Pallonata sull’occhio di un bambino: l’allenatore non risponde dei danni

Antonio Scalera
28 Marzo 2017

La lesione riportata da un allievo di una scuola calcio costituisce un comportamento che, pur prevedibile durante un allenamento calcistico, non può ritenersi evitabile.
Massima

Ai fini della configurabilità di una responsabilità ex art. 2048 c.c., la lesione riportata da un allievo di una scuola calcio, determinata dalla forza con cui il pallone è stato calciato da un compagno, costituisce un comportamento che, pur prevedibile nel corso di un allenamento calcistico, non può comunque ritenersi evitabile, in quanto neppure una serrata sorveglianza avrebbe conseguito il risultato di calibrare la potenza e di orientare la direzione di ciascun calcio tirato al pallone da ognuno dei bambini presenti in campo e affidati all'allenatore.

Il caso

Una società di calcio impugna la sentenza del Tribunale con cui era stata condannata, in solido con l'allenatore, a risarcire i danni riportati da un minore che, nel corso di un allenamento, era stato colpito ad un occhio dal pallone calciato da un altro bambino. Al gravame resistono i genitori del danneggiato, mentre resta contumace l'allenatore. La causa, interrotta per il raggiungimento della maggiore età da parte del danneggiato, viene riassunta nei confronti di quest'ultimo dall'appellante. La Corte di appello rigetta la domanda e condanna gli appellati costituiti alle spese del doppio grado di giudizio in favore dell'appellante. Avverso la sentenza della Corte di merito il danneggiato e i suoi genitori adiscono la Suprema Corte.

La questione

Sono responsabili la società di calcio e l'allenatore dei danni riportati da un minore che, nel corso di un allenamento, è stato colpito ad un occhio dal pallone calciato da un altro bambino?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione dà risposta negativa al quesito.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto dal ragazzo danneggiato e dai suoi genitori, afferma che la decisione impugnata è conforme ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità ex art. 2048 c.c. In particolare, in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo, verificatosi a carico di uno studente all'interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, nell'ambito dello svolgimento di una partita, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 c.c., incombe sullo studente l'onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l'illecito subito da parte di un altro studente. Sulla scuola grava invece l'onere di provare il fatto impeditivo, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno. Inoltre, non può essere considerata illecita la condotta di gioco che ha provocato il danno se è stata tenuta in una fase di gioco quale normalmente si presenta nel corso della partita, e si è tradotta in un comportamento normalmente praticato per risolverla, senza danno fisico, in favore dei quello dei contendenti che se ne serve, se non è in concreto connotata da un grado di violenza ed irruenza incompatibili col contesto ambientale, con l'età e con la struttura fisica delle persone partecipanti al gioco.

Nel caso all'esame, l'allenatore aveva predisposto la sola cautela utile e rilevante, avendo il predetto formato gruppi di allievi della medesima età e, quindi, di non differente costituzione fisica, ed era rimasto presente sul campo. La lesione riportata dal minore era stata determinata dalla forza con cui il pallone era stato calciato da un altro allievo, ponendo in rilievo che tale comportamento, pur prevedibile nel corso di un allenamento calcistico, non poteva, comunque, ritenersi evitabile, in quanto neppure una serrata sorveglianza avrebbe conseguito il risultato di calibrare la potenza e di orientare la direzione di ciascun calcio tirato al pallone da ognuno dei bambini presenti in campo e affidati all'allenatore, ritenendo sostanzialmente irrilevante a quale distanza l'allenatore si trovasse dal gruppo in cui giocava il danneggiato.

La sentenza in rassegna è conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di riparto dell'onere probatorio in fattispecie di responsabilità ex art. 2048 c.c.

Invero, già Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2003, n. 15321 aveva avuto modo di precisare che, in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo verificatosi a carico di uno studente all'interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, nell'ambito dello svolgimento di una partita, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 c.c. incombe sullo studente l'onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero l'illecito subito da parte di un altro studente, e sulla scuola l'onere di provare il fatto impeditivo, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno.

L'art. 2048, comma 3, c.c., nel prevedere che gli insegnanti «sono liberati da responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto», pone una presunzione di responsabilità, superabile solo dalla prova della inevitabilità dell'evento dannoso.

La prova liberatoria, alla quale l'art. 2048, comma 2, c.c. subordina l'esclusione della responsabilità del precettore, è costituita dall'interruzione del nesso di causalità tra la condotta dell'alunno, sottoposto alla vigilanza dell'insegnante, e l'evento dannoso, per l'inserimento della causa efficiente esclusiva costituita dalla condotta dell'alunno (ad esempio, per comportamenti del tutto imprevedibili dello stesso studente), di un terzo o di un fattore non previsto né prevedibile, caratterizzato da repentinità, imprevedibilità ed inevitabilità, non imputabile all'amministrazione scolastica.

