Sinistro accaduto nel periodo indicato dal certificato di assicurazione: quid iuris in caso di mancato pagamento del premio?

Mauro Di Marzio
31 Marzo 2015

Il danneggiato da sinistro stradale non è tenuto ad effettuare accertamenti circa il pagamento del premio assicurativo, facendo fede per lui il certificato esposto, in quanto il rilascio di tale certificato ha efficacia costitutiva del diritto risarcitorio del danneggiato stesso, nei diretti confronti dell'assicuratore: ciò che rileva infatti è l'autenticità del contrassegno e non la validità del rapporto assicurativo.
Massima

Il danneggiato da sinistro stradale non è tenuto ad effettuare accertamenti circa il pagamento del premio assicurativo, facendo fede per lui il certificato esposto, in quanto il rilascio di tale certificato ha efficacia costitutiva del diritto risarcitorio del danneggiato stesso, nei diretti confronti dell'assicuratore: ciò che rileva infatti è l'autenticità del contrassegno e non la validità del rapporto assicurativo.

Sintesi del fatto

Un uomo muore in un sinistro stradale che vede coinvolti un motociclo, condotto dalla vittima, e un'autovettura. I congiunti del defunto agiscono in giudizio per il risarcimento del danno nei confronti del conducente, del proprietario e dell'assicuratore dell'automobile. Il giudice di primo grado attribuisce la responsabilità per il 70% al conducente di quest'ultima e per il 30% alla vittima, condannando i convenuti al risarcimento del danno.

Il verdetto è in parte ribaltato in appello. L'assicuratore sostiene (riproponendo un'eccezione già spiegata in primo grado) che al momento del sinistro la copertura assicurativa era inoperante, non essendo stato pagato il premio, corrisposto soltanto due giorni dopo il fatto, ed essendo decorso, a quella data, il termine di 15 giorni di cui all'art. 1901 c.c.: a tal fine lo stesso assicuratore produce in appello la copia di un «foglio di cassa» che a suo dire comprova la data dell'effettivo pagamento, a fronte di quanto risultante dal certificato di assicurazione (invocato viceversa dall'assicurato) che documenta (con una aggiunta a penna) la tempestività della corresponsione del premio. La corte d'appello, dunque, operata una valutazione comparativa dei due documenti, reputa che la copertura assicurativa fosse ormai sospesa e, conseguentemente, rigetta la domanda proposta dagli originari attori nei confronti dell'assicuratore, tenendo viceversa ferma la pronuncia nei riguardi del proprietario e del conducente dell'autovettura.

La sentenza della Corte di merito è impugnata per cassazione tanto dal conducente, quanto, in via incidentale, dai danneggiati e dal proprietario: i danneggiati, la cui doglianza preme esaminare, denunciano l'errore commesso dalla Corte d'appello nel non avvedersi che, nei loro confronti, faceva fede esclusivamente il certificato di assicurazione, dal quale risultava che il premio era stato pagato in termini.

La questione

Nella sentenza in commento non compaiano i vocaboli «contraffazione», «falsificazione», «falso» (se non, quest'ultimo, nel sintagma «querela di falso»), né il vocabolo «errore», ma — se bene intendiamo la difesa svolta dall'assicuratore nella fase di merito — il quesito al quale occorre rispondere è proprio il seguente: l'efficacia del certificato di assicurazione permane inalterata anche in caso che esso (perché falsificato o a causa di errore) contenga dichiarazioni, in particolare quella concernente il pagamento del premio, difformi dal vero?

È ragionevole supporre, difatti, che l'assicuratore, nell'affermare che il premio era stato pagato in epoca successiva non soltanto alla data risultante dal certificato di assicurazione, ma anche a quella del sinistro, avesse inteso per l'appunto sostenere che il certificato esponeva (per falsificazione o per errore) una circostanza, quella della data del pagamento, non conforme al vero.

Le soluzioni giuridiche

La S.C. cassa con rinvio la sentenza della corte di merito accogliendo la doglianza dei danneggiati: ritiene in breve che, nei rapporti tra assicuratore e terzo danneggiato, rilevi esclusivamente l'autenticità del certificato di assicurazione e non la validità-efficacia del contratto di assicurazione.

Osservazioni

Il principio è corretto, ma non si sofferma sul possibile rilievo della falsificazione del certificato ovvero dell'errore da cui esso possa essere affetto.

