema di riparto dell'onere della prova, di termine di prescrizione e del diritto al risarcimento del danno).

Questo giudice pur consapevole del contrario avviso recentemente espresso da parte della giurisprudenza di merito e dalla Corte di Cassazione in merito al significato da attribuire alla disposizione contenuta nell'art. 3 sopra citato (cfr. Cass. ord. n. 8940/2014, secondo la quale il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l'irrilevanza della colpa lieve anche in ambito di responsabilità extracontrattuale civilistica), ritiene che ove il legislatore avesse voluto solo escludere l'irrilevanza della colpa lieve nella responsabilità aquiliana, il richiamo all'obbligo risarcitorio di cui all'art. 2043 c.c. sarebbe del tutto superfluo ed ingiustificato.

Per tali ragioni ove, come nel caso di specie, l'attore agisce anche nei confronti del medico, senza allegare l'esistenza di un contratto d'opera professionale con lui concluso, deve ritenersi che il rapporto che si instaura con la struttura sanitaria sia contrattuale, mentre il rapporto con il medico sia di natura extracontrattuale. (…)”.

La questione

La questione in esame è la seguente: la responsabilità professionale del medico, quando non c'è un contratto d'opera professionale con il paziente, può essere di natura extracontrattuale alla luce del nuovo dispositivo di cui alla Legge Balduzzi?

Le soluzioni giuridiche

Recentemente il Tribunale di Milano sta sviluppando un'interpretazione della Legge Balduzzi differente rispetto all'orientamento maggioritario nella giurisprudenza sia di legittimità sia di merito.

Al fine di valutare la natura della responsabilità, dirimente appare l'esistenza o meno di un contratto d'opera professionale, stipulato tra medico e paziente, e non di un mero contatto sociale.

Già in precedenza diversi Tribunali (Trib. Enna 18 maggio 2013, Trib. Torino 26 febbraio 2013, Trib. Varese 26 novembre 2012) avevano cercato di ricondurre la responsabilità del medico all'alveo dell'art. 2043 c.c..

Da ciò consegue che, in assenza di un vero e proprio contratto, il paziente/danneggiato ha l'onere di provare tutti gli elementi che costituiscono l'illecito ex art. 2043 c.c..

Questo orientamento, avallato soprattutto dai Giudici della I Sezione civile del Tribunale di Milano (Sezione deputata alla c.d. responsabilità da medical malpractice) – Dott.ssa Flamini e Dott. Gattari – è in netto contrasto con quanto finora statuito dalla giurisprudenza (soprattutto di legittimità) post Legge Balduzzi. Infatti, se in un primo momento, nella giurisprudenza di merito, si erano sviluppati due orientamenti contrastanti riguardanti la natura della responsabilità, successivamente la Cassazione “avrebbe” fugato ogni dubbio (da ultimo con l'ordinanza 17 aprile 2014 n. 8940) riguardo alla natura contrattuale della responsabilità in ambito sanitario.

Di conseguenza, secondo la lettura della giurisprudenza di merito da ultimo indicata, la Legge Balduzzi non avrebbe apportato nessuna modifica in questo campo, ma l'intento del legislatore sarebbe stato semplicemente quello di escludere l'irrilevanza della colpa lieve anche nella responsabilità aquiliana. Se così fosse non si comprende però il richiamo all'art. 2043 c.c., in quanto sarebbe del tutto superfluo.

La recente interpretazione del Tribunale di Milano tiene, invece, debitamente conto della volontà del legislatore, ovvero contenere la spesa sanitaria, quindi restringere e limitare la responsabilità (anche) risarcitoria derivante dall'esercizio delle professioni sanitarie, volontà invero espressa chiaramente nei lavori preparatori della Legge Balduzzi e corrispondente alla lettera stessa della legge.

Osservazioni e suggerimenti pratici

La responsabilità di natura extracontrattuale del medico (ma in generale di qualsiasi esercente la professione sanitaria), determina plurime conseguenze, in tema di onere della prova e di prescrizione in primis e, in secondo luogo, in tema di entità dei risarcimenti.

Non pare lecito che in mancanza di un contratto d'opera professionale tra medico e paziente, ma in presenza solo di un mero contatto sociale, il primo debba rispondere come se il contratto fosse in essere, quindi secondo i dettami della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.. Infatti, ricondurre all'alveo della responsabilità extracontrattuale l'operato del medico impone un onere della prova più stringente in capo al paziente/danneggiato.

L'adesione a questo nuovo orientamento permetterebbe sia di incentivare la c.d. alleanza terapeutica tra medico e paziente, esonerando finalmente il primo da quella che di fatto sta diventando un'obbligazione di risultato, sia di arginare la c.d. medicina difensiva, attiva o passiva che sia, dannosa non solo per il paziente stesso, ma per tutta la comunità. Entrambi questi aspetti sono determinati e influenzati dall'azione del medico.

Imbrigliando eccessivamente l'operato del Sanitario e imponendogli l'obbligo di raggiungere un risultato, si finirebbe per imporgli scelte che non sempre sono le migliori per il paziente, ma anzi che spesso verrebbero prese al solo fine di evitare un contenzioso futuro, con conseguenti ripercussioni a cascata non solo nei confronti del paziente stesso, ma sul Servizio Sanitario Nazionale e, quindi, sulla collettività.

Questo non comporterebbe una minore tutela del paziente, dal momento che, in ogni caso, nulla cambierebbe con riferimento alla responsabilità della Struttura Sanitaria: essa è e rimane, per univoca interpretazione della giurisprudenza di legittimità e di merito, di natura contrattuale.

Si potrebbe, però, realizzare la volontà del legislatore quale emerge dal disposto letterale della norma e, nel contempo, permettere al Sanitario di recuperare quell'alleanza terapeutica recentemente incrinata, con innegabili effetti positivi generalizzati, tanto in termini di sicurezza quanto in termini di costi.

Conclusioni

L'interpretazione giurisprudenziale milanese della Legge Balduzzi è senz'altro orientata al progresso. Sarebbe opportuno avere un orientamento univoco, pertanto si auspica che la Cassazione recepisca quanto disposto dai Giudici della I Sezione del Tribunale di Milano, al fine di migliorare il sistema risarcitorio, con un riflesso positivo sul Servizio Sanitario Nazionale e sulla collettività.

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