È principio consolidato quello secondo il quale il dovere di vigilanza dell'insegnante è da intendere in senso relativo e non assoluto, dovendo essere commisurato all'età ed al grado di maturazione degli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto. Con la conseguenza che «si rende necessaria una vigilanza tanto più continua ed attenta, quanto minore è l'età degli alunni [...]. Inversamente deve dirsi che quanto più gli alunni si avvicinano all'età del pieno discernimento, sempre meno il dovere di vigilanza richiede una continua presenza del precettore» (Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 1980, n. 369).

A prescindere, poi, dalla presenza o meno dell'insegnante, si ritiene superata la presunzione di culpa in vigilando laddove il precettore dimostri di aver adeguatamente sorvegliato gli alunni e che, tuttavia, non è stato possibile impedire l'atto illecito dell'allievo per la sua repentinità, tale da non consentirgli un tempestivo intervento.

La repentinità del fatto, tuttavia, non vale di per sé sola ad escludere la responsabilità del precettore, laddove quello stesso fatto fosse prevedibile e, quindi, in quanto tale, prevenibile da parte del soggetto preposto alla vigilanza. Non sembra, infatti, «che un gesto, solo perché repentino o improvviso sia anche imprevedibile, mentre l'esperienza quotidiana insegna che, in genere, nella condotta dei ragazzi sono sempre prevedibili gesti inconsulti e pericolosi anche se improvvisi» (Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 1981, n. 826).

Il criterio funzionale in base al quale i giudici discriminano tra gesti repentini e inevitabili e gesti che non lo sono ruota intorno al concetto di prevedibilità, il quale a sua volta è legato al diligente esercizio del dovere di sorveglianza. Prevedibilità e sorveglianza sono, tuttavia, criteri relativi: essi vanno rapportati all'organizzazione implementata in concreto nello svolgimento delle attività didattiche. In ragione di ciò, in tanto un fatto può essere considerato imprevedibile in quanto, pur essendosi predisposte tutte le necessarie cautele ed essendosi esercitato in modo diligente il dovere di sorveglianza, il suo verificarsi non possa essere evitato (Cass. civ., 22 aprile 2009, n. 9542). In merito alla prevedibilità, in particolare, «il giudice deve far riferimento alla sua ripetitività o ricorrenza statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al particolare ambiente di cui si tratta, sulla base della ragionevole prospettazione secondo cui certi eventi, già verificatisi in date condizioni, possono, al riprodursi di queste, ripetersi» (Cass. civ., sez. I, 2 dicembre 1996, n. 10723).

Oltre alla dimostrazione, da parte dell'insegnante, di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l'inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale (Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2009, n. 9542, cit.).

In questi ultimi anni, la prova liberatoria è stata caricata dalla giurisprudenza di un contenuto nel tempo sempre più gravoso. Gli insegnanti non si liberano dalla responsabilità se non dimostrano in positivo di aver adottato in via preventiva le misure idonee ad evitare la situazione di pericolo favorevole alla commissione del fatto dannoso.

Osservazioni

La lettura della sentenza in rassegna, specialmente nella parte relativa ai motivi di ricorso per Cassazione, evidenzia l'importanza, ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie, di una analitica e circostanziata descrizione delle concrete modalità di verificazione dell'evento lesivo.

Il fatto storico che ha originato il danno dovrà essere allegato dall'attore sin dall'atto introduttivo del giudizio e potrà trovare un valido riscontro probatorio mediante l'acquisizione di testimonianze.

Quanto più precisa e dettagliata sarà la ricostruzione dell'accadimento, tanto più agevole sarà per il Giudice individuare eventuali carenze od omissioni da parte dell'Ente educativo nell'adozione di misure disciplinari ed organizzative idonee ad evitare l'insorgere di una situazione di pericolo.

Guida all'approfondimento

D.CHINDEMI, La responsabilità dell'insegnante per i danni subiti dall'alunno, in Resp. civ. prev., 10, 2011, 2137;

A.COCCHI, La responsabilità della pubblica amministrazione per i danni cagionati ad allievi e derivati da culpa in vigilando, in Resp. civ. prev., 2011, 7-8, 1562;

M.FRANZONI, Dei fatti illeciti. Artt. 2043-2059, in Commentario Scialoja - Branca, a cura di Galgano, Bologna-Roma, 1993, 393;

R.SETTESOLDI, La responsabilità civile dei precettori e dei maestri d'arte: i consolidati orientamenti giurisprudenziali e quelli in via d'emersione, in Resp. civ. prev., 1999, 4-5, 958.

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