Il principio della territorialità dell’obbligo contributivo

24 Luglio 2015

In materia di contribuzione previdenziale, l'impresa straniera che operi in Italia è tenuta, in forza del principio della territorialità delle assicurazioni sociali, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per i lavoratori impiegati nel territorio, ancorché essi siano cittadini dello Stato di provenienza dell'impresa, salva solo l'esistenza di eventuali deroghe previste in accordi internazionali.
Massima

In materia di contribuzione previdenziale, l'impresa straniera che operi in Italia è tenuta, in forza del principio della territorialità delle assicurazioni sociali, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per i lavoratori impiegati nel territorio, ancorché essi siano cittadini dello Stato di provenienza dell'impresa, salva solo l'esistenza di eventuali deroghe previste in accordi internazionali. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ritenuto insussistente l'obbligo contributivo con riferimento ad appalto svolto da impresa della Bulgaria - all'epoca non appartenente alla Comunità Europea - con impiego in Italia di suoi dipendenti).

Il caso

La Corte di Cassazione è stata chiamata a esprimersi sui ricorsi proposti dall'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (di seguito “Inail”) e dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (di seguito “Inps”) – ricorsi poi riuniti – contro la sentenza del giudice di secondo grado che li aveva dichiarati soccombenti nei confronti della Società Progeco Bulgaria SA (di seguito la “Società”).

Nello specifico, Inail e Inps ricorrevano avverso la sentenza n. 513 del 18 aprile 2009 della Corte d'Appello di Firenze, nella quale il giudice dichiarava, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale di Livorno, che la Società non doveva alcuna somma a titolo di contribuzione previdenziale e/o di premi assicurativi, per aver impiegato lavoratori regolarmente assunti in Bulgaria per provvedere alla realizzazione di un impianto sul territorio italiano, per conto di altra società.

Il fatto, sintetizzato per i fini che qui interessano, è il seguente: la Società provvedeva al montaggio di un impianto presso un'azienda italiana, servendosi della prestazione lavorativa di lavoratori bulgari, regolarmente assunti in Bulgaria, con obbligo contributivo soddisfatto nello Stato di residenza. In questo contesto, a giudizio dell'Inps e dell'Inail, la Società avrebbe dovuto soddisfare l'obbligazione contributiva e quella assicurativa (anche) in Italia, avendo tali lavoratori prestato la propria attività, per un certo periodo, sul territorio dello Stato italiano.

La Corte d'Appello di Firenze, avendo collegato il caso concreto alla fattispecie per cui si applica il d.lgs. n. 286 del 1998, in particolare l'art. 27, c. 1, lett. i) (appalto di un'impresa italiana ad una straniera non comunitaria), deduceva una sorta di esonero contributivo, nel senso che l'obbligo contributivo sorgerebbe solo nel caso in cui l'impresa italiana avesse assunto temporaneamente/per brevi periodi un lavoratore specialista e non anche nel caso in cui l'opera fosse stata attribuita in appalto ad un'impresa estera, seppur la prestazione fosse svolta in Italia dai lavoratori stranieri della società appaltatrice. Essendo possibile ricomprendere entro tale ambito le fattispecie del caso in esame, la Corte d'Appello di Firenze escludeva l'applicabilità di un generale principio di territorialità dell'obbligazione contributiva e dichiarava che nessun premio assicurativo o obbligo contributivo doveva essere soddisfatto dalla Società.