Questi, in breve, i termini della questione.

Secondo l'art. 7 della L.n. 990/1969, cui è succeduto l'art. 127 Cod. Ass., oggi vigente, l'adempimento dell'obbligo assicurativo deve essere comprovato da un apposito certificato rilasciato dall'assicuratore, da cui risulti il periodo di assicurazione per il quale sono stati pagati il premio o la rata di premio. La norma — questo il punto — precisa che: «L'assicuratore è tenuto nei confronti dei terzi danneggiati per il periodo di tempo indicato nel certificato, salvo quanto disposto dall'art. 1901, secondo comma, c.c.». Quest'ultima disposizione stabilisce poi che: «Se alle scadenze convenute il contraente non paga i premi successivi, l'assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza». Il che equivale a dire che l'assicurato gode di una proroga ex lege di quindici giorni per effettuare il pagamento: di qui, di riflesso, il terzo danneggiato legittimamente esercita l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore al fine di reclamare il risarcimento dei danni sofferti in dipendenza di un sinistro verificatosi nel medesimo arco temporale. L'attuale art. 127 Cod. Ass. fa poi salvo, oltre al dettato dell'art. 1901, comma 2, c.c., anche quello dall'art. 122, comma 3, primo periodo, Cod.Ass., secondo il quale l'assicurazione non ha effetto nel caso di circolazione avvenuta contro la volontà del proprietario a partire dal giorno successivo alla denuncia presentata all'autorità di pubblica sicurezza.

Nel linguaggio comune, il certificato di assicurazione è talora identificato con il termine improprio di «tagliando» o «talloncino», al pari del contrassegno, con il quale a volte viene confuso: contrassegno (previsto dallo stesso articolo 7 poc'anzi citato) che è il documento rilasciato dall'assicuratore contenente il nome dell'impresa di assicurazione, l'indicazione del numero di targa del veicolo e la data di scadenza del periodo per il quale è stato pagato il premio e che deve essere esposto sul parabrezza del veicolo assicurato allo scopo di agevolare i terzi danneggiati nell'identificare l'impresa di assicurazione. Potremmo dire, in sintesi, che il contrassegno (quello che si espone sul parabrezza) è un “riassunto” del certificato di assicurazione. Va accennato, per completezza, che l'art. 31 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito nella legge 24 febbraio 2012, n. 27, ha previsto che il contrassegno cartaceo sia sostituito con un dispositivo elettronico.

Certificato e contrassegno svolgono in definitiva funzioni diverse, sebbene complementari, in quanto entrambe dirette alla realizzazione di un unico scopo, che è la migliore tutela della vittima del sinistro:

  1. il certificato, una volta emesso, produce, ai sensi dei cit. artt. 7 e 127, l'effetto di rendere incontestabile rispetto ai terzi danneggiati l'esistenza dell'assicurazione, la sua efficacia e l'obbligo dell'assicuratore di indennizzare i sinistri avvenuti entro i limiti temporali indicati nel documento;
  2. il contrassegno ha una funzione essenzialmente pubblicitaria (una «una funzione "comunicativa" per determinati soggetti» dice Cass. civ., Sez. III, sent., 24 aprile 2001, n. 6026), in quanto finalizzato a palesare, attraverso la sua esposizione sul veicolo, l'esistenza del contratto di assicurazione.

In conseguenza dell'effetto di incontestabilità prodotto dal documento in discorso, nel caso in cui un sinistro avvenga nel periodo di tempo indicato sul certificato (o anche sul contrassegno, in quanto “riassunto” del certificato) l'assicuratore è obbligato ad indennizzare la vittima, indipendentemente dalla circostanza che il certificato sia stato emesso per errore prima dell'avvenuto pagamento del premio (Cass. civ., sez. III, sent., 27 marzo 1996, n. 2724; Cass. civ., sez. III, sent., 11 novembre 1995, n. 11723; Cass. civ., sez. III, sent., 27 ottobre 1992, n. 11694), oppure prima ancora della conclusione del contratto (Cass. civ., sez. III, sent., 21 novembre 2001, n. 14734; Cass. civ., sez. III, sent., 24 aprile 2001, n. 6026), oppure da ex agente ormai privo del potere di impegnare la volontà della società assicuratrice (Cass. civ., sez. III, sent., 5 agosto 1981, n. 4886), oppure nel caso che il contratto si riferisce ad altro veicolo (Cass. civ., sez. III, sent., 10 aprile 1991, n. 3770; Cass. civ., sez. III, sent., 26 maggio 1984, n. 3243).