In senso contrario, invece, si è espressa la Corte di Cassazione, nella sentenza del 4 marzo 2015, n. 4351, qui in commento, ritenendo applicabile e predominante al caso concreto il principio della territorialità dell'obbligo contributivo in campo previdenziale (cd. anche lex loci laboris), adottato anche dalla legislazione europea, non ritenendo fondate le deduzioni della difesa della Società e cassando con rinvio alla Corte d'Appello di Firenze in nuova composizione. A giudizio della Corte di Cassazione il principio di territorialità dell'obbligo contributivo, ai sensi dell'art. 37 del R.D.L. del 4 ottobre 1935, si applica a tutte le persone, di qualsiasi nazionalità e sesso, che abbiano compiuto i 15 anni e che non abbiano superato i 65 anni, purché prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri. Per la Corte di Cassazione deve essere altresì considerato l'art. 13, c. 2, lett. a) del Regolamento CEE n. 1408 del 14 giugno 1971, che dispone che il lavoratore occupato nel territorio di uno Stato membro è soggetto alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o se l'impresa/datore di lavoro da cui dipende ha la propria sede o domicilio nel territorio di un altro Stato membro. A nulla rileva il fatto che la Bulgaria, all'epoca dei fatti, fosse Stato extra-comunitario, posto che nessuna fonte pattizia contro la doppia imposizione era in vigore.

La questione

La questione andrebbe risolta mediante un'analisi ed una valutazione dei criteri di applicabilità del principio di territorialità dell'obbligo contributivo, al fine di valutare se tale principio possa o meno trovare applicazione al caso di specie, tenendo in considerazione anche quanto disposto dalla legislazione europea. Proprio con questa metodologia ha operato la Corte di Cassazione, fornendo però motivazioni che non appaiono sufficientemente approfondite (sul tema si veda in dottrina: M. Faioli, Sulla tutela previdenziale dei lavoratori migranti, in La mobilità transnazionale del lavoratore dipendente: profili tributari, a cura di E. Della Valle, L. Perrone, C. Sacchetto, V. Uckmar; E. Ghera, Sicurezza sociale e libera circolazione dei lavoratori: principi fondamentali e soggetti, in Dir. Lav. 1999; P. Sandulli, Tecnica della totalizzazione e prestazioni di sicurezza sociale nelle prospettive di revisione del regolamento n. 1408/71, in Dir. Lav. 1999).

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, con sentenza che qui si commenta, ritiene fondati, dopo averli riuniti perché proposti avverso la medesima sentenza, i ricorsi dell'Inps e dell'Inail.

La Corte prende le mosse dall'art. 37 del R.D.L. del 4 ottobre 1935, n. 1827, identificando in tale previsione normativa la fonte nazionale di riferimento del principio della territorialità in ambito contributivo, poiché stabilisce che le assicurazioni per l'invalidità, la vecchiaia, la tubercolosi e la disoccupazione involontaria sono obbligatorie per le persone di entrambi i sessi maggiori di 15 anni e che non abbiano superato i 65 anni, che prestino lavoro retribuito alle dipendenze di altri. La norma nazionale fa inoltre riferimento ai lavoratori “di qualsiasi nazionalità”. Tale principio, afferma la Corte di Cassazione, è stato adottato anche dalla legislazione europea.

Infatti l'art. 13, c. 2, lett. a) del Regolamento CEE del 14 giugno 1971, n. 1408, stabilisce che il lavoratore occupato nel territorio di uno Stato membro è soggetto alla legislazione di tale Stato anche se risiede nel territorio di un altro Stato membro o comunque se l'impresa/datore di lavoro da cui dipende hanno la propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro.

La Cassazione, rilevato che i lavoratori occupati per un determinato tempo in Italia erano cittadini della Bulgaria, che all'epoca dei fatti era Stato extra-comunitario, ritiene necessario eseguire un passaggio per verificare l'eventuale sussistenza di una deroga al principio della lex loci laboris, derivante da fonte pattizia fra i due Stati (Italia – Bulgaria). Posto che nessuna convenzione fra i due Stati esisteva, non essendo tra l'altro questa eventualità neppure stata dedotta in giudizio dalla Società, la Corte di Cassazione conclude che nessuna deroga era applicabile e che si sarebbe dovuto applicare il principio della lex loci laboris.

Concludendo, la Corte di Cassazione giudica non rilevante (oltre che non provata) la deduzione della Società resistente secondo cui sussisterebbe il concreto pericolo del verificarsi di una doppia obbligazione contributiva (Italia – Bulgaria).

Per tutti questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie i ricorsi e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze in diversa composizione.

Osservazioni

La questione giuridica è quella relativa all'applicabilità del principio della lex loci laboris laddove l'obbligo contributivo venga soddisfatto in uno Stato extra-comunitario, per un lavoratore che per un determinato periodo svolge la sua prestazione lavorativa nel territorio italiano, pur dipendendo da datore di lavoro extra-comunitario.

La questione non può essere risolta attraverso le sole considerazioni operate nella sentenza in commento. La questione meriterebbe un'analisi più complessa ed approfondita.

Va detto che l'art. 37 del R.D.L. del 4 ottobre 1935, n. 1827 non dispone che tale obbligatorietà debba essere realizzata mediante pagamento di contributi previdenziali e premi assicurativi agli enti preposti dello Stato italiano. Al riguardo si potrebbe sostenere che quanto disposto dall'art. 37 del R.D.L. del 4 ottobre 1935, n. 1827 configuri un generale diritto alla copertura previdenziale/assicurativa del lavoratore e non anche l'obbligo che tale copertura sia realizzata attraverso il sistema previdenziale Italiano.

Logicamente consequenziale è il passaggio sulla valutazione della disciplina europea, ma anche in questo caso la Corte di Cassazione sembra volutamente ignorare che il regolamento n. 1408/1971, così come modificato dal regolamento n. 883/2004, dichiara espressamente di riferirsi a cittadini di uno Stato membro che prestino la loro attività presso altro Stato membro. Diverso il caso in esame, essendo i lavoratori coinvolti cittadini della Bulgaria, all'epoca dei fatti Stato extra-comunitario, dove aveva sede anche il datore di lavoro.

Ratio della norma europea è infatti quella di realizzare un coordinamento, fra gli Stati della Comunità Europea, tale da garantire una delle libertà fondamentali della comunità: la libertà di movimento delle persone. L'obiettivo del legislatore europeo sembra limitato ai confini europei, in un'ottica di promozione del contesto economico sociale europeo mediante l'esercizio del diritto di muoversi a lavorare senza pregiudizio nel territorio della Comunità Europea.

Sono più corrette le considerazioni della Corte d'Appello di Firenze, che ha individuato la fattispecie ex art. 27, c. 1, lett. i), del d.lgs. n. 286 del 1998, applicabile al casi di appalto di un'impresa italiana ad una straniera non comunitaria, come la fattispecie realizzatasi nel caso concreto in esame. In tal senso, la necessità di garantire la copertura previdenziale e assicurativa sarebbe sufficientemente soddisfatta nello Stato di provenienza.

Il principio della lex loci laboris allora, mentre senza dubbio alcuno si applicherebbe nel caso di un cittadino di uno Stato extra-comunitario che venisse assunto da un datore di lavoro italiano per svolgere una prestazione di lavoro in Italia, non con altrettanta certezza dovrebbe trovare applicazione nel caso di un lavoratore che, residente in uno Stato extra-comunitario e ivi assunto da un datore di lavoro anch'esso extra-comunitario, svolga la propria prestazione di lavoro, per un periodo limitato, nel territorio italiano per poi tornare a lavorare presso lo Stato d'origine extra-comunitario.

Per concludere, l'orientamento che pare maggioritario della Corte di Cassazione, espresso anche nella sentenza qui in commento (v. in tal senso anche Cass. sez. lav., n. 16244/2012) non può essere considerato esente da critiche, avendo la Corte di Appello di Firenze suggerito altro orientamento il quale, come detto, sembra essere meritevole di essere approfondito. In assenza di una fonte pattizia Italia – Bulgaria che disponga specificatamente, sembra corretto operare una distinzione tra le fattispecie individuate. Nel caso di appalto a società straniera extra-comunitaria, che regolarmente occupa personale extra-comunitario, l'obbligo contributivo e assicurativo sarebbe sufficientemente soddisfatto nello Stato d'origine.

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