È superfluo aggiungere che l'effetto di incontestabilità dell'obbligazione dell'assicuratore nei confronti dei terzi danneggiati dipendente dal rilascio del certificato opera esclusivamente nei rapporti tra l'assicuratore e gli stessi danneggiati, mentre, nei rapporti tra assicuratore ed assicurato il primo è tenuto a tenore di contratto: va da sé che l'assicuratore che debba indennizzare il danneggiato sulla base del certificato di assicurazione può poi rivalersi, quando ne sussistano i presupposti, sull'assicurato.

L'incontestabilità dell'obbligo dell'assicuratore nei confronti dei terzi danneggiati incontra tuttavia dei limiti. L'assicuratore può in particolare negare l'indennizzo, nonostante il sinistro abbia avuto luogo nell'arco temporale risultante dalla certificato:

  • nell'ipotesi di mancato pagamento delle rate di premio successive alla prima, ex art. 1901, comma 2, c.c. (v. il cit. art. 127);
  • nel caso di circolazione del veicolo contro la volontà del proprietario (v. ivi);
  • nel caso di contratto inesistente o nullo (Cass. civ., sez. III., sent., 17 ottobre 1994, n. 8460).

Con riguardo all'ipotesi del contrassegno falsificato (o anche rubato in bianco e poi riempito) la Suprema Corte ha in generale affermato che «solo il certificato ed il contrassegno falsificati o contraffatti, costituendo una mera apparenza e non provenendo dall'assicuratore, non espongono lo stesso ad alcuna responsabilità» (Cass. civ., sez. III, sent., 24 aprile 2001, n. 6026). In seguito, però, si è chiarito che, per escludere la responsabilità dell'assicuratore, occorre che questi provi l'insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l'affidamento erroneo del danneggiato stesso (Cass. civ., sez. III, sent., 13 dicembre 2010, n. 25130).

Cerchiamo di applicare ora i principi riassunti al caso in questione. Il lettore (almeno quello dotato di un'autovettura) provi a consultare il proprio certificato di assicurazione: si tratta di un documento predisposto a stampa dall'assicuratore che reca in calce lo spazio destinato all'indicazione della data di pagamento. Ed è ovvio che sia così: solo quando l'assicurato paga il premio, l'agente gli consegna il certificato di assicurazione, previa apposizione della data in cui il pagamento è stato effettuato. Sembra dunque che la Corte d'appello, nel ravvisare un'anomalia nell'indicazione a penna della data di pagamento, avesse in realtà preso un abbaglio.

Ciò detto, se diamo credito alla versione dell'assicuratore, secondo cui il pagamento, sebbene dal certificato risultasse eseguito tempestivamente, era stato effettuato in data successiva al sinistro (quella risultante dal «foglio di cassa») ed altresì allo spirare del termine di 15 giorni di cui all'art. 1901 c.c., sembrano prospettarsi, in fatto, due sole eventualità:

  • o l'agente, nel consegnare il certificato di assicurazione nella data effettiva di pagamento, ossia due giorni dopo il sinistro, aveva per errore retrodatato la data del pagamento medesimo;
  • o il certificato di assicurazione era stato costruito ad arte ex novo ovvero era stato ab origine correttamente redatto, ma poi falsificato nella data.

Ebbene, il caso dell'errore, come abbiamo visto, è stato espressamente esaminato dalla giurisprudenza: l'obbligo dell'assicuratore nei confronti del terzo danneggiato indubbiamente sussiste. Quanto al caso della falsificazione, non può escludersi, in astratto, che l'assicuratore non potesse sottrarsi all'obbligazione di pagamento allegando e dimostrando non solo il falso, ma anche l'insussistenza di un proprio comportamento colposo, tale da ingenerare l'affidamento erroneo del danneggiato: ma tale incolpevolezza, a quanto emerge dalla sentenza, non era stata in questo caso neppure dedotta.

Una decisione, quella commentata, in definitiva corretta, con le precisazioni che è sembrato opportuno svolgere.